Caso Abedini, governo attende udienza e valuta mosse in attesa di Trump
Situazione in continua evoluzione: la vicenda dell'iraniano arrestato a Malpensa su richiesta Usa è infatti legata a doppio filo all'arresto della giornalista Cecilia Sala
Occhi puntati sulla Corte di Appello di Milano che, nell'udienza fissata il prossimo 15 gennaio alle 9, dovrà decidere se concedere o meno i domiciliari a Mohammad Abedini Najafabadi, il cittadino iraniano 38enne bloccato il 16 dicembre scorso all'aeroporto di Malpensa dalla Digos dopo essere atterrato da Istanbul su ordine della giustizia americana e attualmente detenuto a Opera. L'uomo è accusato di terrorismo per aver violato le leggi americane sull'esportazione di componenti elettronici sofisticati dagli Usa all'Iran.
Governo attende decisione
Dopo il parere negativo sulla richiesta dei domiciliari, trasmesso dal procuratore generale di Milano, ora la palla passa alla Corte di Appello che sarà poi chiamata anche ad esprimersi sulla richiesta di estradizione formalizzata dagli Stati Uniti, che si sono già espressi contro la possibilità che l'iraniano esca dal carcere.
La situazione è in continua evoluzione proprio perché la vicenda di Abedini è legata a doppio filo all'arresto della giornalista Cecilia Sala in Iran, ma a quanto apprende l'Adnkronos, se da un lato si attende la decisione dei magistrati milanesi dall'altro se si decidesse alla fine un intervento politico sul caso dell'iraniano, l'intenzione sarebbe quella di non andare oltre la dead-line del 20 gennaio, giorno in cui il presidente uscente Joe Biden lascerà la Casa Bianca a Donald Trump.
Italia valuta mosse, giorni cruciali fino a insediamento Trump
Nella vicenda Abedini infatti, come è noto, un ruolo decisivo può giocarlo il ministro della Giustizia Carlo Nordio visto che, in base all'articolo 718 del Codice di procedura penale la revoca delle misure cautelari "è sempre disposta se il ministro della giustizia ne fa richiesta". Ruolo da giocare in stretto coordinamento con Palazzo Chigi, dove giovedì la premier Giorgia Meloni ha convocato un vertice sulla giornalista Cecilia Sala. Tra gli aspetti tecnici all'esame del dicastero c'è ne uno che potrebbe rivelarsi decisivo: l'accusa degli americani, mossa ad Abedini, di essere 'il tecnico dei droni' e di aver rifornito un'organizzazione terroristica straniera che tuttavia non sarebbe riconosciuta come tale nella black list della Ue.
A quanto si apprende, al netto di accelerazioni sempre possibili considerato l'obiettivo prioritario di fare uscire Sala dalla prigione di Evin, un eventuale intervento del ministro difficilmente dovrebbe arrivare prima che i giudici milanesi si siano espressi sulla richiesta dei domiciliari per l'iraniano. Ma, assicurano fonti ben informate, se l'Italia alla fine dovesse decidere di intervenire per revocare la misura nei confronti di Abedini, percorrendo così una strada per niente gradita agli alleati americani, ciò non avverrà oltre il 20 gennaio quando Oltreoceano avrà inizio il Trump bis. Non è escluso che un eventuale, comunque non scontato, intervento possa dunque avvenire nella finestra temporale tra il 15 e il 20 gennaio.
L'avvertimento dell'Iran all'Italia
Sul caso arriva intanto l'avvertimento dell'Iran all'Italia. L'arresto di Abedini "è un atto illegale, che danneggia i rapporti" tra Roma e Teheran, ha infatti sottolineato il direttore generale per l'Europa del ministero degli Esteri iraniano, Majid Nili Ahmadabadi, che ieri ha convocato a Teheran l'ambasciatrice italiana Paola Amadei per discutere del caso Sala.
L'Iran ha quindi chiesto all'Italia "di respingere la politica statunitense di presa di ostaggi, che è contraria al diritto internazionale, in particolare ai diritti umani, di preparare le basi per il rilascio di Abedini il prima possibile e di impedire agli Stati Uniti di danneggiare le relazioni bilaterali Teheran-Roma".
Esteri
Elon Musk cerca casa in Toscana, due i castelli che hanno...
Secondo le indiscrezioni riportate dal 'Tirreno', il patron di Tesla e Starlink si sarebbe innamorato di due antiche dimore in Maremma e nel Senese
Elon Musk sta cercando una residenza imponente, anche di rappresentanza, in Toscana. E' quanto scrive 'Il Tirreno', che riferisce di indiscrezioni uscite di recente sulla stampa statunitense (riprese anche dal londinese 'The Times') mentre fonti Usa parlano del fatto che il multimiliardario e altrettanto discusso fondatore e capo di Tesla e Starlink negli ultimi mesi ha infittito i suoi rapporti personali con i padroni di castelli toscani che vorrebbe fare suoi.
Il tycoon proprietario anche del social media X (ex Twitter), sarebbe stato in vacanza in Toscana nel novembre scorso e avrebbe visitato per un eventuale acquisto due antiche dimore: il castello di Bibbiano, nel comune di Buonconvento, in provincia di Siena, e il castello di Montepò, nel comune di Scansano, in provincia di Grosseto. Durante questo viaggio, Musk avrebbe anche esposto alcuni suoi progetti imprenditoriali da far partire in Toscana, tra cui quello di coprire i tetti delle città con reti di pannelli fotovoltaici.
Pare che Musk, scrive ancora 'Il Tirreno', sia stato molto colpito dalla visita al castello di Montepò, villa-fortezza le cui origini affondano nel 1100, appartenuto nei secoli a diverse famiglie, come i Signori di Cotone (antica famiglia del territorio maremmano) e i Sergardi di Siena, e che sarebbe stato rivisto, nella sua forma attuale, dal celebre architetto militare senese Baldassarre Peruzzi intorno al Cinquecento. Sembrerebbe ritenere il maniero medievale che sorge in Maremma perfetto per i suoi scopi. Oggi il castello è una tenuta agricola e vitivinicola di proprietà di Jacopo Biondi Santi, acquisita agli albori del Duemila, che conta 600 ettari di terreni, di cui 50 vitati, e già appartenuta alla famiglia dello scrittore inglese Graham Greene. Jacopo Biondi Santi, contattato da WineNews, ha dichiarato di non aver venduto ad Elon Musk.
Esteri
Trump jr. vola in Groenlandia: “Non voglio comprarla,...
Secondo fonti informate citate dal Washington Post, il figlio del tycoon ha in programma di girare un video per un podcast
"Non sto comprando la Groenlandia, vado per una lunga gita privata di un giorno". Così Donald Trump jr ha confermato, in un podcast andato in onda la notte scorsa, che sarebbe a breve "salito sul Trump Force 1" per atterrare oggi nell'isola artica, territorio autonomo danese, che il padre insiste nel voler annettere, attraverso un'acquisizione, agli Usa. Secondo fonti informate citate dal Washington Post, Trump jr ha in programma di girare un video per un podcast.
Dopo aver definito a dicembre "la proprietà e il controllo della Groenlandia un'assoluta necessità", Trump nell'annunciare la visita del figlio "con vari rappresentanti per visitare quei posti magnifici", ha detto che il popolo della Groenlandia è "Maga" ribandendo che "avrebbe enormi benefici diventando parte della nostra nazione". "La Groenlandia è un luogo incredibile e la popolazione ne trarrà enormi benefici se e quando diventerà parte della nostra nazione. Noi la proteggeremo e la custodiremo da un mondo esterno molto feroce. RENDIAMO LA GROENLANDIA DI NUOVO GRANDE!", ha scritto Trump, applicando il suo slogan 'MAGA' al territorio danese autonomo.
Trump jr, che rimane a capo dell'impero di famiglia e non avrà incarichi formali nell'amministrazione del padre di cui però è cruciale consigliere, senza contare il suo attivismo politico particolarmente sui social, viaggia insieme a Charlie Kirk, fondatore dell'organizzazione trumpiana Turning point Usa. "Vogliamo incontrare persone, sembra che li ci sia della gente fantastica", ha detto ancora nel podcast, precisando che non avrà incontri con rappresentanti del governo.
Il 'sogno' del Tycoon
L'idea, o il sogno, di Trump di comprare la Groenlandia non è nuova, l'aveva già lanciata durante il primo mandato, arrivando a cancellare una visita di due giorni in Danimarca nel 2019 dopo che la premier Metter Frederiksen aveva definito l'idea "assurda". Ma ora Trump appare in una posizione, interna e internazionale, molto più forte, senza contare che l'idea appare rientrare in un piano più ampio di espansione territoriale e di controllo, che coinvolge la minaccia di riprendere il controllo del canale di Panama e di annettere il Canada come 51esimo stato.
Senza contare che ora può contare con sul sostegno potente e influente del suo benefattore e praticamente braccio destro Elon Musk che ieri su X ha subito scritto: "il popolo della Groenlandia deve decidere del proprio futuro e credo che voglia essere parte dell'America".
La risposta del ministro Kleist e della Danimarca
Il ministro degli Esteri della Groenlandia, Mininnguaq Kleist, ha dichiarato che "il nostro è un Paese aperto e accogliamo i visitatori", e poi ha aggiunto che il governo non è stato informato della natura del programma del figlio del presidente eletto e che quindi non ci sono incontri ufficiali in programma per quella, si ribadisce, è una visita privata. In ogni caso, ha reso noto che Trump jr dovrebbe atterrare alle 13 ora locale di oggi (le 18 in Italia) e fermarsi tra le 4 e le 5 ore.
Intanto, Múte Egede, primo ministro dell'isola che è territorio danese, pur essendosi dotata di un proprio parlamento nel 1979, su cui Copenaghen detta ancora la linea di politica estera e difesa, nei giorni scorsi ha invocato l’indipendenza dalla Danimarca, parlando di un possibile referendum in concomitanza alle elezioni di aprile 2025.
“È giunto il momento di compiere il prossimo passo per il nostro Paese - ha detto nel suo discorso di fine anno - Come altri Paesi del mondo, dobbiamo lavorare per rimuovere gli ostacoli alla cooperazione, che possiamo descrivere come le catene dell'era coloniale, e andare avanti”. Nel suo discorso Edege ha comunque rimbrottato Trump, sottolineando che la Groenlandia “non è in vendita". In Groenlandia, che ha ha 57mila abitanti ed è ricca di minerali, petrolio e gas naturali, esiste una grande base militare Usa e c'e' chi osserva che la sua capitale Nuuk è più vicina a New York che a Copenhagen.
Esteri
Nordcorea, Kim annuncia: “Testato nuovo missile...
Il lancio mentre era in corso la visita in Corea del Sud del segretario di Stato americano Antony Blinken e due settimane prima dell’insediamento di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti
La Corea del Nord ha reso noto di aver testato con successo un nuovo "missile ipersonico" destinato, secondo il leader Kim Jong Un, a scoraggiare "tutti i rivali" del Paese nella regione del Pacifico. Il test ha avuto luogo ieri mentre era in corso la visita in Corea del Sud del segretario di Stato americano Antony Blinken e due settimane prima dell’insediamento di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti. Questo “missile balistico ipersonico a raggio intermedio” è destinato a “rafforzare gradualmente la deterrenza nucleare del Paese”, ha affermato Kim Jong Un, che ha assistito al lancio con la figlia adolescente Ju Ae.
Questa nuova arma "dissuaderà in modo affidabile tutti i rivali nella regione del Pacifico che possono compromettere la sicurezza del nostro Stato", ha aggiunto, citato dall'agenzia ufficiale nordcoreana Kcna, secondo cui, per il corpo del motore del missile è stato utilizzato un "nuovo composto di fibra di carbonio" e "un nuovo metodo è stato introdotto nel sistema di controllo e guida del volo".
Gli analisti hanno visto in questo lancio, e nelle parole di Kim Jong Un, un messaggio rivolto al futuro presidente americano. “Invia un messaggio chiaro all’amministrazione Trump, suggerendo che per impegnarsi nel dialogo, la posizione strategica della Corea del Nord deve essere riconosciuta”, ha affermato Hong Min, analista del Korea Institute for National Unification.