Il debito supera i 3000 miliardi, Bankitalia spiega cosa significa
Il nuovo record va letto in rapporto al pil, ricorda via Nazionale, comunicando il dato. E aggiunge: "Conta la capacità del Paese di fare fronte"
Nuovo record per il debito pubblico, che sale oltre quota 3000 miliardi, per la precisione a 3005,2, in aumento a novembre di 23,9 mld. Il dato fornito da Bankitalia si aggiunge alla sequenza pressoché costante di rialzi mensili e le associazioni dei consumatori, puntualmente, evidenziano quale sia il peso ricorrendo a un'operazione grossolana ma significativa: un debito pro capite sarebbe di oltre 50 mila euro, 50.944 euro, a italiano, costituendo "una zavorra per le future generazioni".
La stessa Bankitalia spiega anche come va letto il dato. Via Nazionale ricorda che "il debito pubblico in termini nominali presenta variazioni del suo valore da un mese all’altro solitamente al rialzo nel corso dell’anno", mentre "le riduzioni sono più rare, di solito in mesi dove si concentrano le principali scadenze tributarie". Dal punto di vista economico, sottolinea Via Nazionale, "nel valutare lo stato di salute delle finanze pubbliche di un paese non conta tanto il debito pubblico in termini nominali, quanto il suo andamento in relazione alla capacità del paese di fare fronte ad esso. In Italia nel triennio post-pandemico 2021-23 il debito nominale è aumentato di quasi 292 miliardi; in rapporto al pil è sceso di oltre 19 punti percentuali".
Mettendo da parte i tecnicismi e anche la composizione del debito pubblico, è importante evidenziare cosa comporta la puntualizzazione che mette nero su bianco la Banca d'Italia nella sua pubblicazione 'Finanza pubblica: fabbisogno e debito'. Cosa vuol dire considerare l'andamento del debito in relazione alla capacità del paese di fare fronte ad esso? Prima di tutto che è necessario crescere di più per contenere l’aumento del debito, perché conta il dato del debito in rapporto al pil e perché la crescita 'neutralizza' parte del debito prodotto. Il Governatore Fabio Panetta, nel suo intervento al Meeting di Rimini di questa estate spiegava: "Il problema cruciale rimane la riduzione del debito pubblico in rapporto al prodotto".
Va considerato che un debito troppo alto penalizza tutto il resto dell'economia. Lo stesso Panetta, evidenziava in quella occasione come "un debito elevato rende più onerosi i finanziamenti alle imprese, frenandone la competitività e l’incentivo a investire; espone l’economia italiana ai movimenti erratici dei mercati finanziari. Sottrae risorse alle politiche anticicliche, agli interventi sociali e alle misure in favore dello sviluppo". L’Italia, ricordava, "è l’unico paese dell’area dell’euro in cui la spesa pubblica per interessi sul debito è pressoché equivalente a quella per l’istruzione".
E' un paragone efficace, che serve a introdurre l'altro tema centrale, ovvero a cosa serve il debito che viene prodotto. Torna utile, in questo senso la distinzione tra debito 'buono' e debito 'cattivo' cui ricorreva spesso Mario Draghi quando era premier: “Il debito buono è quando si danno risorse a una società, in modo che questa riesca a fare riforme tali da diventare autonoma, e iniziare a volare con le proprie ali. Il debito cattivo è fatto di quei sussidi che vengono erogati senza che ci sia un piano industriale“.
Queste parole aiutano ad arrivare alla conclusione: il debito record, sopra 3000 miliardi, non può essere una buona notizia, comunque lo si legga; è indispensabile proseguire nella riduzione del rapporto debito/pil e, soprattutto, serve una politica economica che sia in grado di fare fronte al peso del debito che si continua ad accumulare mese dopo mese. (Di Fabio Insenga)
Economia
Alimenti, Cittadinanzattiva: “Al via progetto per...
Una consultazione civica nazionale per definire il punto divista dei consumatori.
Aumentare la consapevolezza dei consumatori relativamente ai temi dell’alimentazione sostenibile, dell’importanza delle filiere sostenibili e circolari, della corretta informazione, della sicurezza alimentare e della lotta agli sprechi. Fare leva sul cambiamento prima individuale e poi collettivo per contribuire alla promozione di modelli di produzione e consumo socialmente, economicamente e ambientalmente sostenibili: questi gli obiettivi della seconda edizione di “Nutrizione sostenibile e lotta agli sprechi”, il progetto di Cittadinanzattiva lanciato oggi in un evento dedicato nel contesto della fiera “MARCA 2025” a Bologna e realizzato in collaborazione con il Centro di Ricerca EngageMinds HUB dell'Università Cattolica e il supporto non condizionato dell'Unione Italiana per l'Olio di Palma Sostenibile.
La seconda edizione del progetto prevede, sulla falsariga dell’esperienza pilota realizzata in Puglia, una consultazione civica nazionale (alla quale è possibile partecipare da oggi attraverso l’apposito link) per definire in un report pubblico il punto di vista dei consumatori riguardo le principali criticità, difficoltà e gap informativi sul tema. A seguire, saranno predisposte attività di formazione dedicate ai referenti nazionali delle associazioni. Il terzo passo è il lancio di una campagna informativa online incentrata sulla promozione del concetto di nutrizione sostenibile, della valorizzazione delle filiere sostenibili e sul favorire il consumo responsabile e la lotta agli sprechi.
“Le attività connesse al sistema alimentare dalla fornitura delle materie prime, passando per la trasformazione, l’imballaggio e la logistica, fino ad arrivare alla grande distribuzione, generano impatti consistenti e di varia natura su diversi ambiti dello sviluppo sostenibile”, dichiara Tiziana Toto, responsabile Politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva che aggiunge: “In questo contesto il consumatore può svolgere un ruolo centrale e può scegliere in maniera consapevole, se adeguatamente informato, contribuendo ad orientare il mercato verso modelli produttivi più sostenibili”. Il progetto trova radicamento nel Green Deal europeo e nelle relative strategie di attuazione, nel caso specifico la strategia “Farm to fork”, oltre che nell’Agenda 2030 dell’ONU (goal 12 - consumo e produzione responsabili).
Economia
Alimenti, Graffigna (Unicatt): “Importante diventare...
"Diventare sostenibili vuol dire mettere in discussione quelle che sono le nostre scelte di consumo"
“Bisogna passare dalla teoria alla pratica, perché tutti noi come consumatori dobbiamo renderci conto non solo che è importante diventare più sostenibili ma che diventare più sostenibili con pigrizia, con facilità, non è la strada più giusta”.
Sono le parole di Guendalina Graffigna, professore ordinario di Psicologia dei consumi e della salute presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza in occasione della presentazione della presentazione del progetto "Nutrizione Sostenibile e Lotta agli Sprechi" lanciato da Cittadinanzattiva in collaborazione con il Centro di Ricerca EngageMInds HUB dell'Università Cattolica ed il supporto non condizionato dell'Unione italiana olio di palma sostenibile.
“Diventare sostenibili vuol dire mettere in discussione quelle che sono le nostre scelte di consumo, anche la quantità di ciò che consumiamo, come gestiamo i residui di ciò che consumiamo, dove compriamo i nostri prodotti. Quindi ci vuole fatica nell'informarsi, innanzitutto, fatica a educarsi rispetto a nuovi stili alimentari di consumo e quindi a cambiare le nostre abitudini”, prosegue Graffigna.
E proprio in questa direzione che va il progetto "Nutrizione Sostenibile e Lotta agli Sprechi" , per sensibilizzare le persone sulle loro attività di consumo. “Tante volte non siamo del tutto consapevoli di quello che è il nostro impatto ambientale con le nostre scelte di consumo. È proprio lì che si annida il potenziale errore. Parliamo di consumi alimentari che per la gran parte sono abitudinari, facciamo le nostre scelte pressoché in automatico o sulla base delle esperienze del passato. Iniziare a porre una lente di ingrandimento sul nostro quotidiano - perché scegliamo un prodotto e non un altro, e cosa potremmo fare in alternativa - è un primo passo”, aggiunge. La sostenibilità non può essere qualcosa di semplice, dunque, ma serve un cambiamento culturale nei consumi alimentari, secondo Graffigna: “Speriamo di poter attivare innanzitutto una partecipazione dal basso, un maggiore coinvolgimento, non solo dei consumatori ma anche di tutti gli stakeholder della filiera, quindi della produzione e della distribuzione, affinché la sostenibilità non sia soltanto un'etichetta affascinante”, conclude.
Economia
Alimenti, Tapella (Un. Olio palma sostenibile):...
“Oltre il 95% dell'olio di palma che viene importato in Italia è un olio certificato Rspo sostenibile. Significa che si rispetta chi ci lavora e si rispetta l'ambiente. L'olio di palma di cui parliamo è coltivato in modo sostenibile, ha una resa per ettaro elevatissima, quasi 4 tonnellate per ettaro rispetto alle 0,7-0,8 degli altri oli, quindi si spreca meno terreno per produrlo. L'olio di palma viene anche estratto senza solventi, altro aspetto ambientalmente importante. Inoltre, i prodotti che contengono olio di palma possiamo avere una shelf life (durata di conservazione, ndr) molto più lunga rispetto a quella di un altro olio comune. Un prodotto, quindi, che si sposa perfettamente con la lotta allo spreco e la promozione della nutrizione sostenibile portata avanti da Cittadinanzattiva”.
Così Vincenzo Tapella, presidente dell’Unione Italiana per l'olio di palma sostenibile, in occasione della presentazione della presentazione del progetto "Nutrizione Sostenibile e Lotta agli Sprechi" lanciato da Cittadinanzattiva in collaborazione con il Centro di Ricerca EngageMInds HUB dell'Università Cattolica ed il supporto non condizionato dell'Unione.
“Siamo onorati e orgogliosi di essere stati coinvolti da Cittadinanzattiva in questo progetto” osserva Tapella che aggiunge: “l’informazione è un aspetto importantissimo in quanto purtroppo l'olio di palma è stato attaccato anni fa, e continua ancora oggi a ricevere alcune critiche. L'unica alternativa all'olio di palma è l'olio di palma sostenibile”, conclude.