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Gaza, Hamas pronta a dialogo con Usa: “Guerra finita? Merito di Trump”

Anp: "6 morti e 35 feriti". Sabato libere quattro donne ostaggio. Si dimette Halevi, capo di stato maggiore delle forze di difesa israeliane

Soldati israeliani - Afp

Israele lancia l'operazione Muro di Ferro. Le forze di difesa (Idf) e lo Shin Bet hanno lanciato l'azione anti-terrorismo congiunta a Jenin, nel nord della Cisgiordania. Lo ha riferito il Times of Israel, mentre media palestinesi riferiscono che numerosi militari israeliani sono entrati a Jenin dopo un attacco aereo.

"Sotto la direzione del gabinetto di sicurezza politica, l'Idf, lo Shin Bet e la polizia israeliana hanno lanciato oggi un'operazione militare estesa e significativa per sradicare il terrorismo a Jenin" dal nome "Muro di Ferro", informa intanto il premier israeliano Benjamin Netanyahu su X.

"Questo - continua - è un altro passo verso il raggiungimento dell’obiettivo che ci siamo prefissati: rafforzare la sicurezza in Giudea e Samaria. Agiamo metodicamente e risolutamente contro l’asse iraniano ovunque invii le sue armi – a Gaza, Libano, Siria, Yemen, Giudea e Samaria – e la sua mano sia piegata".

Hamas ha quindi lanciato un appello per una mobilitazione generale in Cisgiordania. "Invitiamo le masse del nostro popolo in Cisgiordania e la sua gioventù rivoluzionaria a mobilitarsi e a intensificare lo scontro con l'esercito di occupazione'', si legge in una nota di Hamas. L'obiettivo, si legge, deve essere quello di ''sventare la vasta aggressione sionista contro la città di Jenin e il suo accampamento".

Sarebbe salito intanto a 6 il numero dei palestinesi uccisi nell'operazione congiunta, ha reso noto il ministero della Sanità dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) aggiungendo che almeno 35 persone sarebbero rimaste ferite negli scontri.

Israele, si dimette il generale Halevi

Il Capo di Stato Maggiore dell'Idf, Herzi Halevi, ha comunicato al ministro della Difesa Israel Katz la sua intenzione di dimettersi il prossimo 6 marzo.

In una dichiarazione, il generale Halevi ha ammesso di lasciare l'esercito dopo aver “riconosciuto la mia responsabilità per il fallimento delle Idf il 7 ottobre, e nel momento in cui le Idf hanno registrato risultati significativi e stanno attuando un accordo per il rilascio degli ostaggi”. Fino al 6 marzo, Halevi ha garantito che completerà le indagini sull'attacco di Hamas del 7 ottobre e preparerà l'Idf per le sfide future. “Trasferirò il comando dell'Idf in maniera accurata e di alta qualità al mio sostituto”, ha concluso.

Anche il capo del Comando meridionale delle Idf, maggior generale Yaron Finkelman, ha annunciato l'intenzione di dimettersi, citando le sue "responsabilità" nel massacro del 7 ottobre. In una lettera inviata allo stesso Halevi, e pubblicata dal Times of Israel, Finkelman ha spiegato di aver preso la decisione "seguendo la mia coscienza ed i valori che mi guidano". Il 7 ottobre, ha aggiunto, "ho fallito nel mio dovere di proteggere il Negev occidentale e i suoi amati, eroici residenti. Questo fallimento resterà marchiato a fuoco dentro di me per tutta la vita".

Gaza, sabato libere 4 donne ostaggio

Hamas libererà sabato quattro donne tenute in ostaggio dal 7 ottobre del 2023 nella Striscia di Gaza. Lo ha dichiarato un alto funzionario del movimento palestinese.

Il rilascio di altri quattro ostaggi a distanza di 7 giorni dai primi tre è previsto dall'accordo che Hamas ha firmato con Israele. Per ogni ostaggio israeliano, 30 detenuti palestinesi vengono scarcerati dalle prigioni di Israele. Se l'ostaggio rilasciato è un militare, il numero dei detenuti palestinesi scarcerati sale a 50.

Ci sono ancora sette donne nella lista dei 33 ostaggi che Hamas rilascerà nella prima fase dell'accordo raggiunto con Israele. Dopo il rilascio domenica di Emily Damari, Romi Gonen e Doron Steinbrecher, nella lista dei primi ostaggi che saranno liberati figura Shiri Silberman Bibas, 33 anni, rapita insieme al marito Yarden e ai figli Ariel, che ha compiuto 5 anni a Gaza, e il più piccolo ostaggio Kfir, di soli 2. Hamas aveva fatto sapere che la famiglia Bibas era stata uccisa in un raid aereo israeliano, ma non aveva mai fornito prove. C'è attesa anche per la tedesco-israeliana Arbel Yehud, 29 anni, che inizialmente doveva essere rilasciata domenica, ma che è stata sostituita da Hamas all'ultimo minuto. Al suo posto è stata rilasciata Emily Damari. Arbel Yehud era stata rapita il 7 ottobre del 2023 con il fidanzato Ariel Cunio dalla sua abitazione nel kibbutz Nir Oz.

Nell'elenco figurano i nomi delle cinque giovani soldatesse israeliane rapite, ovvero Agam Berger, Daniella Gilboa, Liri Albag, Naama Levy e Karina Ariev. Tutte appartengono all'unità di sorveglianza elettronica dell'Idf, con il compito di analizzare in tempo reale le immagini delle telecamere collocate lungo il confine di Gaza. Sono state rapite dai miliziani di Hamas che avevano fatto irruzione nella base di Nahal Oz uccidendo 52 soldati israeliani.

Karina Ariev, 19 anni, era apparsa in un video di propaganda di Hamas in cui implorava il governo di Netanyahu di fermare la guerra. Daniella Gilboa è stata rapita direttamente dal suo letto, come ha raccontato in un video reso pubblico a luglio. Più di recente, a gennaio, la diciannovenne Liri Albag è apparsa in un video in cui raccontava di essere rapita da 450 giorni. Naama Levy, 21 anni, è apparsa nei filmati del 7 ottobre ferita e con le mani legate dietro la schiena, trascinata su una jeep. Secondo il padre sarebbe stata tenuta lontana dalle altre in un tunnel a Gaza.

Hamas: "Guerra finita? Merito di Trump"

La leadership politica di Hamas è intanto pronta al dialogo con gli Stati Uniti e riconosce al nuovo presidente americano Donald Trump il merito di aver ''messo fine'' alla guerra nella Striscia di Gaza. Lo ha dichiarato l'alto funzionario di Hamas Mousa Abu Marzouk nel corso di una intervista al New York Times. Trump è un ''presidente serio'', ha aggiunto.

"Se non fosse stato per il presidente Trump, per la sua insistenza nel porre fine alla guerra e per l'invio di un rappresentante decisivo, l'accordo non si sarebbe mai concretizzato", ha affermato Abu Marzouk riferendosi al nuovo inviato americano in Medioriente, Steve Witkoff. ''Il merito di aver posto fine alla guerra spetta a Trump", ha aggiunto.

Abu Marzouk sottolinea quindi che Witkoff è il benvenuto a Gaza. "Può venire a vedere la gente e cercare di capire i loro sentimenti e desideri in modo che la posizione americana possa basarsi sugli interessi di tutte le parti, e non solo di una parte", ha aggiunto.

Trump: "Gaza? No fiducia in accordo"

Dal canto suo, però, il presidente Trump ''non ha fiducia'' sulla tenuta dell'accordo di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza raggiunto tra Israele e Hamas. "Non è la nostra guerra, è la loro guerra. Ma io non ho fiducia" nell'accordo, ha detto Trump. Hamas, ha aggiunto, è stato ''indebolito'' dalla guerra. ''Ho visto una foto di Gaza. Gaza è come un enorme sito di demolizione'', ha affermato.

Il tycoon ha poi detto che potrebbe esserci un "piano fantastico" per la ricostruzione di Gaza. ''E' in una posizione fenomenale sul mare, il clima è fantastico. Sapete, tutto è perfetto. Si potranno fare delle cose meravigliose in questo posto", ha detto.

Anp: "Revoca sanzioni a coloni incoraggia crimini"

L'Autorità nazionale palestinese (Anp) ha intanto criticato la decisione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di revocare le sanzioni che la precedente Amministrazione Biden aveva imposto sui coloni israeliani in Cisgiordania, sostenendo che tale provvedimento incoraggia i "crimini" contro i palestinesi. "La revoca delle sanzioni contro i coloni estremisti li incoraggia a commettere ulteriori crimini contro il nostro popolo", ha affermato il ministero degli Esteri dell'Anp in una nota, denunciando i recenti attacchi dei coloni israeliani in Cisgiordania che hanno causato 21 feriti.

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Esteri

Trump: “Putin sta distruggendo la Russia, fermi la...

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Il presidente degli Stati Uniti: "Non fa una bella figura, la guerra doveva durare 7 giorni. Sono passati 3 anni"

Donald Trump

"Vladimir Putin sta distruggendo la Russia". Firmato, Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti, nelle prime ore del suo mandato, tra un ordine esecutivo e l'altro si esprime con toni perentori nei confronti del presidente russo. Dallo Studio Ovale della Casa Bianca, il messaggio è chiaro: "Putin dovrebbe fare un accordo per chiudere la guerra in Ucraina".

Trump, che da tempo fa riferimento ad un colloquio futuro con Putin, ribadisce che il contatto "potrebbe avvenire molto presto. Devo parlare con lui, non può essere troppo contento. Le cose non vanno molto bene".

"Molti pensavano che la guerra sarebbe durata una settimana, sono quasi 3 anni. Putin non può essere contento, non sta facendo una gran bella figura. Credo che sarebbe propenso a far finire la guerra. Quasi un milione di soldati russi sono stati uccisi, sono morti 700mila soldati ucraini. La Russia è più grande, ha più soldati da perdere. Ma non è questo il modo di gestire un paese", dice il presidente degli Stati Uniti.

Dall'altra parte, a Kiev, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky "mi ha detto che vuole fare un accordo. Non so se Putin voglia, dovrebbe fare un accordo. Credo che stia distruggendo la Russia senza un accordo. La Russia sarà in grossi guai, guardate la loro economia e l'inflazione. Io andrei d'accordo con lui, spero voglia fare un accordo". Gli Usa potrebbero adottare ulteriori sanzioni nei confronti della Russia? "Preferisco la parola tariffe, perché mantiene il dollaro forte".

E Mosca cosa dice? Putin ha avuto un lungo colloquio, circa un'ora e mezza, con il presidente cinese Xi Jinping. Russia e Cina fanno il punto dopo l'arrivo del nuovo inquilino alla Casa Bianca. Contatti tra Mosca e Washington? "Non ancora", dice il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.

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Esteri

L’esperto Usa: “Così Meloni può fare da ponte...

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Karim Mezran all'Adnkronos: “A Washington l’interesse per l’Italia non è mai stato così alto”

L'esperto Usa:

All’insediamento di Donald Trump, Giorgia Meloni era non solo l’unica leader europea, ma anche l’unica leader del Mediterraneo allargato (Nord Africa, Medio Oriente, Sahel). Può avere un ruolo tra gli Stati Uniti e questo quadrante, considerando anche che Trump nel suo primo mandato non ha messo piede in Africa ma a Washington vogliono contrastare l’influenza russa e cinese?

“Credo che Meloni possa assolutamente giocare un ruolo di ponte con i paesi arabi e africani - dice all'Adnkronos Karim Mezran, senior fellow e direttore della North Africa Initiative all’Atlantic Council, uno dei più importanti think tank americani - anche più che nei confronti dell’Europa. Non vedo Germania e Francia rinunciare a un rapporto diretto con Trump, mentre la premier italiana può ritagliarsi uno spazio di primo piano. Diversamente dal primo mandato, stavolta si vede una squadra intorno al presidente che può costruire canali di politica estera più stabili e prevedibili. Anche se l’uomo resta sempre difficilissimo da leggere per noi analisti”.

Una chiave può essere il piano Mattei? “Meloni è stata molto intelligente e ha trovato il modo di posizionarsi bene - prosegue l'esperto libico - Non conta tanto il numero di progetti o i miliardi investiti, quanto la capacità dell’Italia di inserirsi in un contesto che finora era dominato da altri attori. I francesi, ad esempio, hanno perso su tutta la linea, e dire che loro una struttura post-coloniale ce l’avevano. La premier italiana è l’unico leader di cui si parla in questo momento, l’unica di cui tutti sono curiosi".

"Al premio dell’Atlantic Council che le è stato consegnato da Elon Musk c’erano 700 persone, e altrettante ci avevano chiesto di partecipare - ricorda Mezran - Di solito al gala c’era la metà degli ospiti. Sono in questo think tank a Washington da 12 anni e fino all’anno scorso nessuno mi aveva chiesto informazioni dettagliate sul governo italiano". "Al massimo mi chiedevano consigli per ristoranti”, scherza, ma sottolineando un punto serio: “Politicamente può piacere o non piacere, ma Meloni si è posta al centro dell’attenzione. E anche con Trump ha capito come ci si deve muovere. Chi vuole avere un rapporto con il presidente americano non può seguire gli schemi diplomatici di una volta”.

Se si chiede a Mezran cosa succederà nella politica estera americana, ribadisce che fare previsioni è impossibile, e lo sarà per i prossimi quattro anni. “Posso dire che, tra i temi sollevati da Trump nella sua conferenza stampa a Mar-a-Lago, la questione di Panama mi pare quella più concreta. Lì qualcosa succederà per contrastare il potere cinese su uno degli snodi cruciali per il commercio del continente americano. Sulla Groenlandia invece non mi azzardo. In Medio Oriente, dove Israele è ormai la potenza principale, si riparlerà di Accordi di Abramo, e sarà Trump a decidere chi e come inserire”.

E l'Italia con chi dovrebbe parlare di più in questo quadrante? “Credo che dovremmo costruire un legame più forte con la Turchia. Sia a livello commerciale che strategico. Le nostre industrie sono compatibili. È un paese con cui potremmo ricostruire una stabilità in Libia, può aiutarci con l’Egitto, ha creato una presenza forte nel Sahel e nel Corno d’Africa. Gli italiani hanno un timore atavico del rapporto con Ankara, ma oggi la situazione è molto diversa”, chiosa l'analista dell'Atlantic Council.

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Esteri

“Dall’aviaria oggi il maggior rischio...

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L'attuale situazione negli Usa "è ad alto rischio mutazioni" secondo Laurent Muschel, Dg dell'Agenzia europea per le emergenze infettive. "L'Europa ha già opzionato 100 milioni di vaccini"

"Per noi l'influenza aviaria è la priorità numero uno. E' il rischio maggiore di future pandemie". Parola di Laurent Muschel, direttore generale dell'Hera, l'Agenzia europea per le emergenze infettive, oggi a Roma per gli 'Hera info days', giornate dedicate a illustrare agli addetti ai lavori, nei diversi Stati membri, l'attività della Health Emergency Preparedness and Response Authority, nata in pieno Covid per gestire una risposta comune all'emergenza. In tema di aviaria, spiega in un'intervista all'Adnkronos Salute, "quanto sta accadendo negli Stati Uniti, con il bestiame contaminato che contagia gli allevatori", porta con sé "un rischio molto alto che il virus muti. Quindi stiamo monitorando la situazione molto da vicino con l'Ecdc, l'Agenzia europea di sorveglianza epidemiologica europea, con l'Efsa per gli animali, con l'Oms. C'è massima sorveglianza", assicura Muschel.

"Da parte nostra - precisa - quello che stiamo facendo è negoziare contratti per avere disponibili, se serviranno, vaccini pandemici. Con due società, Gsk e Seqirus, abbiamo contratti che prevedono, in caso di dichiarazione di pandemia, l'obbligo di fornirci più di 100 milioni di dosi per i Paesi che hanno partecipato a questo acquisto congiunto. Lo scorso anno abbiamo firmato un altro contratto Seqirus per la fornitura immediata di vaccini. E abbiamo ottenuto circa 700mila dosi, per l'uomo, adatte alla variante attuale che circola negli uccelli. Servono per proteggere in particolare i veterinari e le persone che lavorano con il pollame. Queste dosi sono state distribuite agli Stati membri che stanno partecipando a questo bando di gara. E ciò ci aiuta a garantire una prima protezione. Abbiamo già acquistato questi vaccini l'anno scorso e sono stati consegnati". Il timore è che "il virus muterà. Se diventerà qualcosa che si trasmette da uomo a uomo, vorrà dire che è avvenuta la mutazione temuta e probabilmente il vaccino dovrà essere adattato. Ma abbiamo già delle soluzioni in cantiere", sottolinea il Dg.

Per quanto riguarda le altre 'minacce' di future pandemie, continua Muschel, non mancano altri 'sorvegliati speciali'. "Abbiamo un elenco di agenti patogeni con un alto potenziale pandemico. Dodici 'famiglie' considerate ad alto rischio". Contro questi pericoli "stiamo cercando di trovare vaccini, ma anche soluzioni terapeutiche. Non ci sono, infatti, solo vaccini. Ci sono antivirali, anticorpi monoclonali". Si sta cercando di sviluppare queste armi, ma è "molto costoso e serve individuare delle priorità".

Tra questi agenti patogeni ad alto rischio "ovviamente, c'è l'aviaria e tutte le influenze che sono di per sé prioritarie poiché si tratta di virus respiratori che si trasmettono molto facilmente". Ma sono "diversi i patogeni monitorati". Inoltre "dobbiamo sempre prepararci all'agente patogeno X, quello che non conosciamo. Quindi non dobbiamo pensare solo in termini di patogeni noti - puntualizza il direttore generale dell'Hera - ma anche in termini di piattaforme tecnologiche, in grado di renderci capaci di rispondere rapidamente al rischio. Supportiamo per questo lo sviluppo di queste nuove piattaforme tecnologiche che, insieme all'intelligenza artificiale, possono fornire un aiuto molto importante". (di Raffaella Ammirati)

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