Ucraina, la previsione di Blinken: “Tregua? Putin attaccherà ancora”
Per il segretario di Stato Usa, un cessate il fuoco sarebbe l'occasione per le truppe di Mosca di riorganizzarsi e attaccare di nuovo: "Improbabile che il presidente russo rinunci alle sue ambizioni"
Vladimir Putin "attaccherà ancora" l'Ucraina, anche in caso di un'ipotetica tregua nella guerra tra la Russia e Kiev. Un cessate il fuoco non è una garanzia per uno stop al conflitto: Mosca sarebbe destinata a riprendere l'offensiva. Ne è convinto Antony Blinken, segretario di Stato Usa, che in un'intervista al New York Times anticipa con una previsione - per nulla ottimista - le probabili future mosse dello 'zar' in caso di uno stop temporaneo alla guerra.
"È improbabile che Putin rinunci alle sue ambizioni. Se ci sarà un cessate il fuoco - ha spiegato Blinken -, probabilmente darà alle sue truppe il tempo di riposarsi, riorganizzarsi e attaccare di nuovo in futuro".
Per il segretario di Stato, il cessate il fuoco dovrebbe essere a lungo termine e l’Ucraina - a quel punto - dovrebbe avere il potenziale per scoraggiare l’aggressione. Gli Stati Uniti, ha aggiunto, intendono aiutare l’Ucraina nel suo percorso verso la Nato o garantire la sicurezza di altri Paesi.
Blinken ha espresso quindi la speranza che gli Stati Uniti continuino a sostenere l'Ucraina perché, ha chiarito, "non si tratta solo dell'Ucraina. Non è mai stata solo una questione dell'Ucraina", ha sottolineato.
In un'altra intervista concessa al Finacial Times, Blinken ha quindi parlato dei rischi per l'Europa legati al conflitto in corso in Ucraina. "La più grande minaccia alla sicurezza degli europei - ha detto - è purtroppo causata in parte dai contributi dei Paesi che si trovano dall'altra parte del mondo, nell'Indo-Pacifico".
Oltre alla presenza di soldati nordcoreani che combattono a fianco dei russi contro gli ucraini, Blinken ha criticato in particolare la Cina, che si propone come mediatore di pace, ma allo stesso tempo invia in Russia materiale fondamentale per aiutarla a ricostruire la sua industria della difesa.
"Cercano di avere entrambe le cose", ha sottolineato Blinken, affermando che "la Cina sta sollevando la preoccupazione di molti Paesi" che come gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alle entità cinesi che aiutano lo sforzo bellico russo.
Rispondendo sull'efficacia delle sanzioni statunitensi, Blinken ha poi spiegato che "non è un interruttore della luce, ma penso che stia mettendo la Cina in una posizione sempre più difficile. Di sicuro non gli piacciono le azioni che abbiamo intrapreso contro le entità cinesi. E immagino che ce ne saranno altre in arrivo, se necessario, anche nelle prossime settimane".
Esteri
Russia, vendite record Gnl in Ue e figlia patron Novatek...
Ha riaperto a Venezia con abiti nuovi, inclusa una presa di posizione contro "ogni forma di guerra, conflitto e violenza" e in sostegno della libertà di espressione, il palazzo sul canale della Giudecca in cui, fino all'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, aveva sede la V-A-C Foundation, iniziativa dedicata all'arte contemporanea lanciata a Mosca nel 2009 da Leonid Mikhelson, patron della Novatek, principale produttrice di Gas naturale liquefatto in Russia. Lo spazio è passato alla figlia del magnate, Victoria Mikhelson, storica dell'arte, curatrice, e proprietaria del 2,3 per cento delle azioni del gruppo di cui il padre è presidente e azionista di maggioranza. Con il nuovo nome di Scuola Piccola Zattere.
La riapertura al pubblico è avvenuta in coincidenza con la conclusione di un anno record per le vendite del Gnl russo in Europa. I Paesi Ue, con la Francia in prima linea, ne hanno acquistate 16,5 milioni di tonnellate (da inizio gennaio a metà dicembre 2024), contro i 15,18 dello scorso anno e i 15,21 dell'altro anno record, il 2022, secondo dati Kpler.
Mentre l'Europa cerca di liberarsi dalla dipendenza delle fonti di energia in arrivo dalla Russia, aumenta il rifornimento del metano liquido, quindi trasportabile via mare. E la presenza di uno dei principali attori del settore in Russia, anche se per tramite della figlia, non è più tabù a Venezia.
Del picco di importazioni di Gnl russo ha preso atto il nuovo Commissario all'Energia Ue, Dan Jørgensen che ha anticipato una "roadmap tangibile con gli strumenti per risolvere le parti rimanenti della questione". "Essere stati in grado di diminuire la nostra dipendenza al punto in cui siamo arrivati è un risultato importante. Ma è chiaro a tutti che è necessario che accada qualcosa di nuovo perché ora l'andamento sta iniziando ad andare nella direzione sbagliata", ha affermato, in una recente intervista a Politico.
Un intento, il suo, che sarà senz'altro ben accolto da Donald Trump. Il Presidente americano eletto ha già reso nota la sua disponibilità a trattare su possibili dazi anche contro i Paesi alleati se questi aumenteranno le loro importazioni di Gnl 'made in Usa'. Ma rimane un ostacolo: il prodotto caricato nella penisola russa di Yamal ha un costo "significativamente inferiore" a quello americano, come ha spiegato al Financial Times Christoph Halser, analista del settore del gas per Rystad.
L'Unione Europea ha introdotto solo lo scorso giugno le prime sanzioni che colpiscono il settore del Gnl russo, anche se ancora alla lontana, non il prodotto importato per uso interno. Sembra che ancora la partita sia da giocare. Novatek avrebbe anche avviato uno sforzo per ricostruire le relazioni con l'Occidente e in particolare con gli Stati Uniti anticipando la fine della guerra in Ucraina che Trump ha promesso, scriveva Reuters il mese scorso, citando la missione di un alto dirigente della società russa a Washington, per far partire una collaborazione con una società di lobbying americana.
La Novatek, fondata nel 1994, è da tempo in competizione interna con Gazprom, che ha superato nel settore del Gnl e a cui potrebbe fare concorrenza, sanzioni permettendo, anche sui mercati asiatici, in competizione con il gas trasportato su gasdotti verso la Cina già sovradimensionati.
A Venezia è sparito ogni riferimento alla V-A-C Foundation con cui, ci si limita a osservare sul sito, c'era solo un accordo di cooperazione "definitivamente interrotto nel 2022 a seguito del conflitto tra Russia e Ucraina, che ha portato ai tragici fatti in Ucraina". La galleria ora si chiama Scuola Piccola Zattere, anche se il palazzo alle Zattere una scuola piccola o scoletta non l'ha mai ospitata. Fa capo alla "Fondazione per lo sviluppo dell’arte contemporanea Victoria, ente italiano costituito nel 2014" di cui è fondatrice Victoria Mikhelson, finanziatrice unica dell'iniziativa "attraverso le sue risorse personali", si precisa.
Il Palazzo è stato oggetto di un profondo restyling, sia nell'architettura, a cura del collettivo Fosbury Architecture, che tematico: non è più solo una galleria ma ospita residenze artistiche, installazioni, laboratori.
Forte l'accento sulla città di Venezia. Sia nella scelta del nome che nel programma di valorizzare le realtà artistiche locali. Tanto che alla festa per l'inaugurazione alla fine dello scorso novembre erano presenti, come ha raccontato un ospite, "più che autorità o i soliti volti della mondanità veneziana", impegnati nella contemporanea accensione delle luci e dell'albero a Piazza San Marco, molti studenti della vicina Cà Foscari.
Victoria, che ha una laurea in storia dell'arte alla New York University e un master al Courtauld Institute a Londra, già nel board del New Museum di New York, era in precedenza responsabile dello sviluppo strategico della Fondazione V-A-C, da cui, a vedere il sito web, sembra ora dipendere solo la Casa della cultura Ges-2 di Mosca.
In questi due anni il Palazzo veneziano che sarebbe sempre rimasto locato dall'autorità portuale di Venezia alla fondazione (non risulta che il contratto di affitto 18 + 18 anni stipulato in vista dell'inaugurazione del 2017 sia mai stato rescisso) sarebbe stato sporadicamente ceduto "a prezzi esorbitanti" per eventi privati -come spiegano all'Adnkronos fonti locali- seppur la maggior parte del tempo sia rimasto sbarrato. Subito dopo l'inizio dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia l'allora curatore, Francesco Manacorda, si era dimesso. E lo spazio era rimasto chiuso.
Esteri
Iran, Tirelli (Cpi): “Gestione caso Sala-Abedini...
"Intervento del governo per scarcerazione giornalista romana è una mossa tattica che ha il potenziale di riposizionare l’Italia come interlocutore privilegiato nei delicati equilibri del Medio Oriente"
Prosegue la delicata trattativa per riportare in Italia la reporter Cecilia Sala, detenuta in Iran dal 19 dicembre scorso, dopo che le autorità italiane, su mandato degli Stati Uniti, hanno arrestato il cittadino iraniano Mohammed Abedini. Un negoziato nella triangolazione Roma-Teheran-Washington che si potrebbe configurare come "un’opportunità strategica per l'Italia". E' questo il punto di vista di Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere penali del diritto europeo e internazionale e autore di 'The International Lawyer: The Defense of Law and Stability in Managing Global Crises', un manuale sulla gestione delle crisi internazionali. L'intervento del governo Meloni per la scarcerazione della giornalista romana "non è solo un’azione umanitaria, ma una mossa strategica che ha il potenziale per riposizionare l’Italia come interlocutore privilegiato nei delicati equilibri del Medio Oriente", spiega all'Adnkronos l'esperto di diritto internazionale. La possibile decisione di opporsi all’estradizione di Abedini negli Stati Uniti, "sebbene rischiosa, per quel che sembra profilarsi in queste ore, si rivelerebbe infatti una scelta strategica, ponendo l’Italia come possibile mediatore in un’area mediorientale caratterizzata da tensioni crescenti e prevenendo al contempo potenziali rischi per la sicurezza nazionale, incluso il pericolo del terrorismo".
Secondo Tirelli la premier Giorgia Meloni "ha saputo sfruttare abilmente il vuoto di potere legato al cambio di presidenza negli Stati Uniti, tra l’amministrazione uscente di Joe Biden e l’attesa per il reinsediamento di Donald Trump. Questo momento di transizione è stato trasformato in un’opportunità per rafforzare i legami con l’Iran e al contempo costruire un nuovo canale di dialogo con gli Usa. La mossa sarebbe resa ancor più significativa dall’utilizzo sapiente dell’articolo 718 del Codice di Procedura Penale, che conferisce al Guardasigilli la facoltà di liberare un estradando". La prospettiva è ora il 15 gennaio quando la Corte di Appello di Milano si esprimerà sull'eventuale scarcerazione dell'ingegnere italiano Abedini, detenuto dopo l'arresto a dicembre scorso, nel carcere di Opera.
"Questo intervento - riprende Tirelli - non solo protegge gli interessi della Repubblica, ma rafforza la posizione dell’Italia su due fronti: da una parte, migliora i rapporti con Teheran, ponendo le basi per una normalizzazione delle relazioni bilaterali e per un eventuale ruolo di mediazione in Medio Oriente; dall’altra, consolida il rapporto strategico con gli Stati Uniti, che potrebbero vedere nell’Italia un utile alleato per gestire questioni regionali senza compromettere direttamente la propria posizione". L’Italia, in sostanza, "si presenta come un Paese capace di muoversi con decisione e autonomia, guadagnandosi il rispetto di entrambi gli schieramenti coinvolti", un paese "capace di ritagliarsi uno spazio strategico internazionale più indipendente, senza perdere la coerenza del proprio posizionamento atlantico. Una visione di lungo respiro che potrebbe ridefinire il ruolo dell’Italia nel panorama strategico del Mediterraneo". (di Sibilla Bertollini)
Esteri
Trump: “Se Hamas non rilascia ostaggi prima del mio...
Il tycoon in conferenza stampa: "Non escludo l'uso della forza per Panama e Groenlandia". La replica del Canada: "Non soccomberemo a sue minacce, mai negli Usa"
Se gli ostaggi prigionieri di Hamas non saranno rilasciati prima del 20 gennaio, giorno dell'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, "succederà l'inferno in Medio Oriente". Lo ha detto in conferenza stampa oggi a Mar-a-Lago lo stesso Trump che ha avvertito: "Non sarebbe bene per Hamas e non sarebbe bene, francamente, per nessuno. L'inferno scoppierà, non voglio dire di più ma è questo". Il tycoon ha aggiunto che il 7 ottobre "non ci sarebbe mai dovuto essere".
"Noi abbiamo sconfitto l'Is, non abbiamo avuto guerre. Ora eredito un mondo in fiamme con la Russia, Ucraina e Israele", ha scandito, parlando del "fiasco" di Joe Biden nella gestione della politica internazionale.
"Non escludo uso della forza per Panama e Groenlandia"
Poi il capitolo Panama e Groenlandia. Trump si rifiuta di escludere l'uso di forza militare e misure economiche per portare il canale di Panama e la Groenlandia sotto il controllo degli Usa. "Non posso assicurarlo per nessuna delle due cose", ha detto rispondendo a un giornalista che gli chiedeva se escludeva "la forza militare o la coercizione economica".
"Abbiamo bisogno di sicurezza economica, il canale di Panama è stato costruito dai militari, non mi impegno ora a fare questo, potrebbe essere quello che dovremmo fare", ha aggiunto sottolineando che il canale di Panama "è vitale per il nostro Paese, ora è gestito dalla Cina, noi abbiamo dato il canale a Panama non alla Cina, e loro ne hanno abusato".
Riguardo alla Groenlandia, Trump ha ribadito che gli Usa devono ottenerne il controllo per motivi di "sicurezza nazionale", affermando che là "nessuno sa se la Danimarca ha un diritto legale" e facendo riferimento al fatto che la popolazione dell'isola potrà "decidere sull'indipendenza".
"Cambierò il nome di Golfo del Messico in Golfo di America"
Ancora, ha annunciato l'intenzione di "cambiare il nome del Golfo del Messico", ribadendo le minacce di consistenti dazi contro il Messico e il Canada se questi non bloccheranno il flusso dei migranti. "Noi cambieremo il nome del Golfo del Messico in Golfo d'America, un bellissimo nome, appropriato", ha dichiarato.
Ucraina-Russia
Il presidente eletto ha affermato di "poter capire" perché la Russia non vuole che l'Ucraina entri nella Nato, incolpando Joe Biden per lo scoppio del conflitto. “La Russia per molti anni ha detto che non si sarebbe mai potuto avere un coinvolgimento della Nato con l'Ucraina. Questo è stato come scritto nella pietra. E Biden ha detto che no, dovrebbero poter entrare nella Nato - ha continuato Trump nel suo discorso da Mar-a-Lago - Allora la Russia ha qualcuno proprio sulla soglia di casa. Potrei capire i loro sentimenti al riguardo”.
"Quando ho sentito il modo in cui Biden stava negoziando, gli ho detto: 'finirai in una guerra' e così è stato - ha proseguito il tycoon - Ma potrebbe esserci un'escalation che renderà la guerra molto peggio di come è adesso". "Io sono convinto ci fosse un accordo che Biden ha fatto saltare, e quell'accordo era soddisfacente per l'Ucraina e per tutti gli altri. Ma Biden ha detto 'no, l'Ucraina deve essere parte della Nato'", ha scandito ancora.
Spese Nato
Il tycoon ha confermato che intende chiedere agli alleati della Nato di aumentare fino al 5% del Pil la spesa militare: "Tutti possono permetterselo, ma devono portare la spesa militare al 5% non al 2% del Pil".
"Meloni voleva vedermi"
In conferenza stampa il presidente eletto ha fatto anche riferimento alla visita di sabato di Georgia Meloni a Mar-a-Lago. "Questa sarà l'età d'oro dell'America, avremo di nuovo un grande Paese, al momento abbiamo un Paese sotto assedio, nessuno ci rispetta all'estero, ma ora lo fanno, la premier italiana sapete è venuta qui la notte scorsa, ha fatto toccata e fuga, voleva vedermi", ha detto Trump, che ha poi ricordato "il grande rispetto" che gli è stato mostrato "quando sono andato alla cattedrale", riferendosi alla sua partecipazione alla cerimonia di riapertura di Notre Dame a Parigi.
Giustizia
Trump in conferenza stampa è tornato ad attaccare il procuratore speciale che ha indagato su di lui e l'ha incriminato dei due casi che sono stati poi ritirati dopo la sua vittoria elettorale. "Ho sconfitto il pazzo Jack Smith, è una persona pazza, immagino che se ne sta tornando all'Aja. E abbiamo vinto questi processi", ha affermato il presidente eletto che si è scagliato poi contro "l'utilizzo politico della giustizia" che l'amministrazione democratica starebbe facendo contro di lui fino all'ultimo. E non ha mancato di attaccare la stampa: "I giornali hanno fatto un gran rumore su questi casi, ma io non avevo fatto nulla di sbagliato".
Canada risponde: "Non soccomberemo a minacce"
Il Canada "non soccomberà alle minacce di Trump". Così il ministro degli Esteri canadese Melanie Joly ha risposto alle parole del presidente eletto degli Stati Uniti di imporre dazi. "Non faremo mai marcia indietro di fronte alle minacce", ha dichiarato il capo della diplomazia canadese, affermando che i commenti di Trump dimostrano ''una totale mancanza di comprensione della forza del Canada''.
''Non c'è la minima possibilità che il Canada diventi parte degli Stati Uniti'', ha poi aggiunto il primo ministro canadese Justin Trudeau, rispondendo al presidente. ''I lavoratori e le comunità di entrambi i nostri Paesi traggono vantaggio dall'essere reciprocamente il più grande partner commerciale e di sicurezza'', ha affermato Trudeau.