Arrestato Bonalumi, ricercato dal 2021: era tra latitanti più pericolosi
La polizia arresta il 65enne a Roma, deve scontare 13 anni e 4 mesi
La polizia di Stato oggi 6 gennaio, nel tardo pomeriggio a Roma, a conclusione delle indagini coordinate dalla Procura distrettuale di Bari ha arrestato Olinto Bonalumi, 65 anni e dal 2022 inserito nell'elenco dei latitanti pericolosi del ministero dell'Interno: su di lui pendeva un ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale presso la Corte di Appello di Ancona. Bonalumi deve scontare una pena di 13 anni, 4 mesi e 11 giorni di reclusione per i reati di concussione, accesso abusivo a sistemi informatici, intercettazione fraudolenta di conversazioni, furto e rapina.
Latitante dal 2021, è stato protagonista in passato di gravi reati contro il patrimonio tra cui diversi furti presso caveau di Istituti di vigilanza. Bonalumi risulta anche collegato alle organizzazioni mafiose foggiane della cosiddetta 'Società foggiana'.
Il latitante è stato individuato e bloccato a Roma in viale Europa (zona Eur) dagli uomini della Sisco di Bari e della Squadra Mobile di Foggia, con il supporto operativo dello Sco e della Sisco della Squadra Mobile di Roma. Le sue ricerche nella capitale si erano concentrate nei giorni scorsi.
Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha espresso al capo della Polizia Vittorio Pisani il suo compiacimento per la cattura del latitante. "I risultati ottenuti dimostrano l’efficacia del lavoro e dell’impegno paziente ed incessante di chi opera per garantire la sicurezza del nostro Paese. È un segnale forte e chiaro: lo Stato è presente dovunque ci sia da combattere criminalità ed illegalità", ha dichiarato Piantedosi.
"A tutte le donne e gli uomini delle forze dell’ordine va il mio ringraziamento per la professionalità e il senso del dovere dimostrati", ha concluso il ministro.
Cronaca
Neonato trovato morto a Bari: emergono ipotesi di ipotermia...
BARI – Proseguono le indagini sulla tragica vicenda del neonato trovato senza vita nella culla termica della chiesa di San Giovanni Battista a Bari, nella mattinata del 2 gennaio. Secondo i primi risultati dell’autopsia, il decesso potrebbe essere stato causato da ipotermia.
I risultati preliminari dell’esame autoptico
L’autopsia, eseguita presso l’Istituto di Medicina Legale del Policlinico di Bari, ha fornito un primo quadro delle possibili cause della morte. Il piccolo, che secondo le analisi avrebbe meno di un mese di vita, potrebbe essere deceduto a causa di una prolungata esposizione a basse temperature. A condurre l’esame è stato il professor Biagio Solarino, esperto in Medicina Legale, che ha avviato ulteriori accertamenti per confermare la diagnosi e comprendere l’esatta dinamica dell’evento.
L’inchiesta della Procura
La Procura di Bari ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, focalizzando l’attenzione su due figure: il parroco della chiesa, don Antonio Ruccia, e il tecnico responsabile dell’installazione della culla termica nel 2014. Gli inquirenti stanno esaminando se vi siano state eventuali negligenze nella manutenzione o nel funzionamento del dispositivo, progettato per garantire la sicurezza e la protezione di neonati abbandonati.
Le culle termiche, introdotte in molte città italiane per offrire un’alternativa sicura agli abbandoni, sono concepite per mantenere una temperatura stabile e proteggere i neonati lasciati al loro interno. L’episodio di Bari solleva interrogativi sull’efficacia di questi dispositivi e sulla necessità di controlli periodici per verificarne il corretto funzionamento.
Prossimi sviluppi
Le autorità attendono ulteriori esiti degli esami di laboratorio per chiarire definitivamente le cause del decesso. Nel frattempo, la comunità locale rimane scossa dall’accaduto, mentre emergono dibattiti sulla gestione delle strutture dedicate alla tutela dei neonati.
Questo tragico evento mette in evidenza l’importanza di una vigilanza costante e di protocolli chiari per prevenire episodi simili in futuro.
Cronaca
Emergenza incendi a Los Angeles: autorità dichiarano...
Le autorità della Contea di Los Angeles hanno lanciato un avvertimento drammatico: tutti i residenti dell’area sono in pericolo a causa degli incendi che continuano a crescere senza controllo. Il capo dei vigili del fuoco della contea, Anthony C. Marrone, ha dichiarato che al momento gli incendi sono “allo 0% del contenimento”, rendendo la situazione estremamente critica.
Venti forti aggravano la crisi
Secondo il Servizio Meteorologico Nazionale, le condizioni meteo non offrono tregua. I venti forti che stanno interessando la regione continueranno nelle prossime ore, alimentando ulteriormente le fiamme e rendendo ancora più complesso il lavoro delle squadre di soccorso. Questa combinazione di fattori, ha sottolineato Marrone, rappresenta un rischio concreto e immediato per l’intera popolazione della contea.
Intervento delle autorità
Le squadre dei vigili del fuoco sono impegnate 24 ore su 24 nel tentativo di arginare la propagazione degli incendi, ma le condizioni avverse stanno ostacolando ogni sforzo. Le autorità locali stanno coordinando le operazioni di emergenza e monitorando attentamente l’evoluzione della situazione per valutare eventuali evacuazioni di massa.
Raccomandazioni per i cittadini
Nel frattempo, i residenti sono stati invitati a rimanere vigili e a seguire le indicazioni delle autorità. È stato inoltre consigliato di preparare un piano di emergenza familiare, tenere pronte le borse di evacuazione e monitorare costantemente i canali ufficiali per eventuali aggiornamenti.
Una crisi senza precedenti
Questa situazione di emergenza mette in evidenza le sfide crescenti legate alla gestione degli incendi in California, un problema aggravato dal cambiamento climatico e dall’espansione urbana. Gli esperti sottolineano che eventi come questo potrebbero diventare sempre più frequenti, richiedendo un approccio ancora più strategico e coordinato per proteggere vite umane e beni.
Le prossime ore saranno decisive per determinare l’evoluzione di questa crisi, con le squadre di soccorso che continuano a lottare contro le fiamme in condizioni estremamente difficili.
Cronaca
Caso Ramy, procura Milano valuta omicidio volontario per...
L'ipotesi dopo aver attentamente valutato il video dell'inseguimento, lungo otto chilometri, nel quartiere Corvetto
La procura di Milano valuta di poter contestare l'ipotesi di omicidio volontario con dolo eventuale per l'incidente che è costato la vita a Ramy Elgaml, morto la notte del 24 novembre scorso, in via Quaranta all’angolo con via Ripamonti, nel quartiere Corvetto, mentre veniva inseguito da tre auto dei carabinieri. Un'ipotesi che arriva dopo aver attentamente valutato il video dell'inseguimento, lungo otto chilometri e a tratti contromano, le cui immagini sono state diffuse ieri al Tg3.
Al momento sono tre i carabinieri indagati, sui sei intervenuti: il vicebrigadiere alla guida è indagato per omicidio stradale, altri due militari invece sono indagati per falso e depistaggio.
Si tratta, al momento, di un'ipotesi di scuola. La gazzella che sperona lo scooter, l'incitamento dei militari via radio a 'stringere' il mezzo a due ruote guidato da Fares Bouzidi, ventiduenne amico della vittima, e gli ultimi metri in cui auto dei carabinieri e il T Max viaggiano allineati prima di abbattere un semaforo e fermarsi potrebbero far scattare l'ipotesi di omicidio volontario con dolo eventuale. La fattispecie sussiste quando chi agisce, pur di realizzare un determinato risultato, accetta che le conseguenze della sua condotta possano produrre (anche) un altro e diverso risultato non direttamente voluto.
I video delle telecamere, tra cui una installata su una gazzella, i messaggi audio che si scambiano i militari potrebbero dunque aggravare la posizione, di tutti o di alcuni, degli uomini dell'Arma intervenuti la notte del 24 novembre.
L'inchiesta, coordinata dal procuratore Marcello Viola e dai pm Marco Cirigliano e Giancarla Serafini, potrebbe dunque vedere - a stretto giro - un aumento del numero degli indagati e delle accuse. In tutto sono quattro gli indagati per l'incidente: il ventiduenne e il carabiniere rispettivamente alla guida dello scooter e della gazzella devono rispondere di omicidio stradale, altri due militari invece sono indagati per favoreggiamento e depistaggio per aver fatto cancellare un video, girato con il cellulare, a un testimone nella fase finale dello scontro.
Le reazioni
Il video delle telecamere di videosorveglianza dell'incidente, che ha portato alla morte, lo scorso 24 novembre nel quartiere Corvetto di Milano, del giovane, ha suscitato un'ondata di polemiche. Anche perché, nel servizio, oltre all’incidente e all'impatto, si sentono alcune frasi dei carabinieri.
In una lettera inviata al comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Salvatore Luongo, Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, è perentoria: "C’è chi non merita di indossare la divisa". “Oggi ho visto le terribili immagini trasmesse dal tg che documentano gli ultimi istanti della folle corsa dello scooter da lui condotto verso la morte. Di fronte ad esse io non posso e non voglio trarre sentenza perché ritengo che questo sia compito della Magistratura e certo non mio. Lo lascio fare ad altri che, pur essendo Ministri della Repubblica, cedono alle lusinghe di una facile ed ‘ignorante’ propaganda - scrive la senatrice di Avs - Io Le chiedo scusa se mi permetto, ma, come cittadina, Le chiedo la sospensione e conseguente destituzione dei carabinieri che hanno messo negli atti ufficiali una ricostruzione dell’accaduto che mi pare proprio incompatibile con quanto documentato dalle immagini”, scrive la senatrice di Avs.
Gli fa eco il vicecapogruppo di Avs alla Camera, Marco Grimaldi che parla di "frasi shock negli audio della dashcam delle gazzelle dei carabinieri che inseguivano Ramy Elgaml. Scene che ricordano le pagine più buie della cronaca statunitense. Con la famiglia di Ramy, chiediamo verità e giustizia sulla morte insensata di un ragazzino diciannovenne, siamo certi che anche il ministro della Difesa Crosetto non sottovaluti la gravità dell’episodio, aspettiamo una sua presa di posizione".
"Non possiamo restare in silenzio davanti alle inquietanti immagini e alle parole degli agenti durante l’inseguimento di Milano al temine del quale ha perso la vita Ramy Elgam. Bisogna fare piena luce su questi fatti per far emergere eventuali abusi che nulla hanno a che vedere con la giustizia e la sicurezza dei cittadini. Soprattutto va condannato il clima securitario avvelenato da anni di propaganda che divide e criminalizza, che spinge le forze dell’ordine a inseguire due ragazzini come fossero latitanti mafiosi, fino a speronarli", scrive sui suoi canali social il segretario di +Europa, Riccardo Magi.
Dalla maggioranza prende posizione Riccardo De Corato, deputato di Fratelli d’Italia e vice presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera. "Il fatto che un giovanissimo ragazzo perda la vita è sempre un dispiacere. In questo caso, però, ricordo che la morte è avvenuta dopo che i due ragazzi sul T-max hanno forzato un posto di blocco delle Forze dell’Ordine e, peraltro, Ramy, nel momento della caduta era pure senza casco! L’Arma, quindi, ha fatto il proprio encomiabile dovere nei confronti di chi non rispetta la legge, come in questo caso, dove non è stato rispettato un alt da parte dei Carabinieri".
Parla invece di "linciaggio mediatico indecente" Silvia Sardone, eurodeputata e consigliere comunale della Lega. "È partita l'ennesima ondata di accuse, sostenute dalla sinistra e da alcuni commentatori, che parlano di omicidio volontario, speronamento, intenzione di causare la caduta. Il nuovo video dimostra che nella fase finale dell'inseguimento non c'è stato alcun speronamento, come già confermato dall'analisi della Polizia Locale. Quanto alle frasi sentite nell'audio, è evidente che derivano dalla tensione di un'operazione complessa e pericolosa nelle strade di Milano", scrive in una nota.