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Aids, 120mila infezioni e 76mila morti fra gli under 14 nel 2023

PROVETTE ANALISI HIV AIDS (Aresu, MILANO - 2004-08-02) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate - FOTOGRAMMA

"Nonostante i progressi compiuti per ridurre i casi di Hiv e le morti legate all'Aids fra i bambini", per liberarli dalla malattia entro il 2030 "è urgente ampliare i servizi per l'Hiv nei Paesi maggiormente colpiti dalla pandemia". L'appello arriva con il rapporto 'Transforming Vision Into Reality' di Unicef e Alleanza globale per porre fine all'Aids nei bambini entro il 2023 (lanciata nel 2022 dall'agenzia Onu per l'infanzia e dall'Organizzazione mondiale della sanità). Report dal quale emerge che nel 2023, a livello globale, circa 120mila under 14 sono stati contagiati dal virus dell'Aids e 76mila sono morti, di cui 49mila nei 12 Paesi dell'Alleanza globale.

I programmi che mirano a interrompere la trasmissione verticale (madre-figlio) dell'Hiv - indica il rapporto - dal 2000 hanno evitato 4 milioni di casi di Hiv nella fascia 0-14 anni. A livello globale, i nuovi Hiv-positivi under 14 sono diminuiti del 38% dal 2015 e le morti legate all'Aids sono scese del 43%. Fra i Paesi dell'Alleanza globale, molti hanno raggiunto una forte copertura della terapia antiretrovirale a vita nelle donne in gravidanza e allattamento che vivono con l'Hiv: l'Uganda quasi il 100%, la Repubblica Unita della Tanzania il 98%, il Sud Africa il 97%; il Mozambico ha raggiunto come lo Zambia una copertura del 90%, l'Angola e il Kenya l'89%, lo Zimbabwe l'88% e la Costa d'Avorio l'84%.

"I Paesi dell'Alleanza Globale - osserva l'Unicef in una nota - stanno innovando per superare le barriere e accelerare i progressi verso la fine dell'Aids nei bambini. Tuttavia, nonostante i progressi, né il mondo né i Paesi dell'Alleanza globale sono attualmente sulla buona strada per raggiungere gli impegni relativi all'Hiv per i bambini e gli adolescenti, e il ritmo dei progressi nella prevenzione dei nuovi casi di Hiv e dei decessi legati all'Aids tra i bambini è rallentato negli ultimi anni". Inoltre, "i tassi di trasmissione verticale rimangono estremamente elevati in alcune località, in particolare nell'Africa occidentale e centrale, superiori al 20% in Paesi come la Nigeria e la Repubblica Democratica del Congo". Ed "è preoccupante che il divario di trattamento tra adulti e bambini continui ad aumentare".

Solo il 57% riceve cure contro il 77% degli adulti

"Solo il 57% dei bambini che vivono con l'Hiv riceve un trattamento salvavita, rispetto al 77% degli adulti - afferma Anurita Bains, direttrice associata Hiv/Aids dell'Unicef - Senza test e cure precoci ed efficaci, l'Hiv rimane una minaccia persistente per la salute e il benessere di bambini e adolescenti e li espone al rischio di morte. Per colmare il divario terapeutico, dobbiamo sostenere i governi a diffondere approcci di test innovativi e garantire che i bambini e gli adolescenti colpiti da Hiv ricevano il trattamento e il sostegno di cui hanno bisogno".

Il report evidenzia poi una 'questione femminile'. Nel 2023 ci sono stati 210mila nuovi casi di Hiv a livello globale fra le ragazze e le donne dai 15 ai 24 anni (130mila nei paesi dell'Alleanza globale), 4 volte superiori all'obiettivo del 2025, fissato a 50mila. "Prevenire i nuovi contagi in questa fascia d'età è fondamentale, sia per proteggere la salute e il benessere delle giovani donne sia per ridurre il rischio di nuovi casi tra i bambini", avverte l'Unicef.

"Le disuguaglianze di genere e le violazioni dei diritti umani - rimarca l'agenzia - stanno incrementando la vulnerabilità delle donne all'Hiv e riducendo la loro capacità di accedere a servizi di base. A livello globale, quasi una donna su 3 ha subito una qualche forma di violenza durante la vita, e le ragazze adolescenti e le giovani donne sono colpite in modo sproporzionato dalla violenza da parte dei partner. Nei 4 Paesi dell'Alleanza globale con dati disponibili, questi non sono attualmente sulla buona strada per raggiungere l'obiettivo di garantire che entro il 2025 meno del 10% delle donne, delle popolazioni chiave e delle persone che vivono con l'Hiv sperimentino disuguaglianze basate sul genere e violenza di genere".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Salute e Benessere

Salute, esperti: “Alimentazione corretta e esercizio...

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Al congresso 'Healthy lifespan' a Milano, 'dieta, movimento e azione creatina aiutano sportivi in caso di sforzi intensi e anziani a prevenire cadute e fratture'

 - (Fotogramma)

Invecchiare in modo sano, prevenire cadute e fratture quando si è anziani e per questo motivo soggetti a fragilità ossea. Questi i temi al centro della seconda giornata del V Congresso internazionale "Healthy lifespan - Positive nutrition, antiinflammation diet, physical activity and sport" organizzato dalla Fondazione Paolo Sorbini, e promosso da Enervit e Technogym a Milano. "Come è stato dimostrato in un recente studio - afferma Asker Jeukendrup, direttore della società di consulenza sulle prestazioni Mysportscience e professore presso la Loughborough università - l’assunzione di glucosio ha migliorato le performance degli sportivi del 9% rispetto al gruppo di confronto che aveva assunto un placebo. L’assunzione di glucosio e fruttosio insieme, poi, ha migliorato ulteriormente di oltre il 7% le performance".

Di attività fisica ha parlato anche Jordan D. Metzl, medico dello Sport: "Oggi se vai da un medico ottieni i parametri vitali, altezza, peso e pressione sanguigna ma non i dati di fitness. La nostra speranza per il futuro è che dati medici e dati fitness siano insieme nella cartella clinica elettronica. Questo – spiega Metzl - renderà più facile il monitoraggio remoto dell'attività e una prescrizione di esercizi".

Fabrizio Angelini, presidente della Società italiana nutrizione dello sport e benessere (Sinseb) ha illustrato il ruolo della creatina in ambito sportivo: "Nella costruzione di un atleta che pratica uno sport di endurance, la creatina può essere utile perché ha un effetto buffer sul muscolo e un’azione sul consumo respiratorio di ossigeno ed antiossidante – evidenzia - Ha un’azione di contrasto sia alla fatica sia al dolore muscolare post allenamento, oltre ad avere un effetto antiossidante: 5 grammi al giorno sono in grado di contrastare i fenomeni ossidativi che si vengono a determinare in caso di sforzo atletico intenso. Molto interessante, l’azione della creatina sulla popolazione anziana che svolge attività fisica, nella quale ha un ruolo protettivo dalle fratture. Una corretta alimentazione, un adeguato esercizio fisico e la giusta supplementazione aiuta la popolazione anziana a prevenire cadute e fratture, e questo è un elemento importante se pensiamo alla grande sfida di sostenibilità a cui deve fronteggiare il nostro Ssn. In soggetti con una funzione renale deficitaria l’assunzione di creatina deve essere attenzionata con cura".

Silvano Zanuso, professore del dipartimento di Tecnologia presso la Ecu university di Perth (Au) e responsabile scientifico e ricerca di Technogym, non ha dubbi: "Vo2max, il massimo consumo di ossigeno che un umano può consumare in un’unità di tempo, è un ottimo predittore di mortalità e può essere migliorato. I parametri aerobici sono infatti predittori dell’età funzionale, lo stesso vale per la forza. Oltre ad essere correlati all'aspettativa di vita – fa notare Zanuso - i parametri aerobici e di forza possono essere allenati e la più grande riduzione del rischio di morte per tutte le cause la si ha passando dalla sedentarietà ad essere moderatamente attivi".

La semplice attività fisica "è correlata con l’aspettativa di vita, la salute e il livello funzionale ed è un fattore protettivo contro gli eventi cardiovascolari - aggiunge Zanuso - mentre l’esercizio fisico, sia la forza che l’attività aerobica, riduce il rischio cardiovascolare, la mortalità per tutte le cause e migliorano la longevità. Per questo forza e l’attività cardiorespiratoria vanno eseguite entrambe almeno 2-3 volte a settimana, oltre alla normale attività fisica quotidiana. L’attività aerobica migliora l’attività mitocondriale modulando positivamente l’infiammazione, l'attività di forza, da un punto di vista metabolico, aiuta il muscolo a captare il glucosio".

L’attività fisica è spesso legata all’alimentazione e in tal senso va tenuta alta l’attenzione quando c’è rischio di sovrappeso che "aumenta le probabilità di quattro malattie cardiovascolari, fegato grasso tipo 2, diabete di tipo 2, almeno 14 tipi di cancro e demenza – sottolinea Dorothy D. Sears, professoressa di Nutrizione e direttrice esecutiva della Clinical and community translational science presso il College of health solutions dell'Arizona State University – È importante allineare l'assunzione di cibo con i ritmi circadiani, gli innati ritmi biologici, durante i quali i livelli di cortisolo e melatonina si alzano e abbassano a ritmo opposto. Il cortisolo è alto durante la mattina e declina con l’avvicinarsi della sera, l’opposto fa la melatonina. I livelli di glucosio nell’organismo umano determinati dallo stesso pasto saranno più alti se il pasto è consumato la sera, piuttosto che la mattina".

Un ritmo circadiano "disallineato - evidenzia Sears - è collegato ad un rischio aumentato di una varietà di cancro, obesità, diabete di tipo 2, disturbi cardiovascolari. Un aiuto per mantenere allineato il nutrimento con il ritmo circadiano può arrivare dal digiuno intermittente, che può essere declinato in modo diverso ed è diverso dalla riduzione calorica. Il digiuno notturno è associato ad un miglioramento del controllo dei livelli di glucosio nel sangue e una diminuzione dell'infiammazione". Di sovrappeso ha parlato anche Hellas Cena, medico chirurgo specialista in scienza dell’alimentazione e professoressa dell’università di Pavia.

"L’obesità è già stata riconosciuta dall’Oms come una patologia cronica degenerativa - ricorda Cena - che favorisce malattie cardiovascolari, malattie metaboliche ed oncologiche e le infezioni. Negli ultimi 20-30 l’obesità è triplicata nel mondo, anche nei Paesi in via di sviluppo. Se i trend attuali non migliorano entro il 2030 una donna su 5 e un uomo su 7 saranno obesi, che a livello globale sono oltre 1 miliardo di persone".

"Attività ed esercizio fisico sono entrambi cruciali nel controllo del peso. Metodo e costanza sono molto importanti quando si parla di esercizio fisico - rimarca Elena Casiraghi, PhD, specialista in alimentazione e integrazione dello sport e docente a contratto di Teoria e metodi di preparazione degli sport individuali presso l'università degli studi di Pavia - L’allenamento è fatto dal volume (quanto tempo o ripetizioni), l’intensità che è strategica e infine la frequenza. Tre fattori che devono funzionare per fare in modo che l’esercizio fisico ci permetta di mantenere la nostra forma fisica anche dopo un periodo di dimagrimento. È importante creare una routine sostenibile da effettuare con metodo nella quotidianità. Ad esempio, fare le scale, invece, di prendere l’ascensore è un’opportunità di movimento, così come non prendere la scala mobile in metropolitana. Si tratta di strategie che aiutano a interrompere quella sedentarietà che nuoce alla nostra salute".

A chiudere la giornata Karin Michels, professoressa di Epidemiologia alla Fielding school of public health presso l'Ucla, Los Angeles: "Il microbiota intestinale è molto importante per la salute, influenza molte funzioni d’organo, è il nostro più grande organo immunitario. I pazienti con obesità - ha concluso - hanno una più limitata varietà di batteri intestinali e la varietà è importante per la salute del microbiota. Ad influenzare il microbiota intestinale sono dieta, genetica, farmaci, stile di vita sedentario, igiene. Per le persone con obesità si può ricorrere alla chirurgia bariatrica. Si tratta di un rimedio permanente, è un’operazione piuttosto invasiva ma è il modo più efficace per cambiare il microbiota in modo duraturo e per perdere peso".

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Salute e Benessere

Microplastiche anche nel cervello, pari a un terzo di...

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Lo studio valuta l'accumulo di questi inquinanti nel corpo umano

Microplastiche sulla spiaggia (Fotogramma/Ipa)

Le microplastiche sono ormai ovunque nel corpo umano. Ovunque i ricercatori le hanno cercate, eccole lì. Le concentrazioni più elevate sono state riscontrate in organi di vitale importanza come il cervello, ma anche la placenta e l'albero cardiovascolare. Per esempio, nel cervello, i livelli di micro e nanoplastiche rilevate in un cervello di peso medio di un adulto corrispondono all'equivalente di un terzo di una bottiglia di plastica da 1,5 litri. Lo evidenzia una ricerca commissionata da Vera Studio a un gruppo di esperti dell'Università degli studi della Campania 'Luigi Vanvitelli'.

La ricerca, condotta da Raffaele Marfella, del dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche avanzate; Pasquale Iovino, del dipartimento di Scienze e tecnologie ambientali biologiche e farmaceutiche, e da Francesco Prattichizzo, dell'Irccs MultiMedica, polo scientifico e tecnologico di Milano, sintetizza le fonti di esposizione alle micro e nanoplastiche, le tipologie di queste particelle e le associazioni patologiche connesse. I risultati sono stati presentati al Planetary Health Festival - Il Festival italiano della salute planetaria, che si chiude oggi a Verona.

Negli ultimi anni, ricercatori da tutto il mondo hanno iniziato a esplorare l’accumulo di questi inquinanti nel corpo umano e le loro potenziali conseguenze per la salute. Le micro e nanoplastiche riscontrate più frequentemente provengono da materiali ampiamente utilizzati nella vita quotidiana, come contenitori per bevande e alimenti, tubature per l'acqua e tessuti sintetici come nylon e poliestere. Questi materiali - spiegano i ricercatori - rappresentano fonti difficili da quantificare, poiché sono presenti nell’aria (sia interna che ambientale), nell’acqua (soprattutto in bottiglia), nel cibo confezionato e nei prodotti per la cura della pelle. Fra questi, le bustine di tè in nylon e i biberon che, a seguito dell'esposizione al calore, come nel caso dell’utilizzo del microonde, possono rilasciare grandi quantitativi di particelle potenzialmente dannose per l'organismo.

“Questo rapporto è importante perché racchiude, per la prima volta, i risultati di tutte le ricerche pubblicate a livello internazionale. Nell’indagine emerge con chiarezza che le quantità di micro e nanoplastiche presenti in molti organi del corpo umano sono rilevanti, soprattutto nel cervello - sottolinea Marfella -. In alcuni casi è stata anche dimostrata l'incidenza di queste sostanze nelle cardiopatie, nell’ictus e persino nell’Alzheimer. Come ricercatori continueremo a indagare, ma mi pare necessario che il tema plastica nei prossimi anni diventi centrale anche per il ministero della Salute e non solo per quello dell’Ambiente".

Il messaggio dei ricercatori è chiaro: senza un intervento urgente e globale per ridurre la produzione di plastica e cambiare le abitudini di consumo, l’impatto sulla salute umana - e non solo sull'ambiente - è destinato ad aumentare.

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Salute e Benessere

Salute, cardiologo Righetti: “Importante gestire...

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L'esperto al congresso internazionale su longevità sana organizzato dalla Fondazione Paolo Sorbini a Milano

Stefano Righetti,

Per modulare l’infiammazione determinata dall’attività di endurance è utile "il connubio di maltodestrine e fruttosio in rapporto 2:1, come dimostrato nello studio presentato oggi e condotto dall’Equipe Enervit", che evidenzia "come i livelli di interleuchina-6 e di cortisolo erano nettamente più bassi tra gli atleti coinvolti nello studio che avevano assunto il connubio di maltodestrine e fruttosio rispetto a chi aveva assunto il placebo". Così Stefano Righetti, cardiologo presso l'ospedale S.Gerardo di Monza, in occasione del panel 'Attività fisica ed esercizio per una longevità sana' che oggi ha aperto la seconda giornata del V Congresso internazionale "Healthy lifespan - positive nutrition, antiinflammation diet, physical activity and sport" organizzato da Fondazione Paolo Sorbini, e promosso da Enervit e Technogym, a Palazzo Mezzanotte a Milano.

Al centro dell’intervento di Righetti la gestione dell’infiammazione nell’esercizio fisico di resistenza. "L'attività fisica moderata ha un effetto di riduzione dell'infiammazione rispetto alla sedentarietà - spiega l'esperto - Diverso è però il caso dell’esercizio di endurance ad alta intensità. Lo sport intenso causa un incremento delle cellule dell'infiammazione nel sangue. I fattori che influenzano l’infiammazione nello sport di endurance sono principalmente la durata dell’attività e l’intensità, oltre che il recupero. I meccanismi associati all’infiammazione sono quelli del metabolismo energetico, dell’adattamento muscolare e tissutale, del recupero post esercizio e anche dell'assorbimento del ferro".

"L’interleuchina 6 (Il-6), molecola dell’infiammazione, può aumentare anche di 100 volte dopo uno sforzo fisico estremo - sottolinea il cardiologo - Quando si riducono i livelli di glicogeno a livello muscolare, aumenta la produzione di interleuchina 6, andando a determinare il distacco di acidi grassi liberi che vengono usati per produrre energia. Dopo l’esercizio intenso si ha un danno muscolare che comporta il rilascio di calcio, che a sua volta attiva l’infiammazione. L’infiammazione locale a livello del muscolo diventa con il trascorrere delle ore sistemica e l’atleta sperimenta dolori muscolari, aumento del turnover proteico e aumento del volume muscolare. Dopo l’attivazione dell’infiammazione post esercizio fisico, si attivano anche molecole che modulano l’infiammazione, permettendo così la rigenerazione e riparazione del tessuto". Dopo 12-24 ore di fase acuta dell’infiammazione subentra la fase cronica, "durante la quale se l’interleuchina 6 resta alta si ha una riduzione della forza muscolare e un aumento del dolore muscolare - aggiunge Righetti - Inoltre, un'attività fisica intensa va a determinare una riduzione dell’efficienza del sistema immunitario per qualche ora. L’assorbimento del ferro è intaccato da alti livelli di infiammazione determinata dall’esercizio fisico intenso di endurance." Gli Omega 6 "sono molecole che contribuiscono ad attivare l’infiammazione, al contrario gli Omega 3 la riducono. I fosfolipasi sono in grado di staccare Omega 3 e Omega 6 dalla membrana cellulare e di gestire quindi i meccanismi di attivazione e spegnimento dell’infiammazione", conclude.

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