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Csel, la scuola il comparto con l’anzianità di...

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Csel, la scuola il comparto con l’anzianità di servizio più bassa, 12 anni contro una media di 16,6

Il 55% dei dipendenti pubblici ha più di 50 anni

Csel, la scuola il comparto con l'anzianità di servizio più bassa, 12 anni contro una media di 16,6

È il comparto istruzione e ricerca quello che conta il maggior numero di nuove leve nel vasto mondo della pubblica amministrazione italiana. Complice l’imponente numero di cattedre assegnate nell’ambito dei concorsi pubblici che si sono susseguiti dal 2015 ad oggi, mediamente i docenti e il personale amministrativo che animano il mondo della scuola e delle università italiane hanno una anzianità di servizio di circa 12 anni, poco meno della metà rispetto a quella dei dipendenti dei ministeri, delle agenzie fiscali e degli enti pubblici non economici come Inps o Inail, i cui dipendenti sono entrati in servizio mediamente più di 23 anni fa.

In mezzo a questi due estremi si collocano il comparto funzioni locali (23,4 anni di anzianità di servizio media), quello della sanità (17,5 anni), comparto autonomo e fuori comparto (con funzionari mediamente in servizio da poco meno di 19 anni) e il personale in regime di diritto pubblico, che conta su una forza lavoro che in media riveste il proprio ruolo da 21 anni.

Sono alcuni dei dati che emergono da un’elaborazione di Centro Studi Enti Locali (Csel), per Adnkronos, basata sui dati raccolti dal ministero dell’Economia e delle Finanze nell’ambito della rilevazione del Conto annuale del personale della pubblica amministrazione. I più recenti dati disponibili, riferiti al 2021, dipingono un mondo pubblico popolato, nel suo complesso, da dipendenti che hanno mediamente 50 anni e sono in servizio, sempre in media, da 16,6 anni.

Le donne superano gli uomini in numero in quasi tutti i comparti, eccezion fatta per comparto autonomo o fuori comparto e per il personale in regime di diritto pubblico. Globalmente, nel 2021, erano al servizio delle amministrazioni pubbliche 1 milione e 914.340 donne e un milione e 324.404 uomini. Le prime superano i secondi anche in età media: 50,2 anni contro i 49,3 dei colleghi di sesso maschile.

Suddividendo in tre blocchi i dipendenti pubblici (under 30, 30-50 anni e over 50) emerge che oltre la metà degli stessi, ben 1 milione e 794.715 persone, pari al 55% del totale, appartiene a quest’ultima fascia. Un milione e 288.740 dipendenti rientrano nel blocco che va da 30 a 50 anni (40% del totale) mentre la percentuale degli under 30 è ferma al 5% del totale e conta soltanto 155.289 persone. Quasi 4mila i dipendenti che hanno più di 68 anni.

Analizzando i dati ancora più nel dettaglio e procedendo a un’analisi per fasce di età più ristrette, emerge che il quinquennio più 'popoloso' nel mondo pubblico è che quello che va da 55 a 59 anni. Quasi 670mila i dipendenti che hanno un’età compresa in questo range, praticamente uno su cinque (21%). Poco distante il quinquennio che va da 50 a 54 anni, che conta 597.467 esponenti, pari al 18%. Scendendo ancora, troviamo la fascia 45-49 (15%), 60-64 (13%), 40-44 (11%), 35-39 (8%), 30-34 (6%), 25-29 (4%).

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Cina, Omlog tra i premiati con il Panda d’Oro

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Cina, Omlog tra i premiati con il Panda d'Oro

C'è anche Omlog tra i premiati con il Panda d'Oro nell'annuale edizione del Gala awards 'Panda d'oro' organizzato dalla Camera di Commercio italiana in Cina.

"Siamo molto orgogliosi di annunciare che Omlog ha vinto il premio Panda d'Oro 2024 come fornitore di servizi durante la cerimonia tenutasi a Shanghai il 15 giugno 2024 - si legge in una nota - Siamo onorati e grati a tutto il fantastico team che ha contribuito attivamente con il suo straordinario lavoro a realizzare questa emozionante storia. Siamo grati ai clienti per il supporto. Infine, un enorme ringraziamento alla Camera di Commercio Italiana in Cina di Shanghai per aver onorato e riconosciuto i nostri sforzi e per la perfetta organizzazione del Panda d’Oro 2024".

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Economia

Gruppo Cap: sensibili, resilienti e innovatori i pilastri...

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Sono questi alcuni dei nuovi obiettivi che Gruppo Cap, la green utility che gestisce il servizio idrico della Città metropolitana di Milano, ha inserito nel suo nuovo piano di sostenibilità

Gruppo Cap: sensibili, resilienti e innovatori i pilastri della strategia sostenibile al 2033

Impegnarsi nella decarbonizzazione e aumentare la quantità di rifiuti trattati secondo i principi dell’economia circolare; supportare i comuni nello sviluppo del drenaggio urbano sostenibile; aumentare il numero di impianti gestiti da remoto e quelli digitalizzati con l’applicazione dell’Intelligenza artificiale; creare un ecosistema virtuoso di responsabilità sociale d’impresa condivisa e diffusa, attraverso la sensibilizzazione dei fornitori. E poi, valorizzare le persone, abbattere il gender pay gap e promuovere la diversity inclusion, ma soprattutto ampliare le proprie attività attraverso la gestione del rischio idraulico, lo sviluppo di infrastrutture per incrementare la resilienza del territorio, la produzione di energia da fonti rinnovabili. Sono questi alcuni dei nuovi obiettivi che Gruppo Cap, la green utility che gestisce il servizio idrico della Città metropolitana di Milano, ha inserito nel suo nuovo piano di sostenibilità, un documento volto a guidare le scelte dell’azienda per i prossimi anni e che nasce dalla valutazione dei risultati raggiunti sinora, ma anche dall’analisi del contesto esterno, profondamente mutato rispetto al 2019, anno in cui la green utility ha pubblicato il suo primo piano.

Il nuovo piano di sostenibilità è innanzitutto una strategia di sviluppo sostenibile, con una visione a lungo periodo, che guarda fino al 2033 e identifica le sfide del settore, i risultati già ottenuti e i prossimi obiettivi. Rappresenta il completamento del percorso di ridefinizione del modello di business, attraverso il quale Cap ha integrato la sostenibilità nell’attività industriale. L’obiettivo è di garantire nel tempo la generazione del valore per gli shareholder, i collaboratori, gli stakeholder e il territorio, e porre le basi di un futuro più sostenibile per le prossime generazioni.

"Ogni passo compiuto nel trasformare il nostro business rendendolo più sostenibile è stato fatto con approccio partecipativo, coinvolgendo le nostre persone, la comunità locale, tutti i partner, i collaboratori, i fornitori e i clienti -spiega il presidente di Gruppo Cap, Yuri Santagostino-. Oggi un dialogo approfondito con gli stakeholder è ancor più necessario, soprattutto alla luce del nuovo ruolo che stiamo assumendo come abilitatori alla transizione green dei territori. Se l’obiettivo è dunque fare dell’acqua e dell’innovazione i pilastri su cui costruire processi di economia circolare, insieme al passaggio a modelli produttivi sostenibili, la partecipazione di tutti è fondamentale per una condivisione del valore prodotto, vera missione di una società interamente pubblica come Gruppo Cap".

Per queste ragioni, avverte Santagostino, "l’aggiornamento del piano di sostenibilità nasce grazie al concorso di una pluralità di soggetti, che hanno tracciato insieme a noi la nuova rotta fino al 2033 e ai quali ci lega un dovere di trasparenza e credibilità. Con questo nuovo documento ci poniamo obiettivi più ambiziosi e ampliamo i nostri orizzonti. Perché la sostenibilità non è una medaglia da appuntarsi sul petto, ma un processo continuo, faticoso ed entusiasmante che non ha mai fine, ma solo nuovi inizi".

In quest’epoca, caratterizzata da crisi climatica e instabilità sociopolitica ed economica, che hanno sgretolato convinzioni che sembravano radicate, Cap ha scelto di investire nella trasformazione del settore idrico e ambientale integrando la sostenibilità nel business, per diventare ciò che è oggi: la utility green capace di abilitare la transizione del territorio. La strategia di sostenibilità di Cap si articola attorno a 3 pilastri fondamentali che descrivono l’identità di Cap e delle sue persone: Sensibili, Resilienti e Innovatori.

Sensibili ai bisogni delle persone, per aumentare il benessere e la fiducia di comunità sempre più consapevoli ed esigenti. Resilienti negli asset, nella governance e nella gestione per proteggere un bene essenziale per la vita. Innovatori nel mercato, per anticipare le normative e alimentare la capacità di fare rete.

I tre pilastri sono a loro volta suddivisi in 9 macro-obiettivi, per un totale di 45 indicatori di performance. In continuità con il documento sviluppato nel 2019, per costruire il nuovo piano di sostenibilità, Gruppo Cap ha adottato un approccio partecipativo e ha coinvolto i collaboratori, la comunità locale, i partner, i clienti e gli stakeholder. Il documento è quindi il frutto del lavoro corale del management di Cap, che ha tracciato una nuova rotta dopo l’attento ascolto di tutti gli attori della catena del valore.

Monitoraggio annuale dei Kpi, analisi dello scenario per l’aggiornamento di target e obiettivi, e infine analisi dei mutamenti del contesto interno dell’evoluzione dell’azienda: è sulla base di questi tre input che Gruppo Cap ha individuato i 3 driver di cambiamento: l’attualità, intesa come l’insieme di cambiamenti normativi e socio-ecologici che determinano la necessità di rivedere target e obiettivi, la coerenza, che ha imposto alla green utility di allineare la propria strategia al business e a tutti gli strumenti di governance e pianificazione strategica e, infine, la razionalizzazione secondo il metodo Smart, per il quale ogni target è Specifico, Misurabile, Assegnato, Realistico, Temporizzato.

Inoltre, i tre pilastri -Sensibili, Resilienti e Innovatori- sono stati connessi a tre direttrici di business individuate dal nuovo piano industriale di Cap: il primo, l’innovazione del servizio idrico, cuore e il punto di partenza della strategia, che riguarda le innovazioni che connettono acqua, energia e rifiuti; il secondo, fondato sulle partnership per la transizione green, che proiettano Cap nella gestione regionale e nazionale degli impianti di economia circolare e di infrastrutture idriche resilienti; infine il più ambizioso, che apre a Cap i nuovi mercati per la sostenibilità mettendo a pieno frutto le sinergie territoriali e di sostenibilità.

L’innalzamento della temperatura, la siccità e gli eventi meteorologici estremi hanno evidenziato l’importanza dell’acqua. Quindi il comparto idrico deve ripensare le proprie strategie integrando i piani industriali con azioni di mitigazione e adattamento. Per Gruppo Cap questo si traduce nella necessità di allargare il perimetro delle attività ad ambiti contigui, come la gestione del rischio idraulico, la realizzazione di infrastrutture per aumentare la resilienza del territorio, la produzione di energia da fonti rinnovabili. L’acqua si conferma quindi al centro della strategia industriale di Gruppo Cap.

A cinque anni dall’elaborazione del primo piano di sostenibilità, è possibile confermare che la strategia adottata risulta credibile e che l’azienda ha costruito un percorso per raggiungere i propri obiettivi di sostenibilità integrandoli nella propria azione industriale. Gli impegni di sostenibilità si stanno traducendo in azioni concrete che generano impatti positivi. Tra i principali successi, emergono i numerosi interventi di drenaggio urbano sostenibile e l’alto tasso di innovazione. Su questo fronte, Cap ha attivato progetti per circa 70 milioni di euro con l’obiettivo di rinnovare le infrastrutture. Verrà anche completata la mappatura in 3D di tutte le reti per simulare gli interventi in studio, così da minimizzare l’impatto sul suolo.

Ci sono però anche obiettivi in cui è necessario impegnarsi di più o che vanno ridisegnati, per essere più sfidanti e in linea con i tempi, come quello relativo al consumo di acqua pro-capite e a quello dell’acqua del rubinetto rispetto all’uso dell’acqua in bottiglia che rappresenta un dato critico, nonostante le risorse impiegate in attività di sensibilizzazione. Nei prossimi anni sarà inoltre opportuno focalizzarsi sul tema della decarbonizzazione, sul quale Gruppo Cap ha definito i propri target in linea con le indicazioni di SBTi che ha confermato la solidità degli obiettivi dell’utility lombarda. Per quanto riguarda, invece, la riduzione delle perdite idriche, Gruppo Cap è in linea con gli obiettivi prefissati ma non ha ancora raggiunto il target del 15% fissato per il 2033. Inoltre, la green utility guarda a best practice europee come la Germania, che già nel 2001 registrava una quota di perdite idriche del 7%.

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Economia

La Russia resta un problema per le banche, il caso...

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La banca ha fatto ricorso al Tribunale dell'Unione europea sugli obblighi imposti dalla Bce: serve chiarezza, anche rispetto a possibili nuove sanzioni contro Mosca

MILANO, SEDE UNICREDIT , PIAZZA GAE AULENTI (PAOLO SALMOIRAGO/Fotogramma,  - FOTOGRAMMA

La Russia resta un problema per le banche e anche per la Bce. E il caso Unicredit lo dimostra. Non solo perché inevitabilmente pesano le perdite accumulate dopo l'invasione dell'Ucraina e le sanzioni occidentali contro Mosca, ma anche perché uscire completamente dalle attività consolidate negli anni è più complesso di quanto le stesse prescrizioni possano prevedere.

La notizia è di oggi, UniCredit ha presentato un ricorso al Tribunale dell'Unione Europea per ottenere chiarezza circa gli obblighi stabiliti dalla Banca Centrale Europea (Bce) per la ulteriore riduzione dei rischi associati alle attività di UniCredit in Russia, svolte da società controllate tra cui UniCredit Bank Russia ('Ao Bank'). Il problema, però, è sotto i riflettori da mesi e la decisione del gruppo bancario guidato da Andrea Orcel va letta con attenzione.

Dall'invasione russa dell'Ucraina nel febbraio 2022, si ricorda, UniCredit "ha adottato una serie di strategie per limitare drasticamente la propria attività nella Federazione Russa, con conseguente riduzione della propria esposizione transfrontaliera del 91% e della propria esposizione locale nel Paese del 65% fino a oggi; ulteriori sostanziali riduzioni saranno eseguite in linea con gli impegni del piano di azioni definito da UniCredit". Bene, ma tutto questo non basta. Perché l'uscita dalla Russia non è totale e difficilmente può esserlo senza ripercussioni che vanno considerate, non solo sul piano del conto economico ma anche sul piano giuridico-legale.

UniCredit, spiega la banca, "condivide con Bce l'importanza di ridurre la propria presenza in Russia, ma ha preoccupazioni circa le modalità di attuazione di tale riduzione identificate nella decisione della Bce, che vanno oltre l'attuale quadro normativo di riferimento". A tal riguardo, UniCredit ha intrattenuto "un dialogo costruttivo con Bce".

E, allora, perché serve un ricorso? Perché si può dire semplificando, le attività bancarie non si riescono a spegnere come se si potesse azionare un interruttore e perché il rischio è che la banca possa finire nel mirino di nuove sanzioni, che potrebbero presto mettere nel mirino proprio quelle banche che continuano ad avere attività direttamente o indirettamente riconducibili a interessi e capitali russi.

La banca di Piazza Gae Aulenti fa riferimento alle "circostanze senza precedenti e la complessità del contesto socioeconomico e geo-politico, la mancanza ad oggi di un quadro normativo univoco applicabile allo scenario attuale, e le possibili gravi conseguenze derivanti dall'attuazione della decisione che ha impatto non solo sulle attività in Russia ma anche su UniCredit S.p.A". Circostanze che "impongono che il consiglio di amministrazione di UniCredit ottenga certezza e chiarezza sugli obblighi e sulle azioni da intraprendere".

Proprio a questa esigenza si lega il ricorso al Tribunale dell'Unione Europea così da dirimere ogni dubbio circa gli obblighi a cui UniCredit dovrà adempiere. La Bce è stata informata di tale intenzione con totale trasparenza e largo anticipo".

Cosa succede quindi ora? La conclusione del procedimento, conclude Unicredit, "potrebbe richiedere diversi mesi, ma rappresenta una tappa obbligata per garantire la certezza del diritto sia per UniCredit sia per la Bce". Nelle more del giudizio, UniCredit ha chiesto la sospensione provvisoria della decisione della Bce. La banca "resta comunque impegnata ad attuare il proprio piano per una riduzione significativa della propria presenza in Russia, nel rispetto del contesto normativo, regolatorio e sanzionatorio. UniCredit rimane impegnata a mantenere un dialogo attivo e aperto al riguardo con Bce".

Perché si muove anche il governo? "La Bce deve tener conto della situazione nella quale operano le aziende italiane in Russia nel rispetto delle sanzioni Ue", ha scritto il ministro degli Esteri Antonio Tajani in un tweet, sottolineando la sua condivisione "dei contenuti del ricorso Unicredit alla giustizia Ue". "Decisioni affrettate rischiano solo di danneggiare imprese italiane ed europee. È quindi bene avere un quadro normativo certo", ha precisato.

La questione è più complessa di un qualsiasi contenzioso tra una banca sistemica e la Bce e riguarda, nella sua totalità, il sistema delle sanzioni alla Russia e la sua applicazione. (Di Fabio Insenga)

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