Neuromed, Sin e Aie insieme per nuovo approccio umanistico di cura epilessia
Al workshop 'Crisi e (ri)soluzioni' la firma di un protocollo per mettere al centro la persona
Concentrare l'attenzione sulla persona e non solo sulla malattia. E' la proposta nella gestione dell'epilessia che è stata fatta oggi al Parco tecnologico dell'Irccs Neuromed Pozzilli (Isernia), nel corso dell'incontro con la stampa per l'apertura del workshop 'Crisi e (ri)soluzioni', organizzato da Neuromed in collaborazione con la Società italiana di neurologia (Sin) e l'Associazione italiana epilessia (Aie). Nel corso dell'evento, Neuromed e Aie - si legge in una nota - hanno firmato un protocollo di intesa che pone le basi per un nuovo modello di cura.
"Non si tratta solo di curare la malattia - ha detto Tarcisio Levorato, presidente Aie - ma di prenderci cura delle persone con epilessia nella loro interezza: emozioni, relazioni, progetti di vita. Questo protocollo rappresenta una visione umanistica della medicina che speriamo venga replicata altrove". Il protocollo, unico nel suo genere, è stato sviluppato attraverso la collaborazione diretta con pazienti e caregiver, che hanno partecipato alla definizione di 10 punti fondamentali per migliorare la qualità della vita delle persone con epilessia. "Abbiamo chiesto loro cosa volessero da noi - ha spiegato Giancarlo Di Gennaro, responsabile del Centro per la diagnosi e cura dell'epilessia del Neuromed - e le risposte sono state chiare. Non basta ridurre le crisi: bisogna ascoltare, comprendere e costruire percorsi personalizzati che tengano conto degli aspetti psicologici, sociali e familiari".
Fondato su un approccio multidisciplinare, il protocollo integra aspetti biologici, psicologici, sociali e familiari, puntando a migliorare la qualità della vita delle persone con epilessia. Il documento promuove infatti una medicina che ascolta e valorizza le esperienze individuali, superando il tradizionale paradigma clinico per creare un percorso di cura personalizzato e replicabile in altri contesti clinici. Come ha sottolineato anche Angelo Labate, coordinatore del Gruppo di studio epilessia della Sin, "è necessario un cambio di paradigma. Il neurologo moderno deve guardare oltre la malattia e comprendere la persona nella sua globalità. Questo significa superare la frammentazione della medicina e integrare competenze diverse in un unico percorso".
A tale proposito, Gabriele Trombetta, direttore generale Neuromed, ha sottolineato l'impegno dell'Istituto nel rendere concreta questa visione. "Abbiamo investito in tecnologia - ha illustrato - per potenziare l'attività clinica, ma anche per creare un ambiente che sia confortevole e accogliente, soprattutto per i pazienti più fragili, come i bambini. L'obiettivo è evitare che l'ospedale venga percepito solo come un luogo di cura e dolore, trasformandolo in uno spazio di vita. Vogliamo che chi entra qui si senta accolto, compreso e sostenuto in ogni fase del percorso. E non possiamo fermarci alla dimissione: l'approccio al paziente e alla sua famiglia deve raggiungere il fondamentale obiettivo di garantire una continuità tra ospedale e vita quotidiana".
Levorato ha poi voluto condividere la prospettiva dei pazienti, ricordando che l'epilessia non è solo una condizione medica, ma una parte della vita quotidiana. "Viviamo con questa malattia 24 ore su 24, ogni giorno dell'anno. Non possiamo essere visti solo come pazienti durante le visite cliniche - ha rimarcato - abbiamo bisogno di un sostegno continuo che consideri tutti gli aspetti della nostra esistenza". Un elemento distintivo di questo progetto è l'utilizzo della ricerca qualitativa per valutare l'efficacia delle terapie, un tema su cui si è espresso Di Gennaro: "Non ci limitiamo a misurare il successo dal punto di vista medico. Chiediamo ai pazienti come si sentono, se i trattamenti stanno migliorando davvero la loro vita. E' un cambio di prospettiva fondamentale per costruire una medicina che sia davvero per le persone".
L'auspicio è che questo modello possa essere adottato in altri contesti clinici. "Abbiamo dimostrato che è possibile costruire un approccio 'sartoriale' alla cura, centrato sulla persona e basato sulla collaborazione - ha concluso Levorato - Ora è il momento di esportare questa esperienza per trasformare il modo in cui la medicina si rapporta con l'epilessia". L'incontro ha rappresentato non solo un'occasione per presentare il protocollo, ma anche un momento di riflessione su una medicina che unisca scienza e umanità, dove ogni singolo paziente è un caso specifico, con i suoi bisogni, il suo ambiente e il suo vissuto.
Salute e Benessere
Ricerca: scoperto potenziale trattamento per autismo e...
Dai laboratori dell’Università di Roma Tor Vergata e della Fondazione Santa Lucia Irccs i ricercatori individuano meccanismo alla base comportamenti ripetitivi
Dai laboratori dell’Università di Roma Tor Vergata e della Fondazione Santa Lucia Irccs una nuova scoperta sui meccanismi alla base dei comportamenti ripetitivi autistici e sui bersagli molecolari utili per il loro trattamento farmacologico. Lo studio è stato ideato, diretto e condotto da Ada Ledonne, ricercatrice in Farmacologia presso l’Università di Roma Tor Vergata e la Fondazione Santa Lucia Irccs di Roma ed è stato pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry.
Comportamenti ripetitivi, come movimenti stereotipati, manipolazione ripetitiva di oggetti e comportamenti autolesionistici, sono sintomi caratteristici dei disturbi dello spettro autistico, evidenti anche nella sindrome dell'X fragile, la principale causa monogenetica di autismo e disabilità intellettiva. I comportamenti ripetitivi autistici interferiscono con le normali attività quotidiane e possono essere anche dannosi per i pazienti. Ad oggi non ci sono farmaci approvati per il loro trattamento e questo dipende da una scarsa conoscenza dei meccanismi patologici cerebrali che li provocano.
Lo studio diretto Ledonne - riporta una nota - rivela che una disfunzione dei neuroni dopaminergici dell’area cerebrale denominata substantia nigra compacta è associata all’insorgenza dei comportamenti ripetitivi autistici di un modello murino di sindrome dell’X fragile; lo studio ha anche svelato il meccanismo molecolare alla base della disfunzione dei neuroni dopaminergici nigrali e identificato una nuova strategia farmacologica che è risultata efficace nel ridurre i comportamenti ripetitivi autistici in un modello animale.
"Abbiamo scoperto che i neuroni dopaminergici nigrali di topi modello di sindrome dell’X fragile sono iperattivi e tale disfunzione promuove l’insorgenza di comportamenti ripetitivi autistici - spiega Ledonne - L’iperattività dei neuroni dopaminergici nigrali, finora mai riscontrata nella sindrome dell’X fragile, è causata da un aumento dell’espressione dei recettori del glutammato mGluR1 e dei recettori ErbB4 e ErbB2, che mediano l’azione di fattori di crescita e differenziamento neuronale noti come Neureguline". Le Neureguline e i recettori ErbB4 e ErbB2 - riferisce la nota - sono essenziali per il corretto sviluppo del sistema nervoso centrale e per la regolazione delle funzioni cerebrali anche nel cervello adulto, in quanto modulano l’attività neuronale, la neurotrasmissione e la plasticità sinaptica. La disfunzione dei recettori ErbB non era stata finora riconosciuta come meccanismo patologico alla base dei comportamenti ripetitivi della sindrome dell’X fragile e dell’autismo.
L’equipe di ricerca ha sperimentato nel modello animale di sindrome dell’X fragile un approccio farmacologico innovativo utilizzando un inibitore dei recettori ErbB per attenuare la disfunzione dei neuroni dopaminergici e le alterazioni comportamentali autistiche. "I nostri risultati dimostrano – prosegue Ledonne - che l’inibizione dei recettori ErbB è una strategia farmacologica efficace nel recuperare le disfunzioni dei neuroni dopaminergici nigrali e ridurre i comportamentali ripetitivi autistici del modello murino di sindrome dell’X fragile. Pertanto, le nostre evidenze contribuiscono all’avanzamento della comprensione dei meccanismi molecolari alla base dei sintomi autistici e rappresentano una base solida per proporre valutazioni cliniche dell’efficacia dell’inibitore ErbB per il trattamento di comportamenti ripetitivi in pazienti con sindrome dell’X fragile e autismo".
Allo studio hanno anche contribuito Nicola Mercuri, ordinario di Neurologia all’Università di Roma Tor Vergata e responsabile del laboratorio neurologia sperimentale della Fondazione S. Lucia, Claudia Bagni, ordinaria di Biologia applicata presso l’Università di Roma Tor Vergata e l’Università di Losanna (Svizzera) e i loro gruppi di ricerca.
Salute e Benessere
Malattie rare: Drago (UniCt): “Un Manifesto per...
"L’infezione si può prevenire oltre che curare con nuovi farmaci"
"Il Manifesto sociale è un documento che è stato messo a punto per sensibilizzare gli stakeholders della sanità italiana che orbitano intorno all'oftalmologia, in particolare le malattie rare in oftalmologia, perché si possa prendere coscienza di una malattia, la cheratite da acanthamoeba, malattia ultra rara che fino a oggi non ha avuto la possibilità di essere trattata, farmacologicamente, in maniera efficace e che può, se non trattata adeguatamente, portare anche alla cecità". Lo ha detto Filippo Drago, professore ordinario di Farmacologia clinica presso l'Università degli Studi di Catania, questa mattina all’Adnkronos Salute, in occasione del Dialogue Meeting su 'Conoscere e riconoscere la cheratite da Acanthamoeba', promosso dalla rivista di politica sanitaria Italian Health Policy Brief, a Roma.
"Lo scopo di questo Manifesto - continua Drago - è quello di sensibilizzare l'opinione pubblica, in particolare gli operatori sanitari, ma anche i cittadini, perché la malattia si può prevenire, non solo curare con questa nuova medicina, la polihexanide", formulazione 0.08% "che è stata messa a punto da un'azienda farmaceutica italiana. La prevenzione è anche l'obiettivo di questo Manifesto: diffondere la modalità con cui possiamo prevenire la malattia".
L’infezione è ultra rara, "risponde al criterio di prevalenza che è stato stabilito dall'Agenzia europea per i farmaci per le malattie ultra rare, cioè meno di un soggetto ogni 10 mila abitanti, quindi pochissimi individui in Italia - chiarisce Drago - La necessità è quella di conoscere la malattia dal punto di vista clinico", ma soprattutto "prevenirla semplicemente con una serie di atteggiamenti di igiene nei confronti delle lenti a contatto, che vengono utilizzate ormai da moltissime persone, soprattutto giovani, perché - conclude - queste sono la modalità con cui l'infezione si manifesta".
Salute e Benessere
Malattie rare, oculista Rama: “Sintomi aspecifici per...
"Sospettare l’infezione in chi porta lenti a contatto in maniera scorretta e terapia con farmaco già approvato da Ema"
"Sono pochi i campanelli d'allarme. All'inizio questa infezione" degli occhi "dà pochi segni aspecifici. Secondo me, le persone che utilizzano lenti a contatto in maniera scorretta" nel momento in cui hanno anche "problemi piccoli andrebbero viste dall'oculista e, nel sospetto di acanthamoeba, vanno fatti gli accertamenti: la microscopia confocale e il prelievo per esami microbiologici". Lo ha detto Paolo Rama, oculista, professore e consulente al Policlinico San Matteo di Pavia, all’Adnkronos Salute, oggi a Roma, partecipando al Dialogue Meeting su 'Conoscere e riconoscere la cheratite da acanthamoeba'.
Nelle prime fasi di infezione, "l'efficacia del trattamento è altissima - avverte Rama - se si aspetta quando il parassita si approfondisce nella cornea, il trattamento diventa molto più problematico". Trattandosi di un’infezione rara, la sfida per gli oculisti è di "conoscerla, sospettarla e sapere dove inviare per la conferma della diagnosi che è solo strumentale. Non si può fare diagnosi clinica, ci sono esami specifici - rimarca il professore - La microscopia confocale in vivo, uno strumento che consente di evidenziare le cisti nella cornea, e il prelievo per esami microbiologici, culturali specifici".
La terapia "si basa su due antisettici che sono la clorexidina e Phmb, polihexanide, formulazione 0.08%". "Il Phmb è stato approvato dall'Agenzia europea (Ema). Adesso aspettiamo l'approvazione di Aifa", l’Agenzia italiana del farmaco. "Speriamo - conclude - che arrivi in commercio presto".