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Da Ucraina a norma anti-Renzi, i distinguo della Lega nella maggioranza

Romeo in Aula: "Kiev? Piuttosto diamo armi alle imprese". E sul leader Iv dice: "Non ha tutti i torti"

Palazzo Chigi (Fotogramma)

Dalle armi all'Ucraina alla norma anti-Renzi, passando per il nodo rimpasto. Continuano i distinguo della Lega all'interno della maggioranza di centrodestra. Nel giorno in cui il Senato dà il via libera definitivo alla legge di bilancio, va in scena l'ennesimo smarcamento del partito di Matteo Salvini su alcuni nodi spinosi. Intervenendo in dichiarazione di voto sulla fiducia alla manovra finanziaria, il capogruppo del Carroccio a Palazzo Madama Massimiliano Romeo a sorpresa spezza una lancia a favore dell''avversario' Matteo Renzi, che aveva denunciato la "norma ad personam" nei suoi confronti sul divieto di percepire compensi per incarichi da Paesi extra Ue. "Sulla norma 'anti' il senatore Renzi non ha tutti i torti, per usare un eufemismo", afferma Romeo.

Altra 'punzecchiatura' è sulla questione degli aiuti militari all'Ucraina: "Fossi nel governo, non perderei la grande occasione che l'Italia possa diventare un Paese pilota per accompagnare i negoziati e la ricostruzione, cominciando a prendere le distanze dalle leadership europee più bellicose. Diamo piuttosto più armi alle nostre imprese per essere competitive sui mercati", l'appello rivolto dal presidente dei senatori leghisti all'esecutivo, proprio mentre a pochi metri da lui, in Senato, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ribadiva il pieno appoggio del governo all'Ucraina anche sul piano militare: "Continuiamo a sostenere da tutti i punti di vista Kiev, abbiamo chiesto al Consiglio dei ministri di prorogare fino al 2025 la possibilità di inviare strumenti militari, fermo restando che gli strumenti militari italiani possono essere usati soltanto all'interno del territorio ucraino", scandisce il titolare della Farnesina.

Le uscite di Romeo non passano inosservate tra i banchi delle opposizioni. Italia Viva parla di "bordate" al governo da parte del capogruppo della Lega, che secondo Enrico Borghi avrebbe "sostanzialmente messo in mora il governo". "Romeo ha dedicato la seconda parte della sua dichiarazione di voto in diretta tv a dire cosa manca e cosa non va bene nella legge di bilancio", osserva invece Antonio Misiani, responsabile economico del Pd. "Le ultime dichiarazioni del presidente Romeo - ironizza il capogruppo dem Francesco Boccia durante il suo intervento in Aula - ci spingono a fargli posto qui tra i banchi dell'opposizione, perché mi sa che si sentirebbe più a suo agio da queste parti".

Dalle parti di Fdi - dove, a taccuini chiusi, non viene nascosto un certo fastidio per le esternazioni leghiste - c'è chi prova a gettare acqua sul fuoco: "Non percepisco alcun desiderio di distinguo. Ho vissuto la scorsa legislatura e questo non mi pare proprio il governo dei distinguo. Se la pensassimo uguale su tutto, saremmo tutti nello stesso partito", dice all'Adnkronos il senatore Luca De Carlo, l'uomo che Fratelli d'Italia vorrebbe candidare in Veneto al posto di Luca Zaia alla scadenza del mandato del 'Doge'. In merito alle dichiarazioni di Romeo sulle armi all'Ucraina, De Carlo aggiunge: "Dire 'più armi alle imprese' penso sia assolutamente naturale: bisogna rendere le nostre imprese più competitive sul mercato e colmare un gap. Credo che Romeo si riferisse a questo e che magari stesse facendo autocritica rispetto a quegli anni in cui preferiva il reddito di cittadinanza...".

Sullo sfondo resta anche la questione del rimpasto. Il vicepremier leghista Matteo Salvini è tornato a rilanciare l'ipotesi di un suo ritorno al Viminale, al posto di Matteo Piantedosi: "Siamo tutti nelle mani del buon Dio. Il ministro dell'Interno l'ho fatto - sottolinea - e penso discretamente. Adesso l'assoluzione" per il processo Open Arms "toglie le scuse soprattutto alla sinistra che diceva 'Salvini non può occuparsi di immigrazione perché sotto processo'. Ho tante cose da portare avanti al ministero dove sono, ma occuparsi della sicurezza degli italiani è qualcosa di bello e importante".

Il capo di via Bellerio ribadisce il suo apprezzamento per il lavoro svolto dall'attuale ministro dell'Interno ("ha tutta la mia stima e la mia fiducia") ma non 'molla' la presa: "Ragioneremo sia con Giorgia che con Piantedosi". Ma su un eventuale rimpasto per ora resta il 'no' fermo della premier Meloni. E a rimarcarlo è il suo braccio destro, il sottosegretario con delega all'Attuazione del programma Giovanbattista Fazzolari: "Non c'è preclusione su nulla, ma di rimpasto - precisa - non si è mai parlato. Il rimpasto si fa quando l'attività del governo ne trarrebbe giovamento, ma a oggi non mi sembra che ci sia questa esigenza". Per Fazzolari "Piantedosi è un ottimo ministro, così come Salvini al Viminale sicuramente farebbe molto bene ma a oggi - ribadisce - non c'è alcuna esigenza di rimpasto".

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Politica

Governo, tornano voci su rimpasto: Salvini rilancia ma...

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Il leader della Lega insiste sul Viminale: "Ne parlerò con Piantedosi e Meloni"

Matteo Salvini e Giovanbattista Fazzolari (Fotogramma)

Le voci di rimpasto irrompono nello sprint finale della manovra al Senato. Mentre è in corso la discussione sulla fiducia a Palazzo Madama, si rincorrono i rumors su una 'super clausola' che vincolerebbe i partiti della coalizione di maggioranza a non cambiare caselle di governo, impedendo ai ministri di ricoprire incarichi già svolti in passato (vedi Matteo Salvini al Viminale sull'onda dell'assoluzione per il processo Open Arms). Il primo, oggi, a smentire l'ipotesi di un rimaneggiamento della squadra di Palazzo Chigi - caldeggiata in particolare dalla Lega nei giorni scorsi - è il presidente dei senatori di Fi Maurizio Gasparri ("non vedo le ragioni per parlare di rimpasto e per procedere a cambiamenti, a meno che non ci siano promozioni come è accaduto nel caso di Raffaele Fitto"), seguito dal capogruppo di Fratelli d'Italia Lucio Malan ("non vediamo la necessità di un rimpasto").

A spegnare le indiscrezioni ci pensa il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'attuazione del programma, Giovanbattista Fazzolari, fedelissimo della premier Giorgia Meloni. Una super clausola anti-rimpasto "non è all'ordine del giorno, non se ne è mai parlato", assicura il braccio destro della leader di Fratelli d'Italia, smentendo in particolare i boatos su un eventuale trasloco del segretario leghista alla guida del ministero dell'Interno: "Non c'è preclusione su nulla, ma di rimpasto - precisa - non si è mai parlato. Il rimpasto si fa quando l'attività del governo ne trarrebbe giovamento, ma ad oggi non mi sembra che ci sia questa esigenza". Per Fazzolari "Piantedosi è un ottimo ministro, così come Salvini al Viminale sicuramente farebbe molto bene ma ad oggi - ribadisce - non c'è alcuna esigenza di rimpasto".

Ma il capo della Lega, fermato dai cronisti fuori Palazzo Madama, rilancia: "Siamo tutti nelle mani del buon Dio. Il ministro dell'Interno l'ho fatto e penso discretamente. Adesso l'assoluzione" per il processo Open Arms "toglie le scuse soprattutto alla sinistra che diceva 'Salvini non può occuparsi di immigrazione perché sotto processo'. Ho tante cose da portare avanti al ministero dove sono, ma occuparsi della sicurezza degli italiani è qualcosa di bello e importante". Il vicepremier ribadisce il suo apprezzamento per il lavoro svolto dall'attuale ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ("ha tutta la mia stima e la mia fiducia") ma non 'molla' la presa: "Ragioneremo sia con Giorgia che con lui".

La presidente del gruppo Civici d'Italia-Noi moderati Michaela Biancofiore ricorda il precedente del governo Letta: "Non so se corrisponda alla verità che vi sia un patto nella mia maggioranza di non ricoprire ruoli ministeriali già avuti in precedenza, anche se ha un senso. So per certo, viceversa, che un patto vigeva seriamente per il governo Letta, del quale ho fatto parte dimettendomi anzitempo. In quel governo vi fu il patto tra Letta e Alfano, tra Pd e Pdl, in quanto governo di unità nazionale, di vietare la nomina di coloro che avevano ricoperto incarichi di governo in governi di maggioranza: patto che non valeva solo per Alfano, segretario del Pdl in quel momento".

Nonostante le smentite, resta comunque il rebus dei sottosegretari. A cominciare dal ruolo di viceministro dei Trasporti, rimasto vacante dopo l'approdo di Galeazzo Bignami alla guida del gruppo Fdi alla Camera. A questa poltrona si aggiungono quelle di sottosegretario all'Università e alla Cultura, occupate rispettivamente da Augusta Montaruli e Vittorio Sgarbi prima delle loro dimissioni. Ruoli, spiegano fonti parlamentari di centrodestra, sui quali via della Scrofa vorrebbe mantenere una sorta di golden share.

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Politica

Grande successo per la maratona social di Meritocrazia...

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A chiusura d’anno, in un’intera giornata, le tappe principali di un 2024 di impegno e sacrificio: focus su risultati e sfide future per un’Italia più meritocratica e inclusiva

Grande successo per la maratona social di Meritocrazia Italia

Larghissimo seguito ha registrato nella giornata di ieri la Maratona Social di Meritocrazia Italia, che, a chiusura d’anno, ha scelto di ripercorrere, in un’intera giornata, le tappe principali di un 2024 di impegno e sacrificio. Attraverso interviste e video di sintesi, ha fatto il punto su attività svolte, risultati raggiunti e sfide future, per un’Italia più meritocratica e inclusiva. Hanno dato il proprio contributo i Ministeri di Meritocrazia Italia, il Coordinamento Nazionale, il gruppo Giovani MI e moltissimi dirigenti. Migliaia di visualizzazioni ha registrato l’intervista al Presidente Nazionale, Walter Mauriello, il quale ha risposto alle tante domande del moderatore Stefano Ferri e di altri dirigenti del Movimento.

“Meritocrazia Italia promuove un sistema basato sul merito, sia nel pubblico che nel privato. Il nostro obiettivo è quello di valorizzare le competenze e promuovere l’equità attraverso proposte concrete per le istituzioni. Tante sono state le iniziative: l'approvazione del TU social è sicuramente tra quelle per noi più meritevoli, perché è volta a regolamentare la circolazione dei contenuti, spesso illeciti, e a contrastare la disinformazione. Crediamo molto anche nella proposta di instituire un'Agenzia delle uscite, speculare a quella delle Entrare, per riequilibrare il sistema fiscale e dare una garanzia di equità al cittadino.” ha raccontato il Presidente. “Meritocrazia è molto preoccupata per il modo in cui si sta introducendo l’intelligenza artificiale nel tessuto sociale ed economico e ha proposto una limitazione dell’utilizzo nel mondo del lavoro. E’ quantomai necessario recuperare il ruolo della politica, e ciò sarà possibile solo iniziando dalla riforma della legge elettorale, che sappia rendere il sistema più democratico e partecipativo. Inoltre tante proposte legislative risultano disattese perché si sottovaluta il tessuto culturale. Per quanto riguarda la violenza di genere, è necessario educare alla non violenza e alla socialità, affrontando le radici culturali dei fenomeni violenti. Nessun codice rosso potrà essere attuato senza che sia adottato prima un codice culturale, che si contrapponga ad una fragilità emotiva dilagante, soprattutto tra i giovani, e ad un evidente appiattimento culturale, avallato dai social e da inutili slogan e sondaggi politici”.

Insomma, tantissimi i temi affrontati, a conferma dell’impegno di Meritocrazia nella costruzione di un contesto differente sono tutti i punti di vista. Anche per il 2025, in continuità con l’opera intrapresa sei anni fa, l’associazione continuerà a lavorare per una società più meritocratica, equa ed inclusiva, offrendo il palco ai cittadini comuni, a chiunque abbia qualcosa da dire, un’idea da condividere o una soluzione da proporre.

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Politica

Renzi: “In manovra norma contro di me”. Romeo...

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Il leader di Italia Viva: "La norma l'hanno voluta le sorelle Meloni per colpirmi. Sono state Giorgia e Arianna. Un precedente gravissimo"

Matteo Renzi (Fotogramma)

Affondo di Matteo Renzi in aula al Senato nella dichiarazione di voto sulla manovra. Il leader di Italia Viva critica duramente la cosiddetta norma "anti-Renzi" contenuta nella legge di bilancio, ovvero il divieto di percepire compensi per incarichi da Paesi extra Ue.

"Avremmo voluto Giorgia Meloni oggi qui in Aula ma ha preferito scappare dal Parlamento", dice Renzi. "Da un mese la presidente del Consiglio ha dato mandato ai suoi uffici di studiare una norma contro di me - scandisce - Avete fatto una norma sovietica per cui il totale importo di quello che uno guadagna viene passato allo Stato. Quando ci sarà un governo di centrosinistra che lo farà contro di voi non potrete gridare allo scandalo. Berlusconi avrebbe detto che non si fanno le norme per rancore e invidia. La norma non è contro di me, è una norma contro la dignità del Parlamento".

Lega: "Non ha tutti i torti"

"Sulla norma 'anti' il senatore Renzi non ha tutti i torti, per usare un eufemismo", afferma il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo.

Una reazione, quella della Lega, ben presto commentata dal senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva. "Romeo ha sostanzialmente messo in mora il Governo - dice Borghi - Non solo è finita la ricreazione, ma evidentemente dalle parti dell'antica Lega nord è finita la pazienza. Ora si capisce ancora di più l’assenza di oggi di Giorgia Meloni".

Il botta e risposta con La Russa

In Aula va in scena anche un botta e risposta tra Renzi e Ignazio La Russa che il leader di Italia Viva chiama "camerata" e invita al "rispetto delle opposizioni", poi un lungo sfogo tra Transatlantico e buvette del Senato con i cronisti sulla norma anti-Renzi, la norma ad personam che per l'ex premier costituisce "un precedente gravissimo", infilata nella manovra "notte tempo" in commissione per colpire "un dirigente dell'opposizione".

"Sarò pure antipatico - argomenta - e avrò pure il 2 per cento nei sondaggi, ma sono un dirigente dell'opposizione. A me personalmente non importa: farò una conferenza in meno. Sono stato assolto da tutto e sono felice. Ma questo è un precedente gravissimo perché se Schlein va a Chigi, se volesse, potrebbe colpire un parlamentare dell'opposizione". E Renzi non ha dubbi su chi sia il 'mandante' della norma: "L'hanno voluta le sorelle Meloni per colpirmi. Sono state Giorgia e Arianna. Perché? Perché io quando faccio campagna elettorale posso arrivare, come alle europee, quasi al 4 per cento e sono voti che valgono doppio perché sono tolti al centrodestra".

Ma nella maggioranza, riferisce Renzi, molti gli avrebbero espresso solidarietà e avanzato critiche sulla norma. "Anche dirigenti di Fdi, anche agli auguri al Quirinale. Chi? Nomi non ne faccio". E aggiunge: "Me ne andrei all'estero ma resto qui per dare fastidio...".

Renzi cita Gigi Proietti

L'ex premier è un fiume in piena. "La mia linea è quella del 'Cavaliere nero' di Gigi Proietti. Per me il 2025 è l'anno di Proietti, al 'Cavaliere nero' non gli devi cacà er c...", dice Renzi che come stella polare per l'anno che verrà cita la barzelletta sul 'Cavaliere nero', scritta e interpretata da Proietti.

E rievoca Silvio Berlusconi, che chiama 'Zio Silvio', con il quale, rivela, ha sempre mantenuto negli anni, fino alla sua scomparsa, un rapporto di simpatia. "Mi manca Berlusconi? Manca a loro del centrodestra - sorride il senatore di Rignano - perché zio Silvio oggi si sarebbe alzato in Aula. Infatti io ho indicato il suo scranno e ho detto: 'Se lì ci fosse stato Berlusconi, avrebbe detto che non si fanno le norme per rancore e invidia'. A me Berlusconi mi ha mandato a casa sul referendum, ma Berlusconi era Berlusconi, aveva un rapporto di umana simpatia con le persone, anche se faceva qualche gaffe di troppo...".

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