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“Dall’aviaria oggi il maggior rischio pandemico”. Priorità numero uno per l’Hera

L'attuale situazione negli Usa "è ad alto rischio mutazioni" secondo Laurent Muschel, Dg dell'Agenzia europea per le emergenze infettive. "L'Europa ha già opzionato 100 milioni di vaccini"

"Per noi l'influenza aviaria è la priorità numero uno. E' il rischio maggiore di future pandemie". Parola di Laurent Muschel, direttore generale dell'Hera, l'Agenzia europea per le emergenze infettive, oggi a Roma per gli 'Hera info days', giornate dedicate a illustrare agli addetti ai lavori, nei diversi Stati membri, l'attività della Health Emergency Preparedness and Response Authority, nata in pieno Covid per gestire una risposta comune all'emergenza. In tema di aviaria, spiega in un'intervista all'Adnkronos Salute, "quanto sta accadendo negli Stati Uniti, con il bestiame contaminato che contagia gli allevatori", porta con sé "un rischio molto alto che il virus muti. Quindi stiamo monitorando la situazione molto da vicino con l'Ecdc, l'Agenzia europea di sorveglianza epidemiologica europea, con l'Efsa per gli animali, con l'Oms. C'è massima sorveglianza", assicura Muschel.

"Da parte nostra - precisa - quello che stiamo facendo è negoziare contratti per avere disponibili, se serviranno, vaccini pandemici. Con due società, Gsk e Seqirus, abbiamo contratti che prevedono, in caso di dichiarazione di pandemia, l'obbligo di fornirci più di 100 milioni di dosi per i Paesi che hanno partecipato a questo acquisto congiunto. Lo scorso anno abbiamo firmato un altro contratto Seqirus per la fornitura immediata di vaccini. E abbiamo ottenuto circa 700mila dosi, per l'uomo, adatte alla variante attuale che circola negli uccelli. Servono per proteggere in particolare i veterinari e le persone che lavorano con il pollame. Queste dosi sono state distribuite agli Stati membri che stanno partecipando a questo bando di gara. E ciò ci aiuta a garantire una prima protezione. Abbiamo già acquistato questi vaccini l'anno scorso e sono stati consegnati". Il timore è che "il virus muterà. Se diventerà qualcosa che si trasmette da uomo a uomo, vorrà dire che è avvenuta la mutazione temuta e probabilmente il vaccino dovrà essere adattato. Ma abbiamo già delle soluzioni in cantiere", sottolinea il Dg.

Per quanto riguarda le altre 'minacce' di future pandemie, continua Muschel, non mancano altri 'sorvegliati speciali'. "Abbiamo un elenco di agenti patogeni con un alto potenziale pandemico. Dodici 'famiglie' considerate ad alto rischio". Contro questi pericoli "stiamo cercando di trovare vaccini, ma anche soluzioni terapeutiche. Non ci sono, infatti, solo vaccini. Ci sono antivirali, anticorpi monoclonali". Si sta cercando di sviluppare queste armi, ma è "molto costoso e serve individuare delle priorità".

Tra questi agenti patogeni ad alto rischio "ovviamente, c'è l'aviaria e tutte le influenze che sono di per sé prioritarie poiché si tratta di virus respiratori che si trasmettono molto facilmente". Ma sono "diversi i patogeni monitorati". Inoltre "dobbiamo sempre prepararci all'agente patogeno X, quello che non conosciamo. Quindi non dobbiamo pensare solo in termini di patogeni noti - puntualizza il direttore generale dell'Hera - ma anche in termini di piattaforme tecnologiche, in grado di renderci capaci di rispondere rapidamente al rischio. Supportiamo per questo lo sviluppo di queste nuove piattaforme tecnologiche che, insieme all'intelligenza artificiale, possono fornire un aiuto molto importante". (di Raffaella Ammirati)

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Esteri

Trump: “Putin sta distruggendo la Russia, fermi la...

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Il presidente degli Stati Uniti: "Non fa una bella figura, la guerra doveva durare 7 giorni. Sono passati 3 anni"

Donald Trump

"Vladimir Putin sta distruggendo la Russia". Firmato, Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti, nelle prime ore del suo mandato, tra un ordine esecutivo e l'altro si esprime con toni perentori nei confronti del presidente russo. Dallo Studio Ovale della Casa Bianca, il messaggio è chiaro: "Putin dovrebbe fare un accordo per chiudere la guerra in Ucraina".

Trump, che da tempo fa riferimento ad un colloquio futuro con Putin, ribadisce che il contatto "potrebbe avvenire molto presto. Devo parlare con lui, non può essere troppo contento. Le cose non vanno molto bene".

"Molti pensavano che la guerra sarebbe durata una settimana, sono quasi 3 anni. Putin non può essere contento, non sta facendo una gran bella figura. Credo che sarebbe propenso a far finire la guerra. Quasi un milione di soldati russi sono stati uccisi, sono morti 700mila soldati ucraini. La Russia è più grande, ha più soldati da perdere. Ma non è questo il modo di gestire un paese", dice il presidente degli Stati Uniti.

Dall'altra parte, a Kiev, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky "mi ha detto che vuole fare un accordo. Non so se Putin voglia, dovrebbe fare un accordo. Credo che stia distruggendo la Russia senza un accordo. La Russia sarà in grossi guai, guardate la loro economia e l'inflazione. Io andrei d'accordo con lui, spero voglia fare un accordo". Gli Usa potrebbero adottare ulteriori sanzioni nei confronti della Russia? "Preferisco la parola tariffe, perché mantiene il dollaro forte".

E Mosca cosa dice? Putin ha avuto un lungo colloquio, circa un'ora e mezza, con il presidente cinese Xi Jinping. Russia e Cina fanno il punto dopo l'arrivo del nuovo inquilino alla Casa Bianca. Contatti tra Mosca e Washington? "Non ancora", dice il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.

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Esteri

L’esperto Usa: “Così Meloni può fare da ponte...

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Karim Mezran all'Adnkronos: “A Washington l’interesse per l’Italia non è mai stato così alto”

L'esperto Usa:

All’insediamento di Donald Trump, Giorgia Meloni era non solo l’unica leader europea, ma anche l’unica leader del Mediterraneo allargato (Nord Africa, Medio Oriente, Sahel). Può avere un ruolo tra gli Stati Uniti e questo quadrante, considerando anche che Trump nel suo primo mandato non ha messo piede in Africa ma a Washington vogliono contrastare l’influenza russa e cinese?

“Credo che Meloni possa assolutamente giocare un ruolo di ponte con i paesi arabi e africani - dice all'Adnkronos Karim Mezran, senior fellow e direttore della North Africa Initiative all’Atlantic Council, uno dei più importanti think tank americani - anche più che nei confronti dell’Europa. Non vedo Germania e Francia rinunciare a un rapporto diretto con Trump, mentre la premier italiana può ritagliarsi uno spazio di primo piano. Diversamente dal primo mandato, stavolta si vede una squadra intorno al presidente che può costruire canali di politica estera più stabili e prevedibili. Anche se l’uomo resta sempre difficilissimo da leggere per noi analisti”.

Una chiave può essere il piano Mattei? “Meloni è stata molto intelligente e ha trovato il modo di posizionarsi bene - prosegue l'esperto libico - Non conta tanto il numero di progetti o i miliardi investiti, quanto la capacità dell’Italia di inserirsi in un contesto che finora era dominato da altri attori. I francesi, ad esempio, hanno perso su tutta la linea, e dire che loro una struttura post-coloniale ce l’avevano. La premier italiana è l’unico leader di cui si parla in questo momento, l’unica di cui tutti sono curiosi".

"Al premio dell’Atlantic Council che le è stato consegnato da Elon Musk c’erano 700 persone, e altrettante ci avevano chiesto di partecipare - ricorda Mezran - Di solito al gala c’era la metà degli ospiti. Sono in questo think tank a Washington da 12 anni e fino all’anno scorso nessuno mi aveva chiesto informazioni dettagliate sul governo italiano". "Al massimo mi chiedevano consigli per ristoranti”, scherza, ma sottolineando un punto serio: “Politicamente può piacere o non piacere, ma Meloni si è posta al centro dell’attenzione. E anche con Trump ha capito come ci si deve muovere. Chi vuole avere un rapporto con il presidente americano non può seguire gli schemi diplomatici di una volta”.

Se si chiede a Mezran cosa succederà nella politica estera americana, ribadisce che fare previsioni è impossibile, e lo sarà per i prossimi quattro anni. “Posso dire che, tra i temi sollevati da Trump nella sua conferenza stampa a Mar-a-Lago, la questione di Panama mi pare quella più concreta. Lì qualcosa succederà per contrastare il potere cinese su uno degli snodi cruciali per il commercio del continente americano. Sulla Groenlandia invece non mi azzardo. In Medio Oriente, dove Israele è ormai la potenza principale, si riparlerà di Accordi di Abramo, e sarà Trump a decidere chi e come inserire”.

E l'Italia con chi dovrebbe parlare di più in questo quadrante? “Credo che dovremmo costruire un legame più forte con la Turchia. Sia a livello commerciale che strategico. Le nostre industrie sono compatibili. È un paese con cui potremmo ricostruire una stabilità in Libia, può aiutarci con l’Egitto, ha creato una presenza forte nel Sahel e nel Corno d’Africa. Gli italiani hanno un timore atavico del rapporto con Ankara, ma oggi la situazione è molto diversa”, chiosa l'analista dell'Atlantic Council.

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Esteri

Trump ripristina la pena di morte federale, l’ordine...

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Sollevata la moratoria su richieste condanna a pena di morte in casi federali: va imposta "senza considerare altri fattori" quando viene ucciso un agente da un immigrato illegale

Donald Trump

Donald Trump interviene sul tema della pena di morte. Il presidente degli Stati Uniti ha firmato un ordine esecutivo per chiedere agli 'Attorney general' di adottare "tutte le misure necessarie e legittime" per garantire che i diversi stati abbiano i farmaci per le iniezioni letali a sufficienza per poter attuare le condanne a morte. Trump chiede anche all'Attorney general che la pena di morte sia invocata quanto il caso riguarda l'uccisione di un agente o altri reati capitali "commessi da un immigrato presente nel Paese illegalmente", "senza considerazione per altri fattori".

L'ordine costringe il dipartimento della Giustizia a chiedere condanne alla pena di morte in casi federali oltre a contribuire a mantenere le condanna alla pena di morte negli stati che hanno fatto fatica a procurarsi le quantità adeguate dei farmaci necessari per attuarla.

Nel 2021 l'allora Attorney General Merrick Garland aveva introdotto una moratoria sulla pena di morte a livello federale. E solo tre persone rimangono in un braccio della morte federale dopo che Joe Biden ha commutato in ergastolo le condanne alla pena capitale di 37 carcerati.

"Solenne responsabilità del governo è quella di proteggere i suoi cittadini da atti ripugnanti e la mia amministrazione non tollererà sforzi per ostacolare e eviscerare le leggi che autorizzano la pena capitale contro coloro che commettono atti orribili di violenza contro cittadini americani", si legge nel decreto.

Durante il primo mandato di Trump alla Casa Bianca erano state attuate 13 condanne alla pena di morte federali, più esecuzioni che con qualsiasi altro presidente della storia moderna. Durante questa campagna elettorale, Trump aveva invocato la pena di morte anche contro coloro "sospresi a vendere droga".

Prima di lasciare l'incarico, Garland aveva anche ritirato il protocollo del dipartimento della Giustizia per le esecuzioni federali che consentiva le esecuzioni con una singola dose di Pentobarbital dopo che erano emersi, secondo uno studio commissionato dal governo, "possibili sofferenza e dolore non necessari" dovute all'impiego solo di questo farmaco.

Il protocollo, che ora potrebbe essere reintrodotto, era stato stilato dall'Attorney general nella prima amministrazione Trump, Bill Barr, per sostituire il cocktail di tre farmaci usato prima che il tycoon si insediasse alla Casa Bianca per la prima volta.

I tre condannati nel braccio della morte federale sono Dylann Roof, che nel 2015 aveva ucciso nove membri della Chiesa Mother Emanuel Ame di Charleston, il terrorista della maratona di Boston nel 2013, Dzhokhar Tsarnaev, e Robert Bowers, che aveva ucciso 11 fedeli alla sinagoga Tree of Life di Pittsburgh nel 2018.

Al dipartimento della Giustizia si chiede chiede di valutare i 37 casi di conversione della pene di morte voluta da Biden lo scorso dicembre per garantire che chi ne ha beneficiato "sia detenuto in condizioni coerenti con la mostruosità dei loro crimini" e di considerare la possibilità di incriminarli per reati capitali negli stati, quindi non più a livello federale.

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