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Strage New Orleans, killer identificato: “Aveva bandiera dell’Isis”

Il 42enne Shamsud Din Jabbar, cittadino americano, ha provocato la morte di 10 persone ed è stato ucciso dalla polizia

Il luogo della strage

Un cittadino americano con una bandiera dell'Isis: ecco chi è l'autore della strage di Capodanno di New Orleans. E' stato identificato l'uomo che oggi, 1 gennaio 2025, a bordo di un pick up si è lanciato a tutta velocità contro la folla che festeggiava il Capodanno nella centralissima Bourbon Street uccidendo almeno 10 persone. Si tratta di Shamsud Din Jabbar, cittadino americano di 42 anni originario del Texas. Secondo la Cnn, l'uomo aveva con sé una bandiera dell'Isis. Sul pick up, che sarebbe stato noleggiato, sarebbero stati rinvenuti dispositivi in grado di esplodere.

Jabbar in passato avrebbe prestato servizio nell'esercito degli Stati Uniti. Sui social rimbalza un vecchio video dell'uomo, che nella clip parlerebbe del proprio incarico in una società immobiliare.

La polizia ha confermato che gli agenti hanno sparato e ucciso Shamsud Din Jabbar. "Dopo che il veicolo si è fermato, il sospettato ha aperto il fuoco contro gli agenti intervenuti, che hanno risposto al fuoco", ha affermato la polizia di New Orleans, come riporta la Cnn. Nello scontro a fuoco sono rimasti feriti due agenti di polizia, le cui condizioni sono stabili.

In attesa che gli inquirenti forniscano ulteriori informazioni, il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump ha collegato l'attacco all'immigrazione illegale. "Ho detto che i criminali che arrivano sono molto peggiori di quelli che abbiamo nel Paese e si è rivelato vero", ha scritto Trump su Truth Social.

Trump ha anche affermato che il tasso di criminalità della nazione "è a un livello che nessuno ha mai visto" e che la sua Amministrazione "sosterrà pienamente" la città di New Orleans nelle indagini e nella ripresa dall'attacco subito. "I nostri cuori sono con tutte le vittime innocenti e i loro cari, compresi i coraggiosi agenti del dipartimento di polizia di New Orleans", ha scritto Trump.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Esteri

Ucraina, Kiev prepara il missile low cost: ecco il Trembita

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Costa 10mila dollari, non ha la tecnologia e la potenza di Atacms o Scalp

Volodymyr Zelensky

L'Ucraina comincia a fare da sola. Il paese, in guerra da 3 anni contro la Russia di Vladimir Putin, dipende in larga parte dalle armi fornite dall'Occidente, in particolare dagli Stati Uniti. Kiev, però, già quest'anno punta a produrre 30.000 droni a lungo raggio e 3.000 missili da crociera e 'missili drone'. Il piano è stato varato, come annuncia il primo ministro Denys Shmyhal che illustra il progetto 'Armi della Vittoria', legato a contratti a lungo termine con i produttori per 3-5 anni.

L'obiettivo è produrre armi da utilizzare nel conflitto e proporsi sul mercato come venditore, per incassare già un miliardo di dollari nell'anno in corso. L'Ucraina, d'altra parte, non può far altro che destinare risorse record all'industria della difesa. Nell'ultimo bilancio, sono stati destinati alla spesa per armi ed equipaggiamento militare circa 739 miliardi di grivnie, circa 17 miliardi di euro.

Il missile low cost

La stratega di Kiev ruota in particolare attorno alla produzione di un nuovo missile da crociera 'made in Kiev', il Trembita. Il programma avviato da oltre un anno prevede la realizzazione di un missile 'low cost': la versione base costa circa 10mila dollari.

Una cifra nettamente inferiore a quella necessaria per produrre i missili statunitensi Atacms o gli Scalp anglofrancesi. Il nuovo missile ucraino non può essere paragonabile, per tecnologia e potenza, alle armi che Washington, Parigi e Londra hanno fornito finora al presidente Volodymyr Zelensky.

Il Trembita è lungo 2 metri, pesa circa 90 chili ed è in grado di trasportare 18 chili di esplosivo per colpire obiettivi fino a 140-150 km. Gli investimenti di Kiev puntano a trasformare il missile in un'arma più temibile, con un raggio di 650 km.

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Esteri

Caso Abedini, governo attende udienza e valuta mosse in...

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Situazione in continua evoluzione: la vicenda dell'iraniano arrestato a Malpensa su richiesta Usa è infatti legata a doppio filo all'arresto della giornalista Cecilia Sala

Tribunale di Milano - Fotogramma

Occhi puntati sulla Corte di Appello di Milano che, nell'udienza fissata il prossimo 15 gennaio alle 9, dovrà decidere se concedere o meno i domiciliari a Mohammad Abedini Najafabadi, il cittadino iraniano 38enne bloccato il 16 dicembre scorso all'aeroporto di Malpensa dalla Digos dopo essere atterrato da Istanbul su ordine della giustizia americana e attualmente detenuto a Opera. L'uomo è accusato di terrorismo per aver violato le leggi americane sull'esportazione di componenti elettronici sofisticati dagli Usa all'Iran.

Governo attende decisione

Dopo il parere negativo sulla richiesta dei domiciliari, trasmesso dal procuratore generale di Milano, ora la palla passa alla Corte di Appello che sarà poi chiamata anche ad esprimersi sulla richiesta di estradizione formalizzata dagli Stati Uniti, che si sono già espressi contro la possibilità che l'iraniano esca dal carcere.

 La situazione è in continua evoluzione proprio perché la vicenda di Abedini è legata a doppio filo all'arresto della giornalista Cecilia Sala in Iran, ma a quanto apprende l'Adnkronos, se da un lato si attende la decisione dei magistrati milanesi dall'altro se si decidesse alla fine un intervento politico sul caso dell'iraniano, l'intenzione sarebbe quella di non andare oltre la dead-line del 20 gennaio, giorno in cui il presidente uscente Joe Biden lascerà la Casa Bianca a Donald Trump.

Italia valuta mosse, giorni cruciali fino a insediamento Trump

Nella vicenda Abedini infatti, come è noto, un ruolo decisivo può giocarlo il ministro della Giustizia Carlo Nordio visto che, in base all'articolo 718 del Codice di procedura penale la revoca delle misure cautelari "è sempre disposta se il ministro della giustizia ne fa richiesta". Ruolo da giocare in stretto coordinamento con Palazzo Chigi, dove giovedì la premier Giorgia Meloni ha convocato un vertice sulla giornalista Cecilia Sala. Tra gli aspetti tecnici all'esame del dicastero c'è ne uno che potrebbe rivelarsi decisivo: l'accusa degli americani, mossa ad Abedini, di essere 'il tecnico dei droni' e di aver rifornito un'organizzazione terroristica straniera che tuttavia non sarebbe riconosciuta come tale nella black list della Ue.

A quanto si apprende, al netto di accelerazioni sempre possibili considerato l'obiettivo prioritario di fare uscire Sala dalla prigione di Evin, un eventuale intervento del ministro difficilmente dovrebbe arrivare prima che i giudici milanesi si siano espressi sulla richiesta dei domiciliari per l'iraniano. Ma, assicurano fonti ben informate, se l'Italia alla fine dovesse decidere di intervenire per revocare la misura nei confronti di Abedini, percorrendo così una strada per niente gradita agli alleati americani, ciò non avverrà oltre il 20 gennaio quando Oltreoceano avrà inizio il Trump bis. Non è escluso che un eventuale, comunque non scontato, intervento possa dunque avvenire nella finestra temporale tra il 15 e il 20 gennaio.

L'avvertimento dell'Iran all'Italia

Sul caso arriva intanto l'avvertimento dell'Iran all'Italia. L'arresto di Abedini "è un atto illegale, che danneggia i rapporti" tra Roma e Teheran, ha infatti sottolineato il direttore generale per l'Europa del ministero degli Esteri iraniano, Majid Nili Ahmadabadi, che ieri ha convocato a Teheran l'ambasciatrice italiana Paola Amadei per discutere del caso Sala.

L'Iran ha quindi chiesto all'Italia "di respingere la politica statunitense di presa di ostaggi, che è contraria al diritto internazionale, in particolare ai diritti umani, di preparare le basi per il rilascio di Abedini il prima possibile e di impedire agli Stati Uniti di danneggiare le relazioni bilaterali Teheran-Roma".

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Esteri

‘Chi beve alcolici rischia cancro’, sanità Usa...

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La proposta del Surgeon General: "Rivedere anche raccomandazioni su limiti consumo"

Una bottiglia di superalcolico

Etichette sugli alcolici per avvisare i consumatori del rischio cancro. E' la richiesta avanzata Oltreoceano dal Surgeon General, responsabile esecutivo della sanità Usa. "L'alcol è la terza causa prevenibile di tumori negli Stati Uniti", ha affermato Vivek Murthy. "Le avvertenze sanitarie sugli alcolici dovrebbero essere aggiornate per includere un avviso sul rischio cancro", ha proposto, aggiungendo che "anche i limiti raccomandati per il consumo di alcol dovrebbero essere rivalutati" alla luce dell'aumentato rischio di tumori. La notizia rimbalza sui media internazionali. Solo il Congresso ha il potere di imporre modifiche delle avvertenze.

In un parere Murthy ha sottolineato che ogni anno negli Usa l'alcol contribuisce a 100mila casi di cancro e 20mila decessi correlati, riporta il 'Washington Post'. "Un consumo maggiore di alcol aumenta il rischio di tumori - ha scritto il Surgeon General su X - ma solo il 45% degli adulti americani è consapevole" di questo pericolo. Da qui la richiesta di avvertenze sanitarie ad hoc, descritte da Murthy come "approcci consolidati ed efficaci per aumentare la consapevolezza dei rischi per la salute e promuovere cambiamenti comportamentali".

Murthy fa notare come le attuali etichette, che mettono in guardia relativamente al consumo di alcol in gravidanza e all'impatto dell'alcol durante la guida o l'utilizzo di macchinari, non sono state aggiornate dal 1988.

Il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, che si insedierà il 20 gennaio - ricorda il Wp - ha scelto Janette Nesheiwat, medico di famiglia e di emergenza ed ex collaboratrice di Fox News, come prossimo Surgeon General.

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