Strage New Orleans, attentatore aveva ricevuto medaglia per lotta al terrorismo
Il 42enne texano Shamsud Din Jabbar era stato nell'esercito dal marzo del 2007 al gennaio del 2015 ed era stato inviato in Afghanistan tra il febbraio del 2009 e il gennaio 2010
Shamsud Din Jabbar, il 42enne nato in Texas che nella notte di Capodanno si è lanciato con la sua auto contro la folla festante a New Orleans uccidendo almeno 15 persone e ferendone 35 su Bourbon Street, durante gli anni trascorsi nell'Esercito aveva ricevuto diverse medaglie, tra i quali la Global War on Terrorism Service Medal. Lo riportano i media americani, spiegando che si tratta di un riconoscimento, creato da George Bush dopo l'11 settembre, conferito ai militari che partecipavano alle missioni all'estero durante la 'guerra al terrorismo'.
Jabbar, che è rimasto ucciso nello scontro a fuoco con la polizia seguito al suo attacco, era stato nell'esercito dal marzo del 2007 al gennaio del 2015, prima come Human Resource Specialist e poi come Information Technology (IT) Specialist, ed era stato inviato in Afghanistan tra il febbraio del 2009 e il gennaio 2010. Una volta lasciato il servizio attivo era rimasto riservista fino al luglio del 2020, quando ha lasciato definitivamente l'esercito con il grado di sergente.
Carriera e vita privata
L'uomo aveva due matrimoni falliti alle spalle, uno nel 2012 e il secondo nel 2022. La Cnn rivela che nel tragitto fatto dal Texas e la Louisiana a bordo del furgone usato per l'attacco, Jabbar avrebbe registrato dei video in cui ha ammesso che in un primo momento aveva progettato di riunire la famiglia per uccidere tutti, ma poi aveva cambiato idea e piani, decidendo di unirsi all'Isis.
Jabbar, che aveva cercato anche di arruolarsi in Marina, in un video su Youtube ha descritto in termini positivi della sua esperienza militare, affermando che gli ha insegnato "il significato del servizio, della responsabilità e del prendere tutto sul serio". Nel video l'uomo parla davanti un poster su cui è scritto "disciplina" ed in mano un libro intitolato "leadership".
Sempre online i media hanno trovato un curriculum dell'uomo, con due diplomi, uno del 2010 al Central Texas College e un altro del 2017 della Georgia State University, in informatica. Risulta che ha avuto esperienze lavorative in società di consulenza informatica, ma nel 2020 ha postato un video su YouTube in cui si presenta come agente immobiliare a Houston.
Problemi finanziari per i divorzi
Al suo attivo vi sono alcuni precedenti per reati minori, come un furto per un valore tra i 50 e i 500 dollari nel 2002, e guida in stato di ebbrezza nel 2015, a Fort Bragg. Dagli atti giudiziari emergono anche i divorzi burrascosi: la prima moglie lo aveva denunciato per il mancato pagamento degli alimenti nel 2012, una controversia che è andata avanti per un decennio. E nel 2020 un giudice del Texas aveva imposto all'uomo l'ordine di non avvicinarsi alla seconda moglie durante il divorzio.
In una mail scritta nel 2022 durante i negoziati del divorzio, Jabbar affermava di aver problemi finanziari, di avere arretrati di 27mila dollari per il mutuo della casa, perdite di 28mila dollari con la sua società e debiti con le carte di credito per 16mila dollari. Problemi finanziari che non gli impedito di affittare, al costo di 105 dollari al giorno, il truck usato per l'attacco, un Ford F-150 Lightning, su un sito Turo che permette di affittare auto e veicoli da proprietari privati.
Bandiera dell'Isis
Secondo la Cnn, durante la strage l'uomo aveva con sé una bandiera dell'Isis. Sul pick up, che sarebbe stato noleggiato, sarebbero stati rinvenuti dispositivi in grado di esplodere.
Sui social anche dei video “che indicavano che si ispirava all'Isis”, ha dichiarato da Camp David il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, citando l'Fbi. “L'Fbi mi ha riferito che l'attentatore di New Orleans era un cittadino americano, che aveva prestato servizio nell'esercito ed era stato nella riserva fino a pochi anni fa e che prima dell'attacco aveva postato dei video in cui diceva che voleva uccidere"”, ha detto Biden a proposito del sospetto Shamsud-Din Jabbar.
Esteri
Harris certifica vittoria Trump: “Ha avuto 312 voti,...
Al termine della certificazione dei risultati dei voti elettorali di tutti gli stati da parte dl Congresso, Harris ha annunciato ufficialmente la vittoria del nuovo presidente degli Stati Uniti
Kamala Harris 'incorona' Donald Trump. Al termine della certificazione dei risultati dei voti elettorali di tutti gli stati da parte dl Congresso, Harris ha annunciato ufficialmente la vittoria elettorale di Donald Trump, nuovo presidente degli Stati Uniti, e la propria sconfitta alle elezioni del 5 novembre.
"I voti per il presidente degli Stati Uniti sono i seguenti: Donald Trump dello stato della Florida ha ricevuto 312 voti", ha letto, tra gli applausi dei repubblicani, la vice presidente che ha presieduto la seduta a camere riunite in qualità di presidente del Senato. Dopo aver chiesto silenzio, l'ex candidata democratica ha poi letto i suoi voi: "Kamala Harris dello stato della California ha ricevuto 226 voti", ha detto, provocando applausi tra i democratici.
Mentre arrivava la certificazione della vittoria, Trump produceva una serie di post sul social Truth, attaccanto il presidente uscente Joe Biden. "Sta facendo tutto il possibile per rendere la transizione più difficile possibile, usando le leggi come un'arma come non è stato fatto mai e con costosi e ridicoli ordini esecutivi sul Green New Scam, la nuova truffa verde, ed altri imbrogli per sprecare soldi", ha scritto Trump.
"Ma non temete - ha aggiunto il presidente eletto su Truth Social - questi ordini saranno aboliti tra breve e noi diventeremo una nazione del buon senso e della forza. Maga!".
Esteri
Canada, dimissioni Trudeau: due donne in prima fila per...
Chrystia Freeland e Anita Anand candidate alla successione
Ci sono due donne tra i principali candidati a succedere a Justin Trudeau, che oggi ha annunciato le dimissioni da leader del partito liberale e da premier del Canada, incarico che lascerà però quando si sarà concluso il processo per la scelta del nuovo numero 1 del partito. La prima è Chrystia Freeland, ex vice premier e ministra delle Finanze, la cui clamorosa uscita dal governo di Trudeau - con tanto di pubblicazione della lettera di dimissioni in cui affermava di lasciare per divergenze sul modo di affrontare la minaccia dei dazi di Donald Trump - a dicembre ha esacerbato la grave crisi che giù viveva il premier, portandolo così alla decisione di oggi.
La 56enne ex giornalista, nata nella provincia di Alberta da una madre ucraina, è stata nel governo di Trudeau sin dal 2015, due anni dopo il suo ingresso in Parlamento, ricoprendo diversi incarichi. Da ministra degli Esteri nel 2019 ha guidato i negoziati per un il nuovo Nafta voluto da Trump per regolare il libero scambio tra Usa, Canada e Messico. Un ruolo che non deve essere stato gradito al tycoon che, apprezzando la sua uscita dal governo Trudeau, l'ha definita "tossica".
L'altra possibile candidata è Anita Anand, 57enne avvocato entrata in politica nel 2019 e attuale ministra dei Trasporti, dopo essere stata nominata nel 2021 ministra della Difesa, posizione da cui ha guidato i primi sforzi del Canada per fornire aiuti militari all'Ucraina dopo l'invasione russa.
Un terzo nome è quello dell'ex presidente della banca centrale canadese, Mark Carney. che recentemente Trudeau ha cercato di arruolare per la sua squadra di governo definendolo "un'aggiunta straordinaria in un momento in cui i canadesi hanno bisogno che brave persone entrino in politica". Il 59enne negli ultimi mesi ha svolto un ruolo di consigliere speciale del premier e da tempo viene considerato un candidato al posto di leader del partito.
Come candidato alle prossime elezioni potrebbe creare problemi il fatto che Carney, che è stato anche inviato speciale dell'Onu per l'azione sul clima, venga considerato il campione delle scelte del governo liberale in materia di clima e di ambiente fortemente attaccate dai conservatori di Pierre Poilievre, al momento ampiamente in testa nei sondaggi.
Esteri
Il diario della Parigi-Dakar, le prime difficoltà e il...
"Quando pensi che la montagna sia troppo alta da scalare con le tue sole forze, hai una sola cosa che puoi fare: mantenere la fiducia"
"Mai darsi per persi. Cinquanta piloti dispersi nel deserto durante la tappa di 48 ore della Dakar. Una formula introdotta lo scorso anno, in cui i piloti partono e hanno la possibilità di guidare fino all’arrivo di alcuni cancelli previsti dall’organizzazione, per poi il giorno successivo completare la tappa. In questi cancelli ci sono bivacchi organizzati alla meglio. La tappa, in totale, è di quasi 1100 chilometri" racconta Iader Giraldi, che quest’anno partecipa alla Dakar rally in Arabia Saudita.
"Oggi mi è successo di tutto, ma la cronaca spicciola la trovate nel post. Quello che voglio dire è che, dopo un inizio disastroso, ho perso mezz’ora per aiutare un pilota caduto e in brutte condizioni. È obbligatorio farlo, ma è anche lo spirito del rally: noi siamo i primi soccorritori, e siamo formati per questo. Da lì, per un po’, ho iniziato a scoraggiarmi. Mi sono ritrovato ultimo e senza compagni. Ho guidato per 250 km da solo, in mezzo alle montagne, ma non ho perso la fiducia e piano piano mi sono fatto coraggio. Sembra una cosa banale, ma quando ti senti escluso — dalla gara, dalla vita — quando pensi che la montagna sia troppo alta da scalare con le tue sole forze, hai una sola cosa che puoi fare: mantenere la fiducia".
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"Ci sono riuscito grazie al respiro. Ho respirato mentre guidavo. Profondamente. Con un certo ritmo. L’ho imparato in questi anni di formazione da Angelo, Pino e Marco, che voglio nuovamente ringraziare. Mi hanno fatto capire che noi non bastiamo a noi stessi. Con piccole tecniche talmente semplici da sembrare banali — come questo mio ragionamento — ma che ci salvano dalle situazioni difficili della vita. Comunque, oggi ci siamo. Mi sto preparando e la sfida è chiara: terminare i 670 km che mi consentono di restare in gara. On/Off. Respira".