Bonus 1000 euro, a chi spetta e cosa cambia dalla Social Card
Il governo sta pensando a un bonus spesa da 1.000 euro per il 2025. Questa misura fa parte di una serie di iniziative con cui l’esecutivo mira a sostenere le famiglie italiane in difficoltà economica, ampliando la gamma di aiuti presenti. Rispetto alla Social Card, il bonus da 1.000 euro raddoppia il tetto del beneficio economico, ma presenta requisiti più stringenti. Il bonus potrebbe essere inserito in Manovra, ma il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha spiegato che non c’è ancora nulla di definitivo.
Ecco cosa si potrà acquistare con questo contributo, se approvato, e chi potrà farne domanda.
Bonus 1000 euro, cosa si potrà acquistare?
Come la Social Card, il bonus spesa da 1.000 euro è stato progettato per coprire spese essenziali, destinate principalmente all’acquisto di beni di prima necessità come alimenti, farmaci e altri prodotti indispensabili per la vita quotidiana. Il bonus sarà spendibile in punti vendita selezionati, quali supermercati, farmacie e altri esercizi commerciali convenzionati, per assicurarsi che i fondi vengano utilizzati solo per acquisti mirati e utili alla gestione del bilancio familiare.
Rispetto alla Social Card, questo nuovo incentivo offre una maggiore flessibilità in termini di importo. Tuttavia, è importante ricordare che si tratta di una misura mirata, con un bacino di beneficiari più ristretto e criteri di accesso ben definiti. I mille euro saranno distribuiti tenendo conto delle diverse condizioni economiche e sociali delle famiglie richiedenti, e l’erogazione sarà personalizzata in base alle necessità e alle caratteristiche economiche dichiarate dai richiedenti.
Chi può accedere al bonus
Per accedere al bonus spesa da 1.000 euro, il governo ha stabilito criteri molto rigidi tutti necessari, in modo da contenere la spesa pubblica prevista per questa misura:
Monoreddito: la famiglia deve essere sostenuta economicamente da una sola persona, ovvero deve avere un unico reddito;
Disoccupazione: almeno uno dei membri della famiglia deve essere disoccupato. Questo serve a identificare nuclei familiari che si trovano in una situazione di difficoltà lavorativa. Il primo requisito, da solo non basta: se solo un genitore lavora, ma l’altro non sta cercando attivamente lavoro (quindi è inattivo ma non disoccupato), non si potrà accedere al bonus;
Isee: il reddito complessivo della famiglia, misurato dall’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (Isee), non deve superare i 10.000 euro annui;
Minori a carico: la famiglia richiedente deve avere almeno un minore a carico;
Residenza in aree ad alta disoccupazione: un altro elemento fondamentale per accedere al bonus è la residenza in regioni caratterizzate da alti tassi di disoccupazione. Questo requisito mira a individuare una concreta mancanza di opportunità lavorative da cui deriva la difficoltà economica dei richiedenti.
Come fare domanda
Per ottenere il bonus spesa da 1.000 euro, sarà necessario presentare una domanda attiva. A differenza della Social Card, che viene assegnata in modo automatico, il bonus dovrà essere richiesto attraverso il sito dell’Inps dove l’utente dovrà accedere con SPID, CIE o CNS. Una volta effettuato l’accesso, sarà possibile compilare la domanda online, allegando tutta la documentazione necessaria per dimostrare di soddisfare i requisiti richiesti.
Il processo di domanda prevede l’invio di documenti che attestino la situazione economica e occupazionale del richiedente. Tra questi, l’Isee aggiornato e i certificati di disoccupazione per i membri della famiglia. Come sempre, chi non può o non riesce ad effettuale la procedura online, potrà come rivolgersi ai Caf e ai patronati per ricevere assistenza nella compilazione e nell’invio della domanda.
È importante ricordare che il bonus sarà erogato in base alle risorse stanziate, quindi è consigliabile presentare la domanda tempestivamente per assicurarsi di rientrare tra i beneficiari.
Quando arriverà il bonus spesa
Secondo le informazioni attualmente disponibili, il bonus spesa da 1.000 euro sarà attivato a partire da gennaio 2025, ma con una finestra temporale limitata. Il governo ha infatti previsto che la misura resterà attiva per un solo mese, da gennaio a febbraio 2025. Tuttavia, non è escluso che, in base alla situazione economica del Paese e alle necessità riscontrate, la misura possa essere prorogata o ampliata.
Una volta accolta la domanda, il bonus sarà erogato in diverse modalità. I beneficiari potranno scegliere di ricevere il denaro tramite:
Carta prepagata: una carta ricaricabile sulla quale verrà accreditato l’importo spettante, utilizzabile esclusivamente per acquistare beni di prima necessità nei negozi convenzionati;
Conto corrente bancario: il bonus potrà essere accreditato direttamente sul conto corrente del richiedente, garantendo una maggiore flessibilità d’uso;
Buoni digitali: un’opzione moderna che prevede l’erogazione del bonus sotto forma di buoni spendibili online, in esercizi commerciali che vendono prodotti compatibili con l’incentivo.
Bonus 1000 euro, cosa cambia rispetto alla Social Card
Anche se entrambe le misure puntano allo stesso obiettivo, il bonus spesa da 1.000 euro e la Social Card, denominata anche “Dedicata a Te”, sono molto diversi.
In primis, la Social Card ha un importo massimo di 500 euro ed è destinata a una platea più ampia di beneficiari. A differenza del bonus spesa previsto per il 2025, inoltre, è il proprio comune a mettersi in contatto per la consegna della Social Card, senza necessità di presentare una domanda formale purché si sia presentato l’Isee. Il bonus spesa da 1.000 euro, invece, richiede un’azione attiva da parte dei richiedenti, che devono presentare domanda tramite il portale Inps o ricevere supporto dai Caf. Inoltre, i requisiti per accedere al bonus spesa sono più stringenti, rendendolo accessibile a un gruppo più ristretto di beneficiari. La misura ha un importo doppio rispetto alla Carta Dedicata a Te, ma sarà disponibile per un periodo limitato di tempo, salva la possibilità di proroghe future da parte del governo.
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Nuova legge sul velo, arrestata Parastoo Ahmadi che aveva...
La nuova legge dell’Iran sul velo obbligatorio è entrata in vigore venerdì 13 dicembre ed è l’ennesimo attacco alla libertà delle donne iraniane. In 74 articoli, divisi in cinque diversi capitoli, la legge, approvata dalle autorità iraniane lo scorso 30 novembre, rende ancora più cupo il quadro normativo del Paese a due anni dall’uccisione della giovane Mahsa Amini, ‘rea’ di non indossare bene il velo.
Lo stesso velo che oggi significa sanzioni più severe, comprese quelle corporali, per le donne che non rispettano il rigido codice di abbigliamento obbligatorio in vigore nella Repubblica islamica dal 1980 e per chiunque si opponga al regime, uomini inclusi.
Iran, le nuove sanzioni per le donne
La nuova legge sul “velo e la castità” non obbliga le donne solo a coprire il capo e i capelli: sia nella vita reale che online sono vietati anche “indumenti succinti o attillati, che mostrano parti del corpo più in basso del collo, sopra le caviglie o sopra gli avambracci”.
Chi non rispetta la nuova legge può subire una sanzione di 8 milioni di rial (circa 180 euro), che raddoppiano se non pagate entro 30 giorni. In caso di recidiva, le sanzioni aumentano da un minimo di 80 rial (1.800 euro) fino a 165 milioni di rial (oltre 3.725 euro) in base all’entità dell’irregolarità. Qualsiasi donna considerata ‘nuda’ in luoghi pubblici potrà essere arrestata. I casi di disobbedienza più gravi prevedono pene il carcere da 2 a 6 anni di carcere e ben 74 frustate.
Non solo: chi non paga le sanzioni in tempo, rischia di essere esclusa dall’accesso ai servizi amministrativi, finanziari e sociali, inclusi il rilascio del passaporto, l’immatricolazione del veicolo e il rinnovo della patente di guida. La nuova legge dell’Iran sul velo obbligatorio prevede inoltre che tutte le ragazze tra i 9 e 15 anni che non rispettano le regole saranno soggette dovranno anche seguire delle non meglio precisate “misure educative”.
Il Grande Fratello iraniano
La legge prevede sanzioni anche per chiunque (anche uomo) protesti contro il governo, non collabori con le autorità o inciti le donne a non rispettare le regole. Il governo iraniano vuole creare una sorta di Grande Fratello dove nessuna disobbedienza resti impunita: se un amministratore condominiale si rifiuta di fornire alle autorità i filmati di sorveglianza delle donne che si oppongono alle nuove misure rischia multe da 18 a 36 milioni di rial (da 400 a oltre 800 euro); se un tassista, o un conducente di vetture a noleggio o di servizi di trasporto digitali non denuncia le passeggere che violano le regole sul velo obbligatorio va incontro a sanzioni pecuniarie e al mancato rinnovo della licenza; qualsiasi dipendente pubblico e titolare di attività commerciale che non contribuisca al rispetto delle regole rischia la sospensione dal servizio pubblico per cinque o sei anni, oltre alle sanzioni pecuniarie.
La nuova legge dell’Iran sul velo obbligatorio autorizza inoltre il ministero dell’Intelligence, l’unità di intelligence della polizia (Faraja) e l’Organizzazione di intelligence del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche di visionare e mettere a disposizione delle autorità competenti dati e filmati di chiunque violi le regole.
Il parlamento presieduto da Mohammad Bagher Ghalibaf vuole rendere capillarizzare al massimo il controllo nel Paese. A tal fine, la legge prevede anche la formazione di gruppi popolari incaricati di inviare avvertimenti verbali e scritti alle e ai disobbedienti, e li autorizza a intervenire in pubblico. Potranno essere arruolati anche cittadini non iraniani ma con documenti validi per l’Iran così da allargare il bacino dei “controllori”.
La legge sul “velo e la castità” si applica anche agli spazi culturali e creativi iraniani dove saranno vietati design, giocattoli, opere d’arte e manichini ritenuti non in linea con le nuove norme. I trasgressori rischiano multe, divieti di spostamento e restrizioni sulle attività online.
La legge incarica il ministero delle Strade e dello Sviluppo Urbano di costruire alloggi “in linea con la cultura islamica” e promuove la creazione di punti vendita permanenti di capi di abbigliamento “appropriati”, ai “valori islamici”.
Presidente contrario (ma conta poco)
L’iter della legge è durato circa un anno, attirandosi le critiche della comunità internazionale, la preoccupazione delle donne iraniane e persino l’opposizione del presidente della Repubblica iraniana. Il 2 dicembre, intervenendo sulla tv pubblica, il ‘riformista’ Masoud Pezeshkian ha detto: “Cercando di regolare qualcosa, con questo intervento si potrebbe finire per danneggiare molto altro. Ho molte riserve… Se non posso difendere bene quello che devo fare, potrebbe essere peggio”. Il suo parere, però, conta poco in Iran dove la legge entra in vigore anche senza la promulgazione del presidente, che può essere sostituita da quella parlamentare. In pratica, le nuove norme sul velo obbligatorio entrano in vigore da oggi, a prescindere dalla volontà del presidente Pezeshkian, detto ‘il dottore’.
Il concerto di Parastoo Ahmadi, “un atto di resistenza”
A poche ore dall’entrata in vigore della nuova legge, la cantautrice iraniana Parastoo Ahmadi ha eseguito un concerto senza indossare l’hijab e con le braccia scoperte, trasmettendolo poi sul suo canale YouTube. Il video pubblicato ieri, 12 dicembre, ha già totalizzato quasi un milione di visualizzazioni provocando l’indignazione e la rabbia del governo iraniano. Durante il ‘Caravanserai Concert’, la cantante si esibisce per trenta minuti insieme ai tre uomini, membri del suo gruppo, per lanciare al mondo quello che lei stessa definisce “un atto di resistenza”.
Tra gli altri brani, Parastoo ha eseguito la canzone “Az Khoon-e Javanan-e Vatan” (“Dal sangue della gioventù della patria”), che già dall’anno scorso è diventato un simbolo di resistenza delle donne iraniane, che continuano a lottare coraggiosamente contro il governo di stampo teocratico. La magistratura iraniana ha annunciato di aver avviato un’indagine su Parastoo Ahmadi, sostenendo che il suo sia stato un “concerto illegale” perché “non rispettava gli standard legali e culturali del Paese”.
Già tra il 2022 e il 2023, l’artista, molto seguita sui social, aveva condiviso sui suoi profili canali diverse ballate a sostegno delle proteste di massa che stavano interessando l’Iran a seguito della morte di Mahsa Amini.
All’inizio del suo ‘Caravanserai Concert’, Parastoo Ahmadi si rivolge a un pubblico immaginario, con uno sfondo nero e un messaggio chiaro alle autorità iraniane: “Sono Parastoo, la ragazza che non riesce a stare zitta e si rifiuta di smettere di cantare per il Paese che ama. Ascoltate la mia voce in questo concerto e sognate una nazione libera e bella. Un atto di resistenza”. La dissidente iraniana in esilio Masih Alinejad ha definito “storico”, il nuovo concerto pubblicato dall’artista a poche ore dalla nuova legge iraniana sull’hijab: “La voce di Parastoo è un inno contro la tirannia”.
Poche ora dopo il suo concerto, Parastoo Ahmadi è stata arrestata dalle autorità iraniane.
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Come evitare che il tuo cervello invecchi prima del tempo,...
Ormai anche i sassi sanno che lo stile di vita è tutto, se si vuole vivere e invecchiare in salute, scattanti e a lungo. E ora uno studio della Oxford University aggiunge un tassello al puzzle di come rimanere sempre giovani e soprattutto con un cervello funzionante: i ricercatori hanno individuato ben 15 cause di invecchiamento della nostra preziosa materia grigia, e la buona notizia è che su molte di esse possiamo farci qualcosa. Perché, assodato che anche il cervello invecchia, possiamo almeno provare a rallentare il processo. No, guardare serie Netflix fino alle 3 di mattina purtroppo non aiuta.
Lo studio di Oxford sulle aree del cervello che invecchiano più rapidamente
Il nuovo studio in questione, dal titolo ‘The effects of genetic and modifiable risk factors on brain regions vulnerable to ageing and disease’, è stato condotto dai ricercatori del Nuffield Department of Clinical Neurosciences dell’Università di Oxford (Manuello, J., Min, J., McCarthy, P. e altri) e pubblicato su Nature Communications (Nat Commun 15, 2576 (2024)). La ricerca ha usato le scansioni cerebrali di circa 40mila persone sopra i 45 anni partecipanti alla UK Biobank, focalizzandosi sulle aree che invecchiano più rapidamente, risultate allo stesso tempo più vulnerabili alla schizofrenia e al morbo di Alzheimer.
Queste patologie hanno anche delle cause genetiche, che però non sono ancora chiare. Ma, emerge dallo studio, ci sono anche fattori di rischio modificabili molto deleteri per questa rete cerebrale vulnerabile. Basti pensare che una commissione di Lancet, aggiornata nel 2020 per includere, ad esempio, l’inquinamento tra gli elementi che favoriscono la demenza, ha esaminato l’impatto relativo di 12 fattori di rischio modificabili e ha dimostrato che possono rappresentare il 40% dei casi in tutto il mondo.
La prevenzione si può fare: i 15 fattori di rischio modificabili
In poche parole, la prevenzione si può fare: modificare i fattori di rischio attraverso il cambiamento nel proprio stile di vita aiuta a procurarsi un invecchiamento più sano. Ed ecco le grandi categorie in cui rientrano i fattori di rischio (ben 161 quelli individuati dai ricercatori) che sono nelle nostre mani, in parte o del tutto:
1. diabete
2. colesterolo
3. pressione sanguigna
4. peso
5. consumo di alcol
6. fumo
7. umore depressivo
8. infiammazione
9. inquinamento
10. udito
11. sonno
12. socializzazione
13. dieta
14. attività fisica
15. istruzione.
Ma sono soprattutto il diabete, l’inquinamento legato al traffico e l’alcol i fattori di rischio modificabili (MRF) più deleteri sulle regioni cerebrali particolarmente vulnerabili, avvisa lo studio.
Ovviamente dietro ognuno di questi fattori c’è un mondo, e molti si intersecano tra loro. Ma se andiamo a sintetizzare, ciò che dobbiamo fare è quello che ormai sappiamo benissimo di dover fare, e che spesso non vogliamo fare.
Conosciamo anche i motivi: rimandare una gratificazione certa e immediata per qualcosa di incerto e futuro è difficile, perché per farlo servono disciplina e costanza, parole che ultimamente sono un po’ in ribasso (la prima è in ripresa, ma nella sua accezione negativa), e perché la vita frenetica che conduciamo, diciamo la verità, non è amica del benessere, anzi ci costringe a fare una fatica bestiale se vogliamo davvero mantenerci in salute.
Non serve essere salutisti talebani, bastano modifiche sostenibili
Forse però potremmo iniziare da piccole cose, in modo sostenibile e realistico, abbandonando la mentalità del ‘o tutto o niente’ che ci fa pensare, ad esempio, che se non andiamo sei volte a settimana in palestra allora meglio non andarci per nulla. Ecco qualche suggerimento, senza la pretesa di esaurire un argomento così vasto.
Per quanto riguarda il diabete, vera epidemia della nostra epoca, per prevenirlo è necessario adottare uno stile di vita sano su più fronti, da una dieta equilibrata alla gestione della pressione fino all’esercizio fisico.
In generale, eliminare o ridurre molto lo zucchero è una cosa che tutti dovremmo fare: negli ultimi anni sono diventati sempre più chiari i danni degli zuccheri in eccesso, così come anche la difficoltà di toglierli dalla nostra alimentazione. Non solo perché danno una vera e propria dipendenza, ma pure perché spesso se ne trova in cibi insospettabili, rendendo la cosa ancora più complessa.
Per quanto riguarda invece l’inquinamento dato dal traffico, questo aspetto è ovviamente più complesso da gestire, ma si può agire tramite l’uso di mascherine e soprattutto cercando di ‘compensare’ passando più tempo possibile in mezzo alla natura, fosse anche il parco vicino casa.
Sull’alcool invece poco da dire, nessuno demonizza il bicchiere bevuto a cena con gli amici o in un’occasione speciale: il problema nasce quando il bicchiere diventa una bottiglia, soprattutto se è un’abitudine quotidiana o quasi. Si può però iniziare eliminando i superalcolici e riducendo i cocktail agli aperitivi.
Tra gli altri fattori individuati dallo studio, anche il sonno è importantissimo, e spesso sottovalutato. Dormiamo poco e male, mentre sarebbe importante andare a letto mezz’ora o un’ora prima – che sulla lunga fa tante ore in più accumulate – e curare l’ambiente in cui riposiamo in modo da passare la notte nel modo più sereno possibile. Ovviamente, a monte, dovremmo imparare a gestire lo stress, cosa che impatta sulla nostra qualità di vita e sulla nostra salute a 360 gradi.
Ovviamente, poi, il fumo va bandito, e in questo i fumatori verranno sempre più aiutati (o costretti) da normative locali, vedi Milano, o europee, che puntano a un futuro ‘smoke free’.
Inoltre, anche avere una vita sociale piena è un aspetto fondamentale: richiede tempo ma ripaga di ogni ‘sforzo’ fatto e arricchisce tutta la vita: l’uomo è un animale sociale, diceva Aristotele, e avere una rete con cui condividere gioie e dolori, pensieri ed esperienze, aiuta decisamente a stare bene.
Ultimo capitolo, l’attività fisica. Anche qui una buona notizia: secondo gli ultimi studi, non è necessario sfiancarsi per ore. Basta un esercizio moderato, ad esempio camminare un po’ di più, evitare l’ascensore, svolgere brevi sessioni di allenamento anche a casa, per fare la differenza.
E se sembra tutto un po’ punitivo, che va a scapito dei piaceri della vita, ricordiamoci due cose: la prima è la massima latina secondo cui ‘la virtù è nel mezzo’, e dunque non occorre diventare cyborg asettici e superdisciplinati ma basta il buonsenso, e la seconda che se il nostro cervello invecchia prima del tempo o sfuma nella demenza, a quel punto ci sarà ben poco da godersi.
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Il tour della Natalità fa tappa a Milano, l’impegno di...
Gli Stati Generali della Natalità, il tour organizzato dalla Fondazione per la Natalità per promuovere la ricerca di soluzioni per contrastare il calo demografico, fa tappa a Milano. Tra gli argomenti di cui si è parlato oggi, presso la sede della Regione Lombardia, le buone pratiche delle aziende.
Tra queste, Prénatal, marchio di PRG Retail Group e leader in Italia nel settore dei prodotti per l’infanzia, rinnova il suo supporto alla Fondazione a agli Stati generali, condividendo la necessità di mettere a fattor comune progetti concreti e organici a sostegno delle famiglie e della cultura della natalità.
Obiettivi che sono anche alla base del progetto Generazione G – Generazione Genitori – avviato dall’azienda nel 2023 in collaborazione con il Moige – Movimento Italiano Genitori – proprio per rispondere ai bisogni delle famiglie in difficoltà.
Un anno di Generazione G: i risultati
In dodici mesi, Generazione G ha raccolto oltre 800mila euro, grazie alle donazioni dei clienti e all’alleanza tra le insegne di PRG Retail Group (che oltre Prénatal comprende Toys Center, Bimbostore, FAO Schwarz) e del Moige e con partner come Chicco, Clementoni, Fater, MAM, Mattel e Okbaby. Questi fondi hanno permesso di:
• sostenere 264 famiglie fragili in 29 città italiane di 14 regioni, di cui oltre il 70% alla prima gravidanza. Tra queste, la Lombardia si distingue con 16 famiglie coinvolte: 6 a Milano e 10 a Monza e Brianza
• accogliere 52 nuovi bambini, di cui 3 in Lombardia, accompagnando i neogenitori con aiuti concreti – basket di beni di prima necessità – ed emotivi.
• costruire una rete di 53 genitori esperti che affiancano le famiglie, con focus sull’ascolto attivo, supporto alla salute e cura dei bambini, e incontri di gruppo.
A un anno dal suo lancio, la raccolta fondi continua a crescere e l’obiettivo di arrivare a 500 famiglie è quasi raggiunto.
Il Progetto sta inoltre restituendo una fotografia reale dei bisogni delle famiglie italiane, evidenziando come la mancanza di rete, le paure della genitorialità, il senso di solitudine, siano oggi ostacoli rilevanti alla natalità e alla nascita di nuovi genitori. Le richieste di supporto più frequenti includono:
• supporto emotivo e ascolto attivo (36%)
• incontri tra genitori (16%)
• cura e salute dei bambini (15%)
• incontri conoscitivi e di approfondimento (6%)
• coinvolgimento in attività civili e sociali (6%)
• accompagnamento alla nascita (5%)
• supporto nella gestione della casa e delle faccende domestiche (3%)
• proposte di attività di formazione e supporto alla ricerca del lavoro (2%).
E’ per questo che Generazione G non si limita agli aiuti pratici: promuove anche la coesione sociale tra le famiglie, offre opportunità di formazione e organizza attività speciali come gli incontri di vicinanza e, in questo periodo, i mercatini natalizi.
Parità di genere e sostegno alle lavoratrici
Altro aspetto fondamentale per incentivare la natalità è la conciliazione tra maternità e carriera. Anche in questo campo Prénatal è attiva, portando avanti specifiche politiche aziendali orientate a garantire pari opportunità. PRG Retail Group è infatti tra le prime società retail italiane ad aver ottenuto la Certificazione di Parità di Genere (UNI/PdR 125:2022).
Inoltre, l’adozione del “Codice di Autodisciplina di Imprese Responsabili in favore della maternità” promosso dal Ministero per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità assicura alle lavoratrici un supporto adeguato per affrontare le sfide della genitorialità senza compromettere le proprie opportunità professionali.
Per PRG Group l’impegno sulla parità di genere crea infatti un ambiente di lavoro equo e inclusivo, ma è anche un sostegno alle famiglie proprio perché favorisce un equilibrio tra lavoro e vita privata.