Intervista esclusiva a Nadia Carlomagno: «Upas è stata un’esperienza di grande valore e calore umano»
Sta per tornare a teatro con lo spettacolo ‘2084 – l’anno in cui bruciammo Chrome’, che andrà in scena al Campania Teatro Festival, ma è uno degli ultimi volti più apprezzati della soap Un Posto al Sole. Parliamo dell’attrice Nadia Carlomagno, che si è raccontata in questa intervista dove, tra ricordi e curiosità del passato, ci ha parlato anche del suo ultimo progetto, passando anche per l’esperienza nella produzione di punta di Rai3.
Intervista a cura di Roberto Mallò
Salve Nadia, sta per ritornare in teatro dopo tanti anni. Che emozioni prova?
“Torno in teatro dopo due gemelli e tanta ricerca e sperimentazione. Sono sotto debutto e tornare nel rito comunitario del teatro è stato un gran dono e un grande privilegio che, a dirla tutta, non avevo preventivato. Quando il regista mi ha detto che aveva scritto un ruolo adatto a me, ho avuto qualche titubanza. Poi ho aperto il cuore e l’ho seguito… ed eccomi qui a cuore aperto, come direbbe il sommo Maestro che ci ha appena lasciato Peter Brook, ad interrogare Atria Cafiero, una donna che ha sulle spalle tutta la responsabilità di mandare avanti la famiglia ormai allo sfascio, con due figli persi nella realtà virtuale”.
Farà parte di uno spettacolo che verrà presentato all’interno del Campania Teatro Festival. Come si intitola? Di che tipo di rappresentazione si tratta?
“Lo spettacolo ‘2084 – l’anno in cui bruciammo Chrome’, testo e regia di Marcello Cotugno, rientra nei progetti speciali del Campania teatro festival. E’ un debutto assoluto, un progetto che nasce nell’ambito del Master in teatro pedagogia e didattica dell’Università Suor Orsola Benincasa che ho ideato nel 2017, e affronta tematiche molto innovative e soprattutto inquietanti e distopiche che interrogano la realtà e anche la contemporaneità, invitando ad aprire dibattiti su che direzioni prenderà l’umanità tra soli sessant’anni Torneremo alla terra? Ci perderemo definitivamente in una dimensione virtuale? Come si modificheranno le nostre vite già oggi così mutate dall’uso della tecnologia e dall’abuso che abbiamo fatto del nostro stesso pianeta. Indaghiamo il Metaverso e la realtà virtuale che inghiotte i giovani e che rappresenta già oggi una emergenza educativa e pedagogica, senza perdere di vista i rapporti umani e il legame con la terra. In ‘2084– L’anno in cui bruciammo Chrome’, che trae la sua ispirazione tematica dal romanzo di Orwell, s’immagina che l’Occidente post-capitalista sia stato colonizzato dalla cultura cinese. La tecnologia più avanzata pervade ogni cosa: dal Metaverso all’utilizzo di droni e telecamere per controllare il livello di sicurezza della nazione. La vita della collettività è regolata dai crediti sociali: per ogni azione dei cittadini il governo assegna un punteggio. Il lavoro è diventato l’unica ragione di vita. In un appartamento di un quartiere povero di una cittadina immaginaria, una famiglia cerca, tra mille difficoltà, un riscatto sociale”.
Con quali colleghi interagirà sul palco?
“Con Francesco Maria Cordella, un attore di grande talento ed esperienza col quale avevo già lavorato alcuni anni fa e alcuni allievi del Master in Teatro pedagogia e didattica che hanno avuto la fortuna di essere scelti del regista, che è anche loro docente al Master. Giulia Scognamiglio, Graziano Purgante, Paolo Capozzo, Antonella Durante e Anna Simioli, anche loro giovani talenti”.
La regia sarà a cura di Marcello Cutugno, un regista molto importante e con un curriculum invidiabile. Avevate già lavorato insieme? Come si è trovata a interagire con lui?
“Si Marcello è un regista di grandissimo talento, uno studioso e un pedagogo appassionato di tecnologia e di musica. Firma anche il testo originale. Sono molto felice di lavorare con lui, mi ha fortemente voluta in questo spettacolo”.
Negli ultimi due anni il teatro è stato sicuramente messo a dura prova dal sopraggiungere della pandemia. Immagino che la ripresa sia difficile, no?
“Sicuramente le istituzioni non hanno sostenuto l’arte, considerandola entertainment, qualcosa di simile all’intrattenimento, divertimento, lasciando chiusi a lungo i teatri. E’ difficile anche ora che i teatri sono aperti e i festival hanno ripreso la loro programmazione garantire l’andata in scena a causa delle restrizioni ancora in atto dovute al Covid-19. Si rischia spesso di far saltare gli spettacoli per casi di contagio”.
Ripercorriamo un po’ la sua carriera. Quali esperienze da attrice le sono rimaste maggiormente nel cuore?
“Al cinema sicuramente l’esperienza con Ettore Scola nel film La cena, dove interpretavo Lolla, una delle protagoniste femminili accanto a Stefania Sandrelli e Fanny Ardant, e poi con Marco Risi con cui ho girato Fortapàsc, interpretando il ruolo della moglie di Valentino Gionta (Massimiliano Gallo), il mandante dell’omicidio del giornalista Giancarlo Siani. Con Massimo Martelli poi ho interpretato un altro bellissimo ruolo da protagonista nella commedia Il segreto del successo con Antonio Catania e i comici Malandrino e Veronica, un film che vinse il Premio Solinas. Ho trovato estremamente significativo interpretare anche i piccoli ruoli di esordio nei film Teatro di guerra di Mario Martone, I magi randagi di Sergio Citti e nell’Imbalsamatore di Matteo Garrone. Film girati da grandissimi registi dove ho imparato davvero molto. A teatro porto nel cuore i ruoli di Elena e Clitennestra, che ho interpretato nel Decimo anno, tratto dalle troiane di Euripide e l’Agamennone di Eschilo con la regia di Andrea De Rosa e Francesco Saponaro, ma anche Dene nello spettacolo di Thomas Bernard Ritter Dene Voss con Mercedes Martini e Francesco Cordella e poi il magnifico ruolo di Rita nel Cilindro di Eduardo De Filippo con la regia di Alfonso Santagata”.
E se le dico Vittorio Gassmann?
“Le rispondo un artista straordinario, di grandissimo talento, un mattatore, un uomo di grande cultura che adoravo ascoltare nei pomeriggi trascorsi insieme sul set la Cena di Scola, un flusso di coscienza a ritroso nel suo passato, di grande bellezza e splendore. Ho un ricordo vivo e intenso di quel periodo. Mi confidò che aveva visto e vissuto tutto ciò che un uomo potesse desiderare: belle donne, successo, viaggi, premi, “ma quando scendi in profondità”, mi disse, “tutto assume un colore diverso, tutto diventa fragile”. Era di una tale sensibilità che mi conquistò subito, anche umanamente”.
C’è un regista con cui vorrebbe lavorare? Perché?
“Mi piacerebbe lavorare in progetti stimolanti con registi che stimo… ne cito alcuni? Mario Martone, Matteo Garrone, Paolo Sorrentino, Andrea De Rosa, Ferzan Özpetek, Edoardo De Angelis, Pappi Corsicato, Stefano Sollima, Pietro Marcello, ma ci sono anche registe interessantissime come Emma Dante, Nina di Majo e Valeria Golino, legate incredibilmente alla mia terra e al sud con una sensibilità straordinaria”.
Qualche anno fa ha preso parte ad Un Posto al Sole, nel ruolo di Nunzia, la madre di Clara. Che ricordo ha di quel periodo?
“Un periodo molto intenso, molto stimolante, interrotto bruscamente dalla pandemia, dove ho conosciuto una grande famiglia che mi ha accolto con grande professionalità e affetto. Ho ancora ottimi rapporti con mia figlia Clara e con molti altri attori”.
Cosa le piaceva di Nunzia?
“La sua determinazione, il suo coraggio, la sua passione, la sua capacità di amare, di rischiare per amore fino a perdere la vita…”
Una storyline, quella del suo personaggio, che si è conclusa in maniera abbastanza tragica. Come mai? E’ stata una sua scelta quella di andare via?
“E’ stata una scelta che mi è stata anticipata dalla produttrice con grande delicatezza, che ho condiviso subito, anche se con dispiacere, perché ho avvertito che fosse necessaria e utile a far soffermare il pubblico su alcune tematiche importanti. Nunzia era stata l’amante di n boss della camorra con il quale aveva avuto una figlia, un uomo inaffidabile che ha saputo riconquistarla dopo 20 anni, per poi ucciderla di sua mano. Si aprono tante considerazioni utili anche a far riflettere le giovani donne che oggi sono vittime della violenza dei compagni… Bisogna saper lasciare che i personaggi possano continuare a vivere nella memoria degli spettatori e questo accade quando lasci un segno forte. Devo ammettere che ricevo ancora tantissime belle testimonianze di affetto su Facebook e Instragam e di incitazione a tornare”.
E’ rimasta in contatto con alcuni colleghi della soap?
“Si con Imma Pirone (Clara), mia figlia nella soap”.
Se capitasse l’occasione, ritornerebbe ad Un Posto al Sole?
“Assolutamente sì e con grande gioia! E’ stata un’esperienza umana e professionale di grande valore e calore umano”.
Ha avuto dei punti di riferimento quando ha deciso di fare l’attrice? Mi racconti un po’ dei suoi esordi. Quando ha deciso di fare l’attrice?
“Ho iniziato presto, durante il primo anno dell’Università, con un gruppo di ricerca diretto dal regista Mario Santella, debuttando con uno spettacolo su Vladimir Majakovskij a Officina 99, un centro sociale occupato e successivamente a Sala Assoli. Ho avuto poi la fortuna di continuare a lavorare con realtà teatrali della mia città come Libera Scena di Renato Carpentieri, Rossotiziano e Teatri Uniti, con i registi quali Francesco Saponaro e Andrea De Rosa. Ho incontrato poi ancora grandi maestri di teatro da Giuseppe Patroni Griffi a Emuntas Nekrosius a Leo De Berardinis, Alfonso Santagata, Giampiero Solari, Augusto Omolù dell’Odin Theatre per citarne alcuni. Poi è arrivato il cinema con Sergio Citti, sceneggiatore e collaboratore di P.P. Pasolini, con il quale ho debuttato nel film I magi Randagi e poi Ettore Scola, Mario Martone, Matteo Garrone, Giuseppe Piccioni, Antonietta De Lillo”.
Leggevo che lei è anche un’insegnante. Ci racconta un po’ di questa sua attività?
“Sono una professoressa universitaria di pedagogia sperimentale. Per me è naturale conciliare il mondo accademico con il mondo artistico. Sono due mondi nei quali mi sono formata e sono cresciuta e sono sempre stati presenti. Essere attrice mi ha consentito di poter indagare con più sicurezza il campo di ricerca della pedagogia sperimentale. Ho sperimentato su di me l’importanza dei linguaggi non lineari delle arti sceniche: il linguaggio espressivo, emotivo, musicale, mimico- gestuale, corpo-cinestesico che sono linguaggi fondamentali per valorizzare l’inclusione nella prassi educativa. Pratico da sempre la ricerca-azione, ma soprattutto la ricerca in azione in linea con le ultime evidenze neuroscientifiche che riposizionano il corpo al centro dell’apprendimento. Per me, il corpo, l’azione, la relazione, il contesto sono gli elementi fondanti della cognizione e sono anche gli elementi fondamentali del lavoro dell’attore nella messa in scena”.
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Coronavirus
Covid, forte legame tra smog e virus: lo studio
Ricerca Enea-Università di Roma Tor Vergata
Uno studio Enea - Università di Roma Tor Vergata ha evidenziato una forte affinità tra il particolato atmosferico (Pm2.5) e la proteina Spike del virus Sars-Cov-2 responsabile del Covid. I risultati, che descrivono l’interazione tra le polveri sottili e il virus attraverso simulazioni di dinamica molecolare eseguite con il supercalcolatore Cresco6, sono stati pubblicati sulla rivista online Science of The Total Environment e rientrano nell’ambito del progetto Pulvirus.
“Durante la fase iniziale della pandemia la Lombardia e, in generale, tutta l’area della Pianura Padana sono state colpite più duramente dall’infezione virale rispetto al resto del Paese. Parliamo di una parte d’Italia tra le più inquinate e questo ha portato la comunità scientifica a ipotizzare un possibile ruolo del particolato atmosferico nella diffusione del virus”, spiega Caterina Arcangeli, ricercatrice Enea del Laboratorio Salute e Ambiente e coautrice dello studio insieme ai colleghi Barbara Benassi, Massimo Santoro e Milena Stracquadanio e ai ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tor Vergata Alice Romeo, Federico Iacovelli e Mattia Falconi.
Lo studio è partito dalla verifica e dimostrazione della presenza del genoma del virus responsabile del Covid-19 su almeno il 50% dei campioni di filtri per il Pm2.5 raccolti nella città di Bologna nell’inverno del 2021. “A seguire abbiamo realizzato al computer modelli molecolari semplificati di Pm2.5 e di Sars-Cov-2 e abbiamo valutato la loro interazione mediante simulazioni ad alte prestazioni eseguite con il supercalcolatore Cresco6”, aggiunge Arcangeli.
Le simulazioni - spiega una nota - hanno mostrato chiaramente che i glicani (zuccheri) presenti sulla superficie della proteina Spike giocano un ruolo importante nell’interazione tra virus e particolato, mediando il contatto diretto con la corrispondente superficie del nucleo di carbonio del Pm2.5. Inoltre, dallo studio emerge anche una stretta correlazione tra Pm2.5 e virus anche rispetto alle caratteristiche chimiche del particolato fine, il cui contenuto in carbonio elementare sembra avere una funzione guida nell’interazione con il Sars-Cov-2.
“Sebbene l’affinità tra Pm2.5 e Sars-Cov-2 appaia plausibile, la simulazione non permette di valutare se queste interazioni siano sufficientemente stabili per trasportare il virus nell’atmosfera o se il virione mantenga la sua infettività dopo il trasporto. La possibilità che il virus possa essere ‘sequestrato’ dal Pm, con conseguente riduzione di infettività e diffusione, o inattivato da questa forte interazione con il particolato non può essere quindi esclusa”, prosegue la ricercatrice Enea.
La forza delle simulazioni al computer effettuate da questo studio risiede nella capacità di modellare diversi tipi di particolato, variando sia la concentrazione che la composizione chimica degli inquinanti atmosferici. Queste simulazioni possono, dunque, rappresentare uno strumento utile per valutare rapidamente l’eventuale interazione delle polveri sottili con virus, batteri o altri bersagli cellulari rilevanti. “Questa possibilità potrebbe dimostrarsi utile per contrastare o controllare la diffusione di future malattie trasmesse per via aerea in regioni altamente inquinate e fornire informazioni utili per elaborare piani di controllo dell'inquinamento dell’aria”, conclude Arcangeli.
Coronavirus
Doug Pitt: l’uomo oltre il nome famoso
Nel mondo delle celebrità, spesso i riflettori sono puntati su nomi familiari come Brad Pitt, ma dietro ogni grande figura c’è un intero universo di individui che contribuiscono in modo significativo al loro settore e alla società nel suo complesso. Uno di questi casi è quello di Doug Pitt, fratello minore dell’acclamato attore Brad Pitt. Ma Doug è molto di più di “il fratello di”. È un imprenditore di successo, un filantropo appassionato e una figura che merita sicuramente di essere conosciuta più a fondo. Personalità sfaccettata e di grande successo, ha un nome costruito grazie alle sue aziende votate alla tecnologia e alle numerose attività di filantropo nel corso degli anni.
Dal fratello di Brad Pitt all’individuo di successo
Nato il 2 novembre 1966 a Springfield, nel Missouri, Doug Pitt è soprattutto conosciuto perché condivide lo stesso sangue con l’attore hollywoodiano Brad Pitt. Spesso cresciuto all’ombra del più celebre fratello maggiore, Doug ha intrapreso una strada di successo contando sulle proprie capacità e i propri interessi. Dopo aver completato gli studi all’università della sua contea, infatti, ha iniziato una carriera tutta in salita nei settori immobiliare e finanziario, mostrando sin da subito il suo talento nel mondo degli affari. Risale all’aprile del 1991 la fondazione della sua prima azienda, la ServiceWorld Computer, occupata nella fornitura di servizi informatici. A soli 25 anni inizia così la scalata che lo porterà nel mirino del club dei milionari.
Nel 2007 decide di cedere il 75 per cento degli interessi dell’azienda a Miami Nations Enterprises rimanendone però il proprietario e principale partner operativo. Nel 2012 fonda quindi TSI Integrated Services in collaborazione con TSI Global. Nel 2013 Pitt e Miami Nations Enterprises decidono di fondere ServiceWorld con TSI Global. Nel 2017 Pitt ricompra la sua prima società di computer creando la nuova Pitt Development Group, società specializzata in sviluppi commerciali e territoriali. Con questa azienda si è proposto come leader indiscusso nel settore.
Imprenditore e Filantropo
Doug Pitt non è solamente un uomo d’affari di successo, ma un filantropo impegnato che usa i suoi mezzi a disposizione per intervenire in aree critiche del mondo. “Care to Learn”, di cui è il fondatore, è un’organizzazione benefica che fornisce risorse essenziali a bambini che vivono in contesti difficili. L’organizzazione si concentra su bisogni fondamentali come cibo, vestiti e attrezzature scolastiche, permettendo ai più giovani di crescere e imparare in un ambiente positivo e accogliente.
Doug è anche collaboratore di Waterboys.com, WorldServe International e Africa 6000 International (a cui partecipa anche la sorella Julie), organizzazioni impegnate nella fornitura di acqua potabile nei paesi africani più in difficoltà, come Tanzania e Kenya. Nel 2010 l’allora presidente della Tanzania Jakaya Kikwete lo ha insignito del titolo di Ambasciatore di buona volontà per la Repubblica Unita di Tanzania. Con questo titolo opera in qualità di intermediario per tutte quelle aziende che vogliono contribuire alla rinascita economica e culturale del paese. Nel 2011 il presidente americano Bill Clinton lo ha premiato con l’Humanitarian Leadership Award.
Dietro le quinte dell’industria del vino
Oltre al suo coinvolgimento nel settore immobiliare e nell’ambito delle opere di beneficenza, Doug Pitt ha anche sviluppato una passione per il mondo del vino. È coinvolto nella gestione di “Pitt Vineyards”, un’azienda vinicola che produce vini di alta qualità. Questa dedizione per il vino riflette la sua grande curiosità e il suo interesse per settori imprenditoriali differenti.
Una vita riservata
La famiglia di primo piano non ha impedito a Doug Pitt di mantenere un profilo relativamente basso nel mondo dei media. Ha cercato, infatti, di proteggere la sua privacy e di concentrarsi sul suo lavoro e sulle sue passioni, piuttosto che sfruttare la sua connessione familiare per attirare l’attenzione dei riflettori. Nel 1990 ha sposato Lisa Pitt, conosciuta all’università, e insieme hanno tre figli: Landon, Sydney e Reagan.
Nonostante abbia sempre cercato di non farsi notare, in certe occasioni è apparso sui media presentandosi in modo scherzoso come il fratello del più celebre Brad. Ha girato diversi spot pubblicitari, come quello per Virgin Mobile Australia, e in alcuni ha vestito persino i panni del fratello, come nella pubblicità per Mother’s Brewing Company. In diverse interviste rilasciate (come quella all’emittente Nova FM) ha anche ammesso di essere scambiato per il fratello almeno 3 volte a settimana da sconosciuti che lo incontrano per strada. Questo perché i due fratelli oltre a condividere carriere di successo, hanno effettivamente un fisico e dei lineamenti molto simili.
L’eredità di Doug Pitt
La storia di Doug Pitt dimostra come dietro a ogni individuo ci siano esperienze, imprese e passioni diverse che meritano di essere riconosciute. Pur essendo spesso additato come “il fratello di Brad Pitt”, la sua dedizione per il mondo degli affari, il suo coinvolgimento nella beneficenza e la sua capacità di perseguire le sue passioni lo rendono un esempio di impegno e di successo. Il suo lavoro nel settore imprenditoriale e filantropico dimostra come sia possibile creare un’eredità significativa indipendentemente dal nome di famiglia e che ognuno ha il potenziale per influenzare positivamente sulla vita degli altri.
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È finalmente nelle sale cinematografiche il film “Tic Toc”
E continua anche il suo tour promozionale con vari appuntamenti.
Girato a Terni negli studios di Papigno, la commedia è stata diretta dal regista Davide Scovazzo mentre la produzione è stata affidata ad Anteprima Eventi Production e Management S.r.l. di Massimiliano Caroletti. Il film vanta un cast di eccezionali attori noti al pubblico tra cui Eva Henger, Maurizio Mattioli, Sergio Vastano, Fausto Leali, Donatella Pompadour, Valentino Marini, Paolo Pasquali alias Doctor Vintage, Cristiano Sabatini alias Bike Chef, Simone Bargiacchi alias Antonio Lo cascio, Samuel Comandini Alisa Zio_ Command, Fabio Stirlani alias Stirlo , Dimitri Tincano, Jennifer Caroletti, Antonella Scarpa alias Himorta, Vanessa Padovani alias Miss Mamma Sorriso, Chaimaa Cherbal, Claudia Letizia ,Elena Colombi , Paola Caruso, Luigi Iocca, Giuseppe Lisco, Rosy Campanale, Daniel Bellinchiodo, Francesco Aquila, Michela Motoc.
E proprio Eva Henger con Massimiliano Caroletti insieme alla figlia Jennifer, al suo debutto sul grande schermo, sono ospiti della prestigiosa kermesse cinematografica Ischia Global Fest, e incontreranno il pubblico prima della proiezione con Doctor Vintage, anche lui nel cast della pellicola, nella serata del 13 luglio.
Filo conduttore del film il rapporto con i social. Tic Toc è una commedia che intreccia tante vicende e scopre tante realtà partendo dalla storia di quattro intraprendenti scansafatiche che per guadagnare qualche soldo decidono di rapire Eva Henger. Un progetto che frana a causa del Covid e che innesca un susseguirsi di intoppi divertenti: “Un gruppo di Sinti, una sorta di gang Fedeli al triste, ma vero, gioco di parole “è tutto LORO quello che luccica”, i quattro passano giornate ad invidiare le superstar di oggi , ovvero gli, e soprattutto le, Influencers, attribuendo a ognuno e a ognuna di loro vite principesche, fatte di limousines, jet privati, champagne della migliore categoria, ville gigantesche e stuoli di servitori, tutto ciò che, nella loro miseria, è loro negato dalla vita, in una maniera che, dal loro punto di vista, reputano ingiusta ed immorale. Stufi di raccogliere le briciole di quello che loro credono essere solo un mondo dorato e pieno di privilegi, i quattro mascalzoni vengono a sapere che la star Eva Henger inaugurerà una Escape Room (cosa che loro non hanno idea di cosa sia) a Terni, per cui a Zagaja, ma ben presto condiviso dagli altri pur se con qualche perplessità soprattutto da parte di Bike Chef, viene la “brillante” idea: appostarsi poco prima dell’entrata della Escape Room e rapire la Diva, che per lui è anche il suo sogno erotico da sempre, in modo da chiedere il riscatto ai suoi numerosi sponsor”, ha spiegato l’ideatore Fabio Stirlani. La trama affronta in chiave drammatica argomenti comici che riflettono l’attualità.
Un film che segna il grande ritorno al cinema di Eva Henger che per l’occasione ha interpretato se stessa. Un ruolo cucito alla perfezione su di lei: “Ho interpretato me stessa. Pensavo fosse facile, invece è stato difficilissimo. Quando si interpreta la propria persona ci si rende conto di non conoscerla realmente. Ho dovuto metterci dell’ironia, verve e passione, anche perché sarà un film comico, che farà ridere molto”. Assieme a lei sul set la figlia Jennifer Caroletti interessata a seguire le orme della madre.