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Automobilismo, la 1000 Miglia a Miami con una mostra fotografica

Automobilismo, la 1000 Miglia a Miami con una mostra fotografica

A un mese esatto dall’esordio della 1000 Miglia Experience USA Florida, che dal 22 al 25 Febbraio porterà lo spirito della Freccia Rossa nel sud del Sunshine State, l’Istituto Italiano di Cultura di Miami ha inaugurato, in collaborazione con 1000 Miglia, la mostra fotografica "1000 Miglia tra paesaggi e borghi storici italiani", che sarà aperta al pubblico fino al 10 Aprile 2025. Presente all’inaugurazione anche Michele Mistò, Console Generale d’Italia a Miami.

L’esposizione comprende più di 30 scatti, che ripercorrono la storia della Corsa più bella del mondo dalle leggendarie edizioni della 1000 Miglia di velocità a quelle della moderna gara di regolarità, con il focus sul connubio proprio della Freccia Rossa, che porta dei gioielli di design a quattro ruote nel cuore dell’Italia più bella, fra bellezze naturalistiche e gli scorci unici dei centri storici.

Il brand 1000 Miglia, così, giunge finalmente anche in Florida, dapprima con la mostra e poi, fra un mese esatto, con la partenza della primissima 1000 Miglia Experience USA Florida, un evento organizzato da Ega Worldwide Congress and Events con licenza di 1000 Miglia che partirà da Miami il 23 Febbraio per poi farvi ritorno, due giorni dopo, al termine di un percorso di gara diviso in tre tappe. Attraverso i panorami selvaggi del parco nazionale dell’Everglades, le vetture giungeranno a Naples, passando poi da Fort Myers, Venice e St. Petersburg per arrivare a Tampa. Il secondo giorno si ritornerà sulla sponda Sud-Orientale della Florida toccando Cape Canaveral, per poi iniziare la discesa fino al traguardo di tappa a West Palm Beach, dalla quale, martedì 25 Febbraio, si farà ritorno a Miami, dove il transito dai luoghi simbolo della Città Magica farà da preludio all’arrivo finale.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Cultura

Domani a Fondazione Cini di Venezia conclusione Seminario...

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Interventi di Stefano Mauri, Alberto Ottieri e Alessandro Barbero

Partecipanti al Seminario di perfezionamento Scuola Librai Mauri a Venezia.

Domani 31 gennaio, a Venezia, alla Fondazione Giorgio Cini, si concluderà il 42esimo Seminario di perfezionamento della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri, annuale appuntamento che coinvolge editori e librai italiani e internazionali, organizzato dalla Fondazione Umberto e Elisabetta Mauri con il contributo di Messaggerie Libri e Messaggerie Italiane, in collaborazione con l’Associazione Italiana Editori, l’Associazione Librai Italiani e il Centro per il Libro e la Lettura.

La Giornata conclusiva, a cura di Stefano Mauri, è condotta da Giovanna Zucconi: avrà come titolo 'Il libro tra eternità e cambiamento' e potrà essere seguita in collegamento zoom, previa registrazione all’indirizzo https://qrco.de/uem42.

Il Seminario di Perfezionamento della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri è, da sempre, un importante momento di confronto sul mondo del libro, in cui si prendono in esame i diversi aspetti e le criticità proprie di un’attività fondamentale per la diffusione della cultura come quella delle librerie: gestione, organizzazione, distribuzione, commercializzazione e promozione. Un laboratorio, dunque, in cui si vuole progettare, discutere, conoscere le dinamiche di un mondo complesso ma sempre vitale che ha al suo centro il libro. (segue)

Il fitto programma dell'ultima giornata: dal mercato del libro ai premi

Apriranno i lavori alle 9.30 Stefano Mauri (vicepresidente della Fondazione Umberto e Elisabetta Mauri) e Alberto Ottieri (presidente della Fondazione Umberto e Elisabetta Mauri); Ottieri introdurrà e coordinerà gli 'Scenari economici di mercato'; seguiranno gli interventi Proiezioni per il 2025: dove va la spesa delle famiglie italiane? di Angelo Tantazzi (Prometeia) e Il mercato del libro in Italia di Innocenzo Cipolletta (Aie – Associazione Italiana Editori). In quest’occasione verranno presentati i dati Aie del mercato del libro italiano 2024.

Alle 10.15 Stefano Mauri e Alberto Ottieri ricorderanno Luciano Mauri, fondatore della Scuola per Librai, nel ventennale della sua scomparsa. In seguito, saranno consegnati i due premi dell’anno: il diciannovesimo Premio per Librai Luciano e Silvana Mauri, assegnato al libraio Vittorio Graziani della Libreria Centofiori di Milano, e la sesta Borsa di lavoro Nick Perren alla libraia Chiara Condò della libreria Il Pensiero Meridiano di Tropea.

Si terrà poi alle 11 la tavola rotonda con protagonisti dei cinque maggiori Paesi dell’Europa sul tema 'Costanti e variabili del mestiere di editore', coordinata da Stefano Mauri e moderata da Porter Anderson (Publishing Perspectives), cui parteciperanno Jesús Badenes (Grupo Planeta), Véronique Cardi (Editions JC Lattès), Sonia Draga (Sonia Draga Publishing House), Felicitas von Lovenberg (Piper Verlag). Alle 12.30 l’intervento conclusivo dello storico e autore Alessandro Barbero, dal titolo 'Avventure di stampatori tra Firenze e Venezia nel Rinascimento', a cui seguiranno i saluti di chiusura del Seminario di Stefano Mauri e Alberto Ottieri.

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Cultura

La Tabarrata nazionale arriva a Lucca

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Ingresso gratuito alla mostra “Giacomo Puccini Manifesto” per chi indossa un Tabarro

La Tabarrata nazionale arriva a Lucca

Sabato 1 febbraio la Tabarrata nazionale arriva a Lucca. Ingresso gratuito alla mostra “Giacomo Puccini Manifesto” per chi indossa un Tabarro

Si terrà a Lucca sabato 1 febbraio la Tabarrata Nazionale, il più grande raduno di amanti del Tabarro, il mantello a ruota che ha lontanissime origini ed è legato in modo indissolubile alla tradizione dell’intero territorio italiano e non solo. Si tratta dell’ottava Tabarrata Nazionale, un evento annuale che, edizione dopo edizione (Parma, Casalmaggiore, Vicenza, Oleggio, Cittadella, Bassano del Grappa, Chioggia), ha raccolto sempre più consensi e partecipanti. Organizzata dall’associazione Civiltà del Tabarro con l’aiuto e il patrocinio del Comune di Lucca, la Tabarrata Nazionale 2025 renderà omaggio a Giacomo Puccini, compositore lucchese dell’opera “Il Tabarro”.

Il programma della Tabarrata Nazionale 2025 prevede il ritrovo dei tabarristi alle 15:00 presso piazza Cittadella, dinanzi alla statua di Giacomo Puccini e alla sua casa natale. Alle 15:30 vi sarà la visita alla mostra “Giacomo Puccini Manifesto. Pubblicità e illustrazione oltre l’opera lirica”, insieme al curatore Simone Pellico. La mostra espone infatti oltre cento manifesti pubblicitari originali, tra cui i cartelloni relativi proprio all’opera ‘Il Tabarro’: quello storico del 1918, prestato dal Museo nazionale Collezione Salce, e la rivisitazione contemporanea di Riccardo Guasco per il Teatro comunale di Bologna”. In occasione della Tabarrata, per tutta la giornata l’ingresso alla mostra sarà gratuito per coloro che indosseranno il mantello.

Seguirà alle ore 17:30 un concerto sulle arie pucciniane e la conferenza “Sentimenti della Civiltà del Tabarro”, con Sandro Zara maestro del Tabarro e Roberto Dal Bosco e Corrado Beldì, presidente e segretario della Civiltà del Tabarro. Infine, la tradizionale premiazione dei tabarristi dell’anno.

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Attualità

La Farfalla Impazzita: Giulia Spizzichino, dal trauma della...

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La storia, a volte, si mostra come un paesaggio sfocato: racconti troppo lontani nel tempo per riaccendere sentimenti veri. Eppure ci sono momenti in cui tutto si fa vivido e tremendo, come un lampo che squarcia il cielo. È quello che succede guardando La farfalla impazzita, il film che la Rai ha trasmesso in prima serata il 29 gennaio e che ora si può trovare su RaiPlay. Non stiamo parlando di un semplice racconto di guerra o di un documento per i posteri: qui c’è la vita stessa di Giulia Spizzichino, una donna che, a costo di sanguinare ancora, ha deciso di donare la propria testimonianza su alcuni fra i capitoli più atroci del Novecento.

Sì, perché Giulia non era soltanto una sopravvissuta all’eccidio delle Fosse Ardeatine, dove in un colpo solo perse 26 familiari. Era anche colei che, decenni più tardi, avrebbe avuto il coraggio di guardare in faccia l’ex ufficiale nazista Erich Priebke e sfidarlo in tribunale. Questa sua storia di dolore e determinazione è l’anima del film diretto da Kiko Rosati, tratto dall’omonimo libro che Giulia scrisse insieme a Roberto Riccardi, pubblicato per la prima volta nel 2013.

Un’anziana signora ebrea romana, una ferita mai rimarginata, la voglia di ottenere giustizia: ecco, in sintesi, i cardini attorno ai quali ruota La farfalla impazzita. Eppure, forse, la definizione di “cardini” è troppo rigida. Qui nulla rimane fermo; c’è, piuttosto, un tremolio incessante – proprio come le ali di una farfalla che non riesce a posarsi. Ecco perché Giulia si è definita così, “farfalla impazzita”: sempre in movimento, sempre in fuga dal passato o in corsa verso un brandello di verità.

Un salto indietro: dal rastrellamento di Roma al dolore che non guarisce

Torniamo per un attimo al 1944, quando l’Italia piangeva lacrime indescrivibili sotto il tallone nazista. Giulia, poco più che adolescente, vide andare in frantumi la propria famiglia. Chi finì deportato, chi venne giustiziato senza un briciolo di pietà. Il film, così come le pagine del libro, ricostruisce quell’orrore con immagini che bruciano ancora oggi. C’è una sequenza, nel racconto di Giulia, che lascia il fiato sospeso: la madre intenta a riconoscere le salme dei suoi cari attraverso pezzetti di stoffa sopravvissuti ai massacri. Basti questo a dare la misura della tragedia.

Molti penserebbero che, finita la guerra, iniziasse una nuova vita. Ma per Giulia non è stato così semplice. Impossibile dimenticare il piccolo cuginetto di appena cinque anni. Impossibile perdonare chi ha strappato in modo tanto crudele le sue zie, i nonni, gli zii, lasciandole soltanto un vuoto urlante al posto di un futuro sereno. Dentro di lei, un’angoscia silenziosa che l’ha resa “aspra e dura”, come dice Elena Sofia Ricci, l’attrice che ne interpreta il ruolo nella pellicola.

L’incontro con il passato che riapre la voragine

Nel film, la storia parte dal 1994, con Giulia che si ritrova a guardare uno spezzone televisivo su Rai 1, dove riconosce, quasi senza volerci credere, il volto di sua madre in un vecchio filmato. È un momento straziante: rivedere quella donna che tocca i resti dei propri cari e capisce che non c’è più nulla da fare.

Da quel punto in poi, Giulia viene risucchiata in una spirale di ricordi. Accetta a fatica di intervenire in quello stesso studio televisivo, esponendosi così a tutto il peso delle sue memorie. Vorrebbe scappare, se potesse. Ma non si può fuggire all’infinito. Se la chiamiamo “farfalla impazzita” è proprio perché nessun rifugio sembra abbastanza sicuro per lei.

Poi, a un certo punto, arriva la richiesta della Comunità ebraica di Roma. Vogliono coinvolgerla per ottenere l’estradizione di Erich Priebke dall’Argentina, dove il criminale nazista conduceva una vita tranquilla a Bariloche, un posto ai confini del mondo, incastonato fra le montagne. È un colpo allo stomaco: significa tornare a guardare in faccia il carnefice, rischiare di spalancare ferite che forse non si erano mai nemmeno chiuse. Giulia non se la sente, sulle prime. Poi, quasi con la stessa disperazione di chi ha perso tutto, accetta di diventare testimone, sperando di fare giustizia non solo per sé, ma per i tanti morti che le urlano ancora dentro.

Bariloche e l’incontro con le Madri di Plaza de Mayo

Al centro di questo viaggio c’è un cambio di prospettiva che forse neanche Giulia si aspettava. Lei, ebrea romana, tormentata dall’eccidio delle Fosse Ardeatine, attraversa l’oceano per incontrare donne che hanno sofferto in un altro contesto, un altro tempo, un’altra dittatura. Le Madri di Plaza de Mayo, simbolo di un’Argentina che non ha mai dimenticato i propri figli scomparsi, incrociano il cammino di Giulia. E succede qualcosa di enorme: il dolore si specchia nel dolore, la rabbia si intreccia alla rabbia, e nasce uno slancio di solidarietà potentissimo.

È in quelle strade argentine, dove gli “scomparsi” non hanno volti ma bandane bianche, che Giulia capisce di non essere sola. Non lo è quando, con voce tremante, si ritrova a parlare davanti a un pubblico che l’ascolta con rispetto. Non lo è quando racconta dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, della necessità che Priebke venga estradato, processato, costretto a rispondere dei suoi crimini. Non lo è neppure quando scopre quanto la sofferenza di chi ha perso figli e nipoti, pur con radici diverse, abbia la stessa intensità bruciante.

L’estradizione di Erich Priebke: una battaglia di civiltà

Ciò che accade dopo è storia: la lotta di Giulia finisce sui tavoli della giustizia internazionale. Con il sostegno dell’avvocato Restelli, la voce di questa donna coraggiosa si fa sentire forte e chiara. L’Argentina tenta di resistere, di trattenere Priebke. Ma la pressione mediatica e morale si fa intollerabile. Alla fine, Priebke viene estradato in Italia per affrontare il processo. E lì, nell’aula di tribunale, avviene l’atto finale del dramma: Giulia testimonia contro di lui, faccia a faccia con l’uomo che, ordinando e gestendo gli omicidi delle Fosse Ardeatine, ha distrutto il suo mondo per sempre.

Non è una sfida epica, con luci di scena e applausi. È un momento cupo, intriso di un’angoscia tremenda. Ma Giulia, in quell’istante, sceglie di riaprire la ferita e di mostrarla a tutti. Per lei è l’unico modo per tentare di avere un pizzico di giustizia, sebbene la vendetta non le appartenga. Vuole soltanto che la Storia prenda atto dei responsabili e che i fatti non vengano seppelliti da un pericoloso silenzio. Forse proprio in quell’aula inizia un processo di liberazione che, pur essendo parziale e mai definitivo, la aiuta a sopportare il peso di ricordi insostenibili.

Un passato che ci riguarda sempre: la dimensione universale di Giulia

La farfalla impazzita non è solo un film che riguarda l’Olocausto o la comunità ebraica italiana. È un’opera che mette al centro un tema universale: chi subisce violenze, chi perde i propri cari, chi sopporta l’orrore, non può restare in silenzio. Le vittime sono vittime, i carnefici sono carnefici, qualunque sia la lingua che parlano o il contesto storico in cui si muovono. Giulia ce lo mostra con la sua testimonianza e Kiko Rosati ce lo sbatte in faccia con la regia di questa pellicola.

Se ci si sofferma a pensare, si vedono echi di quella sofferenza in mille altre situazioni del mondo. In Argentina, le Madri di Plaza de Mayo combattono contro i fantasmi di una dittatura spietata, mentre Giulia combatte contro i fantasmi del nazismo. E se ci guardiamo attorno, scopriamo che in tanti Paesi si vivono ancora guerre, persecuzioni e dittature, spesso dimenticate o ignorate. Forse è qui che risiede la grande lezione del film: non si tratta di risolvere il passato, ma di tenere gli occhi aperti sul presente.

Il coraggio di Elena Sofia Ricci e la forza del cast

Nel dare vita a Giulia, Elena Sofia Ricci compie un lavoro straordinario. Non è facile interpretare una donna dura, disincantata, che ha sepolto sotto strati di cinismo la propria parte più intima. Eppure, attraverso sguardi, silenzi e improvvisi scatti di commozione, Ricci rende palpabile la sofferenza di Giulia. Al suo fianco c’è Fulvio Pepe nel ruolo dell’avvocato Restelli, risoluto e comprensivo, quasi un contrappeso alla durezza di lei. E poi c’è la presenza simbolica di figure come le Madri di Plaza de Mayo, rappresentate sullo schermo con un’intensità che raramente si vede.

Perché “farfalla impazzita”?

Il titolo è un dettaglio fondamentale che svela la vera natura di Giulia. Nel libro che lei e Roberto Riccardi hanno scritto, La farfalla impazzita, si racconta di come Giulia, dopo quella retata del 16 ottobre 1943 e dopo aver passato un’infanzia inseguita dall’orrore, non sia mai riuscita a fermarsi. Perché fermarsi significava risprofondare negli incubi, restare immobile tra i resti di un massacro. Meglio agitarsi, sbattere le ali in mille direzioni, sperare di sfuggire a un destino di silenzio.

Invece di tacere, ha parlato. Invece di fingere che la ferita fosse rimarginata, l’ha mostrata a tutta l’Argentina e poi, in tribunale, alla giustizia italiana. E così, la farfalla impazzita ha finito per regalare a tutti noi un pezzetto di memoria viva, di consapevolezza di ciò che è accaduto.

Un appello alle nuove generazioni: “Fate la rivoluzione”

C’è un momento in cui Elena Sofia Ricci, presentando il film, si rivolge ai più giovani. E lo fa riprendendo un appello di Giulia: qui si parla di rivoluzione, ma non quella delle armi; piuttosto una rivoluzione culturale. Un cambiamento che passa dalla sete di conoscenza, dall’amore per i libri, dallo studio della storia e dalla voglia di comprendere fino in fondo le sue lezioni.

In effetti, come spiega la stessa Ricci, non si è mai fatto abbastanza per evitare il ripetersi di certi crimini. Viviamo in un presente in cui ancora si erigono muri, si calpestano diritti, si assiste inermi a violenze di ogni sorta. La memoria, si direbbe, a volte ci scivola via dalle mani. E allora è essenziale che le nuove generazioni si muovano, si indignino, si impegnino a non accettare passivamente gli orrori e le ingiustizie.

Una storia che continua a pulsare: il senso di questo film

Se la Rai ha deciso di trasmettere La farfalla impazzita in un giorno tanto simbolico come quello dedicato alla Shoah, non è soltanto per commemorare. Lo ha fatto per ricordarci che la conoscenza di fatti – come la strage delle Fosse Ardeatine e la persecuzione degli ebrei – non è un vuoto esercizio scolastico, ma un dovere morale.

Siamo davanti a un’opera che tocca il cuore, ma al tempo stesso scuote la mente. Non è un film che si guarda per intrattenimento, anzi, a tratti può risultare duro e opprimente. Ma proprio in questa asprezza risiede la sua verità. C’è la speranza di Giulia che, raccontando la sua vita, possa impedire il ripetersi di simili tragedie. C’è lo sguardo delle Madri di Plaza de Mayo, che ci fa capire come un’incompiuta richiesta di giustizia possa attraversare l’oceano. C’è la determinazione del regista Kiko Rosati, che sceglie di mostrarci immagini capaci di ferire la coscienza, pur di darci un messaggio chiaro: non dobbiamo mai restare indifferenti.

Dalle parole alle immagini: un invito alla riflessione

È vero, tanti film hanno affrontato il tema dell’Olocausto, alcuni in modo magistrale, altri in maniera più didascalica. La farfalla impazzita arriva a iscriversi in questa lista aggiungendo una prospettiva personale, quasi intima, sul trauma. Non è una pellicola che si limita a narrare l’orrore su scala mondiale, ma si concentra su una singola voce, quella di Giulia e sul suo viaggio. E così facendo, ci permette di cogliere la dimensione umana, privata, dietro a una strage che spesso ci appare come un evento storico lontano.

Attraverso lo sguardo di Giulia, diventiamo testimoni delle conseguenze che durano una vita, delle cicatrici che restano nella mente e nel cuore di chi è sopravvissuto, e ci rendiamo conto che la guerra, la persecuzione, lo sterminio non cessano di tormentare le vittime neanche dopo la firma di un trattato di pace.

La forza di un’eredità che non svanisce

Oggi, abbiamo tante possibilità per documentarci. Possiamo leggere libri, guardarci centinaia di documentari, scorrere siti dedicati alla memoria storica. Ma a volte occorre incontrare un volto, una voce, una mano che scrive e dice: “Io c’ero, io ho visto.” La farfalla impazzita ci offre esattamente questo.

Forse, al termine di un film del genere, la risposta non può che essere un richiamo deciso a non voltare le spalle al passato, a non archiviare i ricordi in un cassetto, e soprattutto a non rassegnarci davanti alle ingiustizie contemporanee. Perché le parole di Giulia Spizzichino, “Le vittime sono sempre vittime, i carnefici sono sempre carnefici”, ci ricordano che il confine fra dignità umana e brutalità può essere valicato in fretta, se non rimaniamo vigili.

Ecco, questa è l’eredità più potente che La farfalla impazzita ci lascia. Un invito, sì, ma al tempo stesso una sfida: rialzarci quando l’angoscia sembra volerci togliere ogni speranza, ascoltare le storie di chi ha perso tanto, fare gruppo, studiare, reagire. Non c’è nulla di più importante che comprendere perché certe tragedie sono successe e soprattutto, impedire che possano accadere di nuovo. Giulia, dal suo canto, ci ha insegnato che anche un cuore sfinito può trovare la forza di lottare, se c’è in gioco il futuro di tutti. E noi, nel nostro piccolo, non possiamo che far tesoro di questa sua straordinaria lezione.

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