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Trump perde l’appello per abusi sessuali: dovrà versare 5 milioni a Jean Carroll

Il presidente eletto dovrà pagare 2 milioni di dollari per gli abusi e altri 3 milioni per aver diffamato Carroll

Donald Trump - Afp

Una Corte d'appello federale degli Usa ha confermato oggi, 30 dicembre, il verdetto di una giuria che ordina al presidente eletto Donald Trump di pagare 5 milioni di dollari per aver abusato sessualmente della scrittrice E. Jean Carroll e per averla diffamata. Lo ha stabilito una giuria di New York, dopo un processo civile durato nove giorni, tenuto l'anno scorso, che aveva condannato l'ex presidente per aver abusato sessualmente di Carroll in un grande magazzino di Manhattan nel 1996.

Trump è stato condannato a pagare 2 milioni di dollari per abusi sessuali e altri 3 milioni di dollari per aver diffamato Carroll, già editorialista della rivista Elle. Trump ha negato le accuse e ha presentato ricorso contro il verdetto, sulla base del fatto che altre due donne che avevano affermato che aveva aggredito sessualmente anche loro non erano state ammesse come testimoni.

Il collegio di tre giudici della Seconda Corte d'Appello del Circuito degli Stati Uniti non ha concordato: "Concludiamo che il signor Trump non ha dimostrato che il Tribunale distrettuale ha commesso errori, in nessuna delle sentenze impugnate", hanno detto.

"Inoltre - hanno aggiunto i giudici - non ha sostenuto l'onere di dimostrare che qualsiasi errore dichiarato o combinazione di errori dichiarati ha influenzato i suoi diritti sostanziali, come richiesto per giustificare un nuovo processo". Carroll ha ricevuto 83 milioni di dollari da un'altra giuria, in un'altra causa contro Trump. Ha anche presentato ricorso contro questo verdetto.

Due casi federali intentati contro Trump dal procuratore speciale Jack Smith sono stati archiviati, da quando ha vinto le elezioni presidenziali del 5 novembre scorso. Trump è stato accusato di aver gestito malamente documenti riservati dopo aver lasciato la Casa Bianca e di aver cercato di ribaltare i risultati del verdetto elettorale del 2020, ma Smith ha archiviato i casi, in base alla politica del Dipartimento di Giustizia di non perseguire un presidente in carica.

Trump è stato condannato a New York a maggio per 34 capi di imputazione per falsificazione di documenti aziendali, allo scopo di coprire un pagamento in denaro alla pornostar Stormy Daniels. Il giudice Juan Merchan ha recentemente respinto la richiesta del presidente eletto di far annullare la propria condanna, ma ha rinviato la sentenza a tempo indeterminato.

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Esteri

Cecilia Sala, oggi ambasciatrice parla con Iran. Governo...

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Ribadito l'impegno dell'esecutivo, Meloni vede la mamma della giornalista. L'arresto intanto si intreccia con il caso Abedini, l'ingegnere iraniano catturato a Milano su richiesta Usa

Manifestazione per Cecilia Sala - Fotogramma

Un vertice per studiare le prossime mosse e ribadire l'impegno per l'immediata liberazione di Cecilia Sala, poi l'incontro della premier con la madre della giornalista arrestata in Iran e in carcere da ormai due settimane. Il governo di Giorgia Meloni è al lavoro sul caso, premendo su Teheran non solo per il rilascio ma anche - nell'attesa - per un trattamento della reporter imprigionata che sia "rispettoso della dignità umana".

A confermarlo nella serata di ieri una nota da Palazzo Chigi, che ha illustrato le richieste del governo nel giorno della convocazione dell'ambasciatore dell'Iran in Italia, ma posto l'accento non a caso anche su un altro detenuto: l'ingegnere iraniano Mohammad Abedini, arrestato su richiesta Usa a Malpensa il 22 dicembre scorso, attualmente in carcere a Milano, per il quale Teheran chiede a sua volta la liberazione ma che per ora la procura ha chiesto di non trasferire ai domiciliari.

Ambasciatrice italiana convocata oggi a Teheran

Intanto per la giornata di oggi è stata "convocata dal ministro degli Esteri a Teheran la nostra ambasciatrice, vedremo che cosa diranno gli iraniani, ma noi non possiamo accettare che ci siano delle condizioni di detenzione che non siano rispettose dei diritti della persona, ed è per questo che continuiamo a chiedere l'immediata liberazione di Cecilia", ha spiegato Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepremier, ieri sera a Zona Bianca.

A quanto si apprende si terrà invece lunedì 6 gennaio, alle ore 14, la seduta del Copasir per l'audizione del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e autorità delegata per la Sicurezza della Repubblica Alfredo Mantovano. Dopo il vertice di ieri pomeriggio a Palazzo Chigi sul caso della giornalista, infatti, il governo aveva fatto sapere che Mantovano, in veste di Autorità delegata, "venendo incontro alle richieste delle opposizioni" aveva dato immediata disponibilità a riferire al Copasir. La data stabilita per l'audizione, a quanto si apprende, è quella di lunedì.

Governo al lavoro, le richieste all'Iran

Il vertice a Palazzo Chigi di ieri è durato circa un'ora. Oltre a Meloni, Tajani e Mantovano, presenti anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio e l'intelligence italiana. Dopo la riunione la mamma di Sala, Elisabetta Vernoni, è stata quindi ricevuta dalla premier (VIDEO).

"Abbiamo chiesto ancora una volta la liberazione di Cecilia Sala in Iran perché detenuta senza alcun motivo. Nell'attesa della sua liberazione abbiamo chiesto che venga trattata come devono essere trattati i detenuti, perché lei ancora non ha le condizioni di detenzione che c'erano state assicurate", ha spiegato in serata Tajani, aggiungendo: "Continuiamo a chiedere che venga rispettato il suo ruolo e la sua dignità, questo continua a essere per noi una priorità in attesa della sua liberazione".

"La nostra ambasciatrice aveva consegnato al ministero degli Esteri beni materiali e alimentari per Cecilia Sala, ci hanno detto che erano stati consegnati e invece c'è ancora una fase di ritardo. Non possiamo entrare dentro il carcere, ci dobbiamo affidare a quello che ci dicono", le parole del ministro.

"Adesso la nostra ambasciatrice - ha poi aggiunto annunciandone la convocazione a Teheran - ha chiesto un'altra visita consolare, sarebbe la seconda. Poi Cecilia ha avuto la possibilità di fare delle telefonate al padre, alla madre e al fidanzato già più di una volta, questo è un fatto certamente positivo ma non sufficiente". "Bisogna assolutamente che lei abbia la condizione in cella di rispetto dei suoi diritti: deve esserci un letto, deve avere la possibilità di leggere", ha detto ancora Tajani facendo il punto.

"Io mi auguro che non siano tempi lunghi. Noi lavoriamo come abbiamo lavorato per Alessia Piperno, che siamo riusciti a riportare in Italia dopo 45 giorni di detenzione. Io mi auguro che i tempi siano più brevi possibile, però non dipende da noi. Lei è detenuta, non c'è ancora un capo di imputazione, un processo incardinato e quindi vediamo quali saranno i tempi", ha continuato il vicepremier.

"Noi stiamo facendo tutto ciò che è in nostro possesso con la presidenza del Consiglio, il ministero degli Esteri, l'intelligence, tutti stiamo lavorando 24 ore su 24 per risolvere il problema e riportare Cecilia a casa", ha assicurato.

Il caso Abedini, cosa chiede Teheran mentre trattiene Sala

Al caso Sala si intreccia inevitabilmente anche quello dell'ingegnere iraniano 38enne Abedini, citato anche nella nota del governo dopo il vertice. L'uomo, accusato di terrorismo per aver violato le leggi americane sull'esportazione di componenti elettronici sofisticati dagli Usa all'Iran e per aver fornito materiale a un'organizzazione terroristica straniera, si trova attualmente nel carcere di Opera dopo l'esecuzione del mandato di arresto internazionale.

"In quale modo la questione Sala si incardina con quella di Abedini? Vedremo come si svolgerà la parte giudiziaria, tocca alla magistratura decidere se concedere o meno gli arresti domiciliari a questo cittadino svizzero-iraniano che è stato arrestato su mandato internazionale", il commento di Tajani sul caso. Ma l'ultima parola, ha ribadito "tocca ai magistrati non al governo, vedremo cosa faranno i magistrati, ci sarà da attendere ancora qualche giorno per vedere se concederanno gli arresti domiciliari, dopo di che si parlerà della possibilità di estradizione o meno. Ma sarà sempre la magistratura a decidere. Il ministro Nordio segue con grande attenzione, con i poteri che lui ha, tutta la vicenda", la conclusione di Tajani.

Le parole del ministro arrivano dopo la richiesta di rilascio avanzata ieri dall'ambasciatore di Teheran a Roma e dopo la precisazione di Palazzo Chigi sul caso.

"Accelerare la liberazione" di Abedini, detenuto con "false accuse", è quanto si aspetta l'Iran dall'Italia, come riferito dall'ambasciatore Mohammadreza Sabouri, convocato ieri alla Farnesina dal segretario generale Riccardo Guariglia su indicazione del ministro Tajani, per parlare del caso della giornalista a cui, ribadisce Teheran, "sono state fornite tutte le agevolazioni necessarie".

"In questo amichevole colloquio - si legge in una nota dell'ambasciata a Roma - si è discusso e scambiato opinioni sul cittadino iraniano Mohammad Abedini, detenuto nel carcere di Milano con false accuse e della signora Cecilia Sala, cittadina italiana, detenuta in Iran per violazione delle leggi della Repubblica islamica".

"L'ambasciatore del nostro Paese ha annunciato in questo incontro che sin dai primi momenti dell'arresto della signora Sala, secondo l'approccio islamico e sulla base di considerazioni umanitarie, tenendo conto del ricorrente anniversario della nascita di Cristo e dell'approssimarsi del nuovo anno cristiano, si è garantito l'accesso consolare all'ambasciata italiana a Teheran, sono state inoltre fornite alla signora Sala tutte le agevolazioni necessarie, tra cui ripetuti contatti telefonici con i propri cari e ci si aspetta dal governo italiano che, reciprocamente, oltre ad accelerare la liberazione del cittadino iraniano detenuto, vengano fornite le necessarie agevolazioni assistenziali di cui ha bisogno", le richieste dell'ambasciata.

Richieste cui ha replicato l'esecutivo: "Per quanto riguarda Mohammad Abedini, che è al momento in stato di detenzione cautelare su richiesta delle autorità degli Stati Uniti, il Governo - ha sottolinea Palazzo Chigi - ribadisce che a tutti i detenuti è garantita parità di trattamento nel rispetto delle leggi italiane e delle convenzioni internazionali".

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Esteri

New Orleans e Las Vegas, strage ed esplosione Tesla...

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Il presidente Usa: "Al momento non ci sono prove". Anche l'Fbi cauta, "ma non escludiamo niente". Ecco i punti di collegamento tra il massacro e il Cybertruck saltato in aria

Fbi sul luogo della strage di New Orleans e la Tesla esplosa a Las Vegas - Fotogramma /Ipa

Esiste un collegamento tra la strage di New Orleans e l'esplosione del Cybertruck Tesla a Las Vegas? "Al momento non ci sono prove che i due attacchi" delle scorse ore in Usa "siano in qualche modo legati tra loro". Parola del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che frena così le ipotesi di un filo a tenere stretti i due eventi negli Usa.

Le parole del capo della Casa Bianca arrivano dopo quelle, altrettanto caute, dell'Fbi sulle news circolate sui media americani. "A questo punto non c'è un collegamento definitivo tra l'attacco qui e quello a Las Vegas", ha infatti spiegato in conferenza stampa a New Orleans il vice assistente direttore dell'anti-terrorismo dell'Fbi Christopher Raia, sottolineando che entrambe le indagini sono "alle prime fasi". "Noi stiamo seguendo ogni possibile pista - ha poi aggiunto - e non escludiamo niente".

Fort Bragg, l'Afghanistan, l'app: i possibili legami

Ma quale sarebbe il legame tra la Tesla Cybertruck esplosa davanti al Trump International Hotel di Las Vegas e l'attentato contro la folla a New Orleans il giorno di Capodanno?

Secondo quanto riferito da alcune fonti a Denver7 Investigates, l'uomo alla guida del pick-up esploso, Matthew Alan Livelsberger, militare dell'Esercito di stanza in Germania che era tornato in licenza in Colorado, per un periodo avrebbe prestato servizio proprio nella stessa base militare di Shamsud-Din Jabbar, il terrorista che con la sua auto ha ucciso almeno 15 persone in Bourbon Street.

Secondo le stesse fonti il 42enne Jabbar, che è stato nell'Esercito tra il 2005 e il 2015, e il 37enne Livelseberger, che la Cbs era rientrato in licenza in Colorado dalla Germania dove era ancora di stanza, sono stati nello stesso periodo a Fort Bragg.

Non solo, i due avrebbero anche servito in Afghanistan contemporaneamente. Un'altra coincidenza su cui stanno lavorando gli inquirenti è il fatto che entrambi hanno affittato i veicoli usati per gli attacchi con la stessa app, Turo, che permette di affittare auto direttamente da proprietari privati. In una dichiarazione, un portavoce della società ha tuttavia affermato che "nessuno dei due sospettati aveva precedenti penali che li potevano identificare come una minaccia per la sicurezza".

Queste le tre coincidenze sulle quali gli investigatori starebbero effettuando le necessarie verifiche, ma che al momento non costituirebbero alcuna prova di un effettivo legame tra l'autore della strage e il protagonista dell'esplosione, che - ha spiegato Biden - si sarebbe suicidato prima che il Cybertruck Tesla saltasse in aria.

Il presidente ha ordinato intanto al suo team di continuare a mettere a disposizione ogni risorsa per le forze dell'ordine federali, statali e locali in modo che possano completare le loro indagini il più rapidamente possibile.

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Esteri

Cecilia Sala, la madre incontra Meloni: “Fiducia è...

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La premier ha parlato con i genitori della giornalista, colloquio telefonico con il padre Renato Sala e incontro a Palazzo Chigi con la mamma, Elisabetta Vernoni

Elisabetta Vernoni - Adnkronos

"La fiducia è tanta, stanno lavorando. Io sono un po' come Cecilia, sono un po' un soldato: aspetto e rispetto il lavoro che stanno facendo". Sono le parole di Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro avuto a Palazzo Chigi con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Cecilia Sala è stata arrestata in Iran ed è detenuta in carcere da quasi 2 settimane.

"La premier ha fatto un salto di qualità dalle rassicurazioni comprensibili che ricevo sempre. È stata più precisa e puntuale ed è questo che io volevo e questo ho avuto", ha detto la madre della giornalista.

Ai giornalisti che le hanno chiesto se fosse soddisfatta dell'incontro con Giorgia Meloni, ha risposto: "Ovviamente sì, in questo momento. Questo incontro mi ha fatto bene, mi ha aiutato, avevo bisogno di guardarsi negli occhi, anche tra mamme, su cose di questo genere...".

"È ovvio che ieri c'è stato un cambio di umore forte", ha aggiunto alludendo alla telefonata con la figlia e alle condizioni carcerarie, "però, sì assolutamente". "Dormo per terra in cella e mi hanno tolto anche gli occhiali", aveva raccontato Cecilia Sala nella telefonata di ieri alla madre.

"Lì non esistono le celle singole, esistono le celle di detenzione per i detenuti comuni e poi le celle di punizione, diciamo, e lei è in una di queste evidentemente: se uno dorme per terra, fa pensare che sia così...", ha detto Elisabetta Vernoni ai cronisti. "La prima cosa sono condizioni più dignitose di vita carceraria e poi decisioni importanti e di forza del nostro Paese per ragionare sul rientro in Italia, di cui io non piango, non frigno e non chiedo tempi, perché sono realtà molto particolari", ha aggiunto dopo l'incontro con la premier.

"Le condizioni carcerarie per una ragazza di 29 anni, che non ha compiuto nulla, devono essere quelle che non la possano segnare per tutta la vita", ha spiegato. "Poi se pensiamo a giorni o altro... io rispetto i tempi che mi diranno, ma le condizioni devono essere quelle di non segnare una ragazza che è solo un'eccellenza italiana, non lo sono solo il vino e i cotechini". Le hanno detto qualcosa sui tempi? "Qualche cosa - ha risposto -, ma cose molto generiche, su cui adesso certo attendo notizie più precise".

L'attesa delle telefonate

Elisabetta Vernoni ha confermato che dopo la telefonata di ieri non ce ne sono state altre. "Le telefonate - ha spiegato - non sono frequenti. E' stata la seconda dopo la prima in cui mi ha detto che era stata arrestata, poi c'è stato l'incontro con l'ambasciatrice, ieri è stato proprio un regalo inaspettato. Arrivano così inaspettate" le telefonate "quando vogliono loro. Quindi io sono lì solo ad aspettare".

Nella telefonata di ieri "avrei preferito notizie più rassicuranti da parte sua e invece le domande che ho fatto... gliel'ho chiesto io, non me lo stava dicendo, le ho chiesto se ha un cuscino pulito su cui appoggiare la testa e mi ha detto 'mamma, non ho un cuscino, né un materasso'".

Il caso Cecilia Sala

Sala è accusata di aver violato "le leggi della Repubblica islamica dell'Iran". Entrata in Iran con visto giornalistico il 14 dicembre, la giornalista si trova in isolamento nel carcere di Evin da 15 giorni. Questo pomeriggio si è tenuto un vertice di circa un'ora a Palazzo Chigi sul caso. Al tavolo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, il sottosegretario alla Presidenza, Alfredo Mantovano e l'intelligence italiana. La mamma di Cecilia Sala, Elisabetta Vernoni, è intanto a Palazzo Chigi per incontrare la premier Meloni.

Nel corso del pomeriggio, Giorgia Meloni ha parlato con entrambi i genitori di Cecilia Sala: oltre all'incontro a Palazzo Chigi con la madre, Elisabetta Vernoni, la premier ha avuto anche un colloquio telefonico con il padre Renato Sala.

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