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Partite IVA, il 16 gennaio per le “minori” si paga il secondo acconto

Per le partite IVA minori è in arrivo l’appuntamento con il secondo acconto delle imposte. Si paga il 16 gennaio 2025, in un’unica soluzione o in un massimo di cinque rate

Partite IVA, il 16 gennaio per le “minori” si paga il secondo acconto

Partite IVA alla cassa per il secondo acconto delle imposte sui redditi.

Dall’IRPEF, fino alla flat tax per i forfettari, il 16 gennaio è in calendario la scadenza per imprese e lavoratori autonomi con ricavi o compensi, relativi al 2023, non superiori a 170.000 euro.

Si tratta dell’appuntamento previsto in sede di conversione del DL Fiscale 2025, per effetto della misura che ha consentito ai contribuenti di minori dimensioni di rinviare il pagamento dell’acconto di novembre.

Il versamento dovuto potrà essere spalmato in un massimo di cinque rate, dal 16 gennaio al 16 maggio.

Partite IVA, chi paga il secondo acconto il 16 gennaio 2025

Sono le persone fisiche titolari di partita IVA a dover appuntare in calendario il primo importante appuntamento con il Fisco del nuovo anno.

Il rinvio del secondo acconto delle imposte, dovuto in via ordinaria entro il 30 novembre, ha interessato lavoratori autonomi e ditte individuali che per il periodo d’imposta 2023 hanno dichiarato un ammontare di ricavi o compensi non superiori alla soglia di 170.000 euro, valore da considerare in relazione al volume d’affari per i titolari di reddito agrario.

La scadenza del 16 gennaio interessa inoltre i titolari di imprese familiari o aziende coniugali non gestite in forma societaria, mentre restano esclusi i soci di società di persone o capitali non titolari di propria partita IVA, così come i soggetti diversi dalle persone fisiche.

Secondo acconto in un’unica soluzione o a rate da gennaio a maggio

La novità introdotta nell’ambito dei lavori per la conversione in legge del decreto n. 155/2024 non ha interessato solo il termine di scadenza, ma anche le modalità di pagamento del secondo acconto.

Se in linea generale il secondo acconto si versa in un’unica soluzione, entro il 30 novembre, per le partite IVA minori è stata concessa la possibilità di rateizzazione, in un massimo di cinque quote.

I soggetti chiamati alla cassa ormai a stretto giro potranno quindi scegliere se versare l’intero ammontare dovuto entro il 16 gennaio 2025, oppure dilazionare i pagamenti fino a 5 rate.

In caso di rateizzazione, bisognerà pagare entro il 16 di ciascun mese, a partire da gennaio e ad ultimo entro il mese di maggio, e sulle rate successive alla prima si applicheranno gli interessi nella misura del 4% annuo.

Cosa si paga: IRPEF e flat tax in focus, esclusi i contributi

Dal punto di vista delle somme dovute, è bene evidenziare che l’appuntamento interessa le quote dovute a titolo di secondo acconto per l’IRPEF, così come per le imposte sostitutive e l’IRAP.

Entro il 16 gennaio 2025 andranno quindi pagate le imposte emerse dalla dichiarazione dei redditi 2025, compresa la flat tax dovuta dai forfettari.

Le uniche somme espressamente escluse dal rinvio sono i contributi previdenziali e assistenziali e i premi assicurativi INAIL: l’appuntamento era fissato al 30 novembre scorso, senza proroghe o possibilità di dilazione a prescindere dalla propria condizione soggettiva.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Economia

Tokyo, avvio in ribasso per il Nikkei: pesano retribuzioni...

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La Borsa di Tokyo ha aperto la sessione odierna in territorio negativo, registrando un calo dello 0,25% sull’indice di riferimento Nikkei. Il listino nipponico ha iniziato gli scambi a quota 39.506,83 punti, segnando una perdita di 98 punti rispetto alla chiusura precedente. Questo andamento riflette le preoccupazioni legate ai recenti dati sulle retribuzioni in Giappone, unitamente a una chiusura mista registrata ieri dai mercati azionari statunitensi.

Dati sulle retribuzioni e impatto sul mercato

I dati diffusi sulle retribuzioni dei lavoratori giapponesi mostrano un calo, sebbene inferiore alle aspettative degli analisti. La dinamica negativa delle retribuzioni contribuisce a mantenere un clima di incertezza tra gli investitori, alimentando timori legati alla spesa dei consumatori e alla crescita economica complessiva del Paese. Questo scenario si inserisce in un contesto già caratterizzato da pressioni macroeconomiche globali, che continuano a influenzare il sentiment dei mercati asiatici.

Il ruolo dello yen nel quadro attuale

Sul fronte valutario, lo yen ha mostrato un rafforzamento nei confronti delle principali valute. In particolare, la valuta giapponese si è rivalutata rispetto al dollaro, portandosi a un valore di poco superiore a 158, e nei confronti dell’euro, attestandosi a quota 162,70. La forza dello yen potrebbe rappresentare un ulteriore elemento di pressione per le aziende esportatrici giapponesi, che vedono ridotta la competitività dei propri prodotti sui mercati internazionali.

Chiusura mista a Wall Street

A influire sull’andamento della piazza giapponese sono stati anche i segnali contrastanti provenienti da Wall Street. La chiusura mista del mercato azionario statunitense ha contribuito a generare incertezza tra gli investitori, riflettendosi in un avvio prudente per il mercato di Tokyo. I mercati globali rimangono attenti alle dinamiche inflazionistiche e alle prospettive di politica monetaria da parte delle principali banche centrali.

L’andamento odierno della Borsa di Tokyo evidenzia dunque un equilibrio precario tra fattori interni, come l’evoluzione delle retribuzioni e la forza dello yen, e dinamiche esterne, legate al contesto economico globale. Gli investitori continueranno a monitorare con attenzione i dati economici e gli sviluppi dei mercati internazionali per orientare le proprie strategie.

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Economia

Spread Btp-Bund in aumento: apertura a 115,2 punti base

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Spread Btp-Bund in aumento: apertura a 115,2 punti base

Rendimento dei titoli di Stato italiani in crescita al 3,72%

Lo spread tra i titoli di Stato italiani (Btp) e i Bund tedeschi ha registrato un incremento all’apertura dei mercati, attestandosi a 115,2 punti base. Si tratta di un aumento rispetto alla chiusura del giorno precedente, quando il differenziale si era fermato a quota 114,7.

Il rendimento del Btp decennale italiano è salito al 3,72%, segnando una tendenza al rialzo. Parallelamente, il rendimento del Bund tedesco di pari durata si è stabilizzato al 2,57%. Questi dati riflettono una dinamica che continua a mantenere sotto osservazione gli sviluppi nel mercato obbligazionario europeo.

L’andamento dello spread è considerato un indicatore chiave per valutare la percezione del rischio associato ai titoli di Stato italiani rispetto ai benchmark tedeschi, ritenuti tra i più sicuri del panorama europeo. Incrementi dello spread possono indicare una maggiore incertezza da parte degli investitori riguardo alla stabilità economica o politica del Paese.

Analisi di mercato

L’aumento del rendimento dei titoli italiani, accompagnato dalla stabilità dei Bund tedeschi, può essere interpretato come un segnale di divergenza nella percezione del rischio tra i due Paesi. In generale, movimenti significativi dello spread possono influenzare i costi di finanziamento per il governo italiano e, di conseguenza, l’economia complessiva.

Gli analisti continueranno a monitorare attentamente l’evoluzione di questi indicatori nei prossimi giorni, cercando di comprendere se il rialzo dello spread sia legato a fattori specifici, come notizie economiche o politiche, o a dinamiche di mercato più ampie.

Contesto europeo

Nel panorama dei mercati europei, i rendimenti obbligazionari rappresentano una componente cruciale per le decisioni di investimento. Il Bund tedesco, considerato un rifugio sicuro, viene spesso utilizzato come parametro di confronto per valutare i titoli di altri Paesi dell’Eurozona, come l’Italia.

L’andamento odierno conferma la centralità del mercato obbligazionario come termometro della fiducia degli investitori, in un contesto economico europeo che resta caratterizzato da molteplici sfide.

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Economia

Ex Ilva, è l’ora della verità: oggi le offerte sul...

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Alla mezzanotte del 10 gennaio scadono i termini per presentare le proposte vincolanti

L'ex Ilva  - Fotogramma

Per l'ex Ilva è l'ora della verità. Scadono infatti alla mezzanotte di oggi, 10 gennaio, i termini per la presentazione delle offerte di acquisto di Acciaierie d’Italia. Le buste con le offerte vincolanti - quante naturalmente ancora non si sa - arriveranno quindi sul tavolo dei Commissari straordinari.

Dopo la proroga, arrivata a ridosso della scadenza originaria del 30 novembre, ulteriori allungamenti dei tempi non sono previsti ma l’iter si prospetta comunque piuttosto lungo, tant’è che nel decreto milleproroghe il prestito ponte è stato aumentato di 100 milioni, passando da 320 a 420 milioni, proprio per dare più respiro – più tempo – all’azienda, stretta nella morsa di una produzione ancora al palo.

Cosa succede dopo l'apertura delle buste

Una volta aperte le buste, i Commissari dovranno valutare la congruità ‘tecnica’ delle proposte. Un lavoro abbastanza articolato, che non esclude la possibilità, per i player in corsa, di intervenire sulle stesse proposte: rilanciare, migliorare i piani presentati, fare una cordata tra soggetti interessati. Insomma, una trattativa. Individuata la soluzione migliore tra quelle prospettate, gli stessi Commissari invieranno gli incartamenti al ministero delle imprese e del Made in Italy, perché il governo possa fare la sua valutazione e prendere le proprie decisioni, anche ricorrendo – come affermato dallo stesso ministro, Adolfo Urso – al golden power, per blindare il destino industriale del gruppo con una serie di paletti su investimenti, occupazione e obiettivi di decarbonizzazione, che il compratore dovrà rispettare.

I possibili compratori

Ma chi sarà questo compratore? Da mesi le indiscrezioni propongono sempre gli stessi nomi: Vulcan Steel, Stelco, Metinvest, alcuni italiani – tra questi la famiglia d’acciaio, i Marcegaglia – e, da non molto, gli azeri di Baku Steel. Non tutti però sembrerebbero intenzionati a prendere l’intero pacchetto Ilva, come vorrebbero invece i sindacati, da sempre avversi alla cosiddetta ‘ipotesi spezzatino’, di vendere cioè i siti separatamente.

Gli ucraini dell’Azovstal hanno da poco investito due miliardi per il rilancio di Piombino, e non è escluso che, con la vittoria di Trump alla Casa Bianca e un cambio di rotta degli Usa nel sostegno militare a Kiev contro l’invasione Russa, possano trovarsi prima del previsto a dover gestire la fase della ricostruzione post-bellica in Ucraina. Uno scenario che quindi li collocherebbe fuori dai giochi, insieme agli americani che, secondo voci di corridoio, si sarebbero già sfilati dalla partita. Occhi puntati sull’azienda-sorella di Jindal, quindi, a cui però sono aggiunti, in corsa, anche gli azeri.

Il destino dei lavoratori

Intanto gli stabilimenti galleggiano. In cassa integrazione ci sono quasi 3mila lavoratori, oltre 2mila soltanto a Taranto. Ci rimarranno sicuramente fino alla fine del 2025, in virtù di una specifica norma inserita nell’ultima finanziaria che proroga per tutto il nuovo anno l’uso dell’ammortizzatore sociale. Dopodiché, il calo della cassa è legato alla ripartenza degli altiforni e al rilancio produttivo. Ma i livelli, nonostante l’iniezione di liquidità e la partenza dell’altoforno 1, sono rimasti quasi raso terra: la quota giornaliera viaggia sulle circa 9mila tonnellate al giorno, per un 'record' negativo di 2 milioni di tonnellate a fine anno (a pieno regime l’ex Ilva sfiorava gli 8 milioni di tonnellate l’anno). Nel mentre, Acciaierie d’Italia e Ilva in As hanno siglato con Dri d’Italia un 'memorandum of understanding' per la realizzazione di un impianto di riduzione diretta da 2,5 milioni di tonnellate all'anno nello stabilimento di Taranto. (di Martina Regis)

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