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Gaza, Netanyahu: “Progressi in negoziati per ritorno ostaggi”

Le parole del premier israeliano in Parlamento: "Insieme agli Usa voglio espandere accordi di Abramo". Nyt: "In Striscia è allarme saccheggi organizzati"

Benjamin Netanyahu - Afp

Fatti "alcuni progressi" nei negoziati per ottenere il rilascio degli ostaggi detenuti a Gaza. A dichiararlo è stato il premier israeliano Benjamin Netanyahu in Parlamento, mentre continuano i colloqui per raggiungere un accordo.

“Tutto quello che stiamo facendo non può essere rivelato. Stiamo intraprendendo azioni per riportarli indietro. Vorrei dire con cautela che ci sono stati dei progressi e che non smetteremo di agire finché non li riporteremo tutti a casa", le parole di Netanyahu.

Il premier israeliano ha quindi dichiarato di aver ordinato alle proprie forze armate di distruggere le infrastrutture dei ribelli Houthi sostenuti dall'Iran, dopo che il gruppo yemenita ha lanciato missili contro Israele negli scorsi giorni.

“Ho dato ordine alle nostre forze di distruggere le infrastrutture degli Houthi perché chiunque cerchi di danneggiarci sarà colpito con piena forza. Continueremo a schiacciare le forze del male con forza e ingegno, anche se ci vorrà del tempo”, ha detto Netanyahu in Parlamento.

La guerra di Israele a Gaza ha offerto l'opportunità di firmare nuovi accordi di pace con le nazioni arabe e di "cambiare drasticamente il volto" del Medio Oriente, ha detto ancora il leader israeliano alla Knesset. "I Paesi arabi moderati vedono Israele come una potenza regionale e un potenziale alleato. Intendo cogliere questa opportunità al meglio. Insieme ai nostri amici americani, intendo espandere gli accordi di Abramo... e quindi cambiare ancora più drasticamente il volto del Medio Oriente", ha annunciato, riferendosi agli accordi che hanno normalizzato i legami tra Israele e alcuni Stati arabi durante il primo mandato di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti.

Houthi rivendicano lancio droni contro Israele

Gli Houthi dello Yemen hanno intanto rivendicato oggi il lancio di droni verso il territorio israeliano, precisando di aver lanciato due droni con l'obiettivo di colpire le aree di Ashkelon e Tel Aviv. Non si sono avute notizie dell'impatto di droni sulle zone in questione mentre l'Idf ha reso noto che le forze aeree hanno abbattuto un drone all'esterno dello spazio aereo israeliano. A darne notizia è il Times of Israel.

L'allarme del Nyt: "A Gaza saccheggi organizzati"

Ciò che è iniziato come tentativi su piccola scala di sequestrare aiuti all'inizio dell'anno, spesso da parte di abitanti affamati di Gaza, è ora diventato "saccheggio sistematico, tattico, armato, da parte di organizzazioni criminali", scrive intanto il New York Times, citando Georgios Petropoulos, un alto funzionario dell'Onu di stanza nella città meridionale di Rafah. L'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, Unrwa, ha dichiarato questo mese che non avrebbe più distribuito aiuti attraverso Kerem Shalom, il principale valico di frontiera tra Israele e la striscia di Gaza meridionale, a causa della mancanza di ordine pubblico.

Da allora centinaia di camion carichi di aiuti umanitari si stanno accumulando al valico, anche perché i gruppi umanitari temono di essere saccheggiati, scrive il giornale americano in un reportage con oltre 20 interviste a funzionari israeliani e delle Nazioni Unite, operatori umanitari, residenti di Gaza e imprenditori palestinesi. La situazione a Gaza è peggiorata dopo che l'esercito israeliano ha invaso Rafah a maggio, cercando di cacciare Hamas da una delle sue ultime roccaforti, rileva il New York Times, che ha anche esaminato promemoria interni delle Nazioni Unite in cui i funzionari discutevano del saccheggio e delle sue conseguenze.

Le forze di sicurezza di Hamas sono fuggite e bande organizzate, senza che nessuno le fermasse, hanno iniziato a intercettare i camion degli aiuti umanitari mentre si dirigevano dal principale valico di frontiera verso la parte meridionale di Gaza. Stanno rubando farina, olio e altre materie prime e le stanno vendendo a prezzi astronomici, affermano gruppi umanitari e residenti. Nella parte meridionale di Gaza, il prezzo di un sacco di farina da 25 chili è salito fino a 220 dollari. Nella parte settentrionale di Gaza, dove ci sono meno interruzioni negli aiuti, lo stesso sacco può costare appena 10 dollari.

Gli operatori umanitari internazionali hanno accusato Israele di ignorare il problema e di consentire ai saccheggiatori di agire impunemente. Le Nazioni Unite non consentono ai soldati israeliani di proteggere i convogli di aiuti, temendo che ciò comprometterebbe la loro neutralità, e i loro funzionari hanno chiesto a Israele di consentire alla polizia di Gaza, che è sotto l'autorità di Hamas, di proteggere i loro convogli.

A Gaza "oltre 45.300 morti da inizio guerra"

Il numero di persone uccise negli attacchi israeliani a Gaza dall'inizio della guerra sarebbe intanto salito a 45.317, mentre altre 107.713 sarebbero rimaste ferite, riferisce il ministero della Salute di Gaza controllato da Hamas, precisando che nelle ultime 24 ore sarebbero state uccise 58 persone e ferite 86.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Esteri

Georgia stretta tra repressione e propaganda. La...

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Il partito filorusso Sogno Georgiano conferma la sua svolta autoritaria impiegando violenza contro i manifestanti pro-Ue

Un arresto durante le proteste in Georgia - Fotogramma /Ipa

“Un mio collega è stato arrestato qualche giorno fa, picchiato durante la detenzione e condannato a diversi giorni di prigione per reati amministrativi che non ha commesso. È stato rilasciato ma è ancora sotto indagine: continuano a chiamarlo e interrogarlo”. Questo è quanto racconta sulle proteste in Georgia Tornike Turmanidze, Senior Fellow dell’influente Fondazione Rondeli, all'Adnkronos.

“È un collega più giovane, coinvolto nelle proteste ma mai violento: si limita a postare video sui social. Ma a quanto pare ha attirato l'attenzione del ministero degli Interni e la polizia si è presentata a casa sua”.

Ogni sera, da quasi un mese, migliaia di georgiani affollano la via principale della capitale Tbilisi sfidando la repressione sempre più brutale da parte delle forze dell’ordine. Protestano contro la deviazione della Georgia dal percorso di adesione all’Unione europea, decisa dal premier Irakli Kobakhidze il 28 novembre dopo un processo elettorale viziato da irregolarità e manipolazioni. Finora si sono registrati circa cinquecento arresti, oltre trecento segnalazioni di pestaggi a opera delle autorità, o gruppi a loro affini, e violazioni di diritti umani secondo organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch.

Autoritarismo in salsa russa

La svolta politica del premier suggella l’orientamento filorusso di Sogno Georgiano, il partito che ha rivendicato la vittoria, spiega Turmenidze. “Negli ultimi anni il partito ha consolidato l’apparato autoritario del Paese”. E tramite l’utilizzo massiccio di una propaganda di stampo russo “ha convinto i membri delle forze dell’ordine che stanno agendo per difendere la Georgia e le sue tradizioni dall'influenza malevola dell’Occidente”. Il risultato è un’ondata di violenza di Stato contro i manifestanti, che sono perlopiù pacifici.

Il governo sta cercando di identificare i manifestanti più attivi tra i giovani e neutralizzarli in modi diversi, continua l’esperto. Si va dai pestaggi, in modo che rimangano in ospedale per circa due settimane e non siano in grado di scendere in piazza, a trattenerli in caserma o in prigione per giorni, a infliggere sanzioni da 2000-2500 lari (circa 700-900 euro). Inoltre, chi protesta rischia di incorrere in loschi gruppi “semi-criminali” che attaccano i manifestanti in strade secondarie. “Ci sono stati diversi incidenti, tra cui un assalto a giornalisti di un canale televisivo dell'opposizione, trasmesso in diretta”.

Il ruolo della propaganda

Cosa spinge le autorità a sollevare il manganello contro i cittadini? Un misto di propaganda, impunità e incentivi economici che Sogno Georgiano impiega da anni per rafforzare la dimensione autoritaria dello Stato, spiega l’esperto. “La catena di comando e controllo è piuttosto forte, e la polizia viene pagata con stipendi molto alti, più un onorario per ogni giorno di dispersione delle proteste e altri ‘lavori’ extra. Il partito ha anche promesso a tutti i poliziotti che, qualunque cosa facciano, non saranno puniti né identificati”. E come emerso dalle interazioni tra manifestanti e membri delle forze dell’ordine, questi ultimi sono intrisi di propaganda e certi di star proteggendo il Paese da nemici all’esterno.

Sono le stesse narrative che Sogno Georgiano utilizza per giustificare il riorientamento di Tbilisi verso Mosca, “nonostante la maggioranza dei georgiani sia pro-Europa”, spiega Turmanidze. Non è un caso che gli argomenti ricordino da vicino quelli del Cremlino, aggiunge: l’influenza russa è profonda anche se non immediatamente visibile. Ma come le controparti russe Sogno Georgiano parla dell’esistenza di un “partito della guerra” che controlla i governi occidentali, accusa Ue e Stati Uniti di voler orchestrare una “rivoluzione colorata” nel Paese, ipotizza che l’Occidente voglia trascinare la Georgia in un conflitto contro la Russia.

La paura di uno scontro con Mosca gioca un ruolo centrale nella strategia del governo, sottolina l’esperto. “La Georgia ha combattuto diverse guerre con la Russia, l'ultima delle quali nel 2008, ed è un grande trauma per la società georgiana. Sogno Georgiano sostiene che finché resterà al potere non ci sarà alcuna guerra con i russi, che scatterebbe se l’opposizione andasse al potere”. Questo spiega la passività di parte dei georgiani: “è una tattica tipica di un regime autoritario, terrorizzare la popolazione e dissuaderla dall’unirsi alle proteste attive”.

Cambio al vertice?

La prossima tappa è l’insediamento del presidente eletto da Sogno Georgiano, l’ex calciatore (e unico candidato) Mikheil Kavelashvili, il 29 dicembre. La presidente uscente, la filoeuropea Salomé Zourabishvili, ha promesso che non passerà il testimone ed è vista dai manifestanti come l’unica leader legittima nel Paese. “Potrebbe essere l'unica in grado di unire i partiti dell’opposizione e radunare l'opinione pubblica dietro una sola figura”, afferma Turmanidze; “è importante che chi avversa Sogno Georgiano crei un centro politico alternativo, perché per l’Occidente sarà più chiaro chi sostenere”.

Washington e Londra hanno da poco imposto sanzioni contro funzionari del governo ed esponenti-chiave di Sogno Georgiano. Secondo l'analista, ora sta all’Ue seguire il loro esempio (come già hanno fatto Estonia e Lituania) e prendere altre contromisure per sostenere il popolo georgiano nella loro aspirazione filoeuropea: “credo che rimanere al potere sarebbe molto difficile per Sogno Georgiano senza la legittimazione dell’Occidente”.

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Esteri

Israele: “Decapiteremo leader Houti come abbiamo...

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Il ministro Katz promette di colpire duramente l'organizzazione yemenita e conferma per la prima volta la responsabilità di Tel Aviv nell'assassinio di Haniyeh. Le misure di Netanyahu

Houthi in Yemen - Fotogramma /Ipa

Israele "decapiterà i leader degli Houthi, proprio come abbiamo fatto con Haniyeh, Sinwar e Nasrallah". A prometterlo è il ministro della Difesa dello Stato ebraico Israel Katz, che ha confermato così per la prima volta in via ufficiale la responsabilità israeliana dell'assassinio del leader politico di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran la scorsa estate.

Secondo Katz, riporta Haaretz, Israele ha quindi "sconfitto Hamas, abbiamo trionfato su Hezbollah, abbiamo accecato i sistemi di difesa iraniani e colpito le loro capacità produttive, abbiamo rovesciato il regime di Assad in Siria, abbiamo colpito duramente l'asse del male - e colpiremo duramente anche l'organizzazione terroristica Houthi in Yemen, che rimane l'ultima ancora in piedi”.

Nella giornata di ieri, intanto, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato di aver ordinato alle proprie forze armate di distruggere le infrastrutture dei ribelli Houthi sostenuti dall'Iran, dopo che il gruppo yemenita ha lanciato missili contro Israele nei giorni scorsi.

“Ho dato ordine alle nostre forze di distruggere le infrastrutture degli Houthi perché chiunque cerchi di danneggiarci sarà colpito con piena forza. Continueremo a schiacciare le forze del male con forza e ingegno, anche se ci vorrà del tempo”, ha detto Netanyahu in parlamento.

Gli Houthi dello Yemen hanno intanto rivendicato un nuovo lancio di droni verso il territorio israeliano, precisando di aver lanciato due droni con l'obiettivo di colpire le aree di Ashkelon e Tel Aviv. Non si sono avute notizie dell'impatto sulle zone in questione mentre l'Idf ha reso noto che le forze aeree hanno abbattuto un drone all'esterno dello spazio aereo israeliano, ha spiegato il Times of Israel.

L'Idf ha quindi reso noto stamane che un missile lanciato dallo Yemen è stato intercettato prima di entrare in territorio israeliano. L'esercito ha aggiunto che sono state suonate le sirene d'allarme in tutto il centro di Israele e in alcune parti della Cisgiordania e del Negev in caso di caduta di detriti.

Sul fronte della lotta ai ribelli yemeniti, il Comando centrale degli Stati Uniti (Centcom) ha annunciato intanto in un post su X che le sue forze stanno “preparando gli ordigni per gli attacchi contro gli obiettivi Houthi nello Yemen”.

Sabato scorso il Centcom aveva annunciato di aver effettuato attacchi aerei di precisione contro obiettivi Houthi nel Paese, tra cui un deposito di missili e una struttura di comando e controllo nella capitale del Paese. Gli Stati Uniti hanno spiegato che gli attacchi hanno lo scopo di “interrompere e degradare le operazioni degli Houthi, come gli attacchi contro le navi da guerra e le navi mercantili della Marina statunitense nel Mar Rosso meridionale, a Bab al-Mandeb e nel Golfo di Aden”.

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Esteri

Ucraina, sempre più armi di Kim alla Russia: il business...

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I soldati nordcoreani muoiono in guerra, Pyongyang aumenta la fornitura di armi per soldi e petrolio

Kim Jong-un e Vladimir Putin - Fotogramma /Ipa

I soldati di Kim Jong-un muoiono a centinaia per la Russia nella guerra contro l'Ucraina. La Corea del Nord, però, non ha nessuna intenzione di far venire meno il proprio sostegno all''operazione militare speciale' di Vlaidmir Putin: via mare e via treno Pyongyang spinge sulle forniture di armamenti a Mosca.

Arrivano armi ormai più 'recenti' rispetto a proiettili di artiglieria vecchi di decenni inizialmente spediti nella Russia che ormai quasi tre anni fa ha avviato l'invasione su vasta scala dell'Ucraina. In cambio Kim riceve denaro e petrolio dal Cremlino - più di un milione di barili da marzo, stando all'Open Source Centre, a dispetto delle sanzioni Onu - ma anche, secondo i sudcoreani, sistemi di difesa aerea e tecnici per sostenere il 'lavoro' di Pyongyang nel campo dei satelliti spia.

Immagini satellitari recenti mostrano che la Corea del Nord sta consegnando altre munizioni alla Russia e spingendo sulla fabbricazione di armamenti, evidenzia il Wall Street Journal sottolineando come gli 'aiuti' dalla Corea del Nord consentano alla Russia di esercitare il suo vantaggio contro le truppe ucraine esauste. Un contributo che potrebbe sostenere Mosca nel resistere alle pressioni dell'Amministrazione Trump che si insedierà il 20 gennaio.

In Occidente, rimarca il giornale, il timore è che, oltre a petrolio e denaro, la Corea del Nord possa chiedere in cambio tecnologia nucleare sensibile e supporto materiale in caso di conflitto nella penisola coreana. Secondo Olena Guseinova, ricercatrice della Hankuk University of Foreign Studies di Seul che ha analizzato rapporti di intelligence, documenti trapelati e prezzi delle munizioni in precedenti accordi, le intese sulle armi potrebbero arrivare a fruttare fino a 5,5 miliardi di dollari dall'inizio del conflitto in Ucraina.

La Russia potrebbe pagare fino a 572 milioni di dollari all'anno per le truppe messe a disposizione da Kim. Si tratta di una cifra più che doppia rispetto al picco di scambi tra Russia e Corea del Nord, che avevano toccato i 233 milioni di dollari nel 2005.

"Corpi soldati di Kim portati via dal fronte"

Peraltro, secondo Kiev, da quando i soldati nordcoreani sono stati schierati in combattimento, la Russia sta cercando in tutti i modi di nascondere il loro coinvolgimento negli scontri, portando via morti e feriti dal campo di battaglia, mentre i corpi dei caduti russi vengono spesso abbandonati. I feriti nordcoreani, sostengono gli ucraini, vengono trasportati in treno in ospedali russi lontani dal fronte, separati dai militari russi. Ai soldati nordcoreani, come riporta anche la Cnn, vengono consegnati documenti militari falsi con nomi russi e luoghi di nascita in Russia.

Zelensky: "Tremila nordcoreani morti o feriti"

"I soldati nordcoreani morti o feriti nella regione di Kursk sono oltre 3mila. La Russia li sta usando come carne da cannone", la sintesi del presidente ucraino Volodymyr Zelensky in relazione alle perdite subite dalle truppe di Kim nella regione russa invasa da Kiev. "Nessuna persona normale al mondo potrebbe dire perché i coreani dovrebbero combattere per Putin. E purtroppo il mondo non fa quasi nulla per contrastare la collaborazione criminale tra Russia e Corea del Nord", dice Zelensky.

Per il leader di Kiev, non c'è nessuan reazione nonostante per tutto il mondo, "Cina compresa, tutto questo sia una minaccia". Il presidente ucraino sottolinea "il fatto che Mosca trasferisca la tecnologia militare alla Corea del Nord e aiuti il regime di Pyongyang a usare violenza nei confronti delle persone abusare delle persone e a tenere parte del popolo coreano in schiavitù. Davanti a tutto questo, si capisce che le parole di coloro che invitano la Russia a non allargare la guerra e a non peggiorare la situazione valgono poco. Mosca non capisce le parole, deve avvertire la forza. La pace attraverso la forza è possibile. E faremo di tutto per raggiungere la pace".

Quali armi e munizioni invia Kim

I soldati muoiono, ma intanto di proiettili di artiglieria provenienti dalla Corea del Nord consentono alla Russia di colmare il deficit di munizioni provocato da oltre due anni di combattimenti intensi. Razzi nordcoreani bombardano città ucraine, di fronte a una produzione missilistica russa 'azzoppata' dalle sanzioni occidentali. In Russia arrivano, via treno, anche lanciarazzi multipli e il traffico ferroviario che attraversa il confine tra i due Paesi ha raggiunto livelli record al valico Tumangang-Khasan, con un numero di vagoni triplicato - evidenzia il giornale - dall'incontro del settembre 2023 tra Putin e Kim.

Secondo Andriy Kovalenko, ufficiale ucraino citato ancora dal Wsj, "le munizioni nordcoreane tengono in piedi le difese russe" con il 60% dei proiettili di artiglieria e dei colpi di mortaio impiegati dalla Russia in Ucraina arriva da Pyongyang. Stando agli ufficiali ucraini, i missili nordcoreani rappresentano quasi un terzo dei lanci di missili balistici effettuati quest'anno dalla Russia contro l'Ucraina.

Ufficiali di Washington e Seul ritengono la Corea del Nord abbia spedito circa 20.000 container di munizioni alla Russia, passando da proiettili di artiglieria da 122 millimetri per arrivare a missili Hwasong-11. Per i funzionari ucraini, le forniture ammontano a più di cinque milioni di proiettili di artiglieria e decine di razzi, compresi più di cento missili Hwasong-11. E, se i missili nordcoreani "possono essere imprecisi, il raggio d'azione è impressionante", come ha sintetizzato un ufficiale dell'intelligence di Kiev. Più di recente Pyongyang ha inviato obici semoventi da 170 millimetri e lanciarazzi multipli a lungo raggio da 240 millimetri, dotati - sottolinea il Wsj - di nuovi sistemi di guida e controllo.

Secondo i funzionari sudcoreani, sono circa 200 le fabbriche di munizioni che in Corea del Nord operano a pieno regime per la produzione di armi e la Russia trasferisce carburante e attrezzature per sostenere la produzione di armi da parte di Pyongyang. Stando alle immagini satellitari, prosegue il giornale, è anche in fase di ampliamento un complesso che produce missili balistici a corto raggio. I missili nordcoreani Hwasong-11 vengono fabbricati in un sito lungo la costa orientale della Corea del Nord.

E sembra procedere rapidamente la costruzione di nuovi impianti, compreso un edificio apparentemente destinato a nascondere le operazioni di carico, come segnala SI Analytics. Come spiega Damien Spleeters di Conflict Armament Research, "i missili nordcoreani vengono fabbricati su richiesta" e gli impianti nordcoreani sono in grado di produrre Hwasong nuovi nel giro di pochi mesi. Così, osserva Hong Min del think tank Korea Institute for National Unification, mentre "la Corea del Nord continua a mostrare le sue capacità di produzione di munizioni", il "supporto tecnico russo consentirà di accelerare le spedizioni".

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