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Gaza, Israele conferma: “Morti 8 degli ostaggi tra i primi da liberare”
Di quelli che dovrebbero essere rilasciati nella prima fase di attuazione dell'accordo. Arbel Yehoud e altri 2 saranno liberati giovedì. Palestinesi tornano nel Nord
Sono morti otto degli ostaggi il cui rilascio era stato previsto nella prima fase di attuazione dell'accordo per una tregua tra Israele e Hamas. Lo ha confermato un portavoce del governo israeliano, David Mencer. "Le famiglie sono state informate", ha detto ai giornalisti. L'aggiornamento fornito dal portavoce porta alla conclusione che sono vivi 18 ostaggi dei 26 che devono ancora essere liberati come previsto dalla prima fase dell'intesa.
L'accordo per una tregua tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza prevedeva il rilascio di 33 ostaggi israeliani e la scarcerazione di circa 1.900 detenuti palestinesi nella prima fase di attuazione dell'intesa. Di questi 33 ostaggi, sette sono stati rilasciati.
Si tratta di Romi Gonen, Doron Steinbrecher ed Emily Damari rilasciate il 19 gennaio e di Karina Ariev, Daniella Gilboa, Naama Levy e Liri Albag liberate sabato dopo oltre un anno di prigionia nella Striscia di Gaza. Altri ostaggi dovrebbero tornare in libertà giovedì e sabato prossimi.
Arbel Yehoud e Agam Berger, nonché un altro ostaggio di cui non è stato reso noto il nome, saranno liberati giovedì. Lo ha reso noto l'ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu, secondo cui Israele ha ricevuto un elenco dettagliato delle condizioni degli ostaggi da rilasciare nella prima fase dell'accordo di cessate il fuoco.
Una fonte informata ha riferito ad Haaretz che Hamas ha inviato un elenco in cui si specifica quanti ostaggi sono vivi e quanti sono deceduti, senza però indicarne i nomi. Secondo la fonte, l'elenco conferma le ultime cifre fornite da Israele, secondo cui la maggior parte dei 26 ostaggi rimasti in attesa di rilascio nella prima fase dell'accordo sono vivi.
Palestinesi iniziano il ritorno nel nord di Gaza
Intanto i palestinesi hanno iniziato a tornare nel nord di Gaza: lo ha confermato il ministero degli Interni della Striscia. "Il passaggio dei palestinesi sfollati è iniziato lungo la strada Al-Rashid attraverso la parte occidentale del checkpoint di Netzarim verso Gaza City e la parte settentrionale" della Striscia di Gaza, ha detto un funzionario del ministero all'agenzia di stampa Afp.
Delegazione Hamas al Cairo per discutere fine guerra a Gaza
Oggi una delegazione di Hamas è arrivata al Cairo per discutere l'applicazione dell'accordo sul cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e di come possa portare alla fine della guerra. Lo ha dichiarato Hamas in una nota. A guidare la delegazione è Muhammad Darwish, capo del Consiglio della Shura del gruppo. Previsto un incontro con la leadership egiziana e con i detenuti di Hamas rilasciati sabato dalle carceri di Israele in cambio della liberazione delle 4 soldatesse in ostaggio e trasferiti in Egitto.
Della delegazione di Hamas fanno parte anche Khaled Mashaal, Khalil al-Haya, Zaher Jabarin, Nizar Udallah, Muhammad Nasr e Razi Hamad.
Hamas: "Disposti ad abbandonare governo Gaza dopo guerra"
Intanto Hamas ha fatto sapere che non intende necessariamente governare la Striscia di Gaza dopo che la guerra, iniziata con Israele il 7 ottobre 2023, sarà finita. Lo ha detto ad al Arabiya, Moussa Abu Marzouk, alto funzionario del politburo del gruppo islamista, aggiungendo che Hamas è consapevole che, in futuro, l'organismo di governo della Striscia avrà bisogno del sostegno sia regionale che internazionale, tra cui quello del presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas.
Abu Marzouk ha dichiarato che la leadership di Hamas è "aperta al dialogo con tutte le parti tranne Israele" quando si tratta di formulare un piano per il futuro controllo della Striscia di Gaza. Secondo il funzionario, il gruppo sarebbe disposto a negoziare la composizione del governo della Striscia con gli Stati Uniti, poiché ritiene che il presidente Donald Trump "sia un presidente serio" alla luce dell'accordo di cessate il fuoco e di rilascio degli ostaggi che lui e il suo inviato in Medio Oriente Steve Witkoff hanno contribuito a finalizzare.
Tuttavia, Abu Marzouk ha criticato Trump per le recenti proposte secondo cui l'enclave dovrebbe essere sgomberata e la sua popolazione trasferita in Giordania ed Egitto. "Nessun palestinese o arabo accetterà l'idea di Trump di sfollamento", avverte. "Non avrà successo".
Hamas aveva preso il controllo di Gaza nel 2007 a seguito di uno scontro armato con Fatah. Ora, secondo fonti interpellate dalla Dpa, sta cercando di ottenere dai Paesi che hanno mediato l'accordo (Qatar, Egitto e Stati Uniti) garanzie sui diritti dei suoi dirigenti. Il gruppo islamista ha dimostrato di essere ancora un attore a Gaza durante il rilascio, avvenuto sabato scorso, del secondo gruppo di ostaggi quando decine di suoi miliziani a volto coperto, armati e in uniforme sono comparsi in una piazza nel centro di Gaza City.
Israele ha sempre respinto con forza l'ipotesi che Hamas possa continuare a governare Gaza. L'obiettivo dichiarato della sua offensiva, scattata a seguito del massacro del 7 ottobre, era quello di estirpare completamente la fazione palestinese. Il governo israeliano, tuttavia, non ha ancora presentato un proprio piano per il futuro della Striscia, mentre il mese scorso Hamas ha annunciato di aver accettato una proposta egiziana di istituire un organismo palestinese per amministrare l'enclave. Non è chiaro se lo Stato ebraico accetterà questo piano.
Media: Netanyahu alla Casa Bianca la prossima settimana
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, dovrebbe essere ricevuto da Donald Trump alla Casa Bianca la prossima settimana. Lo ha riferito il sito d'informazione israeliano Walla, citando tre fonti israeliane e americane. Se la visita dovesse concretizzarsi, Netanyahu diventerebbe il primo leader straniero invitato a un incontro con il presidente degli Stati Uniti alla Casa Bianca.
Libano accusa forze israeliane: "Hanno aperto il fuoco, un morto e 7 feriti nel sud"
Un morto e sette feriti nel sud del Libano. A denunciarlo è il ministero della Salute di Beirut con accuse alle forze israeliane che seguono la notizia della proroga, fino al 18 febbraio, del termine per il ritiro delle truppe israeliane dal sud del Libano dopo la richiesta israeliana di più tempo per il disimpegno rispetto ai 60 giorni inizialmente previsti dall'accordo di fine novembre per una tregua tra Israele e Hezbollah. "Gli attacchi del nemico israeliano contro cittadini che tentavano di entrare nelle loro località ancora occupate hanno provocato la morte di una persona e il ferimento di altre sette", denuncia il ministero, come riporta l'agenzia libanese Nna.
Secondo una dichiarazione della Casa Bianca, l'accordo di cessate il fuoco tra Israele e Libano sarà prorogato fino al 18 febbraio. Secondo i termini dell'accordo di cessate il fuoco, l'esercito israeliano avrebbe dovuto ritirarsi dal Libano entro domenica e consentire all'esercito libanese di dispiegarsi nella zona. Tuttavia, Israele ha annunciato che le sue forze sarebbero rimaste temporaneamente, citando la mancanza di preparazione dell'esercito libanese.
Sono 24 le persone, tra cui sei donne, uccise da ieri dall'Idf in Libano. Lo ha dichiarato il ministero della Salute del Libano, aggiungendo che 134 persone sono state ferite.
Esteri
Usa, Trump limita assistenza medica a minori che vogliono...
Firmato ordine esecutivo per "proteggere bambini da mutilazioni chimiche e chirurgiche"
Gli Stati Uniti non "finanzieranno, sponsorizzeranno, promuoveranno, assisteranno o sosterranno" i minori di 19 anni che intendono cambiare sesso. E' quanto si legge nell'ordine esecutivo firmato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump con cui viene ridotta l'assistenza medica per i minori che intendono avviare una transizione da un sesso a un altro. Nel documento, intitolato 'Proteggere i bambini dalle mutilazioni chimiche e chirurgiche', sono contenute limitazioni all'accesso a cure mediche per l'affermazione di genere, come i bloccanti della pubertà, terapie ormonali e la chirurgia per i minori di 19 anni.
Insomma, spiega l'Nbc, l'ordinanza vieta i finanziamenti federali per questo tipo di assistenza ai minori, limita le sovvenzioni per la ricerca e l'istruzione alle scuole di medicina e agli ospedali. Viene inoltre ordinato a tutte le agenzie federali di revocare le linee guida della World Professional Association for Transgender Health (Wpath), un'associazione senza scopo di lucro dedicata all'assistenza medica alle persone transgender. Con la motivazione di ''mettere fine alla pratica di affidarsi alla scienza spazzatura'' perché la Wpath, sostiene l'ordine, ''manca di integrità scientifica''.
"Oggi in tutto il Paese i professionisti sanitari stanno mutilando e sterilizzando un numero crescente di bambini facilmente influenzabili con la falsa e radicale affermazione che gli adulti possono cambiare il sesso di un bambino attraverso una serie di interventi medici irreversibili", si legge nell'ordine esecutivo. Il documento aggiunge che un numero sempre maggiore di bambini si pentirà di aver ricevuto queste cure e saranno "spesso intrappolati in complicazioni mediche per tutta la vita" e nella sterilizzazione.
"Di conseguenza - prosegue l'ordine esecutivo - la politica degli Stati Uniti è quella di non finanziare, sponsorizzare, promuovere, assistere o supportare la cosiddetta 'transizione' di un bambino da un sesso all'altro e di far rispettare rigorosamente tutte le leggi che proibiscono o limitano queste procedure distruttive e che cambiano la vita".
Lambda Legal, un gruppo di difesa legale Lgbtq, ha promesso di combattere l'ordine esecutivo. Negli Usa le principali organizzazioni mediche, l'American Medical Association, l'American Academy of Pediatrics e l'American Psychological Association sostengono l'accesso all'assistenza transitoria per i minori e si oppongono alle restrizioni.
Corte sospende il congelamento di Trump sulla spesa per gli aiuti federali
Trump ha anche ordinato il congelamento dei finanziamenti destinati ai programmi federali. Ma una corte federale degli Stati Uniti ha sospeso il provvedimento, come riportato da diversi organi di informazione statunitensi. Il blocco degli aiuti, che ha creato confusione a causa delle preoccupazioni circa la copertura medica per milioni di persone, avrebbe dovuto entrare in vigore alle 17:00 ora locale di martedì. A seguito di un appello da parte di ONG e potenti stati democratici, la sentenza è stata sospesa fino a lunedì prossimo, 3 febbraio, da un giudice federale di Washington.
La portavoce di Trump, Karoline Leavitt in un briefing, il suo primo, alla Casa Bianca, aveva spiegato che non erano inclusi "i finanziamenti per i programmi di assistenza alle persone, inclusi i benefici del Social Security, Medicare, i buoni alimentari, e altre forme di assistenza di cui beneficiano direttamente le persone". "Responsabilità di questo Presidente e di questa amministrazione è quella di gestire bene il denaro dei contribuenti", ha concluso. Leavitt non ha voluto commentare l'impatto di questo congelamento su college e università.
Esteri
Rep.Congo, vicecapomissione Msf a Goma: ”Ci servono...
cooperanti italiani nella città assediata raccontano di ''saccheggi e combattimenti in corso''
Stanno cercando di ottenere ''garanzie di sicurezza dai ribelli dell'M23 che controllano il sud di Goma'', per poter ''raggiungere i feriti e portarli in ospedale al più presto''. E allo stesso tempo rivolgono ''un appello alle parti belligeranti perché diano spazio all'azione umanitaria e medica''. Sono le priorità di Medici Senza Frontiere, come racconta all'Adnkronos Marco Doneda, vice capo missione Msf a Goma e unico italiano dell'organizzazione rimasto. ''Gli italiani qui sono visti come al di fuori dei giochi di Paesi che hanno connessioni con il Ruanda e che sono diventati obiettivi nelle proteste'', racconta. ''Sicuramente in Congo non si ha una percezione negativa dell'Italia non avendo mai avuto un passato colonialista in questo Paese e proprio per questo il nostro Paese potrebbe svolgere un ruolo di neutralità e di mediazione'', afferma Doneda, a Goma dal maggio del 2024.
''La situazione attuale è l'acme di una crisi che dura da oltre un anno'', prosegue, ''ma fino a due settimane fa sembrava irrealizzabile un simile attacco dell'M23, anche per la forte presenza a Goma di uomini in armi''. Con il precipitare degli eventi, Msf ha ''ridotto il suo staff'' e ora ''siamo rifugiati da lunedì nella nostra base nel quartiere dei vulcani vicino al confine con il Ruanda. Uscire non è sicuro, ci vuole molta cautela''. Oggi lì ''la situazione è abbastanza calma'', ma ''ieri c'è stata una battaglia a 2 chilometri di distanza, ci sono state esplosioni, un razzo ci è passato sopra la testa. La zona è sotto il controllo dell'M23'' ed è ''da loro dobbiamo ricevere garanzie di sicurezza per poter uscire. C'è molta tensione, ieri hanno sparato contro veicoli delle Nazioni Unite''.
Nel frattempo all'ospedale di Kyeshero lo staff di Msf ''continua l'attività medica'' e ha ricoverato solo oggi ''80 feriti, circa 150 dall'inizio della crisi tra civili e militari''. Ma si tratta ''in particolare di donne, le più esposte alle violenze nei campi di sfollati mentre gli uomini sono stati magari coinvolti nei combattimenti''. E forse in questi hanno perso la vita. ''La Croce Rossa ha iniziato i primi sopralluoghi in città e ha riferito della presenza di molti cadaveri in strada'', ha spiegato Doneda. Come Msf, ''cerchiamo di rifornire il nostro ospedale e quello supportato dalla Croce Rossa con materiale medico, ma è una fase confusa dove gruppi di civili e di giovani hanno preso le armi abbandonate in città e si stanno dedicando al saccheggio, anche del magazzino del Pam e del nostro magazzino della farmacia e del materiale medico''.
Ora ''dobbiamo capire cosa succede a Goma, dove la gente vive asserragliata in casa, capire come muoverci senza mettere a rischio nessuno'', spiega Doneda citando il figlio di un collega congolese di Msf, morto dopo essere stato raggiunto da un proiettile vagante a Goma. ''Non gli è stato nemmeno permesso di portare il corpo all'obitorio, il collega è stato fermato, picchiato e costretto a tornare in casa'', racconta.
A Goma intanto si combatte ancora, la città non è ancora caduta completamente ed è preda di "saccheggi" che "sono continuati tutta la notte". Lo racconta all'Adnkronos Monica Corna, rappresentante Paese della ong salesiana Volontariato internazionale per lo sviluppo (Vis) nella Repubblica democratica del Congo e che a Goma abita e lavora da oltre 20 anni. "Qui la situazione è molto instabile e precaria, ci sono alcune zone della città in cui ci sono ancora combattimenti in corso in quanto non è ancora stata presa", afferma la cooperante italiana, secondo cui "la città non è ufficialmente in mano agli M23 e questo comporta criminalità, instabilità ed insicurezza".
La cooperante del Vis racconta di "saccheggi di supermercati e materiali elettronici continuati tutta la notte in ogni parte della città e che vedono implicati ragazzi di strada e parte della popolazione". Secondo Corna, i ribelli M23 "sparano a vista e uccidono" chi è sorpreso a rubare.
Corna spiega che "la corrente elettrica non c'è e non è ancora stata ristabilita", mentre chi è al confine come lei ha a disposizione qualche minuto di connessione a internet grazie a carte sim della Ruanda. "Per il resto noi stiano bene, io sto bene, continuiamo a stare al sicuro, ma a volte non riusciamo a comunicare tra di noi e questa è la parte più difficile".
"Si cerca di uscire il meno possibile di casa anche se le scorte di cibo e di acqua stanno diminuendo sempre di più e questo rappresenterà tra poco un serio problema - conclude - Speriamo che la situazione si risolva il prima possibile".
Dice invece di aver ''temuto per la sua vita'' e quella di sua moglie e suo figlio Roberto Solagna, cooperante italiano e referente nella Repubblica democratica del Congo dell'ong Ai.Bi. (Amici dei bambini). Tanto che da Goma, dove vive dal 2014, ha deciso di fuggire in Ruanda ''sotto una pioggia di bombe e proiettili'', come racconta all'Adnkronos, approfittando della ''frontiera che era ancora aperta'' e dopo che ''gli eventi sono precipitati''. Ora, dichiara, ''la frontiera con il Ruanda è chiusa e non si può più uscire'', quindi gli italiani che non hanno ''approfittato dell'opportunità offerta dall'ambasciata italiana a Kinshasa'' sono rimasti lì.
''Non escono di casa, non è sicuro - prosegue Solagna - un mio amico congolese è stato ferito alla gamba da un proiettile vagante ed è stato operato. Per fortuna sta bene''. Tra gli italiani rimasti ''ci sono quelli che lavorano con la Croce Rossa negli ospedali nelle zone periferiche della città di Goma che sono sommersi da feriti'', aggiunge. In sicurezza anche i ''duecento bambini'' che l'Ai.Bi. assiste a Goma, ''50 presso le loro famiglie e gli altri nei due orfanotrofi'' in città.
Solagna, unico italiano presente a Goma per Ai.Bi. e in Africa con vari progetti di cooperazione dal 2007, dichiara di essere ''in contatto con i responsabili dei due orfanotrofi. I bambini sono 'in ibernazione', dormono sotto i letti, non escono dalle loro camere, stanno in luoghi sicuri lontani dalle finestre per evitare di essere colpiti da proiettili vaganti''. Rischio che ha corso anche il cooperante veronese, ex consulente informatico, che ha puntato verso Kigali quando, appena a 5 chilometri dal confine con il Ruanda, ''una bomba è esplosa a poche centinaia di metri da noi''.
Nella capitale ruandese, precisa, ''la situazione è sicura, anche se tutto è precario e non si può mai sapere''. Arrivato a Goma dal Burundi, dove si era recato nel 2007, Solagna ammette: ''Non mi sarei mai aspettato una situazione come quella che stiamo vivendo in questi giorni''. Anche se, rimarca, ''da due anni a questa parte la situazione della sicurezza e quella umanitaria è andata sempre peggiorando''. Ad esempio, cita il fatto che ''negli ultimi mesi si è registrato un numero di bambini di strada che non si era mai visto. In ogni piccolo angolo della città ci sono piccole tende appoggiate ai muri, con bambini dai 6 ai 9 anni che ci vivono''.
Ora ''i ribelli dell'M23 hanno conquistato Goma e la città è sotto il loro controllo'', prosegue Solagna, ricordando che una situazione simile si era già creata nel 2012. ''Lo stesso gruppo era riuscito a prendere il controllo di Goma e di alcune province del Nord Kivu. Dopo un po' è rientrato tutto'', ma ora i ribelli ''si sentono traditi e vogliono negoziare ponendo loro le condizioni''. Sul futuro, il cooperante afferma che ''se si trova un accordo e si smette di sparare, si può riprendere una vita normale''. E sul suo futuro personale, Solagna dice: ''Vorrei sapere se c'è ancora la nostra casa. Da domenica vari gruppi criminali stanno saccheggiando negozi e case...''.
Sull'ipotesi di tornare in Italia conclude: "Se le condizioni non ci permetteranno di tornare a Goma, non avremo altra scelta se non rientrare in Italia'', ma la speranza è che ''la situazione si stabilizzi, mio figlio possa tornare a scuola, mia moglie congolese alla sua famiglia''.
Esteri
Congo, cooperante italiano: “Siamo scappati sotto una...
La testimonianza all'Adnkronos di Roberto Solagna, referente dell'ong Amici dei bambini
Ha ''temuto per la sua vita'' e quella di sua moglie e suo figlio. Roberto Solagna, cooperante italiano e referente nella Repubblica democratica del Congo dell'ong Ai.Bi. (Amici dei bambini), è fuggito da Goma, dove viveva dal 2014, in Ruanda ''sotto una pioggia di bombe e proiettili'', come racconta all'Adnkronos, approfittando della ''frontiera che era ancora aperta''. Ora, spiega, ''la frontiera con il Ruanda è chiusa e non si può più uscire'', quindi gli italiani che non hanno ''approfittato dell'opportunità offerta dall'ambasciata italiana a Kinshasa'' sono rimasti lì.
''Non escono di casa, non è sicuro - spiega - un mio amico congolese è stato ferito alla gamba da un proiettile vagante ed è stato operato. Per fortuna sta bene''. Tra gli italiani rimasti ''ci sono quelli che lavorano con la Croce Rossa negli ospedali nelle zone periferiche della città di Goma che sono sommersi da feriti'', spiega. In sicurezza anche i ''duecento bambini'' che l'Ai.Bi. assiste a Goma, ''50 presso le loro famiglie e gli altri nei due orfanotrofi'' in città.
La situazione negli orfanatrofi
Solagna, unico italiano presente a Goma per Ai.Bi. e in Africa con vari progetti di cooperazione dal 2007, spiega di essere ''in contatto con i responsabili dei due orfanotrofi. I bambini sono 'in ibernazione', dormono sotto i letti, non escono dalle loro camere, stanno in luoghi sicuri lontani dalle finestre per evitare di essere colpiti da proiettili vaganti''. Rischio che ha corso anche il cooperante veronese, ex consulente informatico, che ha puntato verso Kigali quando, appena a 5 chilometri dal confine con il Ruanda, ''una bomba è esplosa a poche centinaia di metri da noi''.
Nella capitale ruandese, spiega, ''la situazione è sicura, anche se tutto è precario e non si può mai sapere''. Arrivato a Goma dal Burundi, dove si era recato nel 2007, Solagna ammette: ''Non mi sarei mai aspettato una situazione come quella che stiamo vivendo in questi giorni''. Anche se, spiega, ''da due anni a questa parte la situazione della sicurezza e quella umanitaria è andata sempre peggiorando''. Ad esempio, cita il fatto che ''negli ultimi mesi si è registrato un numero di bambini di strada che non si era mai visto. In ogni piccolo angolo della città ci sono piccole tende appoggiate ai muri, con bambini dai 6 ai 9 anni che ci vivono''.
Ora ''i ribelli dell'M23 hanno conquistato Goma e la città è sotto il loro controllo'', prosegue Solagna ricordando che una situazione simile si era già creata nel 2012. ''Lo stesso gruppo era riuscito a prendere il controllo di Goma e di alcune province del Nord Kivu. Dopo un po' è rientrato tutto'', ma ora i ribelli ''si sentono traditi e vogliono negoziare ponendo loro le condizioni''.
Case e negozi saccheggiati
Sul futuro, il cooperante afferma che ''se si trova un accordo e si smette di sparare, si può riprendere una vita normale''. E sul suo futuro personale, Solagna dice: ''Vorrei sapere se c'è ancora la nostra casa. Da domenica vari gruppi criminali stanno saccheggiando negozi e case...''. Sull'ipotesi di tornare in Italia conclude: "Se le condizioni non ci permetteranno di tornare a Goma, non avremo altra scelta se non rientrare in Italia'', ma la speranza è che ''la situazione si stabilizzi, mio figlio possa tornare a scuola, mia moglie congolese alla sua famiglia''.