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Codice strada, società mediche offrono collaborazione su farmaci e guida sicura

L'expertise tecnico-scientifica di Siaarti, Aisd, Sipad e Simg per criteri equilibrati sull'uso di oppiacei prescritti

Codice strada, società mediche offrono collaborazione su farmaci e guida sicura

Quattro società scientifiche, richiamando l'attenzione sulle recenti modifiche all'articolo 187 del nuovo Codice della strada approvate dal Senato il 20 novembre, offrono la propria expertise tecnico-scientifica per la definizione di normative applicative equilibrate che tutelino sia la sicurezza stradale sia i diritti dei pazienti. Sono la Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti), l'Associazione italiana per lo studio del dolore (Aisd), la Società italiana patologie da dipendenza (Sipad) e la Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg).

"Le nuove disposizioni dell'articolo 187 che regolano la guida sotto l'effetto di sostanze psicotrope - spiega Elena Bignami, presidente Siaarti - includono farmaci oppiacei e benzodiazepine regolarmente prescritti, con potenziali conseguenze che potrebbero essere discriminatorie per i pazienti affetti da dolore cronico che assumono terapie controllate prescritte e già afflitti da condizioni debilitanti. E' fondamentale, a garanzia dei pazienti, distinguere l'uso terapeutico controllato dall'uso illecito di sostanze psicotrope". E Silvia Natoli, responsabile Area culturale Siaarti Medicina del dolore e cure palliative, evidenzia un dato significativo: "In Italia, circa 400mila pazienti seguono terapie croniche con oppiacei, mentre 2,5 milioni li utilizzano per periodi limitati sotto stretto controllo medico. L'inclusione degli oppiacei tra le sostanze psicotrope sanzionabili potrebbe limitare il diritto alla mobilità di pazienti che assumono correttamente le terapie prescritte".

Questi timori sono ribaditi da Claudio Leonardi, presidente Sipad: "Le nuove norme potrebbero inoltre indurre i pazienti a interrompere le terapie per timore di ripercussioni legali, con conseguenti peggioramenti clinici, aumento della loro sofferenza e incremento del rischio di una guida sotto l'effetto del dolore acuto, che risulta scientificamente provato essere più compromettente di un eventuale effetto psicotropo degli stessi oppiacei prescritti per lenire il dolore cronico". Aggiunge Natoli: "Riteniamo che la nuova normativa necessiti di criteri applicativi che non penalizzino chi segue in modo controllato le terapie prescritte". Oltre alle implicazioni pratiche, è essenziale considerare l'evidenza scientifica sull'impatto reale di questi farmaci. "E' importante sottolineare - precisa Luca Miceli, membro della sezione Siaarti Dolore cronico - che i pazienti in terapia cronica con oppiacei a dose stabile e monitorata presentano alterazioni psicofisiche comparabili a quelle indotte da altre categorie di farmaci non incluse nella normativa, come alcuni di quelli usati per il dolore neuropatico. La letteratura scientifica conferma che, quando assunti secondo prescrizione, questi farmaci non compromettono necessariamente la capacità di guida".

Aggiunge il past president Siaarti, Antonino Giarratano: "In questo contesto, la recente pubblicazione della linea guida sul 'Buon uso dei farmaci oppiacei nella terapia del dolore cronico non da cancro dell'adulto' rappresenta un importante strumento tecnico-scientifico. Frutto di una collaborazione multidisciplinare tra Siaarti, Simg e altre 6 importanti società scientifiche e associazioni di pazienti - ricorda - questo documento costituisce un punto di riferimento fondamentale per garantire l'appropriatezza prescrittiva e la sicurezza dei pazienti, promuovendo un uso responsabile dei farmaci oppiacei che bilanci efficacia terapeutica e minimizzazione dei rischi".

Siaarti, Aisd, Sipad e Simg offrono così la propria collaborazione tecnico-scientifica alle istituzioni per l'elaborazione di regolamenti attuativi e normative secondarie che, nel rispetto della legge, stabiliscano i criteri per la valutazione dell'idoneità alla guida dei pazienti in terapia con oppiacei, assicurando un equilibrio tra sicurezza stradale e il diritto alle cure e all'accesso alla terapia del dolore sancito anche dalla legge 38/2010.

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Salute e Benessere

Al via la stagione sciistica, dal ginocchio alla spalla...

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Ogni anno gli incidenti sono circa 30 mila e 1.500 richiedono assistenza in ricovero ospedaliero

Sciatori nel comprensorio del monte Cimone - Agenzia Fotogramma

È tempo di iniziare la stagione sciistica 2024/2025 e con l'arrivo di tanti appassionati si ripropone il problema della sicurezza sulle piste e della prevenzione rispetto ai traumi e agli infortuni. "Ogni anno si registrano in Italia oltre 30mila incidenti sulle piste e, di questi, 1.500 richiedono assistenza in ricovero ospedaliero (5%)". Sono le stime della Siot, la Società italiana di ortopedia e traumatologia, mentre sono in fase di elaborazione nuovi dati.

Arrivare in montagna preparati

"Oggi è c'è una fetta di popolazione che si approccia agli sport sulla neve che può essere divisa in due fasce. Ci sono i giovani sotto i 30 anni che bene o male fanno attività sportiva di sottofondo tutto l'anno e possono avere una preparazione atletica per sci non agonistico, e poi c'è chi ha più di 30 anni, è in piena attività lavorativa dal lunedì al venerdì, quando finisce parte per la montagna e il sabato mattina è a -10 gradi, magari senza aver riposato bene, e scia senza nessuna preparazione. Quest'ultimi sono i candidati a farsi male". A fare il punto per l'Adnkronos Salute è Pietro Simone Randelli, presidente Siot e direttore Prima Clinica ortopedica, Istituto ortopedico Gaetano Pini-Cto di Milano.

Secondo il presidente Siot non basta solo essere preparati atleticamente per affrontare le piste, siano blu o nere: "Si devono controllare le condizioni meteo, la visibilità, la presenza del ghiaccio, se c'è folla sulla pista perché gli altri sciatori possono creare problemi", e poi i muscoli devono essere allenati, "altrimenti - aggiunge Randelli - si fa fatica e aumenta il rischio di farsi male. Il classico sciatore ha una prevalenza di lesioni ai legamenti del ginocchio e traumi alla spalla e al ginocchio, lo snowborder ha una prevalenza di traumi al polso, gomito e spalla e meno al ginocchio".

Uno dei segreti per sciare in sicurezza "è il buon senso e poi ascoltare il proprio corpo", suggerisce l'ortopedico. "Se mi alzo e non sono in forma, non devo per forza sciare - avverte - Nessuno mi deve costringere, posso rilassarmi in tanti modi in montagna, e poi attenzione ai materiali degli sci che oggi sono eccellenti e permettono di raggiungere velocità elevate. Chi inizia deve andare piano".

Se si rispettano alcune regole, lo sci "è uno sport molto divertente e idoneo anche per i bambini, si fa all'aria aperta ed è un allenamento propriocettivo che aiuta molto i piccoli - conclude il presidente Siot - E' uno sport per tutta la famiglia, che unisce genitori e figli in una mini vacanza rispetto a passare le giornate d'inverno dentro casa davanti alla Tv o sui social".

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Salute e Benessere

Tumori, Mancuso (Salute Donna): “Peccato non usare il...

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'Presentato emendamento in attesa di approvazione per prolungare accesso da 6 a 10 anni'

Tumori, Mancuso (Salute Donna):

Il 35% del Fondo per i farmaci innovativi non viene utilizzato. "E' un peccato che le regioni non abbiano colto questa opportunità". Così Anna Maria Mancuso, presidente Salute Donna Odv e coordinatrice del Gruppo 'La salute un bene da difendere, un diritto da promuovere', commenta all'Adnkronos Salute il dato del report Ihe - The Swedish Institute for Health Economics diffuso oggi a Roma in occasione del convegno dedicato al contributo dell'innovazione per il trattamento del tumore al polmone, promosso da Msd.

"Bisognerebbe cercare di includere nel Fondo anche i farmaci innovativi condizionati - aggiunge Mancuso - perché potrebbero essere una soluzione per l'accesso a quelle terapie che non vengono ancora considerate innovative ma che sono all'interno del fondo". Sulla questione che dopo 6 anni i farmaci innovativi escono da questo Fondo, il gruppo 'La salute un bene da difendere, un diritto da promuovere' ha presentato un emendamento alla legge di Bilancio che prevede di "considerare un farmaco innovativo fino a 10 anni e non 6. Attendiamo che venga approvato in Commissione Bilancio", ma è un lavoro "fatto insieme". In questo modo "un farmaco utilizzato e considerato innovativo per il tumore al polmone, che si scopre, ad esempio dopo 7 anni, essere innovativo per un altro tipo di patologia" può essere impiegato come innovativo e non come terapia compassionevole. "A volte - chiarisce - si utilizzano le terapie compassionevoli proprio perché non si può accedere a determinati farmaci innovativi per patologie diverse da quelle che sono stati indicati".

Purtroppo "i tempi di accesso ai farmaci sono abbastanza lunghi: basta pensare che devono passare 3 livelli cioè Ema, Aifa", rispettivamente Agenzia europea e italiana, "e le Regioni". Il tempo è prezioso, "è vita", specie per un paziente con cancro. Si tratta di accorciare l'iter, sburocratizzare e velocizzare l’accesso ai trattamenti "perché, una volta che vengono autorizzati dall'Ema poi dall'Aifa - sottolinea Mancuso - le Regioni potrebbero anche non rientrare nell'approvazione nei prontuari per i farmaci innovativi: c'è già l’Aifa - conclude - che lo fa a livello nazionale".

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Salute e Benessere

Neuromed, Sin e Aie insieme per nuovo approccio umanistico...

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Al workshop 'Crisi e (ri)soluzioni' la firma di un protocollo per mettere al centro la persona

Neuromed, Sin e Aie insieme per nuovo approccio umanistico di cura epilessia

Concentrare l'attenzione sulla persona e non solo sulla malattia. E' la proposta nella gestione dell'epilessia che è stata fatta oggi al Parco tecnologico dell'Irccs Neuromed Pozzilli (Isernia), nel corso dell'incontro con la stampa per l'apertura del workshop 'Crisi e (ri)soluzioni', organizzato da Neuromed in collaborazione con la Società italiana di neurologia (Sin) e l'Associazione italiana epilessia (Aie). Nel corso dell'evento, Neuromed e Aie - si legge in una nota - hanno firmato un protocollo di intesa che pone le basi per un nuovo modello di cura.

"Non si tratta solo di curare la malattia - ha detto Tarcisio Levorato, presidente Aie - ma di prenderci cura delle persone con epilessia nella loro interezza: emozioni, relazioni, progetti di vita. Questo protocollo rappresenta una visione umanistica della medicina che speriamo venga replicata altrove". Il protocollo, unico nel suo genere, è stato sviluppato attraverso la collaborazione diretta con pazienti e caregiver, che hanno partecipato alla definizione di 10 punti fondamentali per migliorare la qualità della vita delle persone con epilessia. "Abbiamo chiesto loro cosa volessero da noi - ha spiegato Giancarlo Di Gennaro, responsabile del Centro per la diagnosi e cura dell'epilessia del Neuromed - e le risposte sono state chiare. Non basta ridurre le crisi: bisogna ascoltare, comprendere e costruire percorsi personalizzati che tengano conto degli aspetti psicologici, sociali e familiari".

Fondato su un approccio multidisciplinare, il protocollo integra aspetti biologici, psicologici, sociali e familiari, puntando a migliorare la qualità della vita delle persone con epilessia. Il documento promuove infatti una medicina che ascolta e valorizza le esperienze individuali, superando il tradizionale paradigma clinico per creare un percorso di cura personalizzato e replicabile in altri contesti clinici. Come ha sottolineato anche Angelo Labate, coordinatore del Gruppo di studio epilessia della Sin, "è necessario un cambio di paradigma. Il neurologo moderno deve guardare oltre la malattia e comprendere la persona nella sua globalità. Questo significa superare la frammentazione della medicina e integrare competenze diverse in un unico percorso".

A tale proposito, Gabriele Trombetta, direttore generale Neuromed, ha sottolineato l'impegno dell'Istituto nel rendere concreta questa visione. "Abbiamo investito in tecnologia - ha illustrato - per potenziare l'attività clinica, ma anche per creare un ambiente che sia confortevole e accogliente, soprattutto per i pazienti più fragili, come i bambini. L'obiettivo è evitare che l'ospedale venga percepito solo come un luogo di cura e dolore, trasformandolo in uno spazio di vita. Vogliamo che chi entra qui si senta accolto, compreso e sostenuto in ogni fase del percorso. E non possiamo fermarci alla dimissione: l'approccio al paziente e alla sua famiglia deve raggiungere il fondamentale obiettivo di garantire una continuità tra ospedale e vita quotidiana".

Levorato ha poi voluto condividere la prospettiva dei pazienti, ricordando che l'epilessia non è solo una condizione medica, ma una parte della vita quotidiana. "Viviamo con questa malattia 24 ore su 24, ogni giorno dell'anno. Non possiamo essere visti solo come pazienti durante le visite cliniche - ha rimarcato - abbiamo bisogno di un sostegno continuo che consideri tutti gli aspetti della nostra esistenza". Un elemento distintivo di questo progetto è l'utilizzo della ricerca qualitativa per valutare l'efficacia delle terapie, un tema su cui si è espresso Di Gennaro: "Non ci limitiamo a misurare il successo dal punto di vista medico. Chiediamo ai pazienti come si sentono, se i trattamenti stanno migliorando davvero la loro vita. E' un cambio di prospettiva fondamentale per costruire una medicina che sia davvero per le persone".

L'auspicio è che questo modello possa essere adottato in altri contesti clinici. "Abbiamo dimostrato che è possibile costruire un approccio 'sartoriale' alla cura, centrato sulla persona e basato sulla collaborazione - ha concluso Levorato - Ora è il momento di esportare questa esperienza per trasformare il modo in cui la medicina si rapporta con l'epilessia". L'incontro ha rappresentato non solo un'occasione per presentare il protocollo, ma anche un momento di riflessione su una medicina che unisca scienza e umanità, dove ogni singolo paziente è un caso specifico, con i suoi bisogni, il suo ambiente e il suo vissuto.

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