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Caso Pamela, zio e legale: “Unicum anche giudiziario, no margini su ricorso Oseghale”
L'avvocato Marco Valerio Verni, 'per la madre e i familiari tutti è un calvario che si prolunga'
"Questa è una storia unica sotto tutti i punti di vista: dalla catena di episodi davvero sfortunati, per utilizzare un eufemismo, che hanno condotto Pamela, una volta allontanatasi dalla comunità a doppia diagnosi dove era ricoverata (su cui pure ci siamo posti tanti interrogativi), a trovare sul suo cammino persone che, evidentemente, invece di aiutarla come si doveva, hanno pensato ad altro, trovando terreno fertile nelle sue condizioni di bisogno e di minorata difesa, fino all'incontro con il suo carnefice che, come noto, ha commesso una serie efferata di crimini che, per le loro modalità di esecuzione, sono state definite, processualmente, un unicum nella storia della criminologia mondiale degli ultimi cinquanta anni". Lo afferma all'Adnkronos Marco Valerio Verni, legale della famiglia e zio di Pamela Mastropietro, la 18enne romana che si allontanò da una comunità di Corridonia (Macerata) e i resti della quale furono ritrovati chiusi in due trolley il 30 gennaio 2018, in vista della nuova udienza in Cassazione, giovedì 16 gennaio, in seguito a un ricorso straordinario presentato dalla difesa di Innocent Oseghale, condannato in via definitiva per il massacro, perché venga rimessa in discussione l'accusa di violenza sessuale e sia rivista quindi la pena dell'ergastolo.
"Fino, ancora, alla stessa vicenda giudiziaria, con tre gradi di giudizio nel merito, due di Cassazione e ora un altro, straordinario, sempre presso la Suprema Corte - continua l'avvocato Verni - Una storia rara anche sotto questo punto di vista". "Per la madre e i familiari tutti, un calvario che si prolunga, come ben si può immaginare - sottolinea - Continuiamo, naturalmente, ad avere fiducia nella giustizia, sebbene, per altri aspetti, certi provvedimenti ci abbiano lasciato un po' amareggiati. Nel caso di specie riteniamo che non ci siano margini per poter accogliere le doglianze della difesa di Oseghale". "Ad ogni modo - conclude lo zio di Pamela - il dolore si può anche trasformare in energia e, per questo, anche noi torneremo su alcuni aspetti rimasti, a nostro modo di vedere, molto dubbiosi, con rinnovata determinazione".
Cronaca
Addio a Luigi Molon, nel suo cimitero la gallina del Duce e...
Il proprietario di 'Casa Rosa' a Roma aveva 76 anni
E' morto a Roma, Luigi Molon, 76enne proprietario di Casa Rosa, il cimitero degli animali del Portuense, nato per iniziativa del padre Antonio, già veterinario del Duce, che nel suo cimitero, alla periferia della capitale diede sepoltura anche alla gallina dei figli di Mussolini, nel lontano 1923. 'Mino', questo il nome con cui era conosciuto Molon dagli amici e dai familiari "era un uomo buono, pronto ad essere presente alle difficoltà altrui nonostante le sue difficoltà di salute, ma pronto anche alla battuta, ad una barzelletta alla risata", ha ricordato sui social la sorella Lisetta, dando notizia della sua scomparsa. Alla fine dello scorso ottobre lo stesso Molon, conversando con l'AdnKronos, aveva ricordato, con soddisfazione, come il suo fosse l’unico cimitero italiano autorizzato alla sepoltura degli animali, con tanto di nome e lapide. Nella struttura di Luigi, anche lui veterinario come il padre, sono presenti un migliaio di spoglie degli amati quattro zampe. Ora bisognerà capire cosa ne sarà di questo posto che Molon aveva preservato e continuato a gestire negli anni, con tanta passione e tanta fatica. Oggi il telefono suona a vuoto, nessuna risposta per chi cerca notizie.
A rivolgersi ai 'servizi funebri' dello scomparso Molon, negli anni sono stati in tanti: attori, politici, personaggi pubblici. Anna Magnani ha accompagnato qui i suoi gatti, Peppino De Filippo ci portò il suo Fido, Brigitte Bardot lo scelse per uno dei suoi tantissimi amici a quattro zampe, Michelle, che riposa al Portuense con tanto di lapide, come altri felini e tanti cani. Tutti 'omaggiati' con data di nascita e di morte sul marmo, alcuni con foto, altri con una frase di eterno affetto, in un campo pieno di verde e di ricordi che attraversano l'ultimo secolo e raccontano tante storie del nostro paese. "Negli ultimi dieci anni è stato un boom di politici che sono arrivati per poter dare sepoltura a cani e gatti", aveva raccontato Molon. "C’è un parlamentare che ha fatto seppellire 22 tra cani e gatti, un altro ne ha poi quattro…". La prima sepoltura fu però, come ricordato, pre-repubblicana, di regime: "Nel ’23 - era il racconto di Molon - mio padre Antonio, che era il veterinario di Mussolini, si occupò di tumulare la gallina del Duce, con cui giocavano i figli Romano, Vittorio e Bruno".
Sempre a Casa Rosa, riposano in eterno i cani di Casa Savoia. Poi non mancarono i presidenti della Repubblica, come Leone e Pertini: il primo lasciò qui gli amati gatti, l’ex partigiano invece il suo barboncino gigante di nome Trick. A Casa Rosa vennero tumulati anche altri animali, meno mansueti. "Un cliente mi ha portato un leone, un altro una tigre, ma almeno era cucciola, mentre il leone non so proprio come poteva averlo a casa…", aveva ricordato Molon.
Cronaca
Cecilia Sala: “Io fortunatissima, liberazione così...
La giornalista ospite di 'Che tempo che fa' parla della detenzione in Iran: "Lì solo 21 giorni, non me lo sarei mai aspettato"
"Sono stata fortunatissima a stare lì solo 21 giorni, non me lo sarei mai aspettata mentre ero in carcere". Cecilia Sala, la giornalista liberata dopo 21 giorni di detenzione in Iran lo scorso 8 gennaio, ospite di 'Che Tempo Che Fa', in onda sul Nove parla della prigionia in Iran e parla di quella del governo italiano come di "un'operazione per liberare un ostaggio preso in Iran più rapida dagli anni Ottanta".
Grazie alla brevità della detenzione "il recupero è più rapido rispetto ad altre persone che sono rimaste lì centinaia di giorni - afferma - . Ora, aiutata, riesco a dormire". "Seguo l'Iran da giornalista e quindi conoscevo gli altri casi", sottolinea.
Interrogata incappucciata e faccia al muro
La prigionia comunque è stata dura. "Gli interrogatori avvenivano ogni giorno, per 15 giorni, incappucciata. Sei sempre solo anche quando non sei solo, quando qualcuno ti interroga sei incappucciato, faccia al muro. Il giorno prima della mia liberazione, annunciata alle 9 di mattina dell'8 gennaio, mi hanno interrogato per dieci ore: mi interrogava sempre la stessa persona".
"Non sapevo nulla di ciò che accadeva fuori - ha raccontato la giornalista romana - Nella prima telefonata potevo dire di essere stata arrestata e di non essere stata ferita. Poi le telefonate sono diventate un po' più lunghe e riuscivo a passare delle informazioni a Daniele tramite un linguaggio in codice, nonostante la regola 'non puoi parlare del tuo caso e della prigione'".
"Ho passato il tempo a leggere gli ingredienti sulle buste"
"La prima sera - racconta ancora Cecila Sala - avevo chiesto il Corano in inglese perché pensavo fosse un libro che in un carcere di massima sicurezza dell'Iran non mi potessero negare e invece mi è stato negato. Ho passato il tempo a contarmi le dita, a leggere gli ingredienti sulle buste".
"I rumori che arrivavo dal corridoio spesso erano strazianti: vomito, pianti a volte tentativi di farsi del male. L'isolamento, una condizione in cui si trovano ancora tantissime iraniane, che non hanno la fortuna che ho io di avere un Paese alle spalle che ti protegge".
"La telefonata - aggiunge - che ha fatto capire alla mia famiglia come stessi è stata quella in cui ho detto a Daniele di avere paura per la mia testa, di aver paura di perdere il controllo dei nervi".
"Nessuno della mia famiglia ha parlato con Musk"
"Nessuno della mia famiglia, né il mio compagno Daniele Raineri ha mai parlato con Elon Musk. Ma Daniele ha contattato il referente in Italia Andrea Stroppa e l’unica risposta che ha avuto su Elon Musk è stata: 'informato'", chiarisce poi Sala.
Cronaca
Mareamico: “Dopo mareggiate a rischio crollo strada...
"Dopo le mareggiate dell’ultimo weekend sono nuovamente a rischio crollo la pista ciclabile e la strada del viale delle dune a San Leone", nell'agrigentino. E' la denuncia dell'associazione Mareamico di Agrigento. "L’erosione continua inesorabilmente a martellare le nostre coste e mettere a serio pericolo anche le infrastrutture viarie- dice Mareamico -Gli interventi a rimedio sono di esclusiva competenza della Regione Sicilia che, a quanto è dato a sapere, ha già pronto un progetto per cercare di rallentare il processo erosivo e salvare le nostre coste. Ma bisogna intervenire subito!".