Donatella Versace: Reinventarsi senza sosta, una vita al centro della scena
Donatella Versace, un nome che parla da solo. Icona della moda, simbolo di stile italiano, un po’ musa e un po’ ribelle. Ma soprattutto, una donna che non ha mai smesso di far parlare di sé. E ultimamente – diciamolo – ci ha dato nuovi motivi per farlo. Tra un’apparizione mozzafiato alla prima mondiale del musical Il Diavolo veste Prada a Londra e nuovi riconoscimenti per il suo impegno umanitario, Donatella continua a essere quel centro magnetico che attira sguardi e giudizi, dividendo il pubblico. E forse, è proprio questo il segreto del suo fascino.
Lo show a Londra e un look che fa discutere
La recente apparizione a Londra ha riacceso tutte le luci su di lei. C’è stato un momento, un istante quasi sospeso, in cui tutti hanno fissato Donatella e il suo miniabito dorato. Ma non è stato solo il vestito a far discutere: è stato il suo viso, l’aspetto sorprendentemente giovane e luminoso. Immediatamente, come al solito, il web si è acceso. Chi grida al miracolo del lifting, chi punta il dito contro botox e filler, chi semplicemente si chiede: “Ma è lei?“
Eppure, Donatella non si è mai nascosta dietro false modestie. Non ha mai negato di credere nella trasformazione, nell’evoluzione anche estetica. “Non credo nel totalmente naturale per le donne“, ha detto in passato. E in fondo, è anche questo a renderla così unica: quella sincerità spietata, senza filtri, che tanto manca in un mondo di perfezione finta e costruita.
Tra ammirazione e critiche: il web si divide
Bastano poche ore dalla sua apparizione, e i social sono in fermento. Si divide l’opinione pubblica: c’è chi applaude la sua audacia, il coraggio di reinventarsi sempre e chi invece la accusa di essere ormai irriconoscibile. In qualche modo, però, tutto questo è più grande di Donatella stessa. C’è un dibattito più ampio, più profondo, che riguarda l’uso della chirurgia estetica, la pressione di dover essere sempre perfetti, l’immagine pubblica filtrata e ridefinita da media e app che regolano anche il modo in cui percepiamo noi stessi. Insomma, Donatella è diventata ancora una volta il pretesto per parlare di qualcosa che ci tocca tutti.
Donatella e Versace: una storia di coraggio e creatività
Non possiamo parlare di Donatella senza parlare di Versace. Da quando ha preso le redini della maison, dopo la tragica morte di suo fratello Gianni nel 1997, Donatella ha portato avanti un’eredità pesante e meravigliosa. Ha trasformato il brand, lo ha reso globale, l’ha reso suo. Con quel suo stile audace, un po’ sfacciato e sempre sensuale, ha definito il concetto di lusso per una generazione intera.
Non si è mai fermata alla moda, mai e poi mai. Perché per Donatella la moda è solo una parte del tutto, una finestra sul mondo, certo, ma mai l’unica cosa. La sua creatività è sempre stata accompagnata da una sorta di missione, un bisogno quasi viscerale: difendere il diritto di esprimersi, di essere chiunque si voglia essere, senza limiti, senza paura. Ed è questo che la rende vera, autentica, che la fa risplendere. È come se ci fosse un filo invisibile che collega ogni cosa che fa: la sua vita personale, il suo stile, la sua visione. Tutto fa parte di un unico disegno, di un’unica storia che racconta con il cuore in mano.
Un impegno filantropico che fa la differenza
E proprio parlando di visione del mondo, Donatella non è solo moda. Recentemente, è stata premiata con il Prophets of Philanthropy Award dalla Galileo Foundation, durante il Faith and Philanthropy Summit al Blenheim Palace. Un riconoscimento che non è arrivato per caso. Donatella è da sempre in prima linea per i diritti LGBTQIA+ e per la difesa dei diritti umani. Sfrutta la sua posizione di potere per dare voce a chi, troppo spesso, non ha la possibilità di farsi sentire.
Questo impegno è una delle cose più belle e più vere di Donatella. Non si limita a creare abiti meravigliosi, ma mette la sua piattaforma al servizio di qualcosa di più grande, di più importante. E questo, forse, è il vero significato di essere un’icona.
Moda e musica: la collaborazione con Dua Lipa
Donatella non si ferma mai. Non si limita mai. L’abbiamo vista collaborare con la popstar Dua Lipa per una collezione estiva dal nome evocativo: La Vacanza. Presentata a Cannes, nel maggio del 2023, la collezione ha portato il glamour, la freschezza e l’energia delle due donne sotto i riflettori. Abiti pensati per l’estate, per divertirsi, per brillare.
C’è una sorta di dialogo continuo, di connessione tra Donatella e il mondo che la circonda. Sa parlare alle nuove generazioni senza sembrare mai fuori posto, senza mai perdere il tocco unico che rende Versace quello che è: un mix perfetto di tradizione e innovazione, di lusso e libertà.
Riconoscimenti e onorificenze: il 2024 di Donatella
Quest’anno è stato un altro momento importante per Donatella, insignita del titolo di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Un riconoscimento che va oltre la moda. Questo onore celebra sì, il suo lavoro e il suo talento creativo, ma anche il modo in cui rappresenta l’Italia, il modo in cui la porta nel mondo. Con determinazione, con stile, con orgoglio.
Essere Donatella: resilienza e trasformazione
Se c’è una cosa che Donatella Versace ci insegna è il valore della resilienza. Dalla perdita del fratello Gianni alla gestione di un marchio iconico, ogni momento della sua vita è stato segnato da sfide enormi. Ma lei è sempre andata avanti, trasformando il dolore in forza, la sfida in successo. E questo si vede, in ogni sua apparizione, in ogni collezione che lancia, in ogni progetto in cui si immerge.
Donatella è una donna che ha saputo reinventarsi, che ha saputo sfidare le aspettative e ridefinire il concetto stesso di bellezza e stile. Una donna che, nel bene e nel male, non lascia nessuno indifferente.
La bellezza oltre le critiche
Le critiche non le sono mai mancate e il recente dibattito sul suo aspetto lo dimostra ancora una volta. Ma dietro ogni critica c’è qualcosa di più. C’è la paura del cambiamento, c’è il rifiuto di accettare che la bellezza possa essere anche trasformazione, che non ci sia un unico modo giusto di invecchiare. Donatella lo sa e in qualche modo, non sembra davvero importarle. Lei vive per se stessa, per la sua arte, per la sua visione. Ed è per questo che è ancora qui, dopo tanti anni, a farsi guardare, discutere, ammirare. Perché alla fine, la bellezza vera è quella che lascia un segno, che crea una reazione, che ci fa pensare.
Chissà cosa ci riserverà ancora Donatella. Davvero, chi può dirlo? Lei è così, imprevedibile, un continuo giro sulle montagne russe. Con Donatella, niente è mai scontato, niente è mai già visto. Può essere un nuovo look, un progetto sociale, un modo tutto suo di portare avanti una battaglia: lei riesce sempre a spiazzarci, a farci parlare, a farci pensare. E noi? Noi siamo qui, ad aspettare, con quella curiosità che non se ne va mai. Perché con Donatella c’è sempre quella sensazione, quella certezza un po’ magica: che la prossima cosa sarà speciale, sarà qualcosa che ci toccherà nel profondo, ancora una volta.
Attualità
Open Dialogues for the Future: torna la terza edizione
Ci siamo, ci siamo di nuovo. Torna l’appuntamento con “Open Dialogues for the Future”, e quest’anno è la terza edizione. Due giornate piene, cariche di dibattiti, conversazioni, interventi e, soprattutto, di visioni per il futuro.
Quando e dove
Segnatevi queste date, scrivetele su un foglietto, memorizzatele: 6 e 7 marzo 2025, a Udine. Sì, proprio lì, in quel piccolo angolo di Friuli che magari non ci pensi… ma sta diventando un posto speciale. Un posto dove chi ha voglia di parlare di geopolitica e geoeconomia si ritrova, perché sì, questi temi sono sempre stati importanti.
Ma adesso? Adesso sono diventati urgenti. Non possiamo più far finta di niente. Il mondo si sta rompendo, si sta dividendo. Le vecchie potenze stanno perdendo colpi, i nuovi equilibri si stanno creando. E noi? Abbiamo bisogno di un posto dove fermarci, fare un respiro profondo e provare a capirci qualcosa. Un posto dove provare a mettere insieme tutti questi pezzi sparsi, questo puzzle che ormai è diventato una follia. Saremo lì, tutti quanti. Imprenditori, professori, studenti, gente comune. Tutti. A guardarci negli occhi e a chiederci: “Ma davvero, dove stiamo andando? Dove stiamo andando tutti insieme?“
La presentazione a Milano
La presentazione dell’evento è stata qualche giorno fa a Milano, in uno di quei posti che ti fanno sentire un po’ piccolo, un po’ fuori luogo, tipo Palazzo Giureconsulti. Una di quelle sale grandi, un po’ troppo eleganti, che ti mettono soggezione appena ci metti piede. Ma c’era tanta gente. C’era Giovanni Da Pozzo, il presidente della Camera di commercio di Pordenone-Udine, e poi c’era Federico Rampini, il giornalista che ci sta mettendo anima e corpo per dare una direzione scientifica a tutto questo.
E non erano soli. L’ambasciatrice italiana negli Stati Uniti, Mariangela Zappia, era lì anche lei, insieme ad altri nomi importanti. Carlo Sangalli, per esempio, presidente della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. E poi rappresentanti di tante istituzioni del Friuli Venezia Giulia. Insomma, una sala piena di gente che conta, ma soprattutto piena di gente che vuole fare la differenza.
Cos’è “Open Dialogues for the Future”?
Ma cos’è davvero “Open Dialogues for the Future”? Be’, è più di un semplice forum. Non è solo un evento in cui ascoltare relatori di spicco e annuire, è un momento per fare domande, per sfidare le idee. L’idea è nata dalla Camera di Commercio di Pordenone-Udine e l’obiettivo è chiaro: fare di questo angolo del nord-est Italia un centro di dibattito sulle sfide economiche e politiche che ci attendono.
Come dice Da Pozzo, “il Friuli è una regione piccola, ma con una grande apertura al mondo“. Due confini, tre lingue, un’economia basata sull’export. Insomma, un territorio che ha qualcosa da dire in fatto di relazioni internazionali.
L’Importanza del Friuli Venezia Giulia
In effetti, a sentir parlare Rampini e l’ambasciatrice Zappia, c’è molto da riflettere. L’ambasciatrice, in particolare, ha portato una prospettiva interessante, ricordandoci quanto è importante che le piccole realtà territoriali si facciano conoscere a livello internazionale, che trovino spazio in contesti come quello degli Stati Uniti.
“La geopolitica non è solo roba da grandi potenze”, ha detto. “È anche una questione di come le comunità locali sanno giocare le loro carte.” E il Friuli Venezia Giulia è una di quelle realtà che ha imparato a farlo, portando il suo sistema produttivo, universitario, il suo tessuto economico, al di là dell’Atlantico.
Trump e il futuro delle relazioni internazionali
E poi c’è Rampini, che ci ricorda che la prossima edizione di Open Dialogues sarà davvero unica: cade poco più di un mese dopo l’insediamento ufficiale di Trump. Già, Trump di nuovo presidente. E sarà interessante capire cosa questo significa per l’Europa, per l’Italia, per le nostre piccole e grandi imprese.
Perché, diciamolo chiaramente, c’è sempre un po’ di incertezza quando si tratta di Stati Uniti e delle loro politiche estere. Ma c’è anche la speranza che, alla fine, le relazioni economiche restino forti, che le nostre aziende possano continuare a trovare spazio in quel mercato così grande e complesso.
La metafora del rinoceronte grigio
La metafora del “rinoceronte grigio”, che Rampini ha tirato fuori durante il suo intervento, è una di quelle che restano impresse. Non è come il cigno nero, l’evento imprevisto che cambia tutto. No, il rinoceronte grigio è l’evento che vedi arrivare da lontano, che tutti sanno che accadrà, ma che comunque, quando succede, è uno shock.
Trump è stato un po’ così, la prima volta. Adesso lo conosciamo, sappiamo cosa aspettarci, eppure resta una figura capace di scuotere gli equilibri. E Rampini, con quella sua lucidità, ci fa capire che siamo entrati in una nuova fase della globalizzazione, più frammentata, più chiusa, con meno certezze.
Ma Open Dialogues non sarà solo Stati Uniti e Trump. Sarà anche un’occasione per parlare di Europa, di conflitti e di pace, di come le nostre economie possano reggere il passo con le trasformazioni digitali e ambientali che ci attendono.
La prima giornata: focus su Europa e conflitti
La prima giornata, il 6 marzo, si aprirà con un’analisi sulle conseguenze geopolitiche dei conflitti in Ucraina e Palestina. “Fattori di accelerazione per la formazione di un nuovo ordine mondiale”, come l’ha definito Filippo Malinverno, responsabile del programma.
E poi ci sarà spazio per parlare delle sfide della competitività europea, con un focus su Italia, Francia e Germania. Quelle che una volta erano le locomotive del continente, oggi faticano a ritrovare la fiducia necessaria per trainare tutti gli altri. E forse, proprio a partire da eventi come questo, possiamo cominciare a ricostruirla.
La seconda giornata: Stati Uniti e nuove prospettive
La seconda giornata? Beh, sarà tutta dedicata agli Stati Uniti. E non sarà certo una passeggiata. Ci sarà Federico Rampini, con la sua solita energia, pronto a fare il punto sulla nuova amministrazione Trump. Sì, di nuovo Trump. E poi ci saranno i rapporti con la Cina, l’Europa… insomma, un bel po’ di questioni complicate. Ma ci serve capire. Serve davvero capire come questa superpotenza si sta muovendo, quali sono le intenzioni, cosa ci aspetta. Sarà una giornata bella tosta, piena di spunti, di riflessioni. Di quelle che ti fanno uscire con la testa che gira ma con qualche idea in più su dove stiamo andando.
E non finisce qui. Ci saranno anche delle storie vere, concrete, di aziende friulane che sono riuscite a mettere radici negli Stati Uniti. Persone che hanno vissuto tutto sulla propria pelle. Racconteranno i loro successi, certo, ma anche le difficoltà, i momenti in cui hanno pensato di mollare tutto. Perché alla fine sono quelle storie lì, quelle vere, che ti fanno capire davvero cosa significa essere nel bel mezzo di tutto questo.
È un luogo dove i giovani possono trovare ispirazione, dove possono vedere che ci sono opportunità, nonostante tutto. L’assessore regionale Sergio Emidio Bini l’ha detto chiaramente: “Siamo un popolo un po’ strano, amiamo sottovalutarci. Ma eventi come Odff ci consentono di continuare a trasmettere senso di realtà e conoscenza”. Ed è vero. Spesso ci dimentichiamo di quello che siamo capaci di fare, ma abbiamo tutte le carte in regola per giocare una partita importante.
Un evento diffuso a Udine
E così, tra un panel e una conversazione, tra una sessione plenaria e una chiacchierata informale, Open Dialogues ci darà anche quest’anno l’opportunità di fermarci e di pensare. Di fare il punto su dove siamo e dove vogliamo andare.
Sarà un evento che si spargerà per tutta Udine, un po’ come un abbraccio che coinvolge tutta la città. Non sarà solo la Camera di Commercio ma anche altri posti che hanno un’anima, come la Fondazione Friuli o la vecchia chiesa di San Francesco. Perché sì, vogliamo che sia dappertutto, che si respiri ovunque. E poi, sai, è tutto pensato per essere libero, senza costrizioni. Vuoi seguire un panel e saltarne un altro? Vai tranquillo. Vuoi startene a chiacchierare con qualcuno e perderti una sessione? Nessun problema. Alla fine, è tutto fatto per te, per renderlo davvero qualcosa di tuo. Un’esperienza che scegli tu, che vivi tu, come vuoi tu.
Ospiti di rilievo
Tra gli ospiti attesi, ci saranno volti noti e meno noti, persone che hanno qualcosa da dire, che hanno un punto di vista interessante da condividere. Orietta Moscatelli, analista di Limes, Benedetta Berti, responsabile delle politiche strategiche della Nato, Arduino Paniccia, Paolo Mieli, Gilles Gressani e molti altri. Saranno loro a guidarci in queste due giornate, a farci riflettere, a darci nuovi spunti per capire il mondo.
Perché Open Dialogues è importante
Quello che ci resta è la sensazione che eventi come Open Dialogues siano più importanti che mai. In un mondo che sembra sempre più diviso, dove le certezze vacillano, abbiamo bisogno di momenti come questi, di spazi dove confrontarci, dove costruire insieme un’idea di futuro.
Non è detto che troveremo tutte le risposte ma di sicuro usciremo da quelle due giornate con qualche domanda in più. E forse, è proprio questo il punto. Essere pronti a mettersi in discussione, a guardare il mondo con occhi nuovi, a non accontentarsi mai di quello che già sappiamo. Appuntamento a Udine, il 6 e 7 marzo. Perché il futuro non aspetta e nemmeno noi dovremmo farlo.
Attualità
Il 3 dicembre è la Giornata Internazionale delle Persone...
Il 3 dicembre è la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità. Ma sapete una cosa? Non è solo una data su un calendario, non è una di quelle giornate in cui facciamo i buoni, ci sentiamo soddisfatti, ci diamo la pacca sulla spalla e via, tutto finisce lì. No. Questa giornata è molto di più. È una cosa che ti prende allo stomaco, che ti costringe a fermarti sul serio e a guardare. Guardare davvero. Le difficoltà, sì, tutte quelle barriere che sembrano insormontabili. Ma anche le piccole vittorie. Quelle che valgono tutto. Quelle che, anche se minuscole, ti fanno dire: “Sì, ce l’abbiamo fatta, è un passo avanti.”
Amplificare la leadership
Quest’anno si parla di “Amplificare la leadership delle persone con disabilità per un futuro inclusivo e sostenibile”. Sì, lo so, suona come uno slogan, vero? Ma non è così, credetemi. Perché vuol dire dare spazio vero, vuol dire dare voce, facendo in modo che chi ha qualcosa da dire lo possa gridare al mondo. Far sì che le persone con disabilità siano davvero i protagonisti. Leader, quelli veri. Quelli che hanno vissuto sulla loro pelle cosa significa lottare, quelli che sanno cosa vuol dire superare un ostacolo alla volta. Sono loro che ci possono davvero guidare verso un cambiamento reale. Una strada nuova e migliore per tutti noi.
Ogni voce conta
“Amplificare la leadership”. Ci avete mai pensato, ma davvero, a cosa significa? Non parliamo di carità, non è il solito discorsetto di fare i buoni. Vuol dire che ogni persona, non importa chi sia o quali capacità abbia, ha una storia. Ha qualcosa da raccontare, da farci sapere. Qualcosa di prezioso. E ogni voce, ogni singola voce, merita di essere ascoltata. Non solo di sentirla, ma di sentirla davvero. Ogni talento, anche il più nascosto, quello che magari nemmeno loro sanno di avere, merita di essere scoperto, di venire fuori, di brillare. Perché ogni contributo conta, anche il più piccolo. Soprattutto il più piccolo.
Ma qui non parliamo solo di barriere fisiche, anche se quelle, sì, contano eccome. Ci sono le altre barriere, quelle che non vedi, quelle culturali, quelle che ci portiamo dentro. Sono quelle che dobbiamo abbattere. Quelle che fanno più male. E non lo faremo in un colpo solo. No, sarà un lavoro lungo, un pezzetto alla volta. Con pazienza. Ma non possiamo fermarci, non possiamo mai fermarci.
Inclusione: un impegno per tutti
I numeri della disabilità in Italia
E guardiamo un po’ ai numeri. In Italia, ci sono circa 3,15 milioni di persone che vivono con una disabilità, il 5,2% della popolazione. E sapete qual è la realtà? Man mano che si invecchia, le probabilità aumentano: oltre il 22% degli over 75 ha una disabilità. Questo cosa ci dice? Che non è un problema di qualcun altro, non è una questione che riguarda solo pochi. L’inclusione riguarda tutti noi. Perché ogni famiglia, prima o poi, si trova a fare i conti con una disabilità. E chi oggi è in salute, domani potrebbe trovarsi ad affrontare una nuova realtà. L’inclusione non è un lusso, non è un’opzione: è qualcosa che tocca tutti e ignorarlo non è più accettabile.
La sfida del lavoro
Una delle sfide più grandi? Restare agganciati al mondo del lavoro. E pensateci bene: quante volte abbiamo sentito dire che una persona disabile non lavora perché, beh, non può? Ma quante volte, invece, il problema non è la persona ma tutto quello che c’è attorno? Le barriere. Barriere architettoniche, sì, ma anche quelle culturali, quelle sociali. Ecco le vere nemiche. E intanto il tasso di disoccupazione per le persone con disabilità resta più alto, molto più alto della media nazionale e noi continuiamo a ripeterci: “Oh, ma abbiamo fatto tanto, eh!” Sì, tanto, ma non abbastanza. Certo, il governo ha lanciato incentivi, ha parlato di formazione, ha promesso. E va bene, è un passo avanti. Ma è solo l’inizio. Perché non basta la legge scritta sulla carta. Servono i fatti. Servono aziende che credano davvero nelle persone, che creino ambienti dove tutti possano sentirsi bene, dove ogni persona possa sentirsi apprezzata per ciò che è e per quello che può dare.
Dichiarazioni e azioni
E poi, come ogni anno, ci sono le dichiarazioni. Quelle istituzionali. Quelle che fanno sempre la loro parte. Il Presidente Mattarella ha detto parole importanti: che affermare i diritti delle persone con disabilità, oltre ad essere un dovere morale, è anche un indicatore di quanto siamo progrediti come società. Un messaggio potente, che dovrebbe farci riflettere tutti. Non è questione di fare un favore, è costruire una società civile, per tutti. E poi c’è il Ministro Valditara, che ha parlato di vera inclusione, di nuove assunzioni di insegnanti di sostegno, di scuole più accessibili. Parole che suonano bene ma che dobbiamo trasformare in realtà. Speriamo che diventino presto qualcosa di tangibile.
Gli eventi in Italia
Ci sono poi gli eventi, quelli che colorano le città di tutta Italia. Bologna, Pisa, La Spezia, Bergamo… ogni città mette in gioco qualcosa, ognuna a modo suo. A Bologna, laboratori sensoriali, esperienze che sono fatte per tutti, senza distinzioni. Pisa, invece, punta sul patrimonio culturale come strumento di integrazione. E La Spezia? Lo “Special Festival” è una meraviglia: artisti con disabilità che salgono sul palco insieme ai professionisti dello spettacolo. Questo è quello che chiamiamo inclusione vera, non la carità, non la condiscendenza. Inclusione fatta di gesti, di partecipazione, di persone che si incontrano e condividono.
E l’arte? Beh, l’arte è magia, l’arte è quel qualcosa che ti fa sentire parte di un tutto, che riesce a parlare quando le parole non bastano. L’arte collega mondi che sembrano così lontani, eppure sono così vicini. È un linguaggio universale, che non ha bisogno di traduzioni, non conosce limiti. Può davvero cambiare le vite, abbattere quelle barriere che sembrano insormontabili. Per questo, in questa Giornata, musei e luoghi di cultura hanno deciso di spalancare le loro porte, invitando tutti a partecipare, a vivere esperienze inclusive, senza confini. Perché l’arte è questo: un veicolo di inclusione, qualcosa che ci unisce, che migliora la nostra socialità, che ci fa sentire più vicini, che fa bene al cuore e alla mente. E non lo diciamo noi, lo dicono anche gli esperti.
Un futuro da costruire insieme
Ma non è finita qui. Quest’anno c’è una novità che potrebbe davvero fare la differenza. Parlo del Decreto Legislativo n. 62 del 2024. Sì, lo so, sembra una di quelle cose burocratiche, un po’ noiose. Ma questa riforma vuole davvero cambiare le cose. Vuole fare in modo che le persone con disabilità abbiano più spazio, che possano decidere per loro stesse, che siano protagoniste della loro vita, non solo parole vuote. Vuole dare davvero l’opportunità di essere parte della società, nei fatti. Potrebbe essere un punto di svolta, ma le leggi, da sole, non bastano. Mai. Servono persone, servono azioni, serve impegno costante. Serve quella forza di volontà di prendere quelle parole e trasformarle in realtà, altrimenti resta tutto sulla carta e di carta siamo già pieni.
E poi c’è l’Anffas, l’Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale. Hanno lanciato un appello che non possiamo ignorare: “Non basta garantire i diritti, dobbiamo creare le condizioni affinché ogni persona possa davvero dare il proprio contributo al progresso di tutti noi.” Ed è proprio qui il punto. Non è solo una questione di diritti scritti su un foglio, ma di riconoscere il valore di ogni singola persona. Ognuno ha qualcosa da dare, qualcosa di speciale. Ma bisogna dargli gli strumenti, bisogna metterlo nella condizione giusta per far emergere quella voce, per far sì che non resti mai in silenzio.
Alla fine, sapete cosa ci ricorda questa Giornata? Che l’inclusione non è un’opzione, non è una scelta da fare per sentirci più buoni. L’inclusione è un dovere. Verso noi stessi, verso gli altri. E quel futuro inclusivo e sostenibile di cui parliamo tanto? Dipenderà solo da noi, dalla nostra capacità di trasformare le parole in azioni vere. Dipenderà da quanto siamo pronti a impegnarci per non lasciare nessuno indietro, mai.
Attualità
Dal 24/11 al 14/12 invia un SMS solidale al 45589 e salva...
Esposti alla fame, al freddo, agli abusi: è la sorte dei randagi sulla strada, 700 mila cani vaganti e 2,4 milioni di gatti liberi, animali abbandonati a se stessi, che soffrono e perdono la vita o in minima parte finiscono nei box dei canili e dei gattili, dove rischiano di rimanere per anni.
Con il progetto “Salviamo chi non ha voce, gli animali”, la Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente dichiara guerra all’indifferenza: cura tutti i cani e i gatti in difficoltà e ne promuove le adozioni cercando loro una casa che li accolga per sempre.
Non si tratta solo degli animali d’affezione, ma anche degli ultimi tra gli ultimi, gli animali selvatici di cui l’uomo ha invaso gli habitat e con i quali ha contatti sempre più stretti. Anche loro, quando sono in difficoltà, malati o feriti, hanno bisogno di assistenza, che trovano nel centro di recupero per animali selvatici, il CRAS Stella del Nord di LEIDAA.
Con questo progetto noi della Lega Italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente ci rivolgiamo a tutti coloro che amano e rispettano gli esseri senzienti, perché non vada perduta neanche una delle vite che si potrebbero salvare, dal cavallo, alla volpe, agli uccelli, e perché non restino nei box dei rifugi cani e gatti che potrebbero, com’è normale, vivere in famiglia.
Da domenica 24 novembre a sabato 14 dicembre 2024 puoi contribuire anche tu a salvarli e a proteggerli. Un piccolo gesto può fare molto: dona 2 euro con un sms al numero 45589 o 5/10 euro chiamando da rete fissa. Non guardare dall’altra parte, aiutali.