Israele-Hamas, Blinken: “Fiducioso in una tregua entro due settimane”
Oggi giorno decisivo per i negoziati con il capo del Mossad a Doha. Israele smentisce Hamas: non ha fornito lista ostaggi
Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, si è detto "fiducioso" che un accordo per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza possa essere raggiunto prima o dopo il 20 gennaio, data di insediamento del presidente eletto Donald Trump. "Se non dovessimo tagliare il traguardo nelle prossime due settimane, sono fiducioso che la questione possa essere conclusa prima o poi, e quando lo sarà, sarà sulla base del piano proposto dal presidente Biden" ha dichiarato il Segretario di Stato ai giornalisti da Seul, dove si trova in visita.
Il capo del Mossad oggi a Doha in Qatar
Il capo del Mossad David Barnea oggi a Doha, in Qatar, per quello che secondo fonti palestinesi citate da Al-Araby Al-Jadeed sarà ''un giorno decisivo per i negoziati'' sugli ostaggi e il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Lo scrive il sito di Ynet.
La fonte palestinese citata a condizione di anonimato dal giornale del Qatar Al-Araby Al-Jadeed ha spiegato che le parti sono riuscite a colmare le divergenze e stanno aspettando il via libera del premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ha convocato i suoi ministri per una riunione sulla sicurezza alle 17 ora locale, le 16 in Italia.
L'ufficio del primo ministro israeliano non ha confermato il viaggio di Barnea a Doha, né il fatto che i colloqui sugli ostaggi siano all'ordine del giorno della riunione delle prossime ore. Tra l'altro tre fonti israeliane hanno detto a condizione di anonimato all'emittente televisiva Kan che nel fine settimana ci sono stati alcuni progressi, ma nessuna svolta.
Israele smentisce Hamas, non ha fornito lista ostaggi
Israele ha intanto smentito la notizia secondo la quale il gruppo palestinese Hamas avrebbe approvato una lista di 34 ostaggi da rilasciare nella prima fase di un accordo sugli ostaggi. E' quanto rileva 'The Times of Israael'. "Al momento, Hamas non ha fornito una lista di ostaggi", spiega l'Ufficio del Primo Ministro in un comunicato. Secondo l'emittente 'N12' Hamas ha presentato una lista, ma non ha indicato chi è vivo e chi no.
Inviato Casa Bianca a Doha
Ieri è arrivato a Doha anche l'inviato della Casa Bianca per il Medioriente, Brett McGurk, ha annunciato un funzionario americano. Crescono così le speranze che i colloqui possano portare a un accordo last minute prima dell'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca superando le divergenze che finora sembravano insormontabili.
Immunità per leader Hamas e garanzie su Gaza
Secondo il quotidiano saudita Al-Hadath, l'accordo che sarebbe in dirittura d'arrivo prevede un cessate il fuoco temporaneo per la Striscia di Gaza della durata di due o tre mesi.
Inoltre, scrive ancora Al-Hadath, l'accordo prevederebbe la garanzia dell'immunità per i leader di Hamas, in modo che Israele non li attacchi. Inoltre riconoscerebbe ai paesi arabi e occidentali la gestione la Striscia di Gaza insieme a gruppi palestinesi.
Neonato morto di freddo a Gaza, è l'ottavo
A Gaza si aggrava intanto sempre di più la situazione umanitaria. Un neonato, l'ottavo, è morto nella Striscia per ipotermia. Lo rende noto l'emittente al-Jazeera segnalando che il drastico calo delle temperature, fino a 10 gradi sotto lo zero, sta risultano letale per i più piccoli nell'enclave palestinese. I campi profughi dove la popolazione si è rifugiata a causa degli sfollamenti sono senza riscaldamento.
L'Unrwa, l'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di assistere i rifugiati palestinesi, ha scritto su 'X' che fino a 7.700 neonati nei territori in guerra stanno vivendo in sistemazioni inadeguate a causa del conflitto tra Israele e Hamas. A dicembre sono morti quattro neonati di freddo nella Striscia di Gaza, tra cui una bambina il giorno di Natale, come ha ricordato l'agenzia di stampa Wafa. Centinaia di migliaia di palestinesi hanno perso la loro casa a causa del conflitto.
Ucciso comandante Jihad islamica che partecipò a 7/10
Le Idf hanno reso noto di aver ucciso il comandante di una compagnia della Jihad islamica palestinese e vice capo della divisione missilistica del gruppo, Saad Said Zaki Dahnon, che prese parte al massacro del 7 ottobre nel sud di Israele. La sua uccisione è avvenuta durante uno scontro ravvicinato con i militari israeliani a Jabalia, nel nord di Gaza, spiega l'Idf.
Esteri
Da Sgrena a Sala, da Pari e Torretta a Mastrogiacomo: tutti...
Fondamentale il lavoro di intelligence e di diplomazia
Lavoro di intelligence e di diplomazia. Tanti gli italiani trattenuti all'estero e riportati a casa negli ultimi anni. Non ci sono solo gli arresti, come nella vicenda di Cecilia Sala, o la "politica degli ostaggi" di cui è accusato l'Iran, ma tra i casi che tornano alla mente ci sono quelli di sequestri come per le volontarie Simona Pari e Simona Torretta, rapite nel settembre del 2004 a Baghdad e liberate 21 giorni dopo il sequestro. Nella stessa capitale irachena, nel febbraio di dieci anni fa, viene rapita da un'organizzazione della Jihad Islamica la giornalista Giuliana Sgrena. La sua liberazione avviene il 4 marzo, ad opera del Sismi, ma si conclude tragicamente durante il trasferimento all'aeroporto della capitale irachena, quando a un posto di blocco viene raggiunta da un raffica di colpi sparati da militari americani l'auto con a bordo l'inviata e il dirigente dei servizi di sicurezza italiani Nicola Calipari, morto sul colpo nel tentativo di proteggere la Sgrena col suo corpo.
Nel marzo del 2007 viene rapito in Afghanistan il giornalista Daniele Mastrogiacomo, liberato 15 giorni dopo il sequestro. Nell'aprile 2013 viene rapito in Siria il giornalista Domenico Quirico insieme al belga Pierre Piccinin. Assieme vengono liberati a inizio settembre. E' sempre nel nord della Siria che nell'estate del 2014 vengono rapite le cooperanti Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, rilasciate poi nel gennaio successivo. Nell'ottobre del 2015 viene rapito nel sud delle Filippine Rolando Del Torchio, ex sacerdote e imprenditore liberato poi nell'aprile del 2016.
Tra aprile e maggio 2019 vengono liberati Sergio Zanotti e Alessandro Sandrini, rapiti in Turchia e portati in Siria. Entrambi tornano liberi a tre anni dal sequestro. Nel marzo del 2020 tornano in libertà in Mali Luca Tacchetto e la compagna canadese Edith Bias, rapiti in Burkina Faso nel dicembre del 2018. Nell'ottobre del 2020 viene rilasciato Padre Pier Luigi Maccalli, sacerdote rapito nel settembre del 2018 a 150 chilometri dalla capitale del Niger, Niamey. Viene rilasciato insieme al turista Nicola Chiacchio, rapito in Mali nel febbraio del 2019.
Nel maggio del 2020 torna in libertà in Somalia la volontaria Silvia Romano, dopo essere stata sequestrata nel novembre di due anni prima in Kenya. Nel febbraio dello scorso anno vengono liberati Rocco Langone, la moglie Maria Donata Caivano e il figlio Giovanni rapiti nella regione del Sahel il 19 maggio 2022.
Nel 2022 anche l'arresto di Alessia Piperno, viaggiatrice per passione fermata a Teheran il 28 settembre e rilasciata il 10 novembre dello stesso anno. Venne rinchiusa nel terrificante carcere di Evin, come Cecilia Sala e durante il periodo della sua detenzione scoppiò un incendio nel carcere, probabilmente innescato da una rivolta, che causò la morte di diversi detenuti.
Esteri
Cecilia Sala libera, la nobel Mohammadi: “Giornalisti...
"Il regime religioso autoritario mette a repentaglio la libertà di espressione"
"La notizia dell'arresto, dell'isolamento e del rilascio della giornalista italiana Cecilia Sala evidenzia ancora una volta la realtà che giornalisti, reporter e professionisti dei media in Iran sono costantemente sotto pressione e a rischio di arresto, reclusione e tortura". Così la premio Nobel per la pace iraniana, Narges Mohammadi, in carcere dal novembre 2021 e rilasciata temporaneamente a inizio dicembre per motivi medici, commenta all'Adnkronos la notizia della scarcerazione di Sala, attesa a breve in Italia. Mohammadi è stata rinchiusa per anni a Evin, la stessa prigione dove era tenuta la giornalista italiana.
"Ciò evidenzia come il regime religioso autoritario metta a repentaglio la libertà di espressione", aggiunge Mohammadi, raggiunta dall'Adnkronos tramite il marito, il giornalista e scrittore Taghi Rahmani. Quest'ultimo sostiene che l'arresto di cittadini stranieri sia "un metodo usato ripetutamente dal regime iraniano quando vogliono ottenere il rilascio dei loro prigionieri. È la loro forma di diplomazia".
Nel caso di Cecilia Sala, prosegue Rahmani, le autorità puntavano a "scambiare la giovane giornalista con il loro prigioniero in Italia, il signor Abedini. È così che funziona il loro sistema".
Rahmani definisce gli arresti come quello di Sala "una violazione della legge" dal momento che "tenere in ostaggio un cittadino straniero va contro il diritto internazionale dei diritti umani, eppure questo continua a verificarsi in Iran".
"Quando qualcuno viene arrestato, dovrebbe essere sottoposto a un giusto processo - conclude - Ma il regime iraniano ignora i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale".
Esteri
Cecilia Sala libera, quando i fatti pesano più delle...
Il ritorno a casa della giornalista italiana detenuta in Iran era l'unico obiettivo possibile
La liberazione di Cecilia Sala, dopo venti giorni di detenzione in Iran, è una notizia che riporta il sereno in una vicenda che aveva preso una pessima piega. La giornalista del Foglio e di Chora Media è finita in un complicato intreccio internazionale, utilizzata come arma di ritorsione dopo l'arresto in Italia, su richiesta degli Stati Uniti, dell'ingegnere iraniano Mohammad Abedini Najafabadi.
Le prossime ore, e i prossimi giorni, aiuteranno a capire quale siano stati gli accordi presi per arrivare alla svolta di oggi, e quali saranno le conseguenze che ne deriveranno, ma c'è un elemento che è già chiaro: la sequenza dei fatti di queste settimane pesa più di qualsiasi opinione. Si possono discutere le scelte strategiche, le modalità e le procedure che sono state adottate, ma non ci sono dubbi sul risultato finale. La premier Giorgia Meloni, il suo governo, i servizi segreti italiani e la macchina diplomatica che è stata attivata sono riusciti a centrare l'unico obiettivo possibile: riportare a casa, più rapidamente possibile, la giornalista.
Il passaggio chiave è stato evidentemente il viaggio lampo di Meloni in Florida, a Mar a Lago, per incontrare Donald Trump. E' servito a creare le condizioni per un sostanziale via libera alla trattativa con Teheran e a rendere ancora più forte l'asse tra Roma e Washington, a pochi giorni dall'insediamento alla Casa Bianca del nuovo Presidente degli Stati Uniti. Un contatto diretto, faccia a faccia, ritenuto indispensabile per sbloccare una situazione complicata dalla richiesta di estradizione di Abedini e dalle decisioni ritenute necessarie per convincere l'Iran a liberare Sala.
Ci saranno delle conseguenze? Gli Stati Uniti avranno un credito da spendere con l'Italia? Tutto lascia presumere di sì. Quale peso hanno avuto le indiscrezioni sul contratto con Starlink, smentite dal governo almeno nella dimensione di causa ed effetto con l'affaire Sala, e il rapporto con Elon Musk? Andranno verificate e ponderate le prossime mosse, soprattutto in una chiave strategica di più ampio respiro. Ma oggi c'è un innegabile e tangibile risultato da rivendicare: Cecilia Sala è tornata libera grazie al lavoro fatto, su tutti i tavoli disponibili, da chi poteva e doveva farlo: Giorgia Meloni e tutte le altre personalità istituzionali coinvolte. (Di Fabio Insenga)