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Ucraina, Slovacchia: “Pronti a ritorsioni se Kiev ferma flusso gas Russia”

L'annuncio del premier Robert Fico. Bratislava conferma di essere pronta a ospitare i negoziati di pace. Casa Bianca: "Soldati nordcoreani dispiegati in Russia impiegati in assalti senza speranza"

Impianto di gas (Afp)

La Slovacchia ha confermato di essere pronta a ospitare i negoziati di pace sull'Ucraina, dopo che il presidente russo Vladimir Putin aveva definito “accettabile” la scelta di Bratislava quale “piattaforma” per il dialogo. “Stiamo offrendo il suolo slovacco per questi negoziati”, ha scritto su Facebook il ministro degli Esteri Juraj Blanak.

"Ritorsioni con stop flusso gas Russia"

Bratislava ha però anche avvertito che considererà, dopo il primo gennaio, l'introduzione di misure di ritorsione contro l'Ucraina, come lo stop alle forniture di energia elettrica durante i black out in seguito ai bombardamenti della Russia, se Kiev, come anticipato, fermerà il flusso del gas russo diretto alla Slovacchia dopo la fine dell'anno. Lo ha anticipato il premier Robert Fico che solo pochi giorni fa è stato a Mosca per incontrare Vladimir Putin. La Slovacchia ha chiesto di mantenere il flusso del gas russo che passa dai gasdotti ucraini anche nel 2025 ma Kiev non ha voluto rinnovare il contratto di cinque anni con Mosca per il transito del gas russo in scadenza a fine anno. La Slovacchia dovrà subire costi aggiuntivi per 500 milioni di euro con strade alternative. Fico sostiene che lo stop di Kiev arrecherà danni alla competitività dell'intera Ue. I costi per il blocco dell'aumento dei prezzi del gas potranno raggiungere 120 miliardi di euro nel biennio 2025-2026. Da gennaio a novembre, la Slovacchia ha esportato 2,4 milioni di megawatt/ora di elettricità all'Ucraina, con un aumento del 152 per cento rispetto all'anno precedente.

Casa Bianca: "Soldati nordcoreani impiegati in assalti senza speranza"

Al fronte, sono diversi i soldati nordcoreani feriti morti in Ucraina dopo la cattura. Lo ha reso noto il presidente ucraino Volodymir Zelensky, precisando che "viene fatto di tutto per renderci impossibile la loro cattura". "Ci hanno riferito di diversi soldati nordcoreani. I nostri soldati sono riusciti a farli prigionieri. Ma erano feriti molto gravemente e non sono sopravvissuti", ha spiegato in un post sui social. "La Russia li manda all'assalto in modo che abbiano la minima protezione".

Le parole di Zelensky arrivano dopo che l'agenzia di intelligence della Corea del Sud aveva riferito che un soldato nordcoreano, che combatteva al fianco delle truppe russe, è morto dopo essere stato preso vivo dalle forze ucraine nella regione russa del Kursk. Il soldato è morto a causa delle gravi ferite riportate.

Questa settimana Zelensky ha affermato che più di 3.000 soldati nordcoreani sono stati uccisi o feriti nella regione di Kursk. È stata la prima stima significativa da parte dell'Ucraina delle vittime nordcoreane.

"Più di mille" soldati nordcoreani dispiegati in Russia per combattere l'Ucraina sono stati uccisi o feriti in assalti "senza speranza" nel Kursk e utilizzati come truppe "sacrificabili", ha dichiarato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, durante un briefing con la stampa.

“Le forze nordcoreane stanno conducendo assalti su vasta scala contro le posizioni ucraine nel Kursk. Queste ondate umane non sono state molto efficaci. Stimiamo che, ad oggi, più di 1.000 persone siano state ferite” o uccise, ha detto Kirby. “È chiaro che i capi militari russi e nordcoreani li considerano truppe sacrificabili - ha aggiunto - Un migliaio di persone sono state uccise o ferite nel giro di sette o otto giorni. Spero quindi che i loro comandanti abbiano molte bare, perché è chiaro che ne avranno bisogno".

Kirby ha parlato anche di casi di suicidio. “Questi soldati nordcoreani sembrano essere molto indottrinati. Ci sono notizie di soldati nordcoreani che si sono tolti la vita piuttosto che arrendersi alle forze ucraine, probabilmente per paura di rappresaglie contro le loro famiglie in Corea del Nord se fossero stati catturati”. Kirby ritiene infine che la presenza di “truppe straniere sul suolo russo” sia un “segno di disperazione” da parte di Putin.

Ft: "Nuovo missile russo Oreshnik basato su tecnologia occidentale"

Intanto il Financial Times riporta che il missile balistico a medio raggio russo, l'Oreshnik, lanciato di recente contro l'Ucraina, è stato sviluppato utilizzando attrezzature di produzione avanzate di aziende occidentali, nonostante le sanzioni. Il missile, lanciato su Dnipro il 21 novembre, è stato descritto da Putin come una risposta all'uso da parte dell'Ucraina di armi americane e britanniche per colpire più in profondità la Russia.

L'intelligence ucraina ha indicato come sviluppatori dell'Oreshnik due importanti istituti russi di ingegneria delle armi, l'Istituto di tecnologia termica di Mosca (Mitt) e il Sozvezdie. Secondo il Financial Times, nel 2024 sono state pubblicate offerte di lavoro in cui erano specificate competenze nell'uso di sistemi di lavorazione dei metalli tedeschi e giapponesi, di sistemi di controllo Fanuc (Giappone), Siemens e Heidenhain (entrambi in Germania), per macchine a controllo numerico computerizzato ad alta precisione, essenziali per la produzione di missili.

Nonostante le sanzioni rallentino il flusso di tali apparecchiature, l'analisi del Ft ha rilevato che nel 2024 sono stati spediti in Russia componenti Heidenhain per un valore di almeno 3 milioni di dollari, con alcuni acquirenti strettamente legati alla produzione militare. L'esperto di difesa Fabian Hoffmann dell'Università di Oslo ha ipotizzato che l'Oreshnik non sia uno sviluppo del tutto nuovo, bensì una modifica del missile RS-26 Rubezh. Mentre Putin ha annunciato piani per la produzione in serie dell'Oreshnik, un funzionario statunitense ha dichiarato al Kyiv Independent che è probabile che la Russia possieda solo un piccolo numero di questi missili sperimentali.

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Esteri

New York, detenuto pestato a morte dalle guardie carcerarie

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Robert Brooks aveva 43 anni. Video mostra il detenuto con le mani legate preso a pugni e calci da tre guardie carcerarie anche quando è privo di sensi

Un carcere americano (Fotogramma)

Un detenuto afroamericano è morto la mattina del 10 dicembre scorso, dopo essere stato vittima il giorno precedente di un brutale pestaggio da parte di alcune guardie carcerarie nel penitenziario di Marcy, nella contea di Oneida (New York). L'uomo, Robert Brooks, 43 anni, è morto dopo il ricovero al Wynn Hospital di Utica. Il decesso è avvenuto per "asfissia dovuta a compressione del collo", secondo il referto medico.

Il video del pestaggio

Il pestaggio è documentato dalle riprese video della telecamera di una delle guardie e mostra il detenuto con le mani legate dietro la schiena preso a pugni e calci da tre guardie carcerarie anche quando è privo di sensi e con il volto insanguinato. Altre guardie assistono senza intervenire. Sul caso sta indagando il procuratore generale di New York, Letitia James, che ha pubblicato la registrazione della telecamera.

"Le mie sincere condoglianze vanno alla famiglia del signor Brooks", ha dichiarato James in una conferenza stampa. "Non ho preso alla leggera la pubblicazione di questo video", ma "è mio dovere e responsabilità" diffondere queste informazioni, ha affermato. James ha detto che è in corso un'indagine "approfondita" e che hanno già incontrato la famiglia di Brooks.

Il commissario della prigione di Stato Daniel Martuscello ha annunciato l'immediato licenziamento delle persone coinvolte e la sospensione dal lavoro e dallo stipendio di altre 13 persone per questo "atto volgare e disumano che ha stroncato senza motivo una vita". Un'altra guardia si è dimessa. Ha anche annunciato cambiamenti "per garantire che nulla di simile possa mai accadere nelle nostre strutture". "Questo è un omicidio e ci saranno dei responsabili", ha sottolineato Martuscello. "Queste persone non rappresentano la cultura del dipartimento o tutto ciò che esso rappresenta", ha sottolineato. Brooks stava scontando una condanna a 12 anni di carcere.

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Esteri

Scoppia guerra del gas, Gazprom: stop forniture alla...

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La compagnia russa denuncia violazioni del contratto. La Slovacchia minaccia ritorsioni contro l'Ucraina se Kiev fermerà flusso gas dalla Russia. Zelensky: "Premier Fico prende ordini da Putin"

Gazprom (Afp)

Ucraina, Russia, Slovacchia e ora Moldova. Sul conflitto tra Mosca e Kiev si innesta una nuova guerra del gas che coinvolge altri Paesi. Dopo la minaccia di ritorsioni da parte di Bratislava nei confronti dell'Ucraina, se fermerà il flusso del gas russo diretto alla Slovacchia, oggi arriva l'annuncio di Gazprom che gela Chisinau: lo stop alle forniture di gas alla Moldova a partire dal prossimo primo gennaio. Gazprom denuncia violazioni del contratto e il rifiuto a rinegoziare il debito accumulato da Chisinau. La notifica è stata inviata oggi a Moldovagaz, rende noto la compagnia russa che dall'ottobre del 2022 aveva ridotto il volume dei rifornimenti alla Moldova del 30 per cento, a 5,7 milioni di metri cubi.

Cosa succede in Moldova

Da allora, Chisinau reindirizza il gas russo che importa sulla Transnistria, dove si trova la grande centrale elettrica alimentata a gas che poi vende energia al resto del Paese a costi bassi, e acquista gas per il suo consumo interno da altri Paesi europei. In caso di emergenza, Chisinau potrebbe acquistare gas dalla Romania, ma a prezzi più alti. La Moldova ha introdotto lo scorso 13 dicembre lo stato di emergenza in vista della chiusura dei rubinetti ucraini al transito del gas russo a partire dal primo gennaio e dell'aumento del 30 per cento del costo del gas per le utenze domestiche.

Uno stato di emergenza è in vigore anche in Transnistria, dove gli unici introiti arrivano dalla vendita di energia elettrica. Gazprom aveva anticipato la sua disponibilità a reindirizzare il suo gas - dopo la chiusura dei gasdotti ucraini - attraverso il gasdotto TransBalkan, ma solo se Chisinau avesse accettato di ripagare i suoi debiti pari a 700 milioni di dollari (8 milioni secondo Chisinau). L'annuncio di oggi sembra chiudere questa possibilità.

Un'altra alternativa, per Gazprom, era il proseguimento del flusso attraverso l'Ucraina, se Chisinau e Kiev avessero raggiunto un accordo in tal senso. Kiev tuttavia non è disponibile a una tale intesa, dal momento che Moldovagaz - l'azienda che trasporta il gas in Moldova - è al 50 per cento di Gazprom.

Zelensky: "Premier slovacco prende ordini da Putin, così si spiegano le sue minacce"

Oggi il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha commentato in un post su X le parole del primo ministro slovacco, Robert Fico, che ha avvertito: Bratislava considererà, dopo il primo gennaio, l'introduzione di misure di ritorsione contro l'Ucraina, come lo stop alle forniture di energia elettrica durante i black out, se Kiev, come anticipato, fermerà il flusso del gas russo diretto alla Slovacchia dopo la fine dell'anno.

"Sembra che Putin abbia dato a Fico l'ordine di aprire il secondo fronte energetico contro l'Ucraina a svantaggio degli interessi del popolo slovacco. Le minacce di Fico di interrompere la fornitura di energia elettrica di emergenza all'Ucraina questo inverno mentre la Russia attacca le nostre centrali elettriche possono spiegarsi solo così", ha detto Zelensky.

"Le uniche ragioni per cui l'Ucraina ora ha bisogno di importare elettricità sono l'occupazione della centrale nucleare di Zaporizhzhia da parte della Russia e il suo utilizzo di missili e droni 'Shahed' per distruggere intenzionalmente gran parte della produzione dell'Ucraina", ha aggiunto Zelensky, che ha quindi ricordato a Fico - nei giorni scorsi in visita da Putin a Mosca - che "sostenere l'aggressione russa è completamente immorale" e che "in secondo luogo, la politica miope di Fico ha già privato il popolo slovacco di un indennizzo per la perdita del transito del gas russo".

"La Slovacchia fa parte del mercato unico europeo dell'energia e Fico deve rispettare le regole europee comuni - ha scandito - Qualsiasi decisione arbitraria presa a Bratislava o gli ordini di Mosca a Fico in merito all'elettricità non possono tagliare la fornitura di energia elettrica dell'Ucraina, ma possono certamente tagliare i legami delle attuali autorità slovacche con la comunità europea".

Arrivato in Europa primo carico di Gnl acquistato da Kiev dagli Usa

Intanto il primo carico di Gnl acquistato da Kiev dagli Stati Uniti è arrivato in Europa. La compagnia privata Dtek ha ricevuto ieri il carico in un terminal in Grecia. A fine anno scade il contratto di cinque anni per il flusso di gas russo dai gasdotti che attraversano l'Ucraina e da cui al momento transita il 5 per cento delle importazioni di gas dell'Ue. Gli acquisti di Gnl Usa da parte dell'azienda ucraina proseguiranno fino alla fine del 2026.

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Esteri

Cecilia Sala arrestata, il compagno Daniele Raineri:...

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La giornalista si trova nella prigione di Evin, in Iran

Cecilia Sala - Ig / Daniele Raineri

"Arrivano moltissimi messaggi di solidarietà indirizzati a Cecilia. Appena sarà possibile, saprà di tutto questo affetto", così Daniele Raineri, giornalista de Il Post e compagno di Cecilia Sala, scrive su Instagram il giorno dopo la diffusione della notizia dell'arresto della giornalista di Chora Media e Il Foglio. Insieme a queste parole ha condiviso una foto della ventinovenne, mentre tiene in braccio un cucciolo di cane.

Visualizza questo post su Instagram

Un post condiviso da Daniele Raineri (@daniele.raineri)

Nel post sul social network Raineri ha voluto riassumere le informazioni principali della vicenda. "Cecilia Sala è andata a lavorare in Iran con un visto giornalistico. Al penultimo giorno - ha scritto - è stata arrestata dalle autorità iraniane e rinchiusa in una cella d’isolamento nella prigione di Evin, a Teheran. La prima visita in carcere è stata autorizzata soltanto dopo otto giorni in isolamento".

Giorgia Meloni: "Costante attenzione"

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni segue "con costante attenzione la complessa vicenda di Cecilia Sala" fin dal giorno del fermo, avvenuto in Iran il 19 dicembre scorso. E si tiene "in stretto collegamento con il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e con il Sottosegretario Alfredo Mantovano", al fine di "riportare a casa al più presto la giornalista italiana". Lo fa sapere Palazzo Chigi, in una nota.

Chi è Cecilia Sala

Sala è uno dei volti più noti del giornalismo italiano. Nata a Roma nel 1995, è da sempre molto attiva sui social e da anni ormai tratta di politica estera documentando quello che succede in varie zone di conflitto. Sala si è recata diverse volte in Ucraina per raccontare la guerra ancora in corso con la Russia, ma si trovava anche in Afghanistan nel 2021 durante il ritorno al potere dei Talebani. In quella occasione dovette interrompere una diretta con La7 a causa di alcuni spari contro l'hotel dove si trovava. Una scena che è diventata subito virale sui social.

Sala inizia a interessarsi al giornalismo quando ancora studiava economia all'Università Bocconi di Milano. A pochi esami dalla laurea decise di interrompere gli studi e dedicarsi alla sua nuova passione, iniziando a trattare in particolare la politica estera. Nel 2015 comincia a lavorare nella redazione di Vice e negli anni successivi comincia a collaborare con Vanity Fair, L'Espresso e Il Foglio. Diventa presto anche un volto televisivo, apparendo in diverse trasmissioni su La7.

Cecilia Sala ha da sempre avuto un'attenzione particolari alle nuove frontiere del giornalismo digitale. Molto attiva sui social network, nel 2020 ha esordito con il podcast 'Polvere', un'inchiesta condotta insieme a Chiara Lalli che trattava dell'omicidio di Marta Russo, giovane uccisa alla Sapienza nel 1997. Il podcast ha avuto tanto successo da essere trasformato in un libro pubblicato, con lo stesso titolo, da Mondadori nel 2021. L'anno successivo diviene protagonista di un altro podcast, 'Stories', prodotto da Chora Media, in cui ogni giorno racconta storie dal mondo.

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