Ucraina avanza nel Kursk, Zelensky sogna Trump a Kiev: “Può fermare la guerra di Putin”
Il presidente ucraino: "Putin è come Voldemort, deve essere costretto a fermarsi. Spero che Musk sia dalla nostra parte"
Un incontro con Donald Trump, magari a Kiev, e poi il pressing del presidente degli Stati Uniti su Vladimir Putin: così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky punta a fermare la guerra in corso da oltre 3 anni contro la Russia. "Se Trump offre solide garanzie di sicurezza per l'Ucraina, poi si potrebbe parlare con i russi", dice Zelensky in una lunga intervista nel podcast di Lex Fridman. Le parole del presidente ucraino arrivano in un momento cruciale del conflitto. Le forze armate di Kiev hanno avviato a sorpresa una nuova offensiva nella regione russa di Kursk, occupata sin da agosto.
I reparti ucraini hanno guadagnato terreno a nordest di Sudzha, verso Bolshoy Soldatskoye, cogliendo di sorpresa il nemico. Si tratta di un azione che, a 15 giorni dall'insediamento di Trump come nuovo presidente alla Casa Bianca, può garantire maggior peso a Kiev in un eventuale negoziato.
"Trump può costringere Putin a chiudere la guerra"
"Io spero che Trump ponga fine alla guerra. E' importante che lui sappia tutto quello che succede sul campo di battaglia e quello che succede in Russia", dice Zelensky, convinto che Putin accetterà la fine delle ostilità solo se costretto.
"Putin è sordo, non sente... Manda a morire ragazzi di 18 anni sul territorio di un altro stato. I russi hanno perso 788mila uomini tra morti o feriti... Elon Musk parla di Marte, intelligenza artificiale... Putin nell'intervista con Tucker Carlson parlava di tribù russe: è come un mammut che si siede davanti a te. E' come Voldemort, è l'oscurità fatta persona. E' possibile porre fine alla guerra attraverso il dialogo, ma bisogna essere in una posizione forte", dice Zelensky, che considera indispensabile l''ancoraggio' dell'Ucraina alla Nato, con un'ammissione almeno "parziale": "La Nato non sarà un'alleanza perfetta, ma il dato di fatto è che non c'è guerra sul territorio dei paesi membri". Le armi serviranno ancora: "Se il cessate il fuoco dura, non le useremo".
"Pensate che Putin voglia porre fine alla guerra? E' ingenuo credere a qualcosa del genere. Il presidente Trump ha potere a sufficienza per mettere Putin sotto pressione. Il presidente russo non vorrà porre fine alla guerra, non bisogna fare affidamento sulla sua volontà di fermare il conflitto. Lo farà se non avrà alternative", ripete Zelensky, che più volte ribadisce l'assoluta necessità di garanzie di sicurezza per Kiev.
"Putin vuole Nato debole senza Usa"
"Se c'è una tregua, devono esserci garanzie di sicurezza per l'Ucraina: dobbiamo essere certi che Putin non tornerà. Io voglio porre fine, voglio una pace duratura. Se Trump ottiene un cessate il fuoco e dopo 3 mesi la Russia lancia una nuova ondata di missili, cosa succede? Putin vuole mettere me contro Trump, ecco perché bisogna costringerlo a fermare la guerra", dice ancora.
La fiducia nel neopresidente americano è enorme: "Trump non ha 18 anni, ma è forte, molto forte. Andrebbe dopo 2 o 3 giorni in un'area colpita da un terremoto o da un uragano. Ha dimostrato di essere forte, ha tenuto comizi ovunque. E' giovane a livello mentale, il suo cervello funziona alla grande. Dopo 2 o 3 giorni, andrebbe ovunque. Io farei lo stesso", dice Zelensky prima di puntare nuovamente il dito contro il leader del Cremlino.
"Putin è andato nel Kursk in 4 mesi? No. Non ama la Russia, non ama la sua gente. Ama il suo circolo ristretto. Putin non vuole un'Ucraina indipendente, è l'obiettivo finale della sua vita politica. Putin vuole vedere una Nato debole e un'Ucraina debole: questi due elementi porterebbero ad una guerra più ampia, Putin punterebbe al controllo dei territori che facevano parte dell'Unione Sovietica", dice delineando lo scenario peggiore.
"Questa situazione avrebbe effetti anche sugli Stati Uniti, anche se decidessero di lasciare la Nato. Lo dimostra quello che sta succedendo con la Corea del Nord: Pyongyang sta acquisendo conoscenze per gestire la guerra tecnologica attuale, questo diventerebbe un rischio per il Pacifico. Giappone e Corea del Sud sarebbero in pericolo e anche Taiwan dovrebbe fronteggiare rischi analoghi. Il presidente Trump ha tutti gli strumenti per fermare Putin e dare all'Ucraina le garanzie necessarie", afferma.
Ucraina e Russia potranno tornare, in futuro, ad avere rapporti pacifici? "E' impossibile perdonare dopo una guerra devastante. I russi dovranno chiedere perdono, lo faranno. Succederà perché sono colpevoli, sia coloro che hanno partecipato che coloro che sono rimasti in silenzio".
Il messaggio a Musk: "Stia dalla nostra parte"
Nell'amministrazione di Donald Trump, Musk ha un ruolo di primissimo piano. Il magnate, in più occasioni, si è espresso contro la fornitura di armi americane a Kiev e non ha risparmiato critiche durissime a Zelensky. "Ho parlato con Musk all'inizio della guerra. Lo rispetto molto, ha creato colossi da solo. E' un grande leader a livello di innovazione. Ammiro i risultati del suo lavoro. Gli siamo grati per la rete satellitare Starlink, l'abbiamo usata al fronte e negli asili, nelle scuole. Vorrei che Elon fosse dalla nostra parte il più possibile. Vorrei che venisse in Ucraina, parlasse con la gente e si guardasse intorno", dice il presidente ucraino.
Fridman fornisce l'ultimo assist ipotizzando l'arrivo di Musk - e ovviamente di Trump - nell'aeroporto di Kiev: lo scalo della capitale è chiuso da 3 anni, la sua riapertura sarebbe il segnale della fine della guerra e del ritorno alla normalità. "Ci sarà un momento in cui il presidente Trump forse sarà il primo leader a venire qui in aereo, sarebbe simbolico. Il 25 gennaio con l'Air Force One? Sarebbe bello...", dice Zelensky.
L'invito di Trump arriva?
Il presidente ucraino vorrebbe partecipare alla cerimonia di insediamento di Trump a Washington ma attende un invito formale che, a quanto pare, non è ancora arrivato.
"Mi piacerebbe partecipare all'insediamento di Trump il 20 gennaio, ma non posso farlo durante la guerra a meno che il presidente Trump non mi inviti personalmente. So che in generale i leader non vengono invitati all'insediamento. So che ci sono leader che vogliono partecipare e parteciperanno, si presentano per loro decisione. Io, per la persona che sono, non posso presentarmi senza un invito. Putin lo fa: in Ucraina è venuto senza invito...", dice.
Esteri
Gb, principe Andrea denunciato: “Registrò azienda con...
Secondo il New York Post, avrebbe usato uno pseudonimo nel 2003 per fondare la società Naples Gold Limited
Il principe Andrea è stato denunciato alla polizia con l'accusa di aver utilizzato un nome falso per registrare un'azienda. Lo scrive il New York Post, secondo cui il terzogenito della regina Elisabetta utilizzò lo pseudonimo di Andrew Inverness nel 2003, quando assieme al magnate della vendita al dettaglio di articoli sportivi Johan Eliasch fondò una società chiamata Naples Gold Limited. Andrew, che possedeva quattro società collegate a quelle registrate con lo stesso nome presso la Companies House (l'agenzia del governo britannico che tiene il pubblico registro delle imprese), è stato descritto come un "consulente" sui moduli ufficiali, come mostrano i documenti ottenuti dal Post.
Ora, il gruppo anti-monarchico Republic ha accusato l'ex membro della famiglia reale di aver falsificato documenti ufficiali. Graham Smith, amministratore delegato dell'organizzazione, ha presentato una denuncia ufficiale a Scotland Yard. La polizia metropolitana di Londra sta al momento valutando se siano necessarie ulteriori azioni nei confronti del duca. "I reali sembrano credere di poter agire impunemente, un'impressione rafforzata dalla mancanza di azioni della polizia sulle gravi accuse di corruzione e reati sessuali", ha detto Smith al Telegraph.
Ad Andrew fu conferito il titolo di conte di Inverness dalla sua defunta madre, la regina Elisabetta II, dopo le nozze con Sarah Ferguson nel 1986. Tuttavia - precisa il New York Post - utilizzando il nome Andrew Inverness nei documenti ufficiali, il fratello minore di re Carlo si è cacciato nei guai, poiché deve affrontare accuse di utilizzo di un falso nome per scopi commerciali. Tutto questo avviene subito dopo la clamorosa chiusura della società finanziaria che gestiva gli investimenti privati di Andrew.
Esteri
Cecilia Sala è libera, giornalista sta tornando in Italia
L'aereo con a bordo la giornalista è già decollato da Teheran. Meloni ha annunciato la notizia ai genitori: "Grazie a chi ha contribuito al suo ritorno"
Cecilia Sala sta tornando in Italia dall'Iran. L'aereo con a bordo la giornalista, arrestata il 20 dicembre scorso e detenuta in isolamento nel carcere di Evin, è già decollato da Teheran.
Meloni: "Grazie a chi ha contribuito al suo ritorno"
"Grazie a un intenso lavoro sui canali diplomatici e di intelligence, la nostra connazionale è stata rilasciata dalle autorità iraniane e sta rientrando in Italia", si legge in una nota della presidenza del Consiglio. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni dal canto suo ha espresso "gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito a rendere possibile il ritorno di Cecilia Sala, permettendole di riabbracciare i suoi familiari e colleghi", si legge ancora nella nota di Palazzo Chigi in cui si sottolinea che la premier "ha informato personalmente i genitori della giornalista nel corso di una telefonata avvenuta pochi minuti fa".
È in volo l'aereo che riporta a casa Cecilia Sala da Teheran.
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) January 8, 2025
Grazie a un intenso lavoro sui canali diplomatici e di intelligence, la nostra connazionale è stata rilasciata dalle autorità iraniane e sta rientrando in Italia. Ho informato personalmente i genitori della giornalista…
Tajani: "Diplomazia e lavoro di squadra"
"Diplomazia e lavoro di squadra: Cecilia Sala sta tornando a casa!". Così scrive sul social X il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, dopo la notizia della scarcerazione.
Cecilia Sala era accusata di aver violato "le leggi della Repubblica islamica dell'Iran". Nelle telefonate ai familiari aveva raccontato le terribili condizioni della sua detenzione: "Dormo per terra in cella e mi hanno tolto anche gli occhiali". Ieri la portavoce del governo della Repubblica islamica, Fatemeh Mohajerani, aveva affermato che l'arresto di Cecilia Sala a Teheran "non è in alcun modo una ritorsione" per quello del cittadino iraniano, Mohammad Abedini Najafabadi, avvenuto in Italia. "Ci auguriamo che la questione della giornalista venga risolta rapidamente", aveva aggiunto.
"Cecilia Sala liberata, è in viaggio per l’Italia, bentornata", scrive il vicepremier Matteo Salviniin un messaggio sui social. "Accogliamo con gioia e sollievo la notizia del ritorno a casa di Cecilia Sala. Esprimo un ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito alla sua liberazione: dalle autorità italiane, impegnate con determinazione, al personale diplomatico e a quanti hanno collaborato per giungere a questo risultato. A Cecilia Sala va il nostro abbraccio, con l’augurio che possa presto ritrovare serenità accanto ai suoi cari". Così il presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana. "Abbiamo il cuore e il morale alle stelle", ha detto all'Adnkronos Carlo Nordio, ministro della Giustizia.
Applauso bipartisan in Aula Senato per liberazione Sala
Un lungo applauso bipartisan ha accolto nell'Aula del Senato la notizia della liberazione di Cecilia Sala in Iran. "Con grande gioia annuncio che la giornalista Cecilia Sala è stata liberata ed è in viaggio verso l'Italia", ha detto la presidente di turno, Mariolina Castellone. Per il governo è intervenuta la sottosegretaria agli Esteri, Maria Tripodi "Grazie alla nostra diplomazia, alla nostra intelligence e alla leadership esercitata dalla nostra presidente del Consiglio", ha detto l'esponente dell'esecutivo.
“La notizia che stavamo aspettando, che speravamo di ricevere il prima possibile. La liberazione di Cecilia Sala è un sollievo, e saperla presto in Italia ci riempie di gioia. Un ringraziamento al governo, al corpo diplomatico, ai servizi e a chi ha lavorato incessantemente in questi 20 giorni di apprensione e angoscia per questo risultato. Ti aspettiamo, Cecilia!”. Così la segretaria del Pd, Elly Schlein.
Esteri
Groenlandia, Francia contro Trump: “Ue non permette...
Il capo della diplomazia francese frena il presidente Usa e il suo sogno di ottenere il controllo dell'isola artica
Donald Trump continua a ribadirlo: gli Usa devono ottenere il controllo della Groenlandia per motivi di "sicurezza nazionale" e non esclude la possibilità di utilizzare "la forza militare o la coercizione economica" per raggiungere il suo obiettivo. Ecco perché il capo della diplomazia francese Jean-Noël Barrot oggi è intervenuto dichiarando che "è fuori discussione" che l'Unione Europea consenta a degli stati "di attaccare i suoi confini sovrani". La Groenlandia è "un territorio dell'Unione Europea. Non è possibile che l'Ue permetta ad altre nazioni del mondo, chiunque esse siano, di attaccare i suoi confini sovrani", ha dichiarato alla radio France Inter.
La visita di Trump Jr.
Intanto Donald Trump jr è atterrato ieri sull'isola artica. "Non sto comprando la Groenlandia, vado per una lunga gita privata di un giorno", ha dichiarato il figlio del presidente eletto in un podcast.
Dopo aver definito a dicembre "la proprietà e il controllo della Groenlandia un'assoluta necessità", Trump nell'annunciare la visita del figlio "con vari rappresentanti per visitare quei posti magnifici", ha detto che il popolo della Groenlandia è "Maga" ribandendo che "avrebbe enormi benefici diventando parte della nostra nazione". "La Groenlandia è un luogo incredibile e la popolazione ne trarrà enormi benefici se e quando diventerà parte della nostra nazione. Noi la proteggeremo e la custodiremo da un mondo esterno molto feroce. RENDIAMO LA GROENLANDIA DI NUOVO GRANDE!", ha scritto Trump, applicando il suo slogan 'MAGA' al territorio danese autonomo.
Da parte sua, il ministro degli Esteri della Groenlandia, Mininnguaq Kleist, ha dichiarato che "il nostro è un Paese aperto e accogliamo i visitatori", e poi ha aggiunto che il governo non è stato informato della natura del programma del figlio del presidente eletto e che quindi non ci sono incontri ufficiali in programma per quella, si ribadisce, è una visita privata.
Il sogno del presidente eletto
L'idea, o il sogno, di Trump di comprare la Groenlandia non è nuova, l'aveva già lanciata durante il primo mandato, arrivando a cancellare una visita di due giorni in Danimarca nel 2019 dopo che la premier Metter Frederiksen aveva definito l'idea "assurda". Ma ora Trump appare in una posizione, interna e internazionale, molto più forte, senza contare che l'idea appare rientrare in un piano più ampio di espansione territoriale e di controllo, che coinvolge la minaccia di riprendere il controllo del canale di Panama e di annettere il Canada come 51esimo stato.
Senza contare che ora può contare con sul sostegno potente e influente del suo benefattore e praticamente braccio destro Elon Musk che ieri su X ha subito scritto: "il popolo della Groenlandia deve decidere del proprio futuro e credo che voglia essere parte dell'America".
La posizione della Danimarca
Intanto, Múte Egede, primo ministro dell'isola che è territorio danese, pur essendosi dotata di un proprio parlamento nel 1979, su cui Copenaghen detta ancora la linea di politica estera e difesa, nei giorni scorsi ha invocato l’indipendenza dalla Danimarca, parlando di un possibile referendum in concomitanza alle elezioni di aprile 2025.
"È giunto il momento di compiere il prossimo passo per il nostro Paese - ha detto nel suo discorso di fine anno - Come altri Paesi del mondo, dobbiamo lavorare per rimuovere gli ostacoli alla cooperazione, che possiamo descrivere come le catene dell'era coloniale, e andare avanti". Nel suo discorso Edege ha comunque rimbrottato Trump, sottolineando che la Groenlandia "non è in vendita". In Groenlandia, che ha ha 57mila abitanti ed è ricca di minerali, petrolio e gas naturali, esiste una grande base militare Usa e c'e' chi osserva che la sua capitale Nuuk è più vicina a New York che a Copenhagen.
La concomitanza tra le esternazioni di Trump, e ora la visita del figlio, con le nuove rivendicazioni di indipendenza potrebbe non essere del tutto casuale. "Qualcosa probabilmente succederà in Groenlandia nei prossimi 10-15 anni, potrebbero diventare indipendenti ed è per questo gli Stati Uniti si preparano a ogni tipo di futuro", ha spiegato recentemente al Washington Post un ex diplomatico danese che si è occupato della questione durante la prima amministrazione Trump.