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Russia, il mistero dei soldati nordcoreani: pronti a tutto, ma sono spariti dal fronte

L'analisi degli equipaggiamenti e degli scritti trovati in loro possesso: militari addestrati e ben equipaggiati. Ma nel Kursk non si vedono più

Kim Jong-un

Preparati, indottrinati, motivati. E l'identikit dei soldati nordcoreani che in Russia, nella regione del Kursk, combattono accanto alle truppe di Vladimir Putin contro l'Ucraina. O meglio, combattevano.

E' chiaro oramai, dall'esame degli equipaggiamenti in loro dotazione e degli scritti che portano con sé, che i soldati di Kim Jong-un sono una élite: sono molto più preparati, anche ideologicamente, e motivati dei fanti russi con cui condividono il fronte. Il leader di Pyongyang ha inviato loro messaggi di auguri di buon anno e di accorato ringraziamento per il servizio prestato alla patria scritti a mano, il 31 dicembre e il primo gennaio.

La missione nordcoreana nella regione russa del Kursk mai confermata ufficialmente da Mosca o Pyongyang, porta con se sin dall'inizio un alone di mistero. Negli ultimi giorni, dopo settimane di assalti feroci, per esempio, i soldati sono scomparsi all'improvviso dalla linea del fronte nella regione russa del Kursk, dove ora combattono solo russi.

Ma alcuni dettagli sulla missione cominciano faticosamente ad emergere: i soldati sono altamente motivati, organizzati, bene addestrati e perfino meglio equipaggiati dei fanti russi. Contrariamente ai soldati di Mosca, che si arrendono facilmente al nemico, i nordcoreani combattono fino alla morte o si fanno esplodere con una granata per evitare la cattura. Accorrono incuranti del pericolo per portare in salvo un loro compagno ferito. E studiano nei dettagli le battaglie a cui hanno preso parte per superare gli errori commessi.

Indosso, portano fogli di carta esposti alle intemperie scritti in coreano e tradotti grossolanamente in russo. I soldati ucraini ne hanno recuperati alcuni sul corpo di un militare ucciso questo mese. Si tratta di istruzioni impartite dai comandi russi, inclusa la raccomandazione di fare prigionieri nei loro assalti alla linea del fronte. Il breviario contiene 23 frasi in tutto, scrive il Washington Post, dopo aver parlato con alcuni militari ucraini dell'Ottavo reggimento delle forze per le operazioni speciali operativo nel Kursk.

Ognuno dei soldati nordcoreani in Russia, oltre ai fogli scritti a mano, ha kit di pronto soccorso, ID militari russe, una pala, un coltello fabbricato in ucraina, due fucili d'assalto russo AK-12, altri equipaggiamenti. Ai nordcoreani i russi sembrano aver offerto il meglio. "I russi hanno cercato di farsi belli agli occhi dei nordcoreani", ha commentato uno dei soldati ucraini coinvolti con i nordcoreani, lasciando intendere il rovesciamento dei rapporti di forza fra Mosca e Pyongyang, considerata in epoca sovietica come rozza provincia, già segnalato dalla visita di Vladimir Putin nel 'regno eremita' la scorsa estate.

Due soldati nordcoreani sono stati catturati vivi, anche se feriti, dalle forze ucraine e trasferiti a Kiev. Circa altri 4mila sono stati uccisi o feriti, secondo informazioni diffuse dal Presidente Volodymir Zelensky senza altre conferme. La scomparsa improvvisa dal fronte dei militari nordcoreani potrebbe essere dovuta a questi ingenti perdite e alla necessità di raggrupparsi. "Stanno leccandosi le ferite", dice Vitali, soldato ucraino di 25 che il mese scorso ha preso parte a uno scontro a fuoco con i nordcoreani durato otto ore.

I messaggi attribuiti a Kim potrebbero essere stati inviati da Pyongyang o essere la trascrizione da parte degli stessi soldati di un messaggio del leader letto ad alta voce dai loro comandanti. In ogni caso, un segno di importanza. "State facendo sacrifici incredibili, provando la gioia di vittorie in battaglia ottenute a caro prezzo, della nobile esperienza di combattimento, l'emozione senza prezzo di un vero patriottismo e spirito di fratellanza, e tutto così lontano dalla madrepatria", recita il testo di uno dei due messaggi di Kim. "Non so nemmeno come trovare le parole giuste per incoraggiarvi propriamente ed esprimere a voi la gratitudine per il vostro impegno e sforzo senza risparmio. Mi mancate davvero compagni".

La descrizione dei combattimenti

Altri appunti contengono una descrizione meticolosa dei combattimenti. Esperienze studiate in dettaglio per migliorare le tecniche di combattimento e la comprensione delle tecnologie messe in campo.

Ritrovato la scorsa settimana anche un quadernetto con versi di canzoni nordcoreane patriottiche. "Il mio destino è sempre condiviso con la patria", uno dei versi che hanno convinto gli ucraini anche della forte motivazione ideologica di questi soldati, decisamente più pronunciata che nei loro colleghi russi, spesso spinti al fronte per ragioni economiche, se non per scontare una condanna.

Appena arrivati al fronte, i nordcoreani si muovevano in gruppo e non scappavano all'arrivo dei droni ucraini che li colpivano così senza difficoltà. I nuovi arrivati hanno poi dimostrato di essere pronti a questo tipo di combattimento, in forma fisica e con capacità di tiratori scelti. I nordcoreani sanno adattarsi.

"Nel modo di combattere attuale, con droni da ricognizione in tempo reale e droni per colpire, non riuscire a disperdere il gruppo di combattimento in unità più snelle di due o tre soldati rischia di provocare molte vittime", si legge su uno dei fogli di appunti dei nordcoreani. "Anche quando il cielo crolla, sono le braccia della patria che proteggono le nostre vite, mi sento sempre al sicuro perché sono abbracciato da queste braccia benevolenti". Un soldato ha scritto, con implicita accusa ai russi, "di essere arrivato sul campo di battaglia non preparato, perché non era stato informato di dettagli cruciali sulle postazioni nemiche, di artiglieria o sui siti di lancio dei droni".

Sono stati effettuati prelievi sui corpi dei soldati uccisi, da specialisti britannici e sudcoreani, per effettuare esami del Dna in grado di confermarne la provenienza geografica.

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Esteri

Trump: “Putin sta distruggendo la Russia, fermi la...

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Il presidente degli Stati Uniti: "Non fa una bella figura, la guerra doveva durare 7 giorni. Sono passati 3 anni"

Donald Trump

"Vladimir Putin sta distruggendo la Russia". Firmato, Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti, nelle prime ore del suo mandato, tra un ordine esecutivo e l'altro si esprime con toni perentori nei confronti del presidente russo. Dallo Studio Ovale della Casa Bianca, il messaggio è chiaro: "Putin dovrebbe fare un accordo per chiudere la guerra in Ucraina".

Trump, che da tempo fa riferimento ad un colloquio futuro con Putin, ribadisce che il contatto "potrebbe avvenire molto presto. Devo parlare con lui, non può essere troppo contento. Le cose non vanno molto bene".

"Molti pensavano che la guerra sarebbe durata una settimana, sono quasi 3 anni. Putin non può essere contento, non sta facendo una gran bella figura. Credo che sarebbe propenso a far finire la guerra. Quasi un milione di soldati russi sono stati uccisi, sono morti 700mila soldati ucraini. La Russia è più grande, ha più soldati da perdere. Ma non è questo il modo di gestire un paese", dice il presidente degli Stati Uniti.

Dall'altra parte, a Kiev, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky "mi ha detto che vuole fare un accordo. Non so se Putin voglia, dovrebbe fare un accordo. Credo che stia distruggendo la Russia senza un accordo. La Russia sarà in grossi guai, guardate la loro economia e l'inflazione. Io andrei d'accordo con lui, spero voglia fare un accordo". Gli Usa potrebbero adottare ulteriori sanzioni nei confronti della Russia? "Preferisco la parola tariffe, perché mantiene il dollaro forte".

E Mosca cosa dice? Putin ha avuto un lungo colloquio, circa un'ora e mezza, con il presidente cinese Xi Jinping. Russia e Cina fanno il punto dopo l'arrivo del nuovo inquilino alla Casa Bianca. Contatti tra Mosca e Washington? "Non ancora", dice il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.

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Esteri

L’esperto Usa: “Così Meloni può fare da ponte...

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Karim Mezran all'Adnkronos: “A Washington l’interesse per l’Italia non è mai stato così alto”

L'esperto Usa:

All’insediamento di Donald Trump, Giorgia Meloni era non solo l’unica leader europea, ma anche l’unica leader del Mediterraneo allargato (Nord Africa, Medio Oriente, Sahel). Può avere un ruolo tra gli Stati Uniti e questo quadrante, considerando anche che Trump nel suo primo mandato non ha messo piede in Africa ma a Washington vogliono contrastare l’influenza russa e cinese?

“Credo che Meloni possa assolutamente giocare un ruolo di ponte con i paesi arabi e africani - dice all'Adnkronos Karim Mezran, senior fellow e direttore della North Africa Initiative all’Atlantic Council, uno dei più importanti think tank americani - anche più che nei confronti dell’Europa. Non vedo Germania e Francia rinunciare a un rapporto diretto con Trump, mentre la premier italiana può ritagliarsi uno spazio di primo piano. Diversamente dal primo mandato, stavolta si vede una squadra intorno al presidente che può costruire canali di politica estera più stabili e prevedibili. Anche se l’uomo resta sempre difficilissimo da leggere per noi analisti”.

Una chiave può essere il piano Mattei? “Meloni è stata molto intelligente e ha trovato il modo di posizionarsi bene - prosegue l'esperto libico - Non conta tanto il numero di progetti o i miliardi investiti, quanto la capacità dell’Italia di inserirsi in un contesto che finora era dominato da altri attori. I francesi, ad esempio, hanno perso su tutta la linea, e dire che loro una struttura post-coloniale ce l’avevano. La premier italiana è l’unico leader di cui si parla in questo momento, l’unica di cui tutti sono curiosi".

"Al premio dell’Atlantic Council che le è stato consegnato da Elon Musk c’erano 700 persone, e altrettante ci avevano chiesto di partecipare - ricorda Mezran - Di solito al gala c’era la metà degli ospiti. Sono in questo think tank a Washington da 12 anni e fino all’anno scorso nessuno mi aveva chiesto informazioni dettagliate sul governo italiano". "Al massimo mi chiedevano consigli per ristoranti”, scherza, ma sottolineando un punto serio: “Politicamente può piacere o non piacere, ma Meloni si è posta al centro dell’attenzione. E anche con Trump ha capito come ci si deve muovere. Chi vuole avere un rapporto con il presidente americano non può seguire gli schemi diplomatici di una volta”.

Se si chiede a Mezran cosa succederà nella politica estera americana, ribadisce che fare previsioni è impossibile, e lo sarà per i prossimi quattro anni. “Posso dire che, tra i temi sollevati da Trump nella sua conferenza stampa a Mar-a-Lago, la questione di Panama mi pare quella più concreta. Lì qualcosa succederà per contrastare il potere cinese su uno degli snodi cruciali per il commercio del continente americano. Sulla Groenlandia invece non mi azzardo. In Medio Oriente, dove Israele è ormai la potenza principale, si riparlerà di Accordi di Abramo, e sarà Trump a decidere chi e come inserire”.

E l'Italia con chi dovrebbe parlare di più in questo quadrante? “Credo che dovremmo costruire un legame più forte con la Turchia. Sia a livello commerciale che strategico. Le nostre industrie sono compatibili. È un paese con cui potremmo ricostruire una stabilità in Libia, può aiutarci con l’Egitto, ha creato una presenza forte nel Sahel e nel Corno d’Africa. Gli italiani hanno un timore atavico del rapporto con Ankara, ma oggi la situazione è molto diversa”, chiosa l'analista dell'Atlantic Council.

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Esteri

“Dall’aviaria oggi il maggior rischio...

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L'attuale situazione negli Usa "è ad alto rischio mutazioni" secondo Laurent Muschel, Dg dell'Agenzia europea per le emergenze infettive. "L'Europa ha già opzionato 100 milioni di vaccini"

"Per noi l'influenza aviaria è la priorità numero uno. E' il rischio maggiore di future pandemie". Parola di Laurent Muschel, direttore generale dell'Hera, l'Agenzia europea per le emergenze infettive, oggi a Roma per gli 'Hera info days', giornate dedicate a illustrare agli addetti ai lavori, nei diversi Stati membri, l'attività della Health Emergency Preparedness and Response Authority, nata in pieno Covid per gestire una risposta comune all'emergenza. In tema di aviaria, spiega in un'intervista all'Adnkronos Salute, "quanto sta accadendo negli Stati Uniti, con il bestiame contaminato che contagia gli allevatori", porta con sé "un rischio molto alto che il virus muti. Quindi stiamo monitorando la situazione molto da vicino con l'Ecdc, l'Agenzia europea di sorveglianza epidemiologica europea, con l'Efsa per gli animali, con l'Oms. C'è massima sorveglianza", assicura Muschel.

"Da parte nostra - precisa - quello che stiamo facendo è negoziare contratti per avere disponibili, se serviranno, vaccini pandemici. Con due società, Gsk e Seqirus, abbiamo contratti che prevedono, in caso di dichiarazione di pandemia, l'obbligo di fornirci più di 100 milioni di dosi per i Paesi che hanno partecipato a questo acquisto congiunto. Lo scorso anno abbiamo firmato un altro contratto Seqirus per la fornitura immediata di vaccini. E abbiamo ottenuto circa 700mila dosi, per l'uomo, adatte alla variante attuale che circola negli uccelli. Servono per proteggere in particolare i veterinari e le persone che lavorano con il pollame. Queste dosi sono state distribuite agli Stati membri che stanno partecipando a questo bando di gara. E ciò ci aiuta a garantire una prima protezione. Abbiamo già acquistato questi vaccini l'anno scorso e sono stati consegnati". Il timore è che "il virus muterà. Se diventerà qualcosa che si trasmette da uomo a uomo, vorrà dire che è avvenuta la mutazione temuta e probabilmente il vaccino dovrà essere adattato. Ma abbiamo già delle soluzioni in cantiere", sottolinea il Dg.

Per quanto riguarda le altre 'minacce' di future pandemie, continua Muschel, non mancano altri 'sorvegliati speciali'. "Abbiamo un elenco di agenti patogeni con un alto potenziale pandemico. Dodici 'famiglie' considerate ad alto rischio". Contro questi pericoli "stiamo cercando di trovare vaccini, ma anche soluzioni terapeutiche. Non ci sono, infatti, solo vaccini. Ci sono antivirali, anticorpi monoclonali". Si sta cercando di sviluppare queste armi, ma è "molto costoso e serve individuare delle priorità".

Tra questi agenti patogeni ad alto rischio "ovviamente, c'è l'aviaria e tutte le influenze che sono di per sé prioritarie poiché si tratta di virus respiratori che si trasmettono molto facilmente". Ma sono "diversi i patogeni monitorati". Inoltre "dobbiamo sempre prepararci all'agente patogeno X, quello che non conosciamo. Quindi non dobbiamo pensare solo in termini di patogeni noti - puntualizza il direttore generale dell'Hera - ma anche in termini di piattaforme tecnologiche, in grado di renderci capaci di rispondere rapidamente al rischio. Supportiamo per questo lo sviluppo di queste nuove piattaforme tecnologiche che, insieme all'intelligenza artificiale, possono fornire un aiuto molto importante". (di Raffaella Ammirati)

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