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La Spd scende al 15% in vista del foto del 23 febbraio
La Spd potrebbe contare solo sul 15% dei voti, dopo aver perso 4 punti in una settimana, alle elezioni in Germania il prossimo 23 febbraio, mentre la AfD è salita nello stesso arco di tempo al 23 per cento.
E' il quadro delineato da un sondaggio YouGov condotto fra il 24 e il 27 di questo mese, dopo l'attentato con il coltello in Baviera di cui è sospettato un 28enne afghano a cui era stata respinta la richiesta di asilo. Il partito dell'estrema destra sarebbe così il secondo partito dopo la Cdu/Csu, su cui potrebbe convergere, secondo la stessa ricerca, il 29 per cento dei voti.
Cala anche il sostegno per i Verdi, ora al 13%, e per i liberali, sotto la soglia di sbarramento del cinque per cento. La sinistra arriva al 5%, con un punto in più guadagnato negli ultimi sette giorni. La populista Sahra Wagenknecht Alliance (BSW) rimane stabile al 6%. Il tema dei migranti è sempre più importante agli occhi del 36 per cento di chi voterà (il 23 per cento la scorsa settimana).
Esteri
Gaza, cooperante a Khan Yunis: “Tanta rabbia durante...
'La Jihad islamica non è riuscita a tenere a bada la folla. Noi speriamo solo che la tregua regga. Il governo italiano ci aiuti con la ricostruzione e faccia pressione su Israele perché rispetti il cessate il fuoco''
C'è ''tanta gente a Khan Yunis'', molta più di quanto non ce ne sia a Gaza City. E c'è anche ''tanta rabbia'', come si è visto dalle scene caotiche trasmesse oggi dalla città a sud della Striscia di Gaza durante il rilascio degli ostaggi israeliani Arbel Yehoud e Gadi Moses. ''Ci sono passato vicino mentre tornavo dal lavoro. Ho visto tanta confusione, miliziani incappucciati e armati, tanta folla che la Jihad islamica palestinese non è riuscita a tenere a bada. Hamas ha organizzato meglio quello che è lo 'show' del rilascio degli ostaggi'', ha dichiarato al telefono all'Adnkronos da Khan Yunis il cooperante Sami Abu Omar. ''Ho cercato di restare a una certa distanza, circolano molte armi in situazioni come queste, non si può mai sapere cosa può accadere'', ha aggiunto.
A dicembre del 2023 Sami Abu Omar era stato costretto a lasciare la sua casa a Khan Yunis e a camminare per 14 chilometri per trasferirsi a Rafah, secondo gli ordini dell'esercito israeliano, insieme alla moglie e ai sette figli, il più grande ha 27 anni e il più piccolo 13. Una volta rientrato a Khan Yunis ha scoperto che della sua casa erano rimaste solo macerie, distrutta dai raid aerei israeliani. ''Ora viviamo da un parente, tutti in una stanza. Ma è una sistemazione temporanea, fino a quando non riusciremo a sistemarci in una tenda o, chissà, in un caravan'', spiega. ''Ora la situazione è più tranquilla'' e ''la speranza è che l'accordo di cessate il fuoco regga. Ne abbiamo bisogno noi palestinesi e ne hanno bisogno gli israeliani''. Il cooperante rivolge quindi un appello ''ai governi europei e in particolare a quello italiano: l'Italia ci dia una mano per la ricostruzione, per mettere a posto gli ospedali e scuole. E faccia pressione su Israele, per garantire la continuità della tregua''.
''Nemmeno nei nostri peggiori incubi avremmo potuto immaginare di vivere quello che abbiamo vissuto, sono stati momenti molto difficile'', racconta. ''Ora ci affidiamo alla speranza, non possiamo perderla perché senza speranza non c'è vita'', aggiunge. I suoi due figli maggiori hanno dovuto sospendere gli studi universitari in ingegneria e odontoiatria, quelli più piccoli ''hanno perso due anni di vita scolastica''. Ma lui da due mesi, racconta, ''ho un nuovo lavoro presso la clinica di Emergency nella zona umanitaria di Khan Yunis, vicino al porto di al-Qarara''. Qui lavorano anche ''sei italiani, insieme ad altro staff medico internazionale e locale''. La missione della clinica è quella di ''fornire un servizio di primo soccorso alle persone sfollate, quelle che vivono nei campi profughi vicini. Abbiamo anche una farmacia''.
La situazione, quindi, ''ora è più tranquilla, ma per la ricostruzione ci vorrà ancora tempo. In base a quanto stabilito inizierà nella terza e ultima fase dell'accordo''. Nel frattempo, ''il valico di Rafah resta ancora chiuso. Stanno per fortuna entrando aiuti umanitari, tanto scatolame, e sono scesi i prezzi, ma non arriva materiale per la ricostruzione e manca l'elettricità. Aspettiamo e speriamo, non possiamo fare altro''.
Esteri
Cisgiordania, l’ex europarlamentare Morgantini e il...
Sarebbero entrati in una "zona militare"
Sono stati rilasciati dalla polizia israeliana Luisa Morgantini, 84 anni, ex vicepresidente dell'Europarlamento e nota attivista italiana, e il giornalista del Sole 24ore Roberto Bongiorni, fermati stamane a Tuba (a sud di Hebron), perché sarebbero entrati in una "zona militare". Entrambi sono stati portati alla stazione di polizia della colonia di Kiryat Arba per essere poi rilasciati anche grazie all’intervento della ambasciata d’Italia a Tel Aviv e del Consolato a Gerusalemme, fa sapere la Farnesina in una nota.
La segretaria generale della Federazione Nazionale Stampa Italiana Alessandra Costante aveva commentato: "Israele non può e non deve considerare i giornalisti come obiettivi e limitare il diritto di cronaca. Atteggiamento che non è proprio di uno Stato democratico".
Esteri
Trump e Putin hanno avuto colloquio? La risposta ambigua...
La domanda dopo l'incidente aereo in cui sono morti cittadini russi: "Ha parlato con Putin?". La risposta: "No... non di questo"
Donald Trump ha parlato con Vladimir Putin? E' il presidente degli Stati Uniti ad alimentare il dubbio con una risposta 'in due tempi' nel briefing dopo l'incidente aereo che ha provocato 67 morti a Washington, con lo schianto tra un aereo dell'American Airlines e un elicottero militare. A bordo dell'aereo viaggiavano anche alcuni cittadini russi. Trump ha spiegato che gli Stati Uniti faciliteranno il rimpatrio delle vittime russe. Un giornalista ha chiesto a Trump: "Ha parlato con il presidente Putin?". "No", la risposta del presidente americano.
"Non di questo", ha aggiunto subito dopo. La seconda parte della risposta non è passata inosservata e ha innescato ipotesi: possibile che Trump e il presidente russo abbiano avuto contatti diretti? Il presidente degli Stati Uniti, che si è insediato il 20 gennaio, ha detto e ripetuto che punta ad un incontro in tempi brevi con il leader del Cremlino per porre fine alla guerra tra Ucraina e Russia. Ufficialmente, non sono in corso contatti tra Washington e Mosca per organizzare il confronto tra i presidenti. La risposta di Trump oggi, però, alimenta dubbi e ipotesi.
L'agenzia russa Tass, che segue il briefing del presidente americano, coglie il dettaglio e analizza la risposta: "Trump ha detto che non ha parlato con Putin dell'incidente aereo di Washington, lasciando effettivamente intendere che potrebbe esserci stato un contatto su un altro tema".