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Giubileo, dalla ripresa del Covid a Dengue, Zika e malaria: l’allarme degli esperti

Ciccozzi: "Con milioni di pellegrini serve sorveglianza epidemiologica, visto che non c'è ancora il Piano pandemico dovremo applicare il PanFlu". Colivicchi: "Tornare a indossare le mascherine". Bassetti: "Il rischio per Roma è quello che è accaduto a Fano"

Pellegrini verso piazza San Pietro - Fotogramma

Esperti in allarme per l'apertura del Giubileo 2025 e l'inevitabile entrata di virus veicolati dai milioni di pellegrini attesi a Roma per l'Anno Santo. A far paura è ancora il Covid 19 con varianti sconosciute, l'influenza, il Mpox ma anche virus più 'estivi' veicolati dalle punture di zanzare come Dengue, Zika, Chikungunya, febbre gialla e malaria.

Ciccozzi: "Mers scoppiò per il pellegrinaggio a La Mecca"

A 20 giorni dall'apertura del Giubileo, "dovremmo aver imparato qualcosa dalla lezione del Covid: la sorveglianza epidemiologica è importantissima per la prevenzione. Arriveranno milioni di persone in Italia e soprattutto a Roma. Se ci ricordiamo l'epidemia di Mers è scoppiata proprio durante il pellegrinaggio a La Mecca in Arabia Saudita, ma penso anche a quello che è accaduto ad Haiti con il colera. Movimenti di massa di persone possono essere la causa di epidemie di virus respiratorio". Così all'Adnkronos Salute l'epidemiolgo Massimo Ciccozzi, tra gli autori di un'analisi sui rischi sanitari legati al Giubileo. "Dobbiamo essere pronti e credo che in parte lo siamo, ma ancora qualcosa va fatta. Non ci devono essere sorprese per non trovarci con tantissimi contagi di virus respiratori, dal Covid all'influenza, ma anche il virus respiratorio sinciziale. Visto che non c'è ancora il Piano pandemico 2024-2028 dovremo applicare il PanFlu, proviamo ad applicare questo".

Colivicchi: "Sorveglianza sanitaria ai confini"

Stesse preoccupazioni per Furio Colivicchi, vicepresidente Fism, la Federazione delle società medico-scientifiche italiane. "Con l'apertura del Giubileo arriveranno in Italia 35 milioni di pellegrini da tutto il mondo in un anno. Sappiamo bene - dice all'Adnkronos Salute - che quando si muovono grandi masse di persone il rischio di diffusione di infezioni è sempre presente. Per questo motivo la sorveglianza sanitaria deve iniziare già ai confini italiani. Troppe le incognite: non sappiamo, per esempio, per l'aviaria e per il vaiolo delle scimmie", oggi Mpox, "quale sia l'effettiva diffusione in questo momento. E visto che milioni di persone arriveranno nel nostro Paese da zone dove aviaria e Mpox sono già state segnalate e presenti, come Sud America e Nord America, occorre molta cautela. L'allarme c'è, noi medici siamo preoccupati perché parliamo di un tema di sanità pubblica che va affrontato con la massima sorveglianza". Così all'Adnkronos Salute Furio Colivicchi, vicepresidente Fism, la Federazione delle società medico-scientifiche italiane, a margine dell'incontro 'Ripensare le cronicità: l'impatto dell'innovazione per un Ssn sostenibile', promosso da The European House Ambrosetti a Roma.

"Ricordo molto bene quello che è successo con il Covid nel 2020: il primo paziente con il virus era un cittadino cinese in vacanza a Roma - sottolinea Colivicchi - Quindi il rischio è concreto e richiede un'attività di sorveglianza da parte della sanità pubblica molto forte. Sicuramente - aggiunge Colivicchi - faremo tesoro di quello che è già successo. Oltre alla sorveglianza ai confini, sarà attivato tutto il servizio sanitario che si occupa dell'attività negli aeroporti e in generale della sorveglianza dei flussi turistici dei viaggiatori. Poi c'è un altro aspetto: le strutture sanitarie di pronto soccorso e di primo soccorso dovranno essere allertate come fu fatto a suo tempo per la pandemia da Covid. Quindi dovranno essere dotate delle capacità diagnostiche per questi casi. Ci aspetta un momento difficile, la situazione è critica”.

E per quanto riguarda il Covid "non sappiamo quali varianti entreranno in Italia attraverso milioni di pellegrini. Per evitare una ripresa del virus sicuramente occorrerà tornare ad indossare le mascherine, soprattutto nel periodo più freddo, così come lavare spesso le mani e vaccinare contro Covid, influenza e pneumococco i soggetti più fragili, tra cui anziani, malati cronici, cardiopatici e con patologie respiratorie", avverte l'esperto.

"Occorre capire se bisogna riprendere una campagna vaccinale, almeno per il personale sanitario. Ci sono degli aspetti che meritano attenzione -sottolinea Colivicchi - ma credo che su questo la Fism, grazie all'ottimo rapporto in questa fase con il ministero della Salute, si confronterà per comprendere con chi ha poi la responsabilità di prendere queste decisioni, per capire quale sia la migliore strategia da seguire". Le precauzioni che "possiamo suggerire, anche alla popolazione dei romani - raccomanda Colivicchi - sono le stesse che abbiamo messo in campo durante la pandemia: lavarsi bene e spesso le mani tutte le volte che si esce da casa e si entra in contatto con ambienti aperti e di libero passaggio. Indossare la mascherina in ambienti affollati, pensiamo solo anche alle chiese e a tutti quegli eventi religiosi che verranno celebrati e ai quali anche i romani parteciperanno come d'abitudine nel corso del periodo giubilare".

Bassetti: "In estate rischio patologie da zanzare"

A preoccupare di più secondo Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell'ospedale policlinico San Martino di Genova sono però i virus veicolati dalle zanzare. "Certamente il Giubileo pone dei rischi infettivologici importanti per diversi ordini di fattori. Non tanto per le infezioni respiratorie prettamente invernali, ma per le patologie tropicali trasmesse dalle zanzare in estate, ma non solo: Dengue, Zika, Chikungunya, febbre gialla e malaria. Patogeni che arrivano con i pellegrini residenti in zone endemiche, soprattutto il Sud America, e che sbarcheranno dagli aerei a Roma. Va quindi messo in piedi - dice all'Adnkronos Salute - un sistema che può gestire questi casi, vanno rafforzati i controlli e il monitoraggio. Il rischio per Roma è quello che è accaduto in estate a Fano, con un focolaio autoctono di Dengue. Il nostro Ssn e quello Lazio - si chiede Bassetti - sono in grado di far fronte a 30 mln di persone che arriveranno? Siamo attrezzati dal punto di vista dell'assistenza sanitaria"?

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Cronaca

Terrorismo, il folle progetto neonazista: “Uccidere...

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Da quanto emerge dall'inchiesta, coordinata dalla Procura di Bologna, nel mirino era finita la presidente del Consiglio. Il gruppo voleva arrivare a provocare una "guerra civile"

Giorgia Meloni (Fotogramma/Ipa)

"Trovami un cecchino e attueremo il tuo piano" che sarebbe stato quello di uccidere la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. L'intercettazione riporta quanto si sono detti due indagati di un gruppo neonazista, smantellato questa mattina nel corso di un'operazione coordinata dalla Procura di Bologna che ha portato all'arresto di 12 persone. La premier, si legge nell'ordinanza, era ritenuta "asservita al potere ebraico" e contro di lei era in corso "una vera e propria attività di dossieraggio" da parte dei capi dell'organizzazione. Un modo, questo, per condividere "strenuamente il progetto di uccidere la Presidente del Consiglio", progetto condiviso con gli altri membri della Werwolf Division, e paventato anche "in modalità autonoma" con il fenomeno dei cosiddetti "lupi solitari". Nel corso delle indagini sono emersi riferimenti all'acquisto di armi e all'utilizzo di poligoni di tiro abusivi per testare pistole.

I componenti della Werwolf Division stavano proseguendo nel "progetto di uccidere Meloni" con l'obiettivo dichiarato di "sovvertire l'ordine democratico" e arrivare alla "guerra civile". E' loro convinzione - si evince dall'ordinanza - che la premier sia "traditrice", in quanto "amica di Sion" e quindi "una schifosa".

La formazione neonazista - secondo l'accusa - era impegnata nella formazione di guerriglieri, istigati a cercare e acquistare armi tramite canali telematici. In una intercettazione, uno dei "guerriglieri" dice chiaramente che "allenavo cinque persone potenzialmente guerriglieri da dargli un'arma in mano, andare davanti alla Meloni e sparargli in testa".

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Cronaca

Sesso. Il ritocco sotto gli slip? Lui lo fa anche a 70 anni

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Mai troppo tardi, over 50 un uomo rifatto su 3. Alessandro Littara, pionere del 'sex design', racconta il mondo di chi sogna misure più generose. "Dietro questa scelta c'è il più delle volte un disagio, come la 'sindrome dello spogliatoio'"

Sesso. Il ritocco sotto gli slip? Lui lo fa anche a 70 anni

Non è mai troppo tardi per innamorarsi di nuovo. E non è mai troppo tardi, neanche superata la mezza età, per risolvere "un cruccio di gioventù e regalarsi" una 'seconda vita' più serena pure sotto le lenzuola. E' "in costante aumento" l'età degli uomini che sotto gli slip vorrebbero misure più generose. Parola di Alessandro Littara, medico chirurgo, andrologo e sessuologo, specialista in chirurgia plastico-estetica genitale maschile. "L'ultimo paziente che abbiamo operato qualche giorno fa, per esempio, aveva 73 anni", racconta all'Adnkronos Salute alla vigilia della presentazione - domani a Milano - del libro 'Questione di misure', scritto con la giornalista e scrittrice specializzata in campo medico-scientifico Minnie Luongo.

"Circa il 60% dei nostri pazienti hanno tra i 30 e i 50 anni, ma c'è un buon 20% che va dai 50 ai 60 e un altro 10% che è sopra i 60", spiega l'esperto, pioniere del 'sex design' che ha all'attivo oltre 6mila procedure chirurgiche di allungamento e ingrossamento del pene ed è anche autore dello studio scientifico pubblicato con la più ampia casistica al mondo su questi interventi. La fetta rimanente, continua, è rappresentata da "ragazzi più giovani, dai 20 ai 30 anni". Ma guardando alla fascia d'età più avanzata, qual è la molla che spinge ad affrontare il ritocco intimo? "Tanti mi raccontano che hanno sempre vissuto con questo cruccio e che dopo tanto tempo vogliono risolverlo. In realtà, molte volte indagando si scopre anche che si sono ritrovati a rimettersi in gioco dopo la fine di un matrimonio o di una lunga relazione, o che in tarda età hanno cominciato una nuova storia, con una compagna talvolta più giovane. Così anche a 70 anni decidono di sottoporsi a procedure che prima si facevano magari a un'età più giovanile. A frenarli fino a quel momento può essere stato un senso di vergogna o l'aspetto economico, perché questi interventi non sono passati dal Ssn", se non in rari casi di misure patologiche.

Del resto, riflette Littara, "viviamo nella società dell'immagine, gli uomini come le donne ci tengono sempre di più, nelle palestre si vedono fisici scolpiti, non pochi fanno trattamenti estetici di altra natura, e ovviamente anche le proporzioni" sotto gli slip "rappresentano fonte di vanto o di preoccupazione, perché magari con la palestra puoi modificare certe parti del tuo corpo, ma la dotazione sessuale rimane tale". L'esperto rileva dunque sia "un aumento degli uomini che chiedono queste procedure, e poi una maggiore attenzione alle proporzioni del proprio corpo".

L'identikit di chi si rivolge al 'sex design'

E' un mondo variegato quello degli uomini che si rivolgono al sex design. Il motore principale è un disagio che sperimentano. "Sembra un argomento futile quello delle dimensioni, se contano o meno, ma in realtà è qualcosa che affligge un certo numero di uomini", fa presente Littara. "Il 65% di chi chiede queste procedure - calcola - lo fa perché vive un disagio che può essere riferito sia al mostrarsi al partner sia alla cosiddetta 'sindrome dello spogliatoio'", che si riferisce a quel momento delicato, della doccia in palestra, quando ci si spoglia e, giocoforza, scatta il confronto con altri uomini.

"Per un 25% il motivo è invece puramente estetico. Ci capitano uomini che non hanno francamente problemi ma magari hanno l'esempio della propria compagna che si è rifatta il seno e anche loro colgono lo spunto per aumentare la loro dotazione. E nella casistica abbiamo pure un 10% di pazienti, in aumento, che vengono nel nostro centro in coppia, in compagnia del partner, anche se la metà circa del totale è single". Infine, "c'è un 5% di persone reduci da interventi chirurgici che hanno avuto come effetto la riduzione delle dimensioni intime. Ci sono ad esempio malattie che provocano una placca o un incurvamento del pene e quando si va a correggere chirurgicamente il problema si perde un po' di lunghezza. E questo spesso è anche uno degli effetti collaterali dell'intervento alla prostata". Ma ci può essere anche la motivazione 'professionale': fra i pazienti capitano infatti "anche attori porno che, pur essendo dotati, lo fanno per una questione competitiva nei confronti dei colleghi".

E' un tema delicato, in relazione al quale entrano in gioco diversi fattori e pesano false credenze e falsi miti, amplificati anche "dalla pornografia sempre più facilmente accessibile", ragiona lo specialista. "Mi è capitato tempo fa - racconta ancora Littara - che un giovane venisse in studio con la foto di un attore, per essere precisi non del volto ma delle sue parti intime, chiedendo un risultato uguale. Ecco questo è uno dei casi in cui il chirurgo deve dire no. Quando ci sono aspettative irrealistiche, l'esito non soddisferà mai e vale la pena di indirizzare il paziente verso un altro percorso, indirizzandolo verso un sessuologo ad esempio. Lo studio della motivazione è sempre importante. Poi va precisato che una misura in più può sempre aiutare. C'è un vecchio detto, verissimo, che dice che un centimetro in più" sotto gli slip "equivale a un km in più nella psiche". Insomma, "tutto si può migliorare, ma bisogna anche sapersi accettare".

Pur non essendoci dati ufficiali sul numero esatto di interventi che si fanno ogni anno in Italia ("una stima attendibile potrebbe essere sui 1.500-2mila), "sappiamo però che i Paesi in cui si fanno più interventi di questo tipo sono proprio il nostro Paese e la Germania in Europa, e gli Stati Uniti nel mondo". Nel Belpaese le richieste arrivano un po' da tutto il territorio nazionale, ma soprattutto dal Sud ("e spesso dalla Campania, ho osservato", dice Littara). Per completare l'identikit, fra chi chiede il 'ritocco intimo' "c'è un 35% di impiegati e un 25% di liberi professionisti, come ingegneri, avvocati, e così via. Abbiamo anche manager (15%)".

Quali sono le procedure del sex design? "C'è la falloplastica combinata (allungamento più ingrossamento), pari al 70% circa dei nostri interventi, che resta la scelta chirurgica incontrastata per chi desidera aumentare le misure del pene in modo duraturo", sottolinea Littara. Si tratta di una tecnica che permette un allungamento compreso tra 2,5 e 4 cm e un incremento della circonferenza tra il 20 e il 30%. Sempre più richiesto anche il penisfiller, trattamento ideato e brevettato proprio dall'andrologo: "Una metodica non chirurgica, a base di acido ialuronico - spiega - che offre risultati non permanenti ma di lunga durata (almeno 18-24 mesi) e consente un incremento medio della circonferenza del pene tra il 15 e il 30%. In alcuni casi questa scelta diventa un vantaggio perché la persona può verificare se il risultato piace e scegliere se rifare la procedura o no".

E' davvero una questione di misure?

Resta da affrontare però 'la domanda delle domande': quale dovrebbe essere la lunghezza giusta? E la circonferenza? Sulla base degli studi disponibili, risponde Minnie Luongo, si può dire "che la lunghezza media globale del pene umano è di 14 cm, mentre la circonferenza media corrisponde a 11,7 cm. Ma più centimetri non corrispondono necessariamente a una virilità maggiore, come sa bene lo specialista che, in presenza di casi di una vera ossessione dei pazienti, coinvolge uno psicologo sessuologo competente, come per esempio Marco Rossi". In realtà, puntualizza Littara, "non sono i centimetri in sé che contano, ma le proporzioni. Se una persona si guarda allo specchio e vede che queste proporzioni non sono in sintonia con il proprio corpo, può sperimentare un disagio".

Perché dedicare un libro a questi argomenti? "Per due motivi - illustra l'esperto - fornire informazioni alle persone che le cercano altrimenti in Rete, dove si trova di tutto e non sempre l'informazione corretta". Il rischio è anche il fai-da-te: "Ho visto diversi casi di uomini che si sono rivolti a personale non specializzato, sottoponendosi a tecniche fantasiose, in ambienti non sterili con alto rischio di infezione. E anche persone che vanno all'estero per abbattere i costi, in Paesi emergenti su questo fronte, come Tunisia e Turchia". L'altro motivo che ha spinto Littara a scrivere questa sorta di 'guida ragionata', "è cercare di sdoganare questo argomento perché non se ne parla da nessuna parte e quindi le persone che hanno un problema reale di questo tipo non sanno fondamentalmente con chi relazionarsi".

Littara invita a non sottovalutare la questione delle misure. "Una statistica diffusa tempo fa segnalava che, in risposta a una domanda fatta durante la visita di leva ai ragazzi, un 30% di loro ammetteva di essere insoddisfatto delle proprie dimensioni. Ora, questo può essere un lieve disagio che non porta a nessun tipo di conseguenza pratica, però ci sono persone che vivono questa cosa con angoscia, hanno un disagio che può essere medio-grave, di diverso tipo, ma che non fa loro vivere in una maniera spontanea e tranquilla la propria sessualità e di riflesso ovviamente la vita di relazione".

In questo ambito, però, non c'è stata quella 'rivoluzione' che si è avuta invece con il seno delle donne: "Circa 50 anni fa" i chirurghi plastici "cominciavano a fare la mastoplastica additiva, e all'inizio il mondo medico era contrario, si diceva che la donna si deve accettare com'è, che si interviene solo per correggere un problema" di salute, "non per un motivo estetico. Adesso le cose sono cambiate e una donna su tre negli Stati Uniti si rifà il seno. Ecco" sul ritocco intimo per lui, "pur essendo tanti anni che si fanno questi interventi, resta un po' un tabù, non se ne parla proprio. Nonostante tutto, le richieste sono andate crescendo. Il primo balzo clamoroso? Negli anni '80". Lo si potrebbe definire 'effetto Basic instinct': "Un giornalista chiese all'attrice protagonista" dello storico film, "Sharon Stone, se contavano più le misure del cervello o quelle intime. E lei rispose che, senz'altro, contano di più quelle del cervello, anche se a letto certe misure non disturbano. Tanto è bastato a far impennare negli Usa le richieste" di ritocchi intimi per lui. "E oggi sono sempre di più i chirurghi in tutto il mondo che eseguono anche queste procedure".

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Cronaca

Turetta parla in carcere: “Sono sereno, ero preparato...

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Il legale: "Abbiamo provato ad abbassare la tensione parlando dei gruppi social che sostengono che Turetta non esiste..."

Filippo Turetta - Fotogramma

"È stata un’attesa angosciante, lunga. Lo sapevo, ero preparato alla parola ergastolo, sono rimasto impietrito, ma sono sereno, non mi aspettavo nulla di diverso". Sono le prime parole, a quanto apprende l'Adnkronos, che Filippo Turetta pronuncia in carcere dopo la la sentenza di condanna inflitta dalla corte d’Assise di Venezia per l’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin.

Dietro l’aula al piano terra del Palazzo di giustizia, ieri Turetta ha atteso per ben sei ore il verdetto con accanto la polizia penitenziaria, che non ha mai lasciato solo il ventiduenne. In aula ha ascoltato in silenzio la sentenza pronunciata dal giudice Stefano Manduzio, ha poi interagito con il difensore Giovanni Caruso, quindi è ritornato nella cella del carcere veronese di Montorio, diretto da Francesca Gioieni, nella sezione separata che accoglie detenuti accusati di particolari violenze di genere.

Nella struttura che ospita circa 600 detenuti, Turetta oggi ha ripreso la sua routine nell''indifferenza' generale di chi vive dietro le sbarre. Chi incrocia il suo sguardo, oggi lo ha trovato stranamente loquace, "quasi sollevato dalla fine del processo, da una gogna mediatica di cui sente il peso anche nei confronti della sua famiglia", spiega una fonte all’Adnkronos. "Lo abbiamo rassicurato, anche sul che cosa si intende per pubblicazione della sentenza, abbiamo provato ad abbassare la tensione: parlando dei gruppi social che sostengono che Turetta non esiste, abbiamo cercato di spiegargli che l'attenzione della stampa diminuirà, e tornerà alla ribalta ogni tanto, e di concentrarsi sul suo percorso. È all'inizio, ma in un anno ha già fatto buoni passi".

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