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Germania, Reza Pahlavi: “Governo ha bloccato mia partecipazione a Conferenza Monaco”
Il figlio maggiore dell'ultimo Shah di Persia ha denunciato che il governo tedesco, su "pressione" della Repubblica islamica, gli ha ritirato l'invito a partecipare alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza che si apre domani
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Reza Pahlavi, figlio maggiore dell'ultimo Shah di Persia, ha denunciato che il governo tedesco, su "pressione" della Repubblica islamica, gli ha ritirato l'invito a partecipare alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza che si apre domani. L'ufficio stampa di Reza Pahlavi ha precisato in una nota di aver ricevuto una comunicazione dagli organizzatori dell'evento in cui si sottolinea che "gli esponenti dell'opposizione iraniana e i rappresentanti della società civile iraniana sono stati ospiti abituali della Conferenza" e lo stesso Reza Pahlavi è stato a Monaco l'ultima volta nel 2023. "Il direttore della Conferenza di Monaco, l'ambasciatore Christoph Heusgen, aveva invitato informalmente il signor Pahlavi quest'anno. Dopo aver consultato il governo tedesco, Heusgen ha deciso di non formalizzare l'invito al signor Pahlavi", si precisa.
Sempre secondo l'ufficio stampa del figlio dello Shah, la nota degli organizzatori "conferma che il governo tedesco è intervenuto direttamente per bloccare la partecipazione del principe Reza Pahlavi alla conferenza su pressione diretta della Repubblica islamica".
"L'ayatollah sta tirando i fili a Berlino", ha commentato in un post su X lo stesso Reza Pahlavi, riferendosi alla Guida Suprema dell'Iran, Ali Khamenei. "Questo è un tradimento sia del popolo iraniano che dei valori democratici della Germania - ha aggiunto - Questo governo tedesco non solo ha messo a tacere la voce del popolo iraniano, ma ha anche eseguito attivamente gli ordini della Repubblica islamica".
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Esteri
Israele-Hamas, sabato liberi tutti gli ostaggi vivi:...
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Hamas: "Giovedì consegneremo corpi mamma Bibas e due bambini". Israele intanto si ritira dal sud del Libano, i soldati rimangono in 5 punti strategici
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Saranno rilasciati sabato prossimo "tutti i rimanenti ostaggi vivi" trattenuti da più di un anno nella Striscia di Gaza. Lo riferisce l'emittente egiziana Al Qahera News che cita una fonte egiziana informata sugli sviluppi degli ultimi colloqui al Cairo tra Egitto, Qatar, Israele e Stati Uniti nel contesto della prima fase dell'accordo tra Israele e Hamas in vigore dallo scorso 19 gennaio. Stamani fonti di Hamas avevano parlato al sito di notizie israeliano Ynet di una "alta probabilità" che sabato il gruppo liberi sei ostaggi vivi.
Mentre giovedì verranno consegnate alle autorità di Israele quattro salme. Giovedì Hamas consegnerà alle autorità israeliane i corpi di Shiri Bibas e dei suoi due figli, Ariel e Kfir, gli ostaggi più giovani rapiti il 7 ottobre del 2023, ha detto il leader di Hamas nella Striscia di Gaza, Khalil Al-Hayya. ''Giovedì consegneremo quattro salme, comprese quelle della famiglia Bibas'', ha annunciato. Hamas aveva dichiarato che i tre erano morti a causa di un raid aereo israeliano sulla Striscia di Gaza. Il marito di Shiri e padre di Ariel e Kfir, Yarden Bibas, è stato rilasciato da Hamas due settimane fa. I quattro erano stati rapiti dalla loro casa nel kibbutz di Nir Oz.
Kfir e Ariel Bibas avevano rispettivamente nove mesi e quattro anni quando sono stati rapiti. A novembre 2023 Hamas ha affermato che i due fratellini Bibas erano stati uccisi insieme alla madre in un attacco aereo israeliano. In quell'occasione ha anche diffuso un video del padre Yarden Bibas, anche lui in ostaggio, in cui considerava il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu responsabile della loro morte. La famiglia Bibas e in particolare Kfir sono diventati un simbolo e tra le vittime più note dell'assalto compiuto da Hamas.
La seconda fase dell'accordo
Israele avvierà in settimana i negoziati sulla seconda fase dell'accordo di cessate il fuoco a Gaza, che comprenderà uno scambio di ostaggi israeliani con detenuti palestinesi, ha reso noto il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar, aggiungendo che Israele chiede una completa smilitarizzazione della Striscia.
"Ieri sera abbiamo tenuto una riunione del gabinetto di sicurezza. Abbiamo deciso di avviare i negoziati sulla seconda fase della tregua. Questa avrà luogo in settimana", ha detto Saar in una conferenza stampa a Gerusalemme.
I negoziati per una seconda fase dell'accordo, che i mediatori speravano avrebbe portato al rilascio degli ostaggi rimasti e al completo ritiro delle truppe israeliane da Gaza, avrebbero dovuto essere già in corso a Doha, ma il Qatar ha affermato che i colloqui non sono ancora iniziati ufficialmente.
Ritiro di Israele dal Libano
Intanto l'esercito israeliano si è ritirato dal sud del Libano esclusi i 'cinque punti strategici' indicati ieri, come hanno spiegato fonti della sicurezza libanese, poche ore dopo la scadenza indicata per il ritiro nel quadro dell'accordo di cessate il fuoco con Hezbollah. "L'esercito israeliano si è ritirato da tutti i centri abitati sul confine fatta eccezione per cinque punti", hanno dichiarato le fonti all'Afp.
L'esercito libanese ha annunciato di essersi schierato durante la notte in diversi centri abitati del Libano meridionale a seguito del ritiro delle forze israeliane. In un comunicato, le forze armate libanesi affermano che le truppe sono entrate ad Aabbasiyyeh, Majidieh, Kafr Kila, Marjaayoun, Odaisseh, Markaba, Houla, Mays al-Jabal, Blida, Mahbib, Maroun al-Ras, Yaron, Bint Jbeil e in diverse altre località vicino al confine con Israele.
Il dispiegamento delle forze armate libanesi viene effettuato in coordinamento con il comitato guidato dagli Stati Uniti che supervisiona il cessate il fuoco con Israele e con l'Unifil. Le unità ingegneristiche - è stato inoltre annunciato - stanno effettuando rilievi, aprendo strade e rimuovendo gli ordigni inesplosi rimasti.
Anche il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha detto che le truppe israeliane rimarranno in cinque postazioni strategiche, sottolineando che le forze di difesa israeliane attueranno "con decisione" l'accordo di cessate il fuoco in Libano e agiranno contro qualsiasi minaccia di Hezbollah. "A partire da oggi, l'Idf rimarrà in una zona cuscinetto in Libano in cinque avamposti strategici e continuerà ad agire con forza e senza compromessi contro qualsiasi violazione da parte di Hezbollah", ha dichiarato Katz, citato dal Times of Israel.
Esteri
Germania, cinque giorni al voto: l’incognita delle...
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Ecco quali sono le potenziali alleanze e i possibili risultati alle urne di domenica sulla base degli ultimi sondaggi
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A cinque giorni dal voto anticipato in Germania, si moltiplicano i sondaggi accompagnati da ipotesi di coalizioni. Gli ultimi dati Insa per la 'Bild' mostrano che il leader della Cdu Friedrich Merz, la cui Unione (Cdu/Csu) è ancora al 30%, potrebbe essere eletto cancelliere solo con l'aiuto dei socialdemocratici della Spd (15%) e dei Verdi (13%). Ma non vanno scartate altre ipotesi, fa presente il tabloid, ragionando su "cambiamenti anche piccoli nei sondaggi" che potrebbero modificare il quadro delle potenziali alleanze.
Perché - scrive - se sia o meno sufficiente un'alleanza a due Cdu/Csu-Spd o Cdu/Csu-Verdi dipende dai risultati di Fdp e Bsw, rispettivamente Liberali e Alleanza Sahra Wagenknecht, che rischiano di non superare la soglia del 5% dei voti necessaria a entrare in Parlamento. Con un guadagno di mezzo punto percentuale, il Partito della Sinistra (Die Linke) si attesterebbe al 6,5%. L'AfD, guidato da Alice Weidel, resterebbe ferma secondo il sondaggio condotto tra il 14 e il 17 febbraio al secondo posto con il 22%.
La Spd del cancelliere Olaf Scholz scivola di mezzo punto percentuale al 15 percento, il peggior risultato di sempre dei socialdemocratici in un'elezione federale. Il partito di Wagenknecht (Bsw) scende al cinque per cento, dopo aver raggiunto risultati a doppia cifra poco dopo la sua fondazione nel luglio 2024. Anche i Liberali devono temere, ma possono sperare, secondo gli ultimi dati: il partito di Christian Lindner guadagna infatti mezzo punto percentuale, sfiorando nuovamente la magica soglia del 5% con il 4,5%.
Per il responsabile dell'Insa Hermann Binkert, senza il Bsw "potrebbe essere sufficiente una coalizione nero-rossa, Unione e Spd; con la Fdp, si formerebbe una coalizione tedesca”, così chiamata dai colori dei partiti, nero Cdu/Csu, giallo, Fdp rosso, Spd che richiamano quelli della bandiera tedesca. In altre parole, se la Bsw perdesse solo qualche voto in più, ciò consentirebbe un'alleanza tra Cdu/Csu e Spd. Mentre se i liberali riuscissero a entrare in Parlamento, si potrebbe formare una coalizione tra Cdu/Csu, Spd e Fdp.
Poiché la Spd risulta ancora indebolita nel sondaggio, allo stato attuale delle cose una grande coalizione di Cdu/Csu con Spd è fuori questione - se i sondaggi si trasformeranno in realtà il 23 febbraio. Il candidato cancelliere dell'Unione Merz avrebbe bisogno di due partiti per un governo stabile. Ciò significherebbe una coalizione tra Cdu/Csu (30%), Spd (15%) e Verdi (13%). (di Laura Cingolani)
Esteri
Ucraina, per sondaggio Archivio Disarmo italiani favorevoli...
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Gli intervistati si dichiarano disponibili a inviare un contingente per far rispettare un accordo di pace, con particolare consenso nel caso dell'Ucraina, dove i favorevoli sono il 58% a fronte del 23% di contrari.
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Al vertice ristretto di Parigi il tema principale è stato l'invio di contingenti europei al confine ucraino. Le posizioni sono divergenti, anche per la complessità dello scenario che emergerà dai colloqui con la Russia che Trump ha avocato a sé senza, almeno per ora, ammettervi né l'Ucraina né i paesi della UE. A fronte dell'incertezza del quadro generale, alcuni governi, tra cui quello italiano, hanno espresso dubbi sulla fattibilità di una presenza militare europea sui confini di una guerra la cui soluzione non sembra ancora a portata di mano.
Se spetterà ai governi decidere, coordinandosi con gli organi dell'Unione, è interessante sapere come reagirebbe l'opinione pubblica italiana all'idea che il nostro paese contribuisca a una missione di peace-keeping. Nel sondaggio d'opinione Difebarometro n. 11, realizzato da Archivio Disarmo in collaborazione con Demetra, è stato domandato a un campione rappresentativo di 802 intervistati se fossero favorevoli o contrari a fornire un contingente di peace-keeping in Ucraina (così come a Gaza e in Libano).
In tutti e tre i casi gli intervistati si dichiarano disponibili a inviare un contingente per far rispettare un accordo di pace, con particolare consenso nel caso dell'Ucraina, dove i favorevoli sono il 58% a fronte del 23% di contrari.
È da sottolineare che l'ipotesi riguarda una missione di pace, da realizzare una volta che sia stato trovato un accordo fra le parti. Questo dato è decisivo per escludere che un'eventuale missione italiana abbia obiettivi diversi dai classici compiti di peace-keeping, consistenti nel monitoraggio del rispetto di accordi assunti dalle parti e ratificati a livello internazionale.
In questo caso, commenta Fabrizio Battistelli, presidente di Archivio Disarmo, “Oltre ai protagonisti Russia e Stati Uniti, e a pieno titolo l'Ucraina, sono indispensabili l'egida dell'Onu e la decisione dell'Unione Europea. Soltanto in questo caso si potrebbe immaginare un contributo italiano a una missione esclusivamente di pace, che sia chiara negli obiettivi e nelle regole di ingaggio”.
“A queste condizioni -conclude Battistelli- l'opinione pubblica italiana conferma la fiducia che i militari italiani si sono conquistati nelle missioni di pace ogni volta che il mandato è chiaro ed effettivamente finalizzato al mantenimento della pace”.