Morto Giovanni Sabbatucci, lo storico del fascismo aveva 80 anni
É autore di numerosi manuali di storia per la scuola superiore e l'università, scritti in collaborazione con Vittorio Vidotto e Andrea Giardina
Lo storico Giovanni Sabbatucci è morto ieri nella sua casa di Roma all'età di 80 anni dopo una lunga malattia. Era tra i massimi esperti del fascismo, autore di numerosi manuali di storia per la scuola superiore e l'università, scritti in collaborazione con Vittorio Vidotto e Andrea Giardina e pubblicati da Laterza.
L'insegnamento
Nato a Sellano (Perugia) il 24 agosto 1944, si era laureato all'Università ''La Sapienza' di Roma nel 1968 con lo storico Renzo De Felice (correlatore Rosario Romeo) con una tesi in storia moderna sui rapporti fra irredentismo e nazionalismo. Assieme a Emilio Gentile (altro allievo di De Felice), è stato uno dei più accreditati storici del Ventennio, oltre che dell'epoca contemporanea e dell'Italia repubblicana. Sabbatucci dal 1971 al '74 ha svolto attività didattica e di ricerca nelle Università di Salerno e Roma. Dal 1974 al 1997 ha insegnato all’Università di Macerata, prima come professore incaricato, poi, dal 1980, come titolare di cattedra di prima fascia. Dal 1997 ha insegnato Storia contemporanea alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell''Università 'La Sapienza' di Roma come professore ordinario, occupando la cattedra che era stata del suo maestro De Felice.
Le pubblicazioni
Dopo aver pubblicato la sua tesi di laurea (nella rivista 'Storia contemporanea' 1970-71 diretta da De Felice), Sabbatucci ha studiato il movimento combattentistico nell’Italia del primo dopoguerra - a questo tema ha dedicato due libri ('I combattenti nel primo dopoguerra', Laterza 1974 e 'La stampa del combattentismo', Cappelli 1979) – e, più in generale, la crisi dello Stato liberale dopo il primo conflitto mondiale ('La crisi italiana del primo dopoguerra', Laterza 1976). Si è quindi occupato di storia del socialismo italiano, con particolare riferimento al periodo fra le due guerre. Ha curato la pubblicazione di una 'Storia del socialismo italiano' in sei volumi (Il Poligono, 1980-81) e, nell'ambito di quest'opera, ha scritto un saggio su 'I socialisti nella crisi dello Stato liberale'. Sempre in tema di socialismo, ha pubblicato nel 1991 il volume 'Il riformismo impossibile' (Laterza). Successivamente ha scritto diversi saggi apparsi su riviste ('Italia contemporanea' 1989, 'Il Mulino' 1990) in tema di leggi elettorali e di storia del sistema politico italiano e ha curato il volume antologico 'Le riforme elettorali nella storia d’Italia' (Unicopli 1995).
A partire dal 1980 Sabbatucci ha lavorato, assieme ad Andrea Giardina e a Vittorio Vidotto, alla stesura di un Manuale di storia per le scuole medie superiori, curandone in particolare la parte relativa all’età contemporanea. La prima edizione del Manuale è uscita per le edizioni Laterza nel 1987. Sono seguite nuove edizioni aggiornate e nuove versioni per i diversi ordini di scuole, diventando uno dei manuali più diffusi e aggiornati per i licei. Ha quindi curato, assieme a Vittorio Vidotto, e sempre per le edizioni Laterza, una 'Storia d’Italia' in sei volumi; il primo, 'Le premesse dell'Unità', è uscito nell'autunno del 1994; l'ultimo, 'L'Italia contemporanea', nel 1999. Per il quarto volume di quest'opera ('Guerre e fascismo', 1997), ha scritto un saggio su La crisi dello Stato liberale.
Conclusa l'opera laterziana e concluso (con l'uscita di un nuovo manuale per le medie inferiori) l'impegno sul fronte dei testi scolastici, Sabbatucci ha ripreso alcuni temi già affrontati e poi lasciati cadere: il trasformismo (inteso in senso sistemico, ossia come modalità di funzionamento del sistema politico italiano); la mancata formazione di un partito conservatore in Italia fra Otto e Novecento; le cause profonde della crisi della democrazia in Italia e in Europa dopo la prima guerra mondiale. Tra le sue ultime opere destinate agli studenti universitari 'Storia contemporanea. Dalla Grande Guerra a oggi' (con Vittorio Vidotto, Laterza, 2019), e 'Il mondo contemporaneo' (con Vidotto, Laterza, 2019).
Giovanni Sabbatucci ha svolto un'intensa attività pubblicistica. Ha collaborato con 'L'Espresso', poi alle pagine culturali del 'Corriere della Sera'. Dal 1994 è stato editorialista del quotidiano 'Il Messaggero' e ha collaborato con 'Il Mattino' di Napoli. È stato per molti anni ospite di trasmissioni radiofoniche Rai e consulente delle trasmissioni televisive di Rai 3 e Rai Storia 'La grande storia', 'Il tempo e la storia' e 'Passato e presente' (di questi ultimi due programmi è stato membro del comitato scientifico, e un ospite ricorrente). (di Paolo Martini)
Cultura
Dipinto di Botticcelli venduto per 12,7 milioni di euro
Era rimasto nella stessa collezione di famiglia per più di un secolo, questa sera è stato venduto all'asta a Londra
Un'eccezionale opera giovanile di Sandro Botticelli, "La Vergine e il Bambino in trono", datata intorno al 1470, ha illuminato questa sera l'asta di Sotheby's a Londra: otto offerenti - alcuni dei quali tradizionalmente collezionisti d'arte contemporanea - hanno inseguito il dipinto in otto minuti di gara fino a raggiungere un prezzo finale di vendita di 10 milioni di sterline (circa 12,7 milioni di euro), ben al di sopra della stima di 2-3 milioni di sterline. Il risultato di questa sera stabilisce un nuovo punto di riferimento per un'opera giovanile dell'artista del Rinascimento fiorentino in asta e si colloca inoltre tra i prezzi più alti mai raggiunti per un'opera di Botticelli.
Acquistato da Lady Wantage nel 1904, il dipinto raffigurante la Vergine con il Bambino del giovane Botticelli è rimasto nella stessa collezione di famiglia per oltre un secolo. Poco studiato e in gran parte conosciuto solo grazie a fotografie in bianco e nero, l'opera era stata persa di vista, la sua ubicazione spesso indicata in modo errato, e ampiamente trascurato in monografie e mostre più recenti. La composizione dell'opera presenta forti analogie con la pala di Sant'Ambrogio di Botticelli del 1470 circa, oggi conservata agli Uffizi, considerata non solo il primo dipinto di grandi dimensioni dell'artista ma anche una delle sue prime pale d'altare. Realizzato su scala ridotta, questo dipinto era probabilmente destinato a un mecenate in cerca di una pala d'altare intima per la devozione privata.
All'inizio del XIX secolo fu ospitata nel Convento di San Giuliano a Firenze e da lì passò in una piccola cappella annessa a un gruppo di case coloniche in un paese vicino a Firenze, dove era venerata in un convalescenziario per malati. Passò poi alla famiglia di Giovanni Magherini Graziani. Il dipinto fu venduto dal celebre mercante italiano Elia Volpi a Harriet Sarah Jones Loyd, Lady Wantage nel maggio 1904 e da allora è rimasto nella sua famiglia. Nell'archivio della famiglia sono state conservate anche lettere relative all'acquisto dell'opera, che fanno luce sulle trattative tra Lady Wantage, il suo intermediario Sir Thomas Gibson Carmichael e Volpi.
Alex Bell, copresidente mondiale di Sotheby's per gli Old Masters, ha commentato al termine della vendita: "Nel 1904, una carismatica collezionista di nome Lady Wantage trascorse diversi mesi a negoziare l'acquisto di questa opera giovanile di Botticelli, straordinariamente bella e contemplativa. Dopo essersi finalmente assicurata il dipinto, lo portò a casa, dove da allora è stato ammirato da lei e dai suoi discendenti. Non visto in pubblico per quasi un secolo, è sfuggito all'attenzione dei principali studiosi del settore. Ora, finalmente, questo dipinto eccezionale è riemerso nell'arena pubblica e ha catturato l'attenzione di tutti coloro che lo hanno visto. Il loro entusiasmo era evidente nella sala di vendita stasera, quando il dipinto ha superato senza sforzo la sua stima massima, stabilendo un nuovo prezzo di riferimento per un'opera giovanile di uno dei più grandi maestri del Rinascimento italiano".
(di Paolo Martini)
Cultura
Libri, Castelli: “‘Mediae Terrae’ nasce...
Alla presentazione del libro a Roma: “L’Appennino faccia salto di contemporaneità”
“Next Appennino è la strategia che mette insieme modernità e tradizione, partendo da un'esperienza concreta, quella che ho fatto da sindaco prima, da assessore regionale delle Marche, alla ricostruzione dopo e ora da Commissario alla ricostruzione. È un volume, una testimonianza, che nasce dall'esperienza concreta”. Così l’autore di “Mediae Terrae”, il Commissario straordinario Sisma 2016, Guido Castelli, alla presentazione del suo libro, questo pomeriggio alla Fiera nazionale della piccola e media Editoria ‘Più libri, più liberi’, in corso a Roma.
Un libro che racconta la ricostruzione l’Appennino centrale dopo il sisma 2016-2017: “Tra il 24 agosto 2016 e il 18 gennaio 2017 circa 50 mila scosse sconvolsero un territorio dell'Appennino centrale di estensione superiore a quella dell'Olanda. Fu una grande tragedia - racconta il commissario Castelli - Tante le false partenze, tante le polemiche iniziali. Poi qualcosa è cambiato: siamo riusciti a imprimere un cambio di passo alla ricostruzione, ma proprio in quel momento abbiamo capito che ricostruire le case non ha senso se simultaneamente non si cura anche la vitalità economica e sociale di territori meravigliosi, ma che più di altri soffrono la crisi demografica. Sappiamo che è proprio in quel quadrante compreso tra Fabriano, Spoleto, Rieti, L'Aquila, Ascoli Piceno, Camerino che si è coltivata l'identità italiana e per certi versi europea - continua - Da questo punto di vista, però, abbiamo chiaro l’obiettivo di conservare le nostre tradizioni, mantenerle in qualche misura pure intonse, ma far fare all'Appennino anche un salto di contemporaneità".
"L'Appennino si salva se sa agganciare anche le grandi transizioni: ambientali, digitali, tecnologiche - aggiunge - L'innovazione può essere un aiuto per chi soffre l'isolamento geografico. Attivando, come stiamo facendo, un percorso di maggiorazione della connettività e di digitalizzazione dei nostri ambienti - conclude - Si può competere vivendo proprio in quel quadrante territoriale, una vita competitiva e di qualità molto avanzata”.
Cultura
Ladro arrestato perché si ferma a leggere un libro,...
Dopo il caso di quest'estate, Giovanni Nucci parla da 'Più libri più liberi': "Ho cercato invano il topo di appartamento, volevo regalargli il libro".
La notizia, quest'estate, aveva fatto il giro dei media e dei social, perchè sembrava talmente surreale - e romantica - per essere vera. In tanti, infatti, avevano pensato a una trovata pubblicitaria: "ladro entra in un appartamento, a Roma, ma viene arrestato perché si ferma a leggere un libro trovato sul comodino". Il libro che ha attirato l'attenzione del topo di appartamento 38enne al punto da 'distrarlo' dal furto è "Gli dei alle sei. L'Iliade all'ora dell'aperitivo" di Giovanni Nucci per Bompiani, che oggi - dalla Fiera della Piccola e media editoria 'Più libri più liberi' a Roma - innanzitutto torna a ribadire che "è tutto vero" e "la pubblicità non c'entra". E poi rivela all'Adnkronos che "il caso ha fatto aumentare notevolmente le vendite" oltre ad "attirare tantissima attenzione" e di "aver cercato di contattare il ladro per conoscerlo e regalargli il libro".
"La cosa più sorprendente di questa vicenda - prosegue Nucci - è che tutti sono rimasti stupiti dal fatto che un libro possa attirare così tanto l'attenzione, persino di un ladro. E' come se il mondo - sottolinea - avesse voglia di una lettura così romantica o poetica". Il libro - ricorda - "è un saggio di scrittura dell'Iliade, in cui ci si concentra sull'aspetto attuale dell'Iliade e del mito, che è poi il mio cavallo di battaglia da sempre. Secondo me - sostiene lo scrittore - questa storia ci appare molto più romantica di quanto in realtà non sia, il ché la dice lunga: è come se volessimo interrompere la nostra vita, un po' cruda e che non va come vorremmo, per fermarci a leggere un buon libro. Quando poi c'è un ladro di mezzo - aggiunge - è come se i capi di governo, i guerrafondai, i maestri della guerra, come diceva Bob Dylan, interrompessero tutto e si mettessero a fare qualcos'altro. Siamo in un mondo completamente fuori fase. Continuiamo a fare quello che ci chiedono di fare anche senza volerlo - prosegue - e ci esalta il fatto che un ladro si prenda il lusso di leggere un libro al posto di rubare, al punto da farsi arrestare".
Quanto poi all'identità del ladro, Nucci spiega: "mentre la metà del mondo mi ha detto che era una trovata di marketing, l'altra metà mi ha detto 'ora lo devi trovare e regalargli il libro, così saprà come va a finire'. Io quindi - confessa - l'ho provato a contattare attraverso un'amica avvocato, perché ovviamente la polizia non può dare questo tipo di informazioni. Purtroppo l'esito è stato negativo, e non so dire se il ladro non aveva alcuna voglia di incontrarmi. A me è sembrato elegante fermarmi qui", racconta Nucci che a 'Più Libri Più Liberi' terrà un incontro, domenica a mezzogiorno, insieme a Paolo Di Paolo, per parlare di poesia e presentare la sua raccolta di versi intitolata "L'anima in rimessa", pubblicata da 'L'altracittà'. "Sono poesie d'amore. E oggi - conclude - abbiamo proprio bisogno delle poesie, oltre che dell'amore".