In Italia numero più alto di imprenditrici in Ue, sono 1,6 milioni
Nonostante il Paese continui ad avere il tasso di occupazione femminile più basso d'Europa, presenta, in termini assoluti, il numero più elevato di lavoratrici indipendenti
Nonostante l'Italia continui ad avere il tasso di occupazione femminile più basso d'Europa, presenta, in termini assoluti, il numero più elevato di lavoratrici indipendenti. Nel 2023, le donne italiane in possesso di partita Iva che lavorano come artigiane, commercianti, esercenti o libere professioniste ammontano a 1.610.000, a fronte di 1.433.100 presenti in Francia e 1.294.100 occupate come autonome in Germania. Un record europeo che evidenzia ulteriormente la notevole propensione degli italiani, sia maschi che femmine, all'imprenditorialità. A segnalarlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre.
L'assoluto primato delle imprenditrici assume una rilevanza ancor più significativa se consideriamo che la popolazione femminile italiana in età lavorativa, compresa tra i 20 e i 64 anni, è costituita da 17.274.250 persone; al contrario, la Francia registra un surplus di 1,9 milioni di donne rispetto a tale cifra e la Germania supera addirittura il nostro dato di ben 7,3 milioni.
Circa il 56% delle donne imprenditrici attive nel nostro Paese è impiegato nel settore dei servizi alla persona (quali parrucchiere, estetiste, tatuatrici, massaggiatrici, pulitintolavanderie, ecc.) e nei servizi alle imprese (in qualità di titolari o socie di agenzie di viaggio, agenzie immobiliari, imprese di pulizie, noleggio di veicoli, agenzie pubblicitarie, fotografe, video maker, studi di commercialisti e consulenti del lavoro). Inoltre, poco meno del 20% opera nel commercio, mentre poco oltre il 10% è attivo nell'Horeca e circa un ulteriore 6% nell'industria, medesima percentuale si riscontra anche nell'agricoltura.
Il basso tasso di occupazione femminile in Italia è principalmente attribuibile all'elevato carico di lavoro domestico che grava sulle spalle delle donne. Tuttavia, numerosi studi a livello internazionale dimostrano come l'imprenditoria femminile possa rappresentare una chiave per incrementare l'occupazione femminile; infatti le donne che fanno impresa tendono ad assumere altre donne in misura significativamente maggiore rispetto ai loro colleghi maschi.
La letteratura specializzata evidenzia almeno due fattori che motivano le donne a intraprendere un percorso imprenditoriale. Il primo è strutturale ed è correlato alla condizione socio-economica: situazioni di disoccupazione, tradizioni familiari o la presenza di incentivi economici inducono a considerare l'imprenditorialità come necessità. Il secondo fattore è motivazionale e concerne ragioni intrinseche che spingono le donne ad abbracciare tale opportunità; questo aspetto sembra rispecchiare maggiormente la sensibilità femminile. Grazie all’autoimprenditorialità, le donne possono gestire con maggiore flessibilità gli impegni lavorativi insieme a quelli familiari. Inoltre, coloro che si trovano in condizioni di inattività a causa della nascita di un figlio incontrano notevoli difficoltà nel reinserirsi nel mercato del lavoro.
Da Sud a Nord, il punto sulle imprenditrici
In Italia sono le province del Mezzogiorno a registrare l’incidenza percentuale più elevata di imprese a conduzione femminile sul totale delle attività presenti in ciascuna delle 105 realtà territoriali monitorate dall’Ufficio studi della Cgia. A guidare la graduatoria nazionale è Cagliari con il 40,5% delle attività guidate da donne sul totale provinciale (in valore assoluto sono 13.340). Seguono Benevento con 30,5% (9.227), Avellino con il 30,2% (11.149), Nuoro con il 29,3% (6.743) e Chieti con il 28,9% (11.009).
La prima provincia del Nord è La Spezia che si colloca al 18° posto a livello nazionale con una incidenza del 26,4% (4.582). Se, invece, riformuliamo la classifica nazionale in base al numero assoluto di imprese femminili, in vetta scorgiamo la Città Metropolitana di Roma con 76.519 attività “in rosa” (pari al 22,7% del totale delle imprese presenti a livello provinciale). Seguono Milano con 57.341 (17,9%), Napoli con 55.904 (21,7%), Torino con 44.051 (22,4%) e Bari con 27.975 (28,9%).
Economia
Saldi invernali al via oggi, partenza in Val d’Aosta:...
Il sondaggio Confesercenti-Ipsos, budget medio 218 euro a famiglia
Saldi invernali al via oggi, 2 gennaio 2025. Iniziano ufficialmente dalla Valle d'Aosta le vendite di fine stagione, per poi partire sabato 4 gennaio in tutto il resto d'Italia, con una durata di 60 giorni.
Alto l’interesse dei consumatori: quasi uno su due - il 46% - ha già deciso di acquistare almeno un prodotto, ed un ulteriore 50% valuterà le offerte prima di comprare. È quanto emerge dal consueto sondaggio sui saldi di fine stagione invernali, condotto da Ipsos per Confesercenti.
Il budget. Il 59% degli intervistati ha già pianificato quanto investire nel rinnovo del guardaroba: in media si spenderanno circa 218 euro a famiglia, con una media più alta nel Centro Italia (quasi 263 euro) e tra gli over 34 (quasi 239 euro). Cifre importanti, per un evento promozionale che è ancora il più apprezzato dagli italiani: il 53% degli intervistati ritiene i saldi l’appuntamento più conveniente e utile, mentre solo il 20% indica il Black Friday.
Dove si compra: vincono i negozi. Come accaduto nell’ultima settimana di Natale, anche per i prossimi saldi i punti vendita fisici appaiono in vantaggio sull’online: si comprerà attraverso entrambi i canali, ma otto italiani su dieci (81%) sceglieranno i negozi per almeno un acquisto, contro il 54% che comprerà un prodotto online.
Cosa si cerca. I prodotti moda più desiderati per questi saldi sono maglioni e felpe, indicati dal 51% di chi ha previsto di acquistare. Un effetto dell’arrivo del freddo dopo un autunno caldo, a causa del quale il 30% circa dei consumatori segnala di aver ridotto gli acquisti di abbigliamento invernale. Particolarmente cercati i maglioni di qualità con decorazioni. Seguono, a brevissima distanza, le calzature (49% delle segnalazioni) e poi - ben più staccati - gonne e pantaloni (31%), con un interesse forte per jeans e denim, e maglie e top (30%). Nella lista dei desideri ci sono anche intimo (28%), camicie e camicette (22%), borse (21%) e i capispalla - giubbotti, cappotti e piumini - sempre al 21%. Poi accessori (18%) e abiti e completi (17%).
"I saldi – e in particolare quelli nei negozi fisici – si confermano l’evento promozionale più atteso dagli italiani. Un segnale positivo dopo un autunno caratterizzato da vendite molto fiacche”, dichiara Benny Campobasso, Presidente di Fismo Confesercenti.
“Rimane, tuttavia, il problema della data troppo anticipata: l’inverno climatico è appena iniziato e si rischia di svendere la collezione invernale prima ancora di riuscire a venderla pienamente. Bene la data ‘quasi’ unica di avvio dei saldi – con l’eccezione della Valle d’Aosta – ma dovrebbero essere davvero collocati a fine stagione. È una richiesta che continuiamo a sostenere con forza".
Economia
Gas russo in Europa attraverso l’Ucraina, Gazprom...
Commissione europea: "Interruzione era prevista". Zelensky: "Stop una delle più grandi sconfitte di Mosca". Pichetto: "Scorte adeguate ma valutiamo ulteriori misure"
Lo stop dell'esportazione di gas russo all'Europa attraverso l'Ucraina ''era prevista'' e per questo ''da oltre un anno la Commissione europea si stava coordinando con gli Stati membri'' della Ue per ''garantire forniture di gas alternative''. Lo rende noto la Commissione europea spiegando che l'obiettivo principale è garantire gas ai paesi interessati dell'Europa centrale e orientale. Secondo la Commissione europea, l'infrastruttura del gas della Ue è sufficientemente flessibile da consentire forniture di gas non russo attraverso rotte diverse.
Gazprom ha interrotto da oggi, 1 gennaio 2025, la fornitura di gas naturale attraverso la rete di gasdotti in territorio ucraino alla scadenza degli accordi di transito quinquennali firmati nel 2020. "A causa del ripetuto ed esplicito rifiuto della parte ucraina di estendere questi accordi, Gazprom è stata privata della possibilità tecnica e legale di fornire gas per il transito attraverso il territorio dell'Ucraina a partire dal 1° gennaio 2025", ha annunciato il colosso russo in un comunicato.
Zelensky: "Stop gas russo una delle più grandi sconfitte di Mosca"
L'interruzione del transito del gas russo attraverso l'Ucraina è "una delle più grandi sconfitte di Mosca". Ne è convinto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. "Quando Putin ottenne il potere in Russia più di 25 anni fa, il transito annuale di gas attraverso l'Ucraina verso l'Europa era di oltre 130 miliardi di metri cubi. Oggi, il transito di gas russo è pari a 0. Questa è una delle più grandi sconfitte di Mosca", ha scritto Zelensky in un post sui social media.
Pichetto: "Scorte adeguate ma valutiamo ulteriori misure"
"In questi mesi, come Mase e come Governo, abbiamo lavorato per mettere in sicurezza il Paese garantendo il completo riempimento degli stoccaggi di gas al primo novembre", afferma in una nota il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. "Sebbene attualmente le scorte siano ancora ad un livello adeguato - spiega - si stanno valutando ulteriori misure per massimizzare la giacenza in stoccaggio al fine di affrontare con tranquillità la stagione invernale in corso". "Inoltre, nel giro di pochi mesi è previsto l’arrivo a Ravenna di un’altra nave rigassificatrice che aumenterà ancora la capacità di importazione di Gnl nella nostra rete", aggiunge il ministro.
"L’attenzione resta tuttavia alta ed è nostro dovere tutelare cittadini e consumatori da possibili futuri rincari dei prezzi. L’appello che come Governo facciamo all’Europa è quello di agire con soluzioni concrete, come quella dell’adozione del price cap, in grado di proteggere tutti i Paesi in egual misura con percorsi di regolamentazione e di obiettivo per la riduzione dei prezzi dell’energia", conclude Pichetto.
Cosa è successo, il perché dello stop
La chiusura della rotta di transito del gas verso l'Europa pone fine a un decennio di relazioni critiche, innescate dall'annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina nel 2022, l'Unione Europea ha raddoppiato i suoi sforzi per ridurre la sua dipendenza dalla Russia, cercando fonti di approvvigionamento alternative e contratti con altri paesi come il Qatar e gli Stati Uniti che hanno aiutato il Vecchio Continente a mantenere prezzi stabili nonostante la riduzione delle forniture dalla Russia.
Tuttavia, anche Gazprom ha sofferto a causa del taglio degli acquisti di gas da parte dei paesi europei. Nell'ultimo anno, la società statale russa ha registrato perdite per oltre 7 miliardi di dollari (6,727 miliardi di euro), nonostante gli sforzi del colosso russo di cercare di compensare questo calo delle esportazioni verso l'Occidente con la Cina. "L'infrastruttura europea del gas è sufficientemente flessibile da fornire gas non russo all'Europa centrale e orientale tramite rotte alternative. L'infrastruttura è stata rafforzata con nuove significative capacità di importazione di gas naturale liquefatto dal 2022", ha affermato la portavoce della Commissione europea Anna-Kaisa Itkonen .
Nonostante l'interruzione dei flussi, non si prevede che la disconnessione con la Russia avrà ripercussioni sostanziali sul mercato energetico europeo. Il mercato del gas rimane stabile attorno ai 48,50 euro al megawattora ad Amsterdam. Tuttavia, nonostante i progressi dell'Ue nella sostituzione delle forniture russe attraverso l'Ucraina, l'Europa ne ha risentito sotto forma di costi energetici più elevati che hanno influito sulla competitività dell'industria comunitaria, in particolare quella tedesca, rispetto al resto del mondo, Stati Uniti e Cina in primis. Anche l'Ucraina risentirà di questa interruzione delle forniture russe attraverso il paese poiché dovrà far fronte ad una perdita di circa 800 milioni di dollari all'anno in tasse di transito dalla Russia, mentre Gazprom perderà circa 5 miliardi di dollari dalla mancata vendita di gas. La Moldavia, uno dei paesi che dipendeva di più dal gas russo che arrivava dall'Ucraina, ha spiegato che dovrà adottare misure per ridurre di un terzo il suo consumo di gas.
Slovacchia: "Conseguenze drastiche"
Il primo ministro slovacco Robert Fico ha messo in guardia dalle ''conseguenze drastiche'' che si verificheranno per l'Unione europea dopo lo stop della fornitura di gas naturale russo.
"L'interruzione del transito del gas attraverso l'Ucraina avrà un impatto drastico su tutti noi nell'Ue, ma non sulla Federazione Russa", ha affermato Fico su Facebook.
Polonia: "Una nuova vittoria"
L'interruzione di gas naturale russo verso l'Ucraina e i Paesi dell'Unione europea è invece, secondo la Polonia, ''una nuova vittoria''. Lo ha scritto su 'X' il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski, affermando che lo stop alla fornitura di gas russo rappresenta "una nuova vittoria dopo l'allargamento della Nato a Finlandia e Svezia".
Economia
Agricoltura: nel 2025 luci e ombre da Mercosur e Pac a...
Sarà un 2025 tutt’altro che facile per l’agricoltura italiana e più in generale europea quello che si prospetta all’orizzonte, complice anche il persistere di tensioni geopolitiche in Ucraina, alle porte dell’Europa ed in Medio Oriente. Su tutte le questioni c’è sicuramente la Pac (Politica Agricola Comune) che va rivista e l’accordo della Ue con il Mercosur (mercato comune dell'America meridionale) su cui è importante ci sia reciprocità di regole, come chiedono gli imprenditori agricoli, che potrebbero essere assediati dalla concorrenza sleale. Un accordo che il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ritiene sia "una potenziale buona carta per le economie europee. Ma tutti i settori devono vederne un vantaggio" secondo quanto ha affermato di recente.
Del resto il 2024 si è chiuso per il settore primario con perdite di 9 miliardi di euro a causa delle ripercussioni dei conflitti internazionali, del cambiamento climatico e dell'impennata dei costi di produzione, secondo quanto stima la Coldiretti. Dunque, se in Ucraina si arrivasse alla tanto auspicata pace, sarebbe una boccata di ossigeno per chi vive nei campi per i costi dell’energia e delle sementi, arrivati ormai alle stelle.
Quanto alla Pac dovrebbe rientrare nei cardini di una linea che possa dare sostegni alle vere imprese agricole e non solo, si invoca che ci sia una maggiore attenzione al budget: 386 miliardi di euro stanziati in sette anni per gli stati dell’Unione europea sono molto al di sotto rispetto ai 1.350 miliardi di dollari destinati dagli Usa per sostenere il comparto in 10 anni. Dal 1 gennaio, tra l’altro, nuove incombenze attendono i titolari delle imprese con l’obbligo di compilare digitalmente il quaderno di campagna con dati e tempi certi, tutto questo per consentire ad Agea di effettuare doverosi controlli per l'erogazione dei fondi Pac.
E che dire poi delle nuove nubi che si addensano da Oltreoceano con la minaccia di dazi proveniente dall’America di Trump ? Le tariffe sull’agroalimentare made in Italy potrebbero reprimere fortemente l’export in quell’area così importante per le nostre imprese a raggiungere un nuovo record di 100 miliardi di euro nel 2025 dopo il target di 70 miliardi di euro conseguito nel 2024. A tal proposito un messaggio di fiducia è arrivato dal presidente di Coldiretti Ettore Prandini, nel corso della recente assemblea nazionale e Roma. "L’Italia, intanto, visti i buoni rapporti con la nuova amministrazione Trump spero possa giocare una partita diplomatica, mitigando gli effetti di eventuali dazi", ha detto Prandini.
Tra le varie sfide che si giocano c’è anche l’applicazione dell’intelligenza artificiale in agricoltura e nell’agroindustria che dai sindacati viene vista come una minaccia per l’occupazione ma può rappresentare anche una opportunità per far svolgere ai lavoratori nuove mansioni, più qualificate.
Un’altra partita da giocare nel mondo del vino è il prodotto dealcolato o con un ridotto quantitativo di alcol, dopo che il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida ha varato l’attuazione del decreto che ne facilita in Italia la produzione, fortemente voluta da molti operatori, ovvero i prodotti il cui titolo alcolometrico non è superiore allo 0,5% e a quelli “parzialmente dealcolati” compresi tra lo 0,5% e lo 0,9%. Si tratta di un’esigenza legata soprattutto all’export in mercati come il Nord America, il Nord Europa, l’Arabia Saudita e l’Indonesia. Mentre non potranno essere dealcolati i vini a denominazione di origine protetta (Dop) e a indicazione geografica protetta (Igp).
In Europa poi c'è ancora la battaglia da vincere contro il Nutriscore, le cosiddette etichette a semaforo, adottate in vari Paesi che penalizzano molti prodotti Dop e Igp made in Italy. In questa situazione, alquanto complessa, per la redditività degli agricoltori ed i paletti posti dal Green Deal, con i trattori pronti a marciare di nuovo a Bruxelles, permangono in Italia sacche di caporalato e lavoro nero su cui il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha promesso che utilizzerà ogni mezzo per sconfiggerlo, una iniziativa su tutte, un assegno di inclusione per le vittime del caporalato che hanno il coraggio di denunciare. Una piaga risolta solo in parte con i flussi regolari di manodopera: nel 2025 sono previsti, nel nuovo decreto flussi, 110mila i lavoratori stagionali regolari che saranno impiegati nel turismo e in agricoltura.
Intanto, nella manovra, appena varata dal governo il ministro Lollobrigida vanta "tra i provvedimenti più significativi" quello di aver "reso finalmente strutturale il Fondo indigenti, garantendo un sostegno continuativo a chi è in difficoltà"; il rifinanziamento della ‘Carta Dedicata a Te’ alle famiglie con redditi più bassi. Ed inoltre, "risorse per affrontare emergenze come la brucellosi e la lingua blu, abbiamo sostenuto l’innovazione finanziando progetti di ricerca su Tecniche di Evoluzione assistita e destinato fondi per il sostegno al reddito dei lavoratori della pesca", come ha sottolineato lo stesso Lollobrigida.