Siria, cosa accade e perché: 13 anni di guerra civile e il riarmo dei ‘ribelli’
Dalla Primavera araba all'attacco dei ribelli con le 'distrazioni' degli alleati chiave di Assad Russia, Iran e Hezbollah
L'attenzione internazionale torna sulla Siria. Dopo anni di silenzio, a far riaccendere i riflettori sul Paese arabo sono state l'avanzata nel nord di fazioni armate, a cominciare da Aleppo, e la sfida al leader siriano Bashar al-Assad.
Cosa ha portato alla guerra civile siriana e cosa sta succedendo?
Nel marzo del 2011 migliaia di siriani, all'epoca delle cosiddette Primavere Arabe, sono scesi in piazza per chiedere riforme democratiche, contestando Assad, della minoranza alawita, salito al potere dopo la morte del padre Hafez, nel 2000, in un Paese a maggioranza sunnita. Le proteste, nelle città a maggioranza sunnita, sono state per lo più pacifiche. Ma Damasco ha risposto con una brutale repressione. Alcuni siriani hanno cominciato a prendere le armi e diversi gruppi, contro cui le truppe Usa avevano combattuto in Siria, sono riemersi in Siria. Nel 2012 le Nazioni Unite parlavano di guerra civile. Dopo anni di combattimenti le forze fedeli ad Assad sostenute dalla Russia, dall'Iran e dagli Hezbollah libanesi hanno ripreso buona parte del territorio che era stato conquistato dai ribelli. Ma un mosaico di gruppi ha continuato a mantenere il controllo di sacche di territorio di un Paese in cui il conflitto ha fatto centinaia di migliaia di morti e circa 13 milioni di sfollati, secondo le Nazioni Unite, ha portato agli orrori del sedicente Stato Islamico. Per anni quello che è rimasto dell'opposizione si è 'rifugiato' per lo più nella provincia di Idlib, lungo il confine tra Turchia e Siria, così come in altre zone della Siria settentrionale e centrale.
Qui le violenze sono esplose a ottobre con scontri sul campo tra insorti e forze governative, raid aerei russi contro postazioni dei ribelli. I combattimenti sono ripresi dopo che gli Hezbollah libanesi, alleati di Assad, avevano ridispiegato alcune forze dalla Siria al Libano. Oggi resta una presenza di militari Usa nell'est della Siria, dove gli Stati Uniti hanno sostenuto i combattenti guidati dalle forze curde nella battaglia contro lo Stato islamico. Fino alla scorsa settimana il conflitto sembrava 'contenuto', ma mercoledì fazioni armate guidate da Hayat Tahrir al-Sham hanno preso una base governativa nella parte occidentale di Aleppo. Poi sono 'andati avanti', fino a puntare più a sud, verso Hama. Non è chiaro quanto territorio possano tenere e per quanto, anche di fronte alle dichiarazioni da parte di Damasco di una mobilitazione di forze per un contrattacco. Ma l'offensiva ha rapidamente ridefinito le linee del fronte e minaccia un'ulteriore destabilizzazione del Paese.
Chi sono i combattenti e cosa vogliono?
Hayat Tahrir al-Sham, basato nella provincia siriana di Idlib, guida l'offensiva a capo di una costellazione di fazioni armate minori. Tra queste, il cosiddetto 'Esercito nazionale siriano', coalizione di forze sostenute dalla Turchia che comprende combattenti del primo gruppo di ribelli, l'Esercito siriano libero. In passato non sono mancati scontri tra Hayat Tahrir al-Sham ed Esercito nazionale siriano, entrambi comunque uniti dal desiderio di rovesciare Assad. Hayat Tahrir al-Sham, organizzazione terroristica per il Dipartimento di Stato Usa, punta al dominio islamico, anche se negli ultimi giorni sono arrivate dichiarazioni con la promessa di proteggere siti culturali e religiosi ad Aleppo, chiese comprese.
Il gruppo, in qualche modo 'erede' di Jabhat al-Nusra, che era legato ad al-Qaeda, non è più associato all'organizzazione fondata da Osama bin Laden, e rappresenta una fazione più circoscritta di combattenti. Il gruppo controlla il valico di Bab al-Hawa con la Turchia ed è il braccio militare del Governo di salvezza nazionale, l'amministrazione de facto dell'opposizione nel nordovest della Siria.
Perché l'offensiva è scattata proprio ora?
Secondo gli analisti, per anni i combattenti dell'opposizione si sono riorganizzati per un attacco contro le forze governative. La mossa coincide con le 'distrazioni' degli alleati chiave di Assad, Russia, Iran e Hezbollah. Emile Hokayem, analista di sicurezza in Medio Oriente dell'International Institute for Strategic Studies, parla di "geopolitica" e "opportunità a livello locale". "I ribelli in generale si erano riorganizzati, riarmati e riqualificati per una cosa del genere", afferma. All'inizio del conflitto nel 2011, Iran e Hezbollah avevano fornito ad Assad forze cruciali per respingere i ribelli. E la Russia è stata l'aeronautica di Assad.
Ma nel 2022 ha lanciato la sua "operazione militare speciale" in Ucraina, con l'invasione del Paese e alla campagna militare che va avanti da oltre mille giorni ha destinato la maggior parte delle sue risorse militari. E lo scorso anno Hezbollah e Iran sono presto finiti coinvolti nel conflitto tra Israele e Hamas innescato dall'attacco del 7 ottobre 2023 di Hamas in Israele. Per mesi sono andate avanti le ostilità tra Israele e gli Hezbollah libanesi, fino alla guerra esplosa a settembre. Da mercoledì scorso in Libano è in vigore una fragile tregua. Mentre a ottobre l'Iran ha subito l'attacco israeliano in risposta ai missili lanciati all'inizio di quel mese dalla Repubblica Islamica in direzione di Israele dopo un raid aereo che aveva ucciso comandanti iraniani nel consolato di Teheran a Damasco.
Così in Siria Assad e le sue forze sono diventati 'vulnerabili'. "Personalmente non credo pensassero di raggiungere Aleppo - commenta Jihad Yazigi, direttore della pubblicazione online Syria Report - Penso sapessero certamente che il regime era debole e volessero cogliere l'occasione per allargare un po' le aree sotto il loro controllo".
Esteri
Siria, esponente curdo: “Turchia si è presa gioco di...
Muslim (Pyd), ora il nostro obiettivo è "garantire un passaggio sicuro" per la nostra comunità in fuga da Aleppo
"Noi stiamo solamente cercando di proteggere la nostra esistenza" dal momento che le "organizzazioni terroristiche" che rispondono "direttamente" alla Turchia hanno "circondato" la comunità curda fuggita da Aleppo dopo l'attacco dei giorni scorsi. Ora il nostro obiettivo è "garantire un passaggio sicuro" per queste persone verso aree "protette" nel Rojava, l'autoproclamata Amministrazione autonoma della Siria settentrionale. Lo dice all'Adnkronos Salih Muslim, membro del consiglio di presidenza del Partito dell'Unione Democratica (Pyd), braccio politico delle Unità di protezione popolare (Ypg), parlando da Hasakah della situazione nella zona a seguito dell'attacco guidate dalle milizie jihadiste di Hayat Tahrir al-Sham (Hts).
Muslim punta il dito contro la Turchia, accusandola di essere "il giocatore principale" che si è "di nuova presa gioco di tutti" gli attori interessati. "Russi, americani, iraniani e regime siriano credevano di controllare queste organizzazioni terroristiche che all'improvviso hanno iniziato ad attaccare. Ma è la Turchia che li sta gestendo direttamente", spiega l'esponente curdo, secondo cui sono "turchi almeno due dei gruppi" che hanno preso il controllo della seconda città più importante della Siria.
Secondo Muslim, a seguito di quell'operazione ci sono "molti sfollati curdi nel cantone di Shahba" e "molti sono ancora circondati da questi gruppi come Al-Nusra e Hts" quindi siamo "preoccupati per i civili". L'esponente curdo chiarisce, tuttavia, che al momento "non ci sono molti scontri" con queste fazioni filo-turche "perché hanno detto che non ci avrebbero toccato, che non ci avrebbero attaccato", ma al momento "stanno facendo pressione affinché i curdi escano da Aleppo e dalle altre aree. Stiamo parlando di 200mila persone complessivamente".
Esteri
1000 miglia Experience Uae 2024, dal 1 al 5 dicembre torna...
L’evento, giunto ormai alla terza edizione, ha avuto ufficialmente inizio nella giornata di ieri presso lo spettacolare Emirates Golf Club di Dubai
Si sono accesi i motori a Dubai, da dove ha preso il via la 1000 Miglia Experience Uae 2024. L’evento organizzato da Octanium Experiences su licenza di 1000 Miglia e giunto ormai alla terza edizione ha avuto ufficialmente inizio nella giornata di ieri presso lo spettacolare Emirates Golf Club, con le verifiche tecniche e sportive ed un momento di training per gli equipaggi, seguiti dall’esposizione al pubblico delle 90 vetture in gara. Da menzionare nel parco auto di quest’anno una Bentley 4.5 L Le Mans del 1928, una Lagonda LG45 del 1936, una V12 le Mans del 1938 e una Fiat Osca 1500 S Cabrio del 1961. Fra le moderne, spiccano una Lamborghini Huracan Sterrato e una Koenigsegg CC Prototype.
Questa mattina gli equipaggi sono partiti per la prima delle quattro tappe di gara: attraversando il territorio di Sharja, i piloti sono giunti ad Hatta, dove hanno sostato per il pranzo. A seguire, la risalita fino a Fujairah fra le montagne, per poi ritornare sul Golfo Persico e concludere la giornata di gara a Ras Al Kaimah.
Nel corso del secondo giorno di gara gli equipaggi , affronteranno la ripida ascesa della Jabel Jais che coi suoi 1934 metri di dislivello sul mare possiede lo status di montagna più alta della penisola, regina dell’imponente catena montuosa di Al Hajar. Parimenti allo sforzo richiesto dai piloti alle proprie vetture, a maggior ragione nel caso degli esemplari più anziani, gli equipaggi potranno godere di un panorama unico sul deserto e le valli circostanti. Dopo essere ridiscesi attraverso l’entroterra desertico degli Emirati Arabi Uniti, la rotta virerà a oriente fino a Fujairah. Il giorno seguente, mercoledì 4 Dicembre, gli equipaggi costeggeranno il Golfo dell’Oman per una novantina di chilometri, torneranno nel territorio di Dubai per provare l’esperienza del pranzo fra i canyon del deserto ed infine rientreranno a Fujairah. Nell’ultima mattinata di gara ci si dirigerà fino al Dubai Autodrome, al cui interno gli equipaggi avranno l’opportunità di fare un giro in pista. Seguiranno le ultime Prove Cronometrate nei pressi dell’Autodromo, prima di raggiungere nel pomeriggio il traguardo finale di Abu Dhabi.
Esteri
“Amore è perdono”, il messaggio di Kate...
Le parole della principessa del Galles nella lettera d'invito al concerto a Westminster
L'amore che perdona e che porta gioia e speranza: è il messaggio che Kate Middleton porterà al centro dell'evento natalizio che ha organizzato per quest'anno nell'Abbazia di Westminster. Parole che, fra le altre, potrebbero toccare il cuore di Harry e auspicabilmente dare finalmente il via alla riconciliazione nella famiglia reale. La principessa Kate è pronta a ospitare il suo evento più importante dell'anno: venerdì prossimo 1.600 persone si riuniranno per il servizio di canti natalizi 'Together At Christmas'. E, in vista del grande appuntamento, la principessa del Galles, che ha vissuto un anno difficile dopo la diagnosi di cancro, ha pubblicato una lettera che verrà consegnata ai partecipanti, in cui sottolinea l'importanza della gentilezza, del perdono e dell'empatia.
La lettera, scrivono alcuni media, potrebbe rappresentare un ramoscello d'ulivo inviato dalla futura regina al principe Harry, con il quale si ritiene non abbia più rapporti. In alcune parti della lettera si legge che le persone dovrebbero ricordare "l'importanza di dare e ricevere empatia, nonché di quanto abbiamo bisogno gli uni degli altri nonostante le nostre differenze".
La principessa ha anche scritto: "È quando ci fermiamo e ci allontaniamo dalle pressioni della vita quotidiana che troviamo lo spazio per vivere la nostra vita con un cuore aperto. Questo ci incoraggia soprattutto a rivolgerci all'amore, non alla paura: "L'amore che mostriamo a noi stessi è l'amore che mostriamo agli altri. Amore che ascolta con empatia, amore che è gentile e comprende, amore che perdona e amore che porta gioia e speranza".