A Bruxelles, secondo e ultimo giorno del vertice dei Capi di Stato e di Governo dell’Unione
L’Unione Europea sta adottando sanzioni contro la Bielorussia e per il momento tiene lontana la Turchia. I capi di Stato e di Governo riuniti giovedì 1 ottobre e venerdì 2 ottobre al vertice di Bruxelles hanno alzato il tono sulla politica estera.
I 27 hanno anche discusso durante questo incontro sul rispetto dello stato di diritto nei Paesi membri e le relazioni con il Regno Unito. Il presidente della Commissione europea vuole intensificare i negoziati con Londra. Ursula von der Leyen incontrerà oggi sabato 3 ottobre il primo ministro britannico. Vuole credere in un risultato positivo. “Quando vogliamo, possiamo. Non dobbiamo dimenticare che abbiamo fatto progressi su molte questioni“, ricorda il funzionario tedesco.
I leader vogliono anche che il piano venga adottato rapidamente e molti Paesi non possono più aspettare per questo sostegno finanziario. Per convalidarlo, il Parlamento Europeo e diverse capitali desiderano ancora rafforzare le condizioni per ottenerlo, legate al rispetto dello stato di diritto. “È essenziale confermare il piano il più rapidamente possibile e attuare quanto concordato. È una questione di credibilità“, insiste il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel.
“Esiste un legame tra il bilancio europeo e lo stato di diritto“, assicura Charles Michel.
Per quanto riguarda le relazioni con la Turchia, Grecia e Cipro mostrano la loro soddisfazione. Gli Stati membri si impegnano ad adottare rapidamente le sanzioni se non si osservano cambiamenti significativi. Ma le autorità turche hanno già fatto sapere che non accetteranno alcuna minaccia. Il Presidente cipriota ignora questa posizione. Nicos Anastasiades sottolinea che “l’Unione non ha minacciato. Invito la Turchia a seguire la via del diritto internazionale“.
Cipro revoca finalmente il veto alle sanzioni contro la Bielorussia, ma Lukashenko non viene preso di mira; la Bielorussia intende inoltre reagire alle sanzioni dell’UE. Minsk evoca l’istituzione di una lista nera che includerà funzionari europei.
Politica
“Netanyahu benvenuto in Italia”, opposizione...
Per il ministro Crosetto, la sentenza della Cpi sull'arresto internazionale per il leader israeliano "è sbagliata, ma il mandato va eseguito". Secondo Tajani le decisioni saranno prese "insieme agli alleati". Ma per il leghista "i criminali di guerra sono altri". E scoppia la polemica
Il mandato d'arresto nei confronti del premier israeliano Netanyahu e dell'ex ministro Gallant emesso dalla Corte penale internazionale? "Sbagliato, ma va eseguito". Questo, almeno, secondo il ministro della Difesa Guido Crosetto. Perché per il vicepremier Matteo Salvini, il leader dello Stato ebraico sarebbe invece "il benvenuto in Italia", così come altri esponenti israeliani. E inevitabilmente scoppia la polemica.
Dal Pd a Italia Viva, arriva infatti l'accusa da un lato al leghista di delegittimare la sentenza della Cpi e dall'altro al governo di non avere una posizione chiara, ufficiale e univoca sul caso, vista anche la terza posizione espressa dal ministro e vicepremier Antonio Tajani, secondo il quale l'Italia sostiene la Cpi, "ma siamo altresì convinti che la Corte debba svolgere un ruolo giuridico e non politico. Per quanto riguarda le decisioni le prenderemo insieme ai nostri alleati", ha detto.
Cosa ha detto Salvini
“Conto di incontrare presto esponenti del governo israeliano e se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri”, le parole del vicepremier Matteo Salvini, pronunciate oggi a margine dell’assemblea nazionale di Anci e finite nel mirino dell'opposizione. “Non entro nel merito delle dinamiche internazionali - ha aggiunto -. Israele è sotto attacco da decenni, i cittadini israeliani vivono con l’incubo dei missili e con i bunker sotto le case da decenni, adesso dire che il criminale di guerra da arrestare è il premier di una delle poche democrazie che ci sono in Medioriente mi sembra irrispettoso, pericoloso perché Israele non difende solo se stesso ma difende anche le libertà le democrazie e i valori occidentali”.
“Mi sembra evidente che sia una scelta politica dettata da alcuni paesi islamici che sono maggioranze in alcuni istituzioni internazionali”, ha osservato ancora Salvini.
Poi il leader leghista, incalzato dai cronisti sulle differenze nelle dichiarazioni dei membri dell'esecutivo, assicura: "Sono convinto che Giorgia Meloni troverà una sintesi, ma il problema è a livello internazionale", la spiegazione a margine degli Stati Generali della Sanità della Lega, in corso a Milano.
"Ringrazio Giorgia Meloni e il governo italiano che stanno cercando di portare pace ed equilibrio - ha poi aggiunto -. Conto che la vittoria di Trump sia salvifica per l’Occidente, per la pace. Alcune uscite non mi sembra che avvicinino né la pace né l’equilibrio. E anche su questo troveremo sintesi come l’abbiamo sempre trovata".
I cronisti hanno poi chiesto al ministro Salvini se non gli desse fastidio che il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, prendesse le distanze da lui. Il vicepremier ha ribadito che "non mi da fastidio nulla" perché "ottimista per natura".
Dal Pd a Italia Viva, scoppia la polemica
Come ampiamente prevedibile, le parole del leghista hanno scatenato le proteste dell'opposizione. "Dopo la sentenza della corte penale internazionale non sappiamo ancora quale sarà la posizione ufficiale del governo italiano sull’arresto di Netanyahu. Prima il ministro della Difesa Crosetto che dice ok all’esecuzione del mandato. Poi il vicepremier Salvini, che lo smentisce, e afferma che il capo del governo israeliano sarebbe il benvenuto nel nostro Paese", attaccano Chiara Braga e Francesco Boccia, capigruppo del PD alla Camera dei Deputati e al Senato. "Presidente Meloni può dirci come si comporterà l’Italia? Seguirà il suo amico Orban che lo invita a Budapest? Chi è che decide della credibilità del nostro paese? Non è accettabile che in una fase così delicata per la politica internazionale il governo si esprima in modo così confuso e contraddittorio. È il momento che la premier faccia sentire la sua voce", continuano.
"La Lega di Salvini annuncia il voto contrario alla nuova Commissione europea, quella in cui figura un commissario italiano come Fitto. Una posizione irresponsabile e in palese contraddizione con l’interesse nazionale che la premier Meloni dice di voler difendere, mentre invece è sempre più ostaggio delle divisioni della sua maggioranza”, afferma quindi Piero De Luca, capogruppo del Pd in commissione Affari europei alla Camera. “Per settimane - aggiunge - Meloni ha attaccato il Partito democratico per cercare di nascondere che è il suo stesso vicepremier a sabotare gli interessi italiani alleandosi con le forze più estremiste e antieuropee, gettando discredito sul nostro Paese. Meloni esca dal silenzio e chiarisca la posizione del suo Governo: sta dalla parte dell’Europa o dei suoi alleati nazionalisti e antieuropei?”.
“Matteo Salvini difende e giustifica Netanyahu, un criminale di guerra che sta infangando la tradizione democratica di Israele. Tra un po’, magari, indosserà una maglietta con il suo viso come fece con Putin. Salvini sta sempre dalla parte sbagliata. Va sempre fuori binario”, la nota del deputato del Partito Democratico Roberto Morassut.
"Il conflitto israelo-palestinese non nasce il 7 ottobre ma è frutto di un secolo di violenza, di occupazione, di diritti negati, di Stati non riconosciuti. Il 7 ottobre è nei nostri occhi e l’abbiamo condannato ma questo non vuol dire legittimare e giustificare il genocidio che Netanyahu ha già compiuto nei confronti dei palestinesi", sottolinea Vittoria Baldino vicecapogruppo M5S alla Camera a L’Aria che tira su La7. Continua la pentastellata: "Parliamo di un premier che ha messo al bando Unrwa a Gaza, un’agenzia che ha dato modo a 300.000 bambini di curarsi, di non morire di poliomielite, che ha dato assistenza ai palestinesi. Dalla Corte penale internazionale su Netanyahu solo una constatazione di fatto: stiamo parlando di un criminale di guerra. Perché anche la guerra ha dei codici da rispettare codici che non sono stati rispettati da Israele. Governo Meloni attendista? Non lo era nel 2023 quando la Corte penale internazionale ha emesso mandato di arresto anche per Putin. Siamo davanti a vergognoso doppiopesismo".
"Delegittimare la Corte Penale Internazionale è di una gravità inaudita: non si può acclamare quando chiede l’arresto di Putin per la guerra in Ucraina e poi bollarla come irresponsabile se chiede l’arresto di Netanyahu che è colpevole di circa 44 mila morti tra i civili e di aver raso al suolo Gaza". Così il portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli. "Noi pensiamo che sia irresponsabile aver chiuso gli occhi di fronte al massacro del popolo palestinese. Il vero atto di irresponsabilità è consentire a Netanyahu di continuare a massacrare il popolo palestinese, perché c'è una strategia: occupare Gaza e cacciare i palestinesi. A differenza di quanto sostiene Salvini, Netanyahu non è il benvenuto in Italia e va arrestato. Salvini non si cura minimamente del sangue, del dolore, delle vite umane perse a Gaza".
"Ci aspettiamo dal governo Meloni, a differenza di quanto avvenuto finora, un atteggiamento univoco, chiaro e senza ambiguità di fronte alla decisione della Corte Penale Internazionale di emettere mandati di arresto per il premier dell’attuale governo israeliano Netanyahu e per il suo ex ministro della difesa", affermano poi in una nota congiunta Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni di Avs. "Quello che tutto il mondo ha potuto vedere in questi mesi a Gaza è inequivocabile: una strage continua di decine di migliaia di civili che per il diritto internazionale è un crimine di guerra. Il Governo italiano ha il dovere di rispettare in toto il diritto internazionale e dunque anche di applicare le decisioni assunte dagli organismi chiamati a farlo rispettare. Ecco perché troviamo incredibili, anzi scandalose le parole di Salvini, che allineandosi con i peggiori politici del pianeta dimostra il proprio disprezzo per la legalità internazionale auspicandone la palese violazione". "Per questo motivo depositeremo al più presto in Parlamento una mozione per impegnare il Governo al pieno rispetto delle convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia e quindi alla sollecita attuazione delle decisioni della Cpi".
"Pur essendo convinto che il Governo israeliano e Netanyahu abbiano superato i limiti della difesa, considero sbagliato che si possa pensare di innescare un processo di pace attraverso i mandati di cattura”, ha affermato quindi Davide Faraone, capogruppo di Italia viva alla Camera, a Rainews24. “Credo anche non sia corretto -ha aggiunto- mettere sullo stesso piano i terroristi di Hamas e il Governo democratico come quello di Israele. Lo Stato israeliano è una democrazia che come tale va difesa dalle aggressioni subite per la sua stessa volontà di esistere. Ci sono gruppi di terroristi, organizzati attorno all’Iran, che si adoperano per cancellarla dalle cartine geografiche. È naturale che Israele lavori per difendersi. Quanto al Governo italiano, è ridicolo e irresponsabile che due ministri della stessa Repubblica come Crosetto e Tajani, dicano cose così diverse su un tema tanto delicato”.
"Matteo Salvini ha dichiarato che Benjamin Netanyahu sarebbe il 'benvenuto' in Italia, ignorando deliberatamente la realtà dei fatti. È una vergogna giuridica, politica e morale. Vi è infatti un mandato d’arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale contro l’attuale premier israeliano, l’ex Ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e il leader militare di Hamas Mohammed Deif per i crimini di guerra e crimini contro l’umanità", afferma quindi Marco Tarquinio, eurodeputato S&D.
"La CPI, il cui Statuto è stato ratificato anche dall’Italia, ha dichiarato riguardo a Netanyahu e Gallant di ritenerli responsabili di aver commesso 'il crimine di guerra della fame come metodo di guerra e i crimini contro l'umanità di omicidio, persecuzione e altri atti disumani'. Rifiutare questa realtà significa calpestare il diritto internazionale e mancare di rispetto alle vittime innocenti in Medio Oriente".
"Salvini, con le sue dichiarazioni, si allinea a Viktor Orbán, scegliendo di schierarsi dalla parte di chi è incriminato per violazione dei diritti umani e rinunciando con ostentazione a sostenere i principi democratici e lo stato di diritto. Si può e si deve trattare con chiunque per fermare massacri e costruire percorsi di pace, ma non si devono mai 'bombardare' il diritto internazionale e le istituzioni che lo presidiano. L'Italia non può permettersi di essere rappresentata da chi deliberatamente ignora giustizia e legalità internazionale".
Politica
Violenza su donne, appello Semenzato per una mozione...
Intervista alla presidente della Commissione Femminicidio in vista della Giornata internazionale
Dall'appello per arrivare a una mozione unitaria in parlamento contro la violenza sulle donne alla necessità di continuare a sensibilizzare sul tema anche attraverso l'educazione al rispetto in famiglia e a scuola. L a presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere Martina Semenzato, deputata di Coraggio Italia e del Gruppo parlamentare di Noi Moderati, in un'intervista all'Adnkronos, parla in vista del 25 novembre Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne e fa il punto sull'impegno dell'organismo parlamentare da lei guidato.
"Io conto ancora che si possa lavorare per l'unitarietà", afferma Semenzato dopo il rinvio di martedì scorso dell’esame delle mozioni contro la violenza sulle donne. La presidente invita a lasciarsi alle spalle "questa corretta diatriba politica" e lancia "un appello alle commissarie della Commissione, con le quali abbiamo lavorato ed eravamo già arrivate a una sintesi, per riprendere il lavoro fatto e dare un esempio superando lo stereotipo del 25 novembre (Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne ndr)". "Trovo giusto che ci siano le espressioni politiche ed è ovvio che di fronte a certe affermazioni ci sia una risposta politica da parte delle opposizioni: è la base della democrazia tra una maggioranza e una opposizione - sottolinea Semenzato facendo riferimento alle polemiche dopo le parole del ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara sulla violenza sulle donne e il patriarcato - Però ci vuole poi la messa a terra pratica di un lavoro comune".
Secondo Semenzato bisogna quindi guardare oltre la data del 25 novembre: "Se si vuole lavorare su un provvedimento insieme, lo possiamo fare anche dopo. E' un appello che faccio di riprendere in mano tutto il lavoro che avevamo fatto nelle scorse settimane: sappiamo che la mozione è una dichiarazione di intenti, ma è una dichiarazione di intenti importante perché è una linea programmatica. Non ha la forza legislativa di altri provvedimenti, ma ha la forza programmatica". "Non facciamoci prendere dall'angoscia della data, che è un simbolo importantissimo, 'scolliniamo' il perimetro della data e raggiungiamo l'obiettivo - conclude Semenzato - Preferisco fare un buon provvedimento condiviso piuttosto che ascriverne uno il 25 novembre".
'DONNE PROTAGONISTE CAMBIAMENTO' - "Serve cultura del rispetto da parte degli uomini e consapevolezza per le donne che dalla violenza si può uscire, protagoniste del cambiamento", afferma Semenzato secondo la quale il messaggio che deve passare è quello di vedere le "donne non come vittime, ma come attrici e interlocutrici di una cittadinanza attiva che ci permetta di lavorare sul prima e non sul dopo. Questa secondo me è la lotta alla violenza di genere". "La violenza di genere non è solo una questione di femminicidio, ma è anche violenza domestica, psicologica, fisica, economica - ricorda - Oggi il ruolo della donna è socialmente cambiato: siamo diventate attrici e protagoniste di una cittadinanza attiva. Questo destabilizza i sistemi, ha creato discriminazioni e violenza di genere abbracciando sia gli ambiti familiari che lavorativi". "Oggi si parla molto di più di violenza di genere ed è importante la sensibilizzazione continua, dobbiamo acquisire la cultura del rispetto che è alla base dei nostri rapporti sociali - aggiunge la presidente Semenzato - La cultura del rispetto travalica il concetto di violenza di genere e riguarda tutta la nostra socialità. Se ne parla perché si ha, per fortuna, una maggiore sensibilizzazione del tema". "I numeri ci dicono che tante donne vittime di violenza non sono ancora indipendenti, non hanno il conto corrente, non si occupano di faccende economiche e quando succede una crisi forte nel sistema familiare, non hanno strumenti per poterne uscire - conclude - Anche noi donne dobbiamo acquisire consapevolezza che dalla violenza di genere si può uscire e che abbiamo gli strumenti a disposizione per poterlo fare e arrivare prima alla denuncia".
'EDUCARE AL RISPETTO' - "Dobbiamo lavorare su una trasversalità. Io lo chiamo patto di corresponsabilità tra famiglia, scuola, società civile, politica. L'educazione al rispetto deve nascere in famiglia, deve essere amplificata dalla scuola, deve avere come moltiplicatore la società civile e le istanze devono essere raccolte dalla politica", continua la presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere. "Si è perso il ruolo genitoriale, il valore di dire 'no' ai ragazzi che poi si sentono legittimati a prendere tutto, anche qualcosa senza consenso", continua Semenzato puntando l'attenzione sul ruolo della scuola come "sentinella dei disagi dei nostri ragazzi, delle loro fragilità e per valorizzare le loro potenzialità". "Sono d'accordo nell'educazione al rispetto e alla parità di genere nella scuola - osserva - E inoltre attraverso l'educazione finanziaria, nell'ambito dell'educazione civica, si può parlare di indipendenza economica per le giovani".
'GRAVISSIME CANZONI CHE DENIGRANO LE DONNE' - E riguardo ad alcuni messaggi contro le donne contenuti in certe canzoni, Semenzato osserva: "La libertà artistica non può essere la denigrazione del genere femminile. L'etica e il rispetto di genere passa anche attraverso una narrazione linguistica rispettosa che deve riguardare la comunicazione in generale dagli articoli giornalistici, alla pubblicità, alla musica e attraverso appunto messaggi musicali sani, quelli denigratori dovrebbero avere un limite".
- 'SENSIBILIZZAZIONE STRADA GIUSTA' - "Il 2024 sul 2023 segna un segno meno sui femminicidi, su omicidi donne, su omicidi in ambito familiare e sugli omicidi da parte del proprio partner. Questi numeri ovviamente non ci consolano, non sono quella rivoluzione culturale a cui tutti auspichiamo ma il fatto che si siano messi in moto, a vari livelli, società civile, scuola, istituzioni e politiche, e la sensibilizzazione continua sul tema ci fanno capire che la strada è giusta nella lotta al femminicidio", osserva Semenzato. "Non penso ci possa essere una legge, una pena, un singolo provvedimento che risolva il femminicidio, ma dobbiamo lavorare sulla prevenzione", osserva Semenzato. Quanto alla questione dei braccialetti elettronici, la presidente osserva: "I braccialetti elettronici salvano le donne e le hanno sempre salvate. L'Italia è il Paese che ha più braccialetti elettronici e, grazie all'intervento della legge Roccella, oggi vengono dati con un procedimento meno tortuoso - continua - Il braccialetto è un elemento importantissimo per la tutela della donna, ma la valutazione del rischio deve essere fatta prima dal magistrato che, se il soggetto è pericoloso, deve avere il coraggio di dare la misura cautelare". "Inoltre - aggiunge - quando il magistrato dà il braccialetto elettronico, ha anche il dovere di capire se nella zona c'è copertura perché il braccialetto è un sistema tecnico e in quanto tale può avere disfunzioni. Peraltro, dopo i fatti recenti di malfunzionamenti, si sta intervenendo dal punto di vista tecnico".
IL LAVORO DELLA COMMISSIONE E IL TESTO UNICO - "Il 31 luglio scorso abbiamo votato a unanimità la ricognizione delle tante norme che ci sono in Italia sul tema della violenza di genere, sulle donne e la prevenzione per dare vita a un Testo Unico: sono moderatamente fiduciosa che con l'anno nuovo possa trovare luce anche perché la violenza di genere non ha un testo unico e io penso che avere questo strumento a disposizione sia una base di partenza importantissima", afferma la presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere riguardo al lavoro che sta svolgendo la Commissione. "Un Testo Unico compilativo per individuare i gap normativi sui quali poi intervenire con procedimenti successivi", prosegue puntualizzando che "l'Italia è un esempio virtuoso a livello europeo perché le leggi ci sono". La Commissione sta lavorando poi su altri fronti: "un'inchiesta sulla violenza economica" e i temi della "vittimizzazione secondaria" e degli "orfani di femminicidio".
Politica
M5S, la carica dei 90mila per la Costituente: la galassia...
Serve la maggioranza assoluta degli iscritti per la votazione di presidente e garante
La carica dei 90mila al voto per la Costituente del Movimento 5 Stelle. Sono 88.943, per la precisione, gli iscritti M5S che fino a domenica potranno prendere parte alla consultazione online per disegnare l'identikit del Movimento che sarà. Ma come si presenta la truppa pentastellata all'appuntamento con Nova?
Lo scontro Grillo-Conte
Lontani i tempi delle varie anime che attraversavano trasversalmente (a volte a geometrie variabili) il mondo grillino. Con l'addio di tanti big, il M5S di oggi è riconducibile in gran parte a Giuseppe Conte. Ma nessuno nasconde che il vero scontro in atto è tra il leader pentastellato e il fondatore Beppe Grillo. La metamorfosi è compiuta: dall'uno 'vale' uno' si è passati all'uno 'contro' uno. E, a meno di imprevedibili colpi di scena, in campo ne resterà solo uno.
L'appuntamento di domenica sarà uno snodo cruciale, tanto per il garante, quanto per il presidente. Se, infatti, la figura di Grillo rischia di essere cancellata con un colpo di penna, anche Conte è pronto a farsi da parte "se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora" dalla sua leadership, dice in un'intervista. Il riferimento è alla collocazione nel campo progressista, ma non c'è solo quello a far traballare la posizione del presidente pentastellato, che dalla sua ha sicuramente l''intellighenzia' del Movimento che, anche oggi, esorta la base a partecipare al voto.
Lo fa Roberto Fico con un post sui social, poco dopo aver spiegato che i problemi ci sono, ma non dipendono "dall'alleanza con il Pd. Sarebbe così anche se ci tenessimo a distanza", ma è proprio per questo motivo che "stiamo facendo l'Assemblea costituente, che deve essere un momento di ripartenza".
I big si schierano con l'ex premier
Fico, ex presidente della Camera e in odore di un nuovo posto al sole in Campania, non è l'unico a essersi esposto in tal senso: della collocazione nel campo progressista e di un 'matrimonio' con i dem ne ha più volte parlato anche l'unica governatrice regionale in quota Movimento 5 stelle, la sarda Alessandra Todde. E sulla stessa lunghezza d'onda viaggia anche il capogruppo al Senato, Stefano Patuanelli, uno dei primi ad applaudire il voto, tutt'altro che lusinghiero per il M5S, in Emilia-Romagna e Umbria. L'analisi di quelle percentuali un po' risicate ha sollevato qualche dubbio su Chiara Appendino, vicepresidente scelta da Conte. Ma è stata lei, sempre via social, a chiarire cosa intendeva quando ha parlato di un "Pd che ci sta fagocitando".
Dopo l'invito alla partecipazione, l'ex sindaca di Torino confermerà che voterà "per confermarci progressisti perché è quello che sono e sono sempre stata", oltre che per non cambiare nome e simbolo. E quindi: nessun problema con il presidente, che incassa l'encomio pubblico del capogruppo alla Camera dei pentastellati, Francesco Silvestri, e di Riccardo Ricciardi, anche lui vicepresidente del M5S.
Il toscano, che ruota nella galassia dei Cinquestelle dai meetup del 2007, è quello che più si è impegnato a portare acqua al mulino dell'ex premier, ammettendo gli errori - molti causati da scelte di qualcun altro e non di Conte -, ma evidenziando soprattutto la volontà di evolversi rispetto al passato. "Quando il Movimento era bambino - scrive su Facebook Ricciardi -, era giusto che vedessimo il mondo in quel modo, era giusto e normale che pensassimo che la politica fosse più semplice. Oggi il Movimento è adulto. E sarebbe ridicolo pensare come pensavamo allora". Un messaggio che, a giudicare dai numeri del post, fa breccia anche tra gli iscritti.
Toninelli e Raggi tifano Grillo
Tra i big, tra i quali Paola Taverna, vicepresidente vicaria del movimento, Vito Crimi, consulente del gruppo parlamentare pentastellato, Michele Gubitosa, Mario Turco, Pasquale Tridico, c'è anche qualcuno che non si schiera dalla parte di Conte. Tra i più critici c'è sicuramente Danilo Toninelli, che quasi quotidianamente tiene una rubrica sui social in cui spara a zero sulle scelte del presidente, una su tutte quella di non essere stato riconoscente a Grillo per averlo messo là, a capo del governo. Anche Virginia Raggi, che di fatto non si è mai esposta pubblicamente sull'argomento, è molto più vicina all'ala grillina e movimentista che a quella contiana. A fare il tifo per il garante, poi, ci sono tanti esponenti locali e attivisti.
Ormai lontani dal M5S, i due ex enfant prodige Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista hanno preso strade diverse. Il primo, oggi inviato Ue per il Golfo Persico, in un'intervista non ha voluto prendere posizione tra Conte e Grillo: "Ho vissuto anni straordinari, quando è nato mio figlio ho ricevuto messaggi bellissimi. Anche da Conte e da Grillo''. Il secondo, resta per molti una 'riserva' del Movimento, nonostante abbia abbandonato da tempo i pentastellati. Altro personaggio di spicco, che ha vissuto la stagione del Vaffa con Grillo e Gianroberto Casaleggio ma è stato anche lo spin doctor di Conte a palazzo Chigi, Rocco Casalino non si è espresso pubblicamente sulla contesa in atto. Ma intanto conta la base.
Sul ruolo del presidente, del garante, sulle modalità di votazione per le modifiche statutarie, sul Comitato di Garanzia e sul nome e sul simbolo serve che almeno la maggioranza assoluta degli iscritti partecipi affinché la votazione non debba essere ripetuta: in pratica 44.473 persone devono trovare del tempo tra oggi e domenica per collegarsi al sito e dare il proprio contributo. Per tutti gli altri quesiti, il quorum non serve, ma sarebbe auspicabile che si raggiungesse, anche perché è la prima volta, in Europa, che è la base a decidere, come spesso ha raccontato Conte nell'ultimo periodo.