Malattie infiammatorie croniche intestinali, al via Congresso Ig-Ibd
Nasce la Fondazione Ig-Ibd per la ricerca e arrivano le prime ‘raccomandazioni italiane’ per cure uniformi e di qualità
Coniugare innovazione e sostenibilità è la sfida per gli oltre 900 clinici riuniti da oggi a Riccione, fino al 30 novembre, per il XV Congresso nazionale Ig-Ibd organizzato dal Gruppo italiano per lo studio delle malattie infiammatorie croniche intestinali. Nella 3 giorni, gli specialisti si confronteranno sulle più recenti innovazioni diagnostiche, terapeutiche e tecnologiche che stanno rivoluzionando la gestione di queste patologie.
“Nella gestione delle Mici, le malattie infiammatorie croniche intestinali, stiamo assistendo a una rivoluzione della pratica clinica - afferma Massimo Claudio Fantini, segretario generale Ig-Ibd - Terapie avanzate, innovazioni e nuove tecnologie smart, come l’intelligenza artificiale, le tecniche endoscopiche avanzate e il telemonitoraggio, stanno offrendo opzioni sempre più personalizzate ed efficaci. In Italia, sebbene un dato preciso non esista, si calcola che queste malattie colpiscano circa 250 mila persone, un numero destinato ad aumentare considerevolmente entro la fine di questo decennio. È essenziale, dunque, sostenere percorsi di cura mirati e razionali per garantire un accesso equo alle cure, evitando sprechi e migliorando l’allocazione delle risorse. Il Congresso Ig-Ibd offrirà quindi un’importante occasione per esplorare modelli gestionali che permettano di migliorare, in modo sostenibile, la qualità di vita dei pazienti affetti da Mici”.
Durante il Congresso - informa una nota - verrà presentata la Fondazione Ig-Ibd, un’importante iniziativa a sostegno della ricerca e della gestione delle Mici in Italia e dedicata . La nuova istituzione si dedicherà principalmente alla ricerca scientifica su tutti i fronti - di base, traslazionale e clinica - con l’obiettivo di migliorare la conoscenza e il trattamento di queste patologie complesse. Ad oggi, infatti, non esistono ancora dati epidemiologici italiani certi, né stime precise sull’impatto socioeconomico delle malattie infiammatorie croniche intestinali. Per questo motivo, tra le mission principali della Fondazione vi sarà la creazione di un sistema di raccolta dati su scala nazionale dedicato alle Mici, uno strumento essenziale per supportare progetti di ricerca. Nonostante numerose linee guida e documenti di consenso, gli standard di qualità delle cure per queste patologie risultano ancora eterogenei sia a livello internazionale che nazionale. Nel 2020, l’European Crohn’s Colitis Organisation (Ecco) ha pubblicato un position paper sui criteri di qualità delle cure, definendo standard minimi essenziali in tre ambiti: struttura, processo e risultati. Questo documento, frutto di un’analisi rigorosa della letteratura e della collaborazione tra esperti e rappresentanti dei pazienti, fornisce criteri che ogni unità MICI può adottare o adattare al proprio contesto. In Italia, Ig-Ibd ha deciso di riprodurre, tramite una ‘Consensus Delphi’, lo stesso processo di analisi e generazione di standard di qualità delle cure adottabili nel nostro Paese.
“Come Società scientifica - aggiunge Fantini - siamo impegnati nel definire una strategia chiara per i prossimi anni, lavorando sia sulla ricerca che sulla sostenibilità ed equità di accesso alle cure. La nascita della Fondazione rappresenta un passo decisivo per il progresso della ricerca e per l’ampliamento delle conoscenze delle Mici in Italia, mentre l’importante definizione di standard di qualità delle cure a livello nazionale vuole rappresentare uno strumento di supporto a livello locale per tutti quei servizi necessari per una gestione moderna, efficiente, efficace e sostenibile del percorso di cura dei pazienti italiani con malattie infiammatorie croniche intestinali”.
Ig-Ibd (the Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease) - ricorda la nota - è una società scientifica nata con lo scopo di promuovere la ricerca sulla malattia di Crohn, Colite ulcerosa e sulle altre patologie infiammatorie idiopatiche del tratto gastrointestinale e di migliorare e diffondere le conoscenze per la cura di queste patologie. Le Mici sono un gruppo di patologie caratterizzate da una infiammazione cronica del tratto gastrointestinale con un impatto rilevante sia sulla vita quotidiana dei pazienti che sul sistema sanitario. Nel mondo si stima ne soffrano circa 10 milioni di persone di cui, circa 3,4 milioni, in Europa con una prevalenza in crescita. Sebbene possano insorgere a qualunque età, si manifestano più frequentemente tra gli adolescenti e i giovani adulti under 35, con un quarto di casi addirittura già in età pediatrica.
Oltre ai fattori genetici, i principali rischi per lo sviluppo delle Mici includono gli stili di vita tipici dei Paesi più industrializzati, come diete ricche di grassi saturi e proteine animali, uso eccessivo di antibiotici e sedentarietà. Questo rende le società avanzate più vulnerabili a queste patologie. Le persone con malattia infiammatoria cronica intestinale presentano episodi di diarrea, crampi e dolori addominali, sanguinamento dal retto, perdita di peso, febbre e affaticamento. L'intensità dei sintomi può variare molto nel tempo. I pazienti possono sperimentare lunghi periodi di remissione e/o ricorrenti riacutizzazioni con un alto rischio di complicazioni. Diagnosi precoci e trattamenti avanzati possono cambiare il decorso di queste malattie.
Cronaca
Addio a un gigante della neurologia: il professor Giancarlo...
C’è un vuoto enorme, immenso e non si riesce proprio a descriverlo. E sapete una cosa? Cercare di trovare le parole giuste è dura, anzi, quasi impossibile. Come fai a spiegare una perdita così grande? Come? Il professor Giancarlo Comi – uno di quelli che non dimentichi, che ti rimangono dentro per sempre, una di quelle menti luminose che nascono una volta ogni tanto, una di quelle anime che metteva il cuore in tutto quello che faceva, soprattutto nella battaglia contro la sclerosi multipla – se n’è andato. Il 26 novembre 2024. Così, senza preavviso. Un colpo secco, che ci ha tolto il fiato. Nessuno se lo aspettava, nessuno era pronto. E adesso? Adesso siamo qui: giornalisti, colleghi, pazienti, amici, tutti col cuore in frantumi, pieni di domande che, chissà, forse non troveranno mai risposta.
Perché Comi non era solo un medico, no. Era molto di più. Era uno che ci credeva davvero, uno che aveva il fuoco dentro. Un pioniere, un visionario, uno che ci metteva tutto, anima e corpo, senza mai, mai tirarsi indietro. Uno di quelli che, quando tutto va a rotoli, ti prendono per mano e non ti mollano. Per chi vive ogni giorno con la sclerosi multipla, quella malattia che è come un’ombra che non ti lascia mai, Comi era una luce accesa in mezzo al buio. Era un punto fermo, qualcosa a cui aggrapparsi quando tutto sembra scivolare via. Qualcuno che, anche nei giorni più neri, riusciva a farti credere che c’era una speranza. E ora, senza di lui? Sì, tutto sembra più buio. Ma sapete una cosa? Il suo spirito è ancora qui. Rimane. Resta in ogni piccola battaglia quotidiana, nelle storie di chi non si arrende mai, nelle mani che non smettono di lottare. Perché quello che ci ha lasciato non è solo un ricordo: è una fiamma viva, che continuerà a bruciare. Dentro ognuno di noi che ha avuto la fortuna di conoscerlo, di vedere da vicino quanto era grande, quanto era straordinariamente umano.
Una vita al servizio della ricerca e dei pazienti
Comi non passava mai inosservato, mai. Era uno di quei nomi che, appena lo senti, ti fa fermare. Cioè, davvero, uno di quei nomi che ti fa dire: “Wow, questo qui fa la differenza“. Professore Onorario di Neurologia, Direttore Scientifico… certo, tutti quei titoli altisonanti, roba grossa, roba importante. Ma sapete cosa? Non erano i titoli a farlo chi era, per niente. Non erano quelle targhe lucide, quelle pergamene incorniciate. No. Comi era quello che ogni mattina si alzava, magari con il sonno ancora addosso, ma con un solo pensiero fisso in testa: come posso fare la differenza per chi oggi conta su di me? Come posso migliorare la vita di chi mi affida tutto? E ci metteva tutto. Non solo il cervello, ma il cuore, l’anima, ogni piccolo pezzo di se stesso. Ogni singolo giorno. E ce l’ha fatta. Alla grande. Non è facile dire questo, ma ce l’ha fatta davvero. Ha scritto più di mille articoli scientifici, roba che ti fa girare la testa solo a pensarci. Un h-index sopra il 100, numeri che sembrano quasi irreali. Ma alla fine, cosa contano quei numeri, veramente? Anche se non avete la minima idea di cosa sia un h-index, lasciate che vi dica una cosa: quei numeri parlano di uno che non si è mai fermato, che ha lasciato un segno indelebile. Uno che non si è mai girato dall’altra parte, mai, nemmeno una volta.
Ma, sapete, quello che lo rendeva davvero speciale non erano i numeri, non erano i titoli. Era la sua dedizione, così semplice, così pura. Era l’umanità che ci metteva, il modo in cui riusciva a farti sentire ascoltato, capito, come se fossi l’unico al mondo. Ogni paziente, ogni collega che gli è stato vicino, tutti hanno visto oltre lo scienziato. Hanno visto l’uomo. Quello vero. Quello che non si fermava alla malattia ma vedeva la persona dietro. E forse è proprio questo il più grande regalo che ci ha lasciato: far sentire ognuno di noi importante, nonostante tutto.
Riconoscimenti che raccontano una storia
Comi, nel corso della sua carriera, ha raccolto premi e onorificenze come pochi altri. E non parliamo di premi qualunque. C’era l’Ambrogino d’Oro che ha ricevuto dal Comune di Milano nel 2016 e poi il titolo di Ufficiale della Repubblica Italiana nel 2018, per i suoi meriti scientifici. Ma non è tanto per vantarsi. Non è di quei riconoscimenti che si mettono in vetrina per far bella figura. Sono la prova di quanto fosse grande il suo lavoro. Di quanto fosse cruciale. Perché Comi è stato davvero un leader. Uno di quelli che, quando ci sono, senti che tutto è possibile. Una guida vera, una luce che brillava per tutta la comunità scientifica. Non è un’esagerazione dire che quello che ha fatto lui ha cambiato tutto. Ha segnato un’epoca. Ha aperto strade nuove. E questo, alla fine, è quello che conta di più.
Il vuoto e l’eredità di un grande uomo
Con la sua scomparsa, la comunità scientifica ha perso un un punto di riferimento che ora non c’è più e fa male. Il Centro Studi Sclerosi Multipla di Gallarate, che ha avuto l’onore di averlo come guida, ha espresso tutto il suo dolore, ricordando quanto lui fosse una fonte di ispirazione inesauribile. Non solo per i medici ma per tutti, pazienti compresi. Accettare che una persona così fondamentale se ne sia andata non è per niente facile. Però c’è una cosa che possiamo dirci per consolarci un po’: il suo lavoro, la sua eredità, continueranno a vivere. Nei suoi studi, certo, ma anche nelle vite di tutte quelle persone che ha toccato, nei ricercatori che seguiranno le sue orme.
La lotta contro la sclerosi multipla e altre malattie neurodegenerative non finisce qui. Non può fermarsi qui. Le prossime generazioni raccoglieranno il testimone. L’impegno di Comi, la sua passione, quella forza indomabile… tutto questo resterà vivo. E così, il professor Comi sarà per sempre parte di questa battaglia, un esempio da seguire, una presenza che, anche se invisibile, continuerà a fare la differenza. Non è facile dire addio ma è confortante sapere che, grazie a persone come Giancarlo Comi, il mondo è un po’ migliore. Grazie, professore.
Salute e Benessere
Apmo, i pazienti presentano prima e unica ‘Carta’ su...
Oftalmologia italiana un’emergenza silenziosa trascurata e sottofinanziata con l’1% della spesa sanitaria
La salute degli occhi in Italia sta vivendo una vera e propria emergenza silenziosa: le attività di migliaia di specialisti in oftalmologia che operano nel Servizio sanitario nazionale sono in grave difficoltà e i pazienti, oltre 6 milioni gli italiani con patologie oculari, dei quali un terzo con una riduzione della vista invalidanti, sono costretti ad attendere mesi, se non anni, per una prima visita oculistica o per un intervento di cataratta. Accade, sebbene a macchia di leopardo, un po' ovunque sul territorio nazionale. Da queste premesse nasce la ‘Carta della salute dell’occhio’, la prima e unica in Italia. Presentata oggi a Roma, il documento è promosso da Apmo, Associazione pazienti malattie oculari e realizzato nell’ambito della campagna per la prevenzione e il trattamento dei disturbi e patologie oculari ‘La salute dei tuoi occhi non perderla di vista’, in collaborazione con Aimo, Associazione italiana medici oculisti e Siso, Società italiana di scienze oftalmologiche, con il patrocinio dell’Istituto superiore di sanità e dell’Intergruppo parlamentare prevenzione e cura delle malattie degli occhi e di altre 18 tra Associazioni dei pazienti e Società scientifiche.
L’attuale disagio quotidiano ad accedere tempestivamente a prestazioni oculistiche di qualità, sia diagnostiche che chirurgiche - spiega una nota - nel perimetro del Ssn è dovuto a molteplici condizioni e criticità. Tra queste, il fatto che le cure oculistiche sono ritenute ‘elettive’, non salvavita; da ciò la scarsa attenzione delle Istituzioni per questa specialità medica, talmente sottofinanziata da assorbire appena l’1% della spesa sanitaria pubblica. A peggiorare lo scenario, le continue ‘sforbiciate’ alle tariffe di rimborso delle prestazioni, riviste progressivamente al ribasso con conseguente allungamento delle liste d’attesa nel Servizio pubblico, impiego di vecchie terapie farmacologiche, meno costose rispetto a quelle innovative oggi disponibili, e obsolescenza di tecnologie, peraltro storicamente fiore all’occhiello dell’Oculistica nazionale, non più all’avanguardia.
Il paper è frutto di un intenso lavoro sinergico e fa emergere i progressi compiuti ma anche le criticità di sistema, configurandosi quale ‘Road Map’ dell’oculistica nel nostro Paese. “Investire in oculistica significa investire in salute dei pazienti e in risparmio per il sistema sanitario – afferma Francesco Bandello, presidente Apmo, direttore Clinica Oculistica Università Vita-Salute San Raffaele, Milano – La campagna nazionale ‘La salute dei tuoi occhi non perderla di vista’ ha lo scopo di sensibilizzare e informare i pazienti e le Istituzioni per mettere in atto strategie di prevenzione delle malattie oculari e garantire ai pazienti l’accesso ai percorsi di diagnosi e cura migliori. La ‘Carta della salute dell’occhio’ vuole spiegare, a chiunque, quali e cosa sono le malattie dell’occhio, qual è il loro impatto sulla vita e sui costi, quali benefici e vantaggi si possono ottenere con le cure e l’importanza della prevenzione e di regolari controlli della vista”.
Ogni capitolo “si chiude con una sezione rivolta ai decisori politici per orientarli verso scelte lungimiranti di investimento premiante e lo abbiamo fatto riportando numeri ed evidenze scientifiche aggiornati - aggiunge Bandello - L’oculistica è una specialità penalizzata, nella misura in cui le patologie oculari non portano a morte il paziente e non mettono a rischio la sua vita, per tale motivo non è una priorità nell’agenda istituzionale; eppure, la vista è il senso più importante, tant’è vero che nel cervello ad esso viene riservato uno spazio preponderante rispetto a qualsiasi altro organo di senso, questo perché la vista ha un ruolo fondamentale nell’economia dell’esistenza di tutti gli individui e la qualità della vista condiziona fortemente la qualità di vita della persona”.
La “Carta della salute dell’occhio” tratteggia l’attuale realtà delle principali e più severe patologie oculari (retinopatie e maculopatie, cataratta, occhio secco, glaucoma e miopia), con dovizia di numeri e aggiornamenti su epidemiologia, prevenzione, fattori di rischio, diagnosi, trattamenti e novità dalla ricerca. Il primo capitolo è incentrato sulle maculopatie e retinopatie, un gruppo eterogeneo di malattie che colpiscono la retina: la retinopatia diabetica (Rd) e la degenerazione maculare legata all’età (Dmle). La gestione delle retinopatie e delle maculopatie è radicalmente cambiata grazie all’arrivo dei farmaci intra-vitreali (anti-Vegf) che contrastano i processi pro-infiammatori e inducono il riassorbimento di liquidi. Purtroppo, l’accesso ai percorsi terapeutico-assistenziali di questi pazienti non è del tutto soddisfacente: i farmaci intra-vitreali sono molto costosi e le strutture sanitarie, sempre per problemi collegati ai rimborsi, tendono a raccomandare agli oculisti l’impiego di farmaci off label. Indubbiamente, con l’ingresso degli anti-Vega gli oculisti hanno dovuto fare i conti con la cronicità che ha portato con sé la necessità di dover fronteggiare nuovi bisogni di cura. Favorire l’accesso a percorsi di diagnosi e cura specifici e la contrazione dei tempi d’attesa, sono le principali istanze presentate alle Istituzioni.
Il secondo capitolo affronta la spinosa questione della cataratta, malattia dovuta ad una opacizzazione del cristallino, che si stima interessi il 60-70% delle persone sopra i 70. “I costi di un intervento di cataratta, secondo una stima approssimativa si aggirano tra i 2- 3.000 euro. Eppure, attualmente la tariffa che il Ssn rimborsa all’azienda sanitaria per un intervento di cataratta è di appena 900 euro. Nel prezziario dei Lea aggiornati e di prossima applicazione, la quota fissata era di 800 euro – afferma Alessandra Balestrazzi, presidente Aimo e responsabile servizio Cornea Uoc Oculistica ASL Roma 2 – le conseguenze derivate da queste scelte, consistono nella necessità di ridurre drasticamente il numero di interventi di cataratta e nell’allungamento infinito delle liste d’attesa. Nella Carta si suggerisce al decisore politico la revisione delle tariffe di rimborso per le prestazioni ambulatoriali e l’incremento delle coperture economiche destinate alla chirurgia della cataratta”.
La Carta si focalizza anche sulla secchezza oculare. Il cosiddetto ‘occhio secco’ o dry eye è il disturbo più frequente della superficie oculare, definita malattia multifattoriale in cui prevale l’alterazione del film lacrimale accompagnata da infiammazione che colpisce dal 15 al 50% della popolazione adulta. “Per l’occhio secco – prosegue Balestrazzi – sarebbe importante istituire screening di prevenzione sulla popolazione degli studenti scolastici che fanno uso intensivo di schermi e introdurre percorsi di prevenzione per i pazienti oncologici, che spesso sono soggetti a problematiche della superficie oculare dovute all’effetto tossico della chemioterapia”. Gli altri temi riguardano il glaucoma e i difetti rifrattivi, tra questi la miopia in crescita esponenziale. “La prevenzione è fondamentale per cogliere all’esordio i sintomi di un glaucoma– afferma Teresio Avitabile, presidente Siso e direttore Clinica Oculistica Università di Catania – Lo screening per il glaucoma è semplice: basta misurare la pressione endoculare attraverso una semplice manovra che richiede pochi secondi. Stessa raccomandazione vale per i difetti refrattivi, come la miopia. I controlli della vista vanno programmati sin dalla prima infanzia per proseguire da adulti. Tra le istanze che abbiamo suggerito alla politica, quella di rendere rimborsabili i nuovi dispositivi miniaturizzati per il glaucoma, mentre per i difetti della vista andrebbero promossi programmi di prevenzione circa lo stile di vita corretto e screening per gli studenti scolastici”.
La “Carta della salute dell’occhio”, supportata dall’Iss. “Sotto il profilo dell’etica, è cruciale l’importanza della prevenzione in ogni ambito clinico e più ancora in oculistica – sottolinea Carlo Maria Petrini, direttore Unità di Bioetica Iss, presidente centro di coordinamento nazionale dei Comitati etici, presidente Comitato Etico Nazionale Enti Pubblici di Ricerca e altri Enti Pubblici nazionali, componente Comitato Nazionale per la Bioetica – infatti, la salute dell’occhio ha un impatto determinante per la qualità di vita delle persone e specialmente per l’autonomia di ciascuno. Nella prospettiva dell’etica, è molto rilevante anche la sinergia che la ‘Carta’ propone tra i vari attori del sistema e, infatti, il documento è promosso, tramite un’Associazione (Apmo), dai pazienti, che devono sempre essere al centro del sistema, ma coinvolge anche il personale medico-sanitario e i decisori. La collaborazione tra tutte le componenti del sistema è indispensabile per l’efficacia degli interventi. La Carta ha dunque un ruolo e un valore particolare nel promuovere la salute degli occhi, che deve rappresentare una priorità all’interno dell’agenda sanitaria e certamente contribuirà in questa direzione”.
Salute e Benessere
Tumori: Regione Lombardia, presentato primo Pdta per...
Il nuovo Percorso diagnostico terapeutico assistenziale al convegno promosso da Oncologia e onco-ematologia Università di Milano e associazione Periplo
Ogni anno in Italia oltre 430mila persone si ammalano di una neoplasia solida o del sangue. Molte di queste patologie possono diventare croniche grazie all’opportunità offerte da cure e trattamenti. Solo per i tumori solidi vivono sul territorio nazionale più di 3,7 milioni di pazienti. Di questi, 2 milioni possono essere considerati malati cronici e necessitano di una prolungata assistenza sanitaria. Sono loro i destinatari del nuovo Pdta (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) di integrazione ospedale-territorio che vuole ridisegnare l’assistenza oncologica nel nostro Paese puntando ad un forte livello di integrazione tra ospedale e territorio. Il nuovo documento - si legge in una nota - è stato presentato oggi, in Regione Lombardia, durante un convegno organizzato dal Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell’Università statale di Milano in collaborazione con l’Associazione Periplo. All’evento c'erano rappresentati dei clinici, pazienti, accademici e delle istituzioni sanitarie regionali.
“Dobbiamo ripensare la nostra sanità e ‘sintonizzarla’ verso i nuovi bisogni di cure e di assistenza dei cittadini - afferma Daniele Generali, responsabile dell’Unità multidisciplinare di Patologia mammaria dell’Asst di Cremona e principale autore del nuovo Pdta - Bisogna partire dal presupposto che il cancro per molte forme diventa una patologia cronica e talvolta guaribile. Al tempo stesso l’incidenza risulta in crescita e si registrano più di 1.000 nuovi casi ogni giorno. Le neoplasie del sangue invece colpiscono ogni anno più di 35mila persone, e molte volte la malattia può essere tenuta sotto controllo. Questo fenomeno rappresenta una grande ed inevitabile sfida per il sistema sanitario nazionale”.
Il nuovo Pdta parte da un progetto pilota organizzato dalla Asst di Cremona all’interno del percorso Smart Care (Soluzioni e metodi avanzati di riorganizzazione territoriale in sanità). Nella provincia lombarda sono state coinvolte delle donne con tumore mammario ed è stata prevista la somministrazione di trattamenti al di fuori dall’ospedale. La progettualità è stata resa possibile anche grazie al via libera di Regione Lombardia, per la dispensazione nelle farmacie territoriali di alcune terapie croniche anticancro (con formula Dpc). “I primi dati hanno permesso di riscontrare un ottimo livello di soddisfazione - spiega il professor Generali - Abbiamo ottenuto una riduzione di richieste di legge 104 da parte di caregiver-parenti e si registra un miglioramento degli indicatori di qualità di vita delle pazienti. Questo di Cremona penso possa essere un buon esempio di come sia possibile ricollocare con i servizi sanitari”.
L’obiettivo strategico finale secondo Ezio Belleri, direttore generale Asst di Cremona, sarà dunque quello di creare un modello organizzativo capace di garantire la migliore assistenza per il paziente oncologico anche sul territorio, ricollocando i servizi sanitari in maniera più appropriata e coordinando tutti i soggetti coinvolti. Con l’idea di individuare il miglior setting di cura che garantisca la massima qualità dell’assistenza, l’ottimizzazione delle risorse con una maggiore sostenibilità del Servizio sanitario nazionale e l’appropriatezza organizzativa. “Siamo convinti - conclude Belleri - che in alcune situazioni il paziente oncologico trovi più corretta attenzione alle sue esigenze in un setting assistenziale territoriale, che può essere quello di letti di cure intermedie o delle strutture dedicate. Riteniamo inoltre necessario riscrivere i Pdta del paziente oncologico che delinei in maniera chiara l’integrazione tra ospedale e territorio ove vengano evidenziate queste necessità assistenziali. I pazienti che potranno effettuare le terapie oncologiche ed onco-ematologiche in setting extra-ospedaliero dovranno essere selezionati in base a criteri specifici. La presa in carico dei malati sul territorio avverrà anche attraverso lo scambio di informazioni cliniche con il personale ospedaliero”.
Come osserva il direttore del dipartimento di Oncologia e Onco-ematologia dell'università degli Studi di Milano, Gianluca Vago: “Sia il Dm 77 che il Pnrr hanno sottolineato l’assoluta necessità di rimodulare la nostra sanità. L’integrazione tra i servizi dell’ospedale e quelli della medicina territoriale è un tema centrale e strategico per la sostenibilità del sistema sanitario, e l’urgenza di intervenire con modelli operativi è ormai ampiamente condivisa, almeno sul piano teorico. Questo presentato oggi è uno dei progetti che in Regione si stanno sviluppando per definire un quadro di riferimento che consenta al decisore politico di assumere le iniziative necessarie per la sua implementazione. Naturalmente, il tema del potenziamento della sanità territoriale - aggiunge - non è limitato alla sola tematica oncologica; ma è pur vero che proprio gli straordinari progressi nella diagnosi e cura dei tumori hanno permesso un radicale cambiamento nelle prospettive di guarigione della malattia, o almeno nella sua cronicizzazione. Per questo, pensiamo che il progetto pilota avviato a Cremona, che si avvale anche della collaborazione con altri grandi ospedali metropolitani, possa fornire un contributo importante in questa direzione, esportabile ad altre realtà territoriali della Regione e del Paese. L’obiettivo finale rimane sempre la definizione di un modello organizzativo capace di integrare l’eccellenza di cura in fase acuta, al percorso di monitoraggio e sostegno del paziente al di fuori del contesto ospedaliero, garantendo - conclude Vago - continuità nel percorso di cura”.