Iran, giro di vite su velo: Parlamento chiede modifiche su controversa legge
Anche il presidente, il riformista Masoud Pezeshkian, ha espresso forti dubbi intervenendo nel dibattito che la proposta ha acceso nel Paese
Il Parlamento iraniano ha formalmente richiesto modifiche a un contestato disegno di legge che inasprisce drasticamente le sanzioni contro le donne che non indossano il velo e sul quale anche il presidente, il riformista Masoud Pezeshkian, ha espresso forti dubbi intervenendo nel dibattito che la proposta ha acceso nel Paese.
"Abbiamo chiesto che la legge sulla castità e l'hijab non venga trasmessa al governo" per la firma finale, ha dichiarato il vice presidente iraniano per gli Affari parlamentari, Shahram Dabiri, citato dall'agenzia di stampa Isna. "Il presidente del Parlamento ha chiesto un emendamento al disegno di legge", ha aggiunto Dabiri, senza fornire dettagli sulle modifiche richieste.
Cosa prevede il disegno di legge
Il disegno di legge "sul sostegno alla famiglia attraverso la promozione della cultura della castità e dell'hijab" è composto da 74 articoli e sarebbe dovuto entrare in vigore lo scorso 13 dicembre. Il suo contenuto non è stato reso pubblico, ma secondo la stampa iraniana prevede una pena fino a 10 anni di reclusione e una multa equivalente a circa 5.700 euro per chi incita alla "nudità" o all' "indecenza". Le sanzioni dovranno essere pagate entro 10 giorni, pena il divieto di lasciare il Paese e la privazione di alcuni servizi, compreso il rilascio della patente di guida. Viene conferito inoltre alla polizia il potere di utilizzare l'intelligenza artificiale per identificare le donne senza velo, utilizzando telecamere.
Il disegno di legge è già stato approvato dal Parlamento nel settembre 2023 e poi dal Consiglio dei Guardiani. Secondo la Costituzione, il governo può chiedere al Parlamento di apportarvi modifiche, prima della promulgazione.
Il giro di vite sul velo era stato promosso dalla precedente presidenza dell'ultraconservatore Ebrahim Raisi, morto nello schianto di elicottero lo scorso maggio, sulla scia delle proteste antigovernative scoppiate nel settembre 2022, a seguito della morte in custodia della polizia di Mahsa Amini, anche contro il rigido codice d'abbigliamento previsto per le donne nella Repubblica islamica. Amini era stata arrestata per una presunta violazione del codice.
All'inizio di dicembre Pezeshkian ha espresso pubblicamente "riserve" sul testo della nuova legge, parlando di numerose "ambiguità". Per Amnesty International, la legge negherebbe "ulteriormente i diritti umani delle donne e delle ragazze, introducendo la pena di morte, le frustate, pene detentive e gravi sanzioni per reprimere la resistenza al velo obbligatorio". Dalla rivoluzione islamica del 1979, per le donne in Iran è obbligatorio coprirsi i capelli nei luoghi pubblici, ma sempre di più, dopo la morte di Mahsa Amini, non rispettano l'obbligo in segno di sfida contro uno dei pilastri ideologici della Repubblica islamica.
Esteri
Sergei Polunin, ballerino con tatuaggio Putin lascia la...
Su Telegram: "Il mio tempo in Russia si è esaurito da molto". La scorsa estate aveva denunciato di sentirsi seguito
Il danzatore di fama internazionale Sergei Polunin ha annunciato la sua decisione di lasciare la Russia con la moglie Elena e i figli. Noto anche per i tatuaggio con l'immagine di Vladimir Putin, che porta incisi sul petto e sulle spalle, e per le sue provocazioni, aveva sostenuto nel 2014 l'annessione della Crimea e nel 2022 l'invazione dell'Ucraina.
"Il mio tempo in Russia si è esaurito da molto. Sembra che io abbia completato la mia missione qui", ha scritto in un messaggio sul suo account Telegram, in cui non parla esplicitamente della ragione alla base della sua decisione. "Arriva un momento in cui uno sente di non essere dove deve essere", si è limitato a scrivere Polunin, che ha 35 anni ed è di origini ucraine, con la cittadinanza russa dal 2018.
Era stato nominato direttore di una accademia di danza a Sebastopoli e direttore del teatro dell'opera della città, una carica per cui è stato sostituito la scorsa settimana. La scorsa estate aveva denunciato di sentirsi seguito e della assenza di sicurezza. All'età di 13 anni aveva vinto una borsa di studio alla scuola del Royal Ballet di Londra ed era diventato la sua più giovane étoile di sempre. Si era dimesso dal Royal Ballet nel 2012. Lo scorso anno aveva sostenuto pubblicamente la rielezione di Putin a presidente.
Esteri
Corruzione, Sarkozy condannato a 3 anni: uno con il...
L'ex presidente francese su Facebook: "Ribadisco la mia totale innocenza". La misura comporta anche l'interdizione politica
L'ex presidente francese Nicolas Sarkozy è stato condannato oggi, 18 dicembre, in via definitiva per corruzione e traffico di influenze alla pena di un anno con braccialetto elettronico, la prima volta per un ex presidente francese, "rispetterà" la sentenza ma si rivolgerà alla Corte europea dei diritti dell'uomo. A dichiararlo è stato il suo avvocato, Patrice Spinosi, all'Afp.
"Nicolas Sarkozy si conformerà ovviamente alla sanzione imposta, che è ormai definitiva", ha commentato Spinosi. "Allo stesso tempo, nelle prossime settimane si rivolgerà alla Corte europea, come è ormai suo diritto, per ottenere la garanzia dei diritti che i giudici francesi gli hanno negato", ha aggiunto.
Sarkozy ha espresso la propria delusione in un post su Facebook. “Come ho sempre fatto in questi 12 lunghi anni di vessazioni giudiziarie, mi assumerò le mie responsabilità e ne affronterò tutte le conseguenze - ha scritto -. Ma non sono disposto ad accettare la profonda ingiustizia che mi è stata fatta. I miei diritti sono stati violati, sia in termini di giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che di quella del Consiglio costituzionale”.
L'ex presidente francese ha voluto, infine, "ribadire la mia totale innocenza e resto convinto del mio diritto di farlo". "La mia determinazione è totale, in questo caso come in altri. La verità trionferà alla fine”, conclude il post.
La condanna
La conferma oggi della condanna da parte della Corte di Cassazione francese. Il tribunale non ha modificato le misure adottate nei confronti di Sarkozy, che ha mantenuto tre anni di sospensione della pena ed eviterà il carcere per un altro anno, a patto che accetti di sottoporsi a sorveglianza elettronica. La misura comporta anche l'interdizione politica per tre anni. L'ex presidente ha altri casi giudiziari aperti.
La magistratura francese ritiene, quindi, provato che Sarzoky, condannato in primo grado nel 2021 e in appello nel 2023, abbia sfruttato la sua posizione per cercare di ottenere informazioni su un'indagine giudiziaria che lo riguardava. Anche gli intermediari, l'avvocato Thierry Herzog e l'ex giudice Gilbert Azibert, sono stati condannati.
Esteri
Trump e il Canada: “Gli diamo 100 miliardi, è uno...
"Nessun sa dire perché noi dobbiamo fornire sussidi al Canada per oltre 100 miliardi di dollari all'anno?"
Donald Trump ancora all'attacco del Canada, in un post in cui, dopo aver definito in altre esternazioni Justin Trudeau un "governatore", afferma che è "un'ottima idea" far diventare lo Stato confinante il "51esimo stato". "Nessun sa dire perché noi dobbiamo fornire sussidi al Canada per oltre 100 miliardi di dollari all'anno? Non ha senso", scrive il presidente eletto, riferendosi in questo termini al deficit commerciale degli Stati Uniti con il Canada.
"Molti canadesi vogliono che il Canada diventi il 51esimo stato, risparmierebbero in modo massiccio su tasse e protezione militare, e io credo che sia una grande idea, 51esimo stato!", conclude il tycoon, che già durante la sua cena con Trudeau a fine novembre a Mar a Lago, dove il premier canadese è volato per discutere dei minacciati dazi del 25% sulle importazioni negli Usa, aveva avanzato l'idea, con quella che era stata definita una battuta.
Il post di oggi è destinato a rendere ancora più tesi i rapporti tra i due vicini, dopo che ieri il presidente eletto è entrato a gamba tesa nella politica interna canadese con un altro post con cui, chiamando ancora una volta il premier Trudeau 'governatore, attaccava Chrystia Freeland, la ministra delle Finanze e vice premier che lunedì è dimessa denunciando un disaccordo con Trudeau sul modo con cui affrontare la minacce di Trump.
"Il suo comportamento era totalmente tossico e non utile per raggiungere accordi positivi per gli altamente scontenti cittadini del Canada, non ci mancherà!", ha scritto dell'ex ministra che nella lettera di dimissioni inviata a Trudeau, e pubblicata su X, sostiene che il Canada deve "prendere estremamente sul serio" e rispondere con forza alla minaccia "della politica di nazionalismo economico, compresi i dazi del 25%" annunciata da Trump.
Le dimissioni di Freeland, che era al governo, con diversi incarichi, dal 2015, è arrivata in un momento in cui la popolarità di Trudeau è in netto calo, principalmente per le preoccupazioni per l'inflazione e l'immigrazione. Trudeau ha nominato al posto della ministra dimissionaria un suo stretto alleato, Dominic LeBlanc, che aveva accompagnato - in qualità di ministro della pubblica sicurezza, quindi titolare del dossier confini - il premier a Mar a Lago, dal momento che nelle sue minacce Trump lega i dazi anche alla questione del controllo dei confini per bloccare flusso di migranti e droga.
Freeland era considerata una sorta di braccio destro di Trudeau ed aveva avuto un ruolo centrale durante la prima amministrazione Trump nei colloqui per rinegoziare il Nafta. Allora Trump disse pubblicamente che non gradiva il suo stile negoziale. Nell'annunciare le dimissioni, Freeland ha rivelato che Trudeau venerdì scorso le aveva detto che voleva che lei lasciasse le Finanze per assumere un altro incarico all'interno del governo.