M5S, rebus simbolo: nel 2023 Viminale bocciò registrazione attuale logo
Ministero respinse domanda per deposito marchio '2050'. Fonti 5 Stelle: "Confermata la nostra titolarità del contrassegno"
La rivoluzione del Movimento 5 Stelle passa anche per il brand. Confermare nome e simbolo del M5S oppure cambiare tutto, dando al partito una nuova identità? Gli iscritti pentastellati potrebbero essere chiamati presto a prendere una decisione anche su questo tema, in occasione dell'assemblea costituente. Ma a meno di due settimane dall'evento del 23 e 24 novembre in programma al Palazzo dei congressi, emergono nuovi dettagli sulla gestione del simbolo del Movimento. A quanto risulta all'Adnkronos, il primo agosto dello scorso anno l'Ufficio brevetti e marchi del Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha respinto la domanda presentata dal M5S nel luglio del 2021 per la registrazione del suo attuale contrassegno, caratterizzato dalla scritta 2050. L'aggiornamento del logo pentastellato con la data della 'neutralità climatica' fu una delle innovazioni introdotte da Giuseppe Conte al momento del suo approdo alla guida del Movimento. Ma il Ministero dell'Interno, in un parere chiesto dall'Uibm, ha spiegato che quel simbolo non si può registrare. E la motivazione - secondo il giudizio di fonti pentastellate che hanno seguito il dossier - sarebbe a dir poco "kafkiana". "Il Viminale - spiegano le fonti - dice che quel marchio non può essere registrato perché utilizzato da un partito politico presente in Parlamento", ovvero... il Movimento 5 Stelle.
La vicenda
Per comprendere meglio la vicenda bisogna fare un passo indietro. Nel 2021 il Movimento presenta all'Ufficio marchi la domanda per depositare il suo attuale logo, chiedendone la registrazione per la classe 41, ovvero per la categoria che secondo la classificazione di Nizza (un elenco che descrive la natura di prodotti e servizi in termini generali) corrisponde ai servizi educativi, formativi e culturali. Passano due anni e l'Ufficio rifiuta la richiesta del Movimento. In una mail, che l'Adnkronos ha potuto visionare, l'Uibm spiega i motivi del rigetto: "Il segno che si intende registrare coincide col simbolo di forma circolare con cui normalmente sono rappresentati i partiti, liste o movimenti che partecipano alle elezioni politiche e amministrative. Trattandosi di marchio richiesto dal Movimento 5 Stelle, anche se solo per i servizi educativi, si evidenzia che esso coincide col simbolo politico dello stesso gruppo politico". Il M5S, appunto.
L'Ufficio brevetti chiede dunque un parere al Ministero dell'Interno, che non concede l'autorizzazione alla registrazione del logo M5S precisando che "il marchio contenente nella parte superiore del campo la scritta Movimento... qualora venisse ammesso a registrazione potrebbe essere riprodotto su materiali, articoli o servizi di natura economica e/o commerciale, con conseguente richiamo ad elementi presenti in contrassegni distintivi di soggetti politici vicini al richiedente, che si siano presentati alle varie consultazioni o intendano parteciparvi". Inoltre, "il suddetto marchio - ove registrato - potrebbe essere diffuso durante la campagna elettorale, di fatto eludendo le limitazioni che valgono per i simboli elettorali nei periodi che precedono la votazione, in sostanziale violazione della normativa sulla propaganda elettorale secondo modalità tradizionali (affissioni di manifesti, comizi, volantini)...".
Al netto dello stupore per il responso, i vertici pentastellati hanno deciso di non presentare ricorso. La risposta del Ministero delle Imprese viene considerata infatti un "rafforzamento" della titolarità del simbolo: "Hanno detto che nessuno può depositare e utilizzare questo simbolo perché riconducibile a noi. Quella è una sentenza definitiva di tutela del nostro simbolo e di ogni possibile variante", il ragionamento che a taccuini chiusi fa un dirigente 5 Stelle.
Ma il tema del simbolo continua a rimanere sotto i riflettori. Nella fase di ascolto del processo costituente, i contributi inviati dagli iscritti "hanno espresso la necessità di modificare o il nome o il simbolo del Movimento, adeguandoli ad una immagine che va rinnovata, in linea con le sue prospettive strategiche attuali". In base allo statuto, la modifica del nome e del simbolo può avvenire solo su impulso del presidente del Movimento, "di concerto" con il garante Beppe Grillo. Ma secondo il costituzionalista Michele Ainis - che ha dato il suo contributo al dibattito avviato da Conte - questa norma lederebbe il principio di democrazia interna, perché "il potere di ultima istanza" spetta "alla comunità degli iscritti, non agli organi di vertice". La possibile modifica del simbolo è stato uno dei nodi su cui si è consumato lo scontro tra Grillo e Conte: il primo considera intoccabile il logo del M5S, il secondo vorrebbe che a esprimersi fosse la base. Non resta che attendere l'esito della costituente per scoprire se il Movimento 5 Stelle continuerà ancora a chiamarsi così. (di Antonio Atte)
Sport
MotoGp, a Barcellona vince Bagnaia ma festeggia Martin:...
Il pilota spagnolo finisce terzo e conquista il suo primo titolo. Secondo Marquez
Jorge Martin vince il suo primo titolo MotoGp. A Barcellona trionfa Bagnaia, all'undicesima vittoria in stagione, ma a festeggiare è lo spagnolo, che chiude terzo e conquista il Mondiale, dopo una lotta che, con Pecco, è durata tutta la stagione. Alla fine sono 10 i punti di vantaggio in classifica generale di Martin, a cui bastava arrivare nono per assicurarsi, anche in caso di vittoria del ducatista, il suo primo titolo iridato. Niente da fare quindi per Bagnaia, a cui serviva un miracolo per centrare il terzo titolo consecutivo. Secondo al traguardo Marc Marquez, che la prossima stagione sarà proprio compagno di Pecco in Ducati. Lo spagnolo conquista anche il terzo posto in classifica ai danni di Bastianini, mentre Espargaró dice addio alla MotoGp con un bel quinto posto.
La gara
Pronti via Bagnaia si prende subito la testa della corsa, con Martin alle sue spalle. Lo spagnolo deve difendersi dall'attacco di Marc Marquez, che lo supera sul rettilineo del secondo giro. Il futuro ducatista aumenta il ritmo e avvicina Bagnaia, mentre Martin punta a fare una gara prudente e accumula ritardo. Dietro di lui si infuoca la lotta per il quarto posto tra Bastianini ed Espargarò, con sorpassi e controsorpassi. Marquez continua a guadagnare velocità grazie alla scia di Bagnaia e lo avvicina sempre di più, mentre un contatto fa scivolare la Ducati di Bastianini in ottava posizione. Davanti la gara scorre senza colpi di scena fino a quando, a 15 giri dalla fine, Marquez prova il sorpasso su Bagnaia, che però si difende bene. Pecco aumenta il suo distacco mentre Martin resta stabile in terza posizione, senza rischiare nulla. Nei giri finali si infiamma la lotta per il quarto posto tra Espargaró e Alex Marquez, che alla fine esce vincitore. Alla bandiera a scacchi esplode la festa di Martin, che chiude terzo e conquista il suo primo Mondiale in MotoGp. Delusione per Bagnaia, che vince ma non basta. Secondo Marc Marquez.
Politica
Mollicone, Merlo e il Colosseo: cronistoria di una lite
Botta e risposta tra il presidente della commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone, e il giornalista Francesco Merlo. Con Repubblica che chiama in causa l'Adnkronos
Sorprende leggere oggi La Repubblica e scoprire che al quotidiano, fondato dal grande Eugenio Scalfari, ignorino che le agenzie stampa siano per definizione già distanti da tutti. Tra i loro compiti c'è quello di riportare i fatti che accadono e le dichiarazioni rilasciate in particolar modo da esponenti politici e istituzioni. Racconteremo ovviamente anche gli annunciati risvolti giuridici che seguiranno questa vicenda. Con vivo interesse.
Lasciamo ai lettori la semplice cronistoria.
L'ARTICOLO DI REPUBBLICA DI FRANCESCO MERLO NELL'EDIZIONE DI SABATO 16 NOVEMBRE 2024
Vorrei chiedere scusa a quei ceffi di romanacci con la scopa sulla testa che, nel Colosseo fuori dal Colosseo, da anni si ostinano a offrire al turista per dieci euro una foto con una tunica rossa attorno al corpo, scudo e daga sguainata. Chiedo scusa per i tantissimi articoli che ho scritto contro la gens della patacca abusiva da due soldi che adesso viene espropriata dalla gens della patacca di stato da un milione e mezzo di dollari: chiedo scusa ai truffatori del Colosseo senza legge, dove si mangia, si frega e se fa subito a cazzotti , ai “centurioni” borseggiatori che fanno la mano morta alle turiste, ai carrettini di panini immangiabili, ai venditori di souvenir e di paccottiglia d’ogni genere. Nessuno purtroppo riuscirà a fermare la nuova lucrosa carnevalata del Colosseo prevista nel prossimo maggio. Ancora non si sa chi si travestirà da leone e chi da tigre, ma sono già pronti i pitali rovesciati che diventeranno elmi «rigorosamente veri » sulla testa dei 16 turisti più fortunati, 16 gladiatori sbrindellati, ma «autentici», che «saranno scelti per concorso, sottoposti cioè ad esami di storia romana» magari da quel Michetti che le sorelle Meloni – ricordate? – accreditavano come professore di Romanità e perciò candidarono a sindaco: « Rifamo er Colosseo e pure le strade consolari ». Davvero non fatevi illusioni, è inutile parlare di disfacimento estetico o spiegare al presidente della Commissione Cultura, Federico Mollicone, che il Colosseo è memoria universale. Chiunque dovrebbe entrarvi in punta di piedi, anche quelli del Parco archeologico con le loro clientele di ancient romans che si sono messi a sniffare la romanità spacciata da Mollicone. Nel 2008 durante il G8 questa romanità di strada sedusse persino i grandi del mondo e la sera a cena il presidente del Parlamento canadese chiese a quello del Parlamento italiano, Gianfranco Fini, quando, in quale epoca, era avvenuta «la deportazione dei romani». Aveva infatti visto e parlato e si era pure fatto fotografare con i descendants of the aborigines . Pensava che quei centurioni fossero come gli indiani in America e i Maori in Nuova Zelanda. Fini gli disse: «Certo, le facce inquietanti ce le hanno». Ebbene, chiediamo scusa a tutti loro che sono, tra di loro, tutti parenti, come nelle cosche a Corleone, e come nel “sistema Meloni”. In fondo rimandano all’archeologia del vivere, microorganismi e fermenti di una decomposizione sociale che è pur sempre vita, anche se andata male. E però l’indignazione non attacca a Roma, che è sì bella e perduta come la patria del Nabucco . E la patacca di stato è purtroppo vincente perché è milionaria. Il povero governo italiano pe’ schiaffasse in saccoccia li quadrini , un milione e mezzo di dollari pagati dai quei furbi di Airbnb, obbligherebbe pure il centurione Alessandro Giuli a mettersi in testa una corona di pelle adornata di sesterzi per stupire e instupidire quei turisti che, ogni sera e per tre sere, saranno addobbati da una sartoria ovviamente d’epoca con l’armatura dei mirmilloni per combattere i turisti nemici con l’armatura dei traci. Questa è pure una patacca che viene da lontano: gli scontri-spettacolo al Colosseo, in stile Las Vegas, non sono stati immaginati da Sangiuliano e da Giuli, ma dall’allora ministro Franceschini, con un ripristino creativo dell’antichità e del mito di Roma che nemmeno Mussolini. Tutto cominciò dieci anni fa, quando l’archeologo Daniele Manacorda, suscitando appunto l’entusiasmo di Franceschini, si spinse a ipotizzare «ogni possibile evento della vita moderna, magari gare di lotta greco-romana, o una recita di poesie, o un volo di aquiloni ». E James Pallotta, che non aveva ancora venduto la squadra, alla Cnn annunziò «una partita della Roma contro il Bayern o il Barcellona: potremmo avere 300 milioni di persone che vogliono guardare da tutto il mondo il calcio nel Colosseo. Per loro faremo una pay-per-view: 25 dollari a testa». Poi quest’anno Elon Musk ha sfidato Zuckeberg a un duello di arti marziali nell’Arena che il governo era davvero pronto ad affittargli. E forse un po’ di colpa ce l’ha il film Il Gladiatore con quella battuta che è perfetta sia per la caciara sia per lo scetticismo di Roma: «Al mio segnale scatenate l’inferno». Si sa che Luca Ward, il doppiatore di Russell Crowe, pronuncia nel film la frase in romanesco. Lo ricordo proprio al Colosseo il 26 settembre del 2018 quando, presentando il libro di Francesco Totti, un altro gladiatore messo male, si mise a smorfiare sé stesso: « Quando me parte, faccio er Gladiatore e non mi fermo più ». Quella sera, per il libro di Totti, l’anfiteatro del Colosseo, che pure è l’archetipo di tutti gli stadi del mondo, era riservato al sussiego floscio e finto-inglese della nomenklatura sul Tevere, quella dei vip e dei semivip in tiro, baciamano e tacchi alti. Sfilarono al Colosseo per il pupone cocco de mamma i «Caio Gregorio / fusti der pretorio », ma con il Rolex al posto dei «ddu metri de torace ». Oggi invece la patacca milionaria viene raccontata come fosse un progetto di Mommsen e di Santo Mazzarino dalla direttrice pro tempore del parco archeologico Alfonsina Russo, «un’occasione – ha detto senza ridere – per ridare verità alla storia dei gladiatori». E ai cronisti dei giornali amici ha pure spiegato il tempio di Giove e la lotta dei carri. Ed è un peccato che Alfonsina si sia fatta espugnare dalla romanità-patacca della destra, ora magnificata da Mollicone, la retorica della lupa e di Giulio Cesare di cartapesta ma anche di Asterix, disegnato come una statua ma con il prezzemolo in testa al posto dell’alloro. C’è davvero un ritorno e un rilancio della sottocultura che anche Gianni Alemanno, da sindaco, inseguiva come un momento magico. È la romanità che–- ricordate? – veniva rievocata il 27 e 28 ottobre con la celebrazione della battaglia di Ponte Milvio e del miracolo di Costantino. Alemanno e il suo cerimoniere acculturato di allora, Umberto Broccoli, organizzavano la giornata dell’identità cristiana di Roma «l’esperienza più eccitante mai vista, un monumento alla romanità, qualcosa che i bambini delle scuole dovrebbero studiare e ricordare per il resto della loro vita»: venghino, signori, venghino a Ponte Milvio a vedere la ricostruzione del castrum, l’accampamento con macchine da guerra, le tende, e ovviamente i centurioni e i decurioni. Renata Polverini, che allora presiedeva la Provincia, invece era più sprint e organizzava la festa mischiando i costumi greci e romani perché « semo pure greci », e alcuni assessori erano travestiti da maiali con le mani che acchiappavano cosce mentre le puellae in tunica si leccavano i musi e finalmente una scrofa prendeva il posto della lupa capitolina. E ovviamente avevano pensato di fare la festa al Colosseo, ma il tabù del monumento allora resisteva, anche se bisogna dire che i monumenti non sono templi, che il riuso non è sempre profanazione, e questo vale pure per il Colosseo che, dal punto di vista della Chiesa, rimane un luogo di martirio, una Basilica. Nei corridoi del Colosseo fu girata la scena, amatissima da Tarantino, del lunghissimo scontro di karatè tra Chuck Norris e Bruce Lee, che sarebbe poi morto l’anno dopo, nel 1973. Il Colosseo venne concesso a Venditti con il suo pianoforte bianco. E Paul McCartney percorse una passerella longitudinale fumando una sigaretta e alla fine ci fu qualcuno che si precipitò a raccogliere la cicca e ancora la conserva. McCarteny cantò pure “ The Magical Mystery Tour vuole portarvi via … Venite, venite, satisfaction guaranteed”. Poi abbiamo avuto le tragedie greche, il concerto di beneficenza di Biagio Antonacci, le danze del diavolo buono Roberto Bolle. Adesso questa sbracatura dei turisti gladiatori è la prova definitiva che in Italia c’è un’emergenza Colosseo. Eccoci al paradosso: il Colosseo è un’emergenza perché va troppo bene, soffre di abbondanza, al punto che ogni anno sfonda il record dei visitatori dell’anno precedente. Nel 2023 sono stati 12 milioni e 300mila, con un ricavo di 79 milioni e 340 mila euro. Il monumento più visitato e più lucroso d’Italia, uno dei più ricchi del mondo, è anche il più vulnerabile all’accanimento progettistico della demagogia, all’accattonaggio urbano, al degrado della ristorazione ambulante, alla parodia della romanità. E meno male che è uno dei ruderi più solidi al mondo. Il Colosseo, che ha resistito a tutto, sopporterà anche la finta battaglia nella sua arena. Il nuovo orribile kitsch confermerà l’eternità della pietra ma l’oltraggerà peggio di una demolizione.
IL COMUNICATO DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE CULTURA DELLA CAMERA FEDERICO MOLLICONE PUBBLICATO DALL'ADNKRONOS SABATO 16 NOVEMBRE 2024
"Caro Merlo, sei un 'deficiente' perché manchi della conoscenza sui temi di cui scrivi. E non perdo tempo a inviare repliche al giornale che ti ospita perché, come sempre, non le avrebbe mai pubblicate". Comincia così la lunga 'lettera' del presidente della Commissione Cultura alla Camera Federico Mollicone con la quale il deputato di Fdi risponde ad un articolo di Francesco Merlo pubblicato oggi su 'Repubblica', nel quale il giornalista critica pesantemente l'idea della rievocazione storica degli antichi combattimenti romani dei gladiatori al Colosseo. "Forse -attacca Mollicone- pensi di far ridere con l'ennesimo pezzo radical chic che trasuda elitismo ma sei un 'deficiente' - ovviamente nel senso etimologico: defici della conoscenza storica dell'identità del Colosseo e del ruolo che la rievocazione ha nei luoghi archeologici e del suo utilizzo come forma di archeologia sperimentale, come nelle arene di Nimes e Lugdunum".
In tutta Europa, dice Mollicone, "la rievocazione storica, compresi gli spettacoli di gladiatura, sono a pagamento dentro arene e luoghi romani con spettacoli per migliaia di persone. Da noi sono addirittura gratis, approvate dalle Sovrintendenze, e portano redditività per il monumento. Immaginiamo il radical chic Merlo a compiacersi di fronte lo specchio, col suo sorriso beffardo, con i suoi editoriali dissacranti per colpire la destra, forse non potendo più brandire una chiave inglese come facevano negli anni '70 quelli di AutOp, ma con lo stesso odio". La rievocazione storica "rappresenta una politica attiva di valorizzazione degli istituti museali e dei parchi archeologici per incentivare forme ulteriori di turismo, contribuendo anche alla didattica e all'approfondimento scientifico".
"Caro Merlo sei un 'deficiente' perché non sai che dal 1 novembre è in vigore la legge 152 del 2024 che reca disposizioni in materia di manifestazioni di rievocazione storica -prosegue il presidente della Commissione Cultura alla Camera- e delega al Governo per l'adozione di norme per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e statuisce espressamente, all'articolo 1, che la Repubblica riconosce le rievocazioni storiche quali componenti fondamentali del patrimonio culturale nonché elemento qualificante per la formazione e per la crescita socio-culturale della comunità nazionale. Legge che ti ricordo è stata votata anche dalla sinistra, all'unanimità dal Parlamento".
"Bene ha fatto il parco archeologico del Colosseo a siglare un protocollo d'intesa con le associazioni di rievocazione storica, garantendo anche ai turisti uno spettacolo di gladiatura di alta qualità scientifica coordinato da funzionari del ministero della Cultura", scandisce Mollicone nella lettera a Francesco Merlo- Non vorremmo si nasconda odio verso la tradizione e la storia romana: ti ricordo, Merlo, che al Colosseo si tenevano i giochi gladiatori e la rievocazione degli stessi è archeologia sperimentale. Chi non lo sa è un "deficiente". Caro Merlo sei un "deficiente" perché non sai che esiste un Fondo Nazionale per la rievocazione storica, istituito su mia proposta sin dal 2017 e che il governo Meloni ha raddoppiato fino a 4 milioni, che ogni anno finanzia migliaia di manifestazioni che attirano centinaia di migliaia di turisti e vivificano le identità più profonde dell'Italia. Penso al Natale di Roma, alle Idi di Marzo, ad Aquileia".
"Caro Merlo, quelle associazioni di rievocazioni storica di cui parla hanno ricevuto 7 medaglie dai diversi Presidenti della Repubblica. Anche loro per la 'romanità patacca di destra'? Caro Merlo, sei un 'deficiente' perché non hai capito che la destra sostiene una politica culturale alta e popolare. Per intenderci, quella che ispirò il barocco, quella delle grandi feste che nascondono simboli antichi - descritte magistralmente nei propri saggi da Fagiolo e Rak - con messaggi esoterici e essoterici e che parlano al popolo. A proposito di popolo, gli allego le foto dell'arena di Nimes in Francia, la progressista Francia, dove una folla di popolo pagante si riunisce per vedere la rievocazione della gladiatura e delle legioni romane. Merlo, inizia a studiare e documentarti: in una sola frase, inizia a fare il giornalista e approfondire ciò su cui scrivi, cosa che evidentemente non hai fatto. La pazienza è finita. Davvero", conclude il presidente della Commissione Cultura della Camera.
L'ARTICOLO DI REPUBBLICA SULL'EDIZIONE DI DOMENICA 17 NOVEMBRE 2024
"Con una lunga lettera di insulti, dettata all’Adnkronos che, senza prendere le distanze, ne ha riproposto sin nel titolo lo stile offensivo ('Merlo sei un deficiente'), il presidente della commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone, ha risposto a un nostro garbato articolo di dissenso sulla decisione di mettere in scena, nell’arena del Colosseo, combattimenti di gladiatori interpretati in costume d’epoca dai turisti di Airbnb. L’organizzazione ha ricompensato il Parco archeologico del Colosseo con un milione e mezzo di dollari che sono un ottimo motivo per difendere la rievocazione storica dalle critiche e per resistere alle proteste. Repubblica ha pubblicato l’articolo del nostro Francesco Merlo ieri e il deputato di spicco di Fratelli d’Italia, sostenendo che non gliel’avremmo pubblicata, non ha inviato al giornale o a lui questa sua replica che si apre appunto con 'caro Merlo, sei un deficiente' e si chiude nientemeno con questa minaccia: 'La pazienza è finita. Davvero'. E speriamo che Mollicone, persa la pazienza, non dia seguito e trattenga la sua ira. Mollicone assimila Merlo al mondo violento degli anni Settanta del quale il giornalista non ha mai fatto parte: 'Immaginiamo il radical chic Merlo compiacersi per i suoi editoriali… non potendo più brandire una chiave inglese come facevano negli anni Settanta quelli di AutOp, ma con lo stesso odio'. Verrebbe da sorridere e replicare con un 'Mollicone ma che stai a di’' se le troppe insolenze spavalde su 'i radical chic che si guardano allo specchio con i sorrisi beffardi', e il crescendo della ripetizione ossessiva, per ben cinque volte, dell’insulto 'deficiente' non dessero il tono della rissa di strada a un testo culturalmente povero che l’agenzia di stampa ha rilanciato pubblicandolo interamente. È davvero inusuale l’attacco frontale, l’offesa gratuita, diretta e personale di un’alta carica istituzionale a un giornalista. Non è una critica, non è una polemica legittima, non è neppure faziosità consapevole, onesta e dichiarata, ma è materia giudiziaria. Sperando che l’onorevole Mollicone non si difenda dalla querela di Merlo nascondendosi dietro l’articolo 68 della Costituzione che gli garantisce l’immunità e non l’impunità".
Cronaca
Michelangelo e il segreto ‘medico’ della...
L'ipotesi di un team dd ricercatori internazionali sulla rivista 'The Breast'
Gli affreschi della Cappella Sistina di Michelangelo nascondono una segreta condizione medica: una donna dipinta nel Giudizio Universale potrebbe essere affetta da un tumore al seno. E' l'ipotesi formulata da alcuni ricercatori in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica internazionale 'The Breast': la figura femminile, coperta soltanto da un velo blu, si tiene le costole sotto il seno, che a destra appare sfigurato in modo coerente con i sintomi della malattia, così come la zona intorno all'ascella destra.
Otto storici dell'arte europei ed esperti di medicina hanno svolto un'indagine sugli affreschi con l'uso dell'iconodiagnosi, un campo interdisciplinare in ascesa che individua condizioni mediche in opere d'arte significative. "L'iconodiagnosi può insegnarci sia le malattie nella storia (e possibilmente la loro evoluzione e gestione nelle popolazioni storiche), ma ci dà anche un'idea di come uno 'stato di malattia' possa essere stato 'usato' come metafora stilistica nell'antichità", ha spiegato Andreas G. Nerlich, patologo dell'Università di Monaco di Baviera ad "ArtNet".
La donna identificata come malata indossa solo un velo blu, a indicare che è sposata. Si stringe appena sotto il seno destro, che presenta diversi segni rivelatori di cancro al seno, come hanno notato gli esperti. L'areola non è visibile e il capezzolo è schiacciato, come non lo è l'altro; emergono anche due noduli: uno è visibile sul lato destro del seno, appena sopra un'area di colorazione arancione che sembra essere "un effetto artistico piuttosto che un tipico peau d'orange", si legge nello studio. L'altro è visibile appena prima dell'ascella, a indicare che potrebbe avere i linfonodi ingrossati, un altro effetto collaterale comune del cancro.
Nello studio, la squadra di ricercatori guidati da Nerlich ha ipotizzato che Michelangelo abbia dipinto questa particolare condizione non per caso, ma per uno scopo simbolico. Hanno notato che le altre donne della Cappella Sistina, sia giovani che anziane, hanno tutte un seno sano. Inoltre, il dito destro di questa donna malata punta verso il suolo, forse a significare la consapevolezza del suo destino. Qualcuno potrebbe obiettare che questa figura è troppo giovane per avere il cancro al seno, dato che oggi l'85% dei casi si verifica in donne con più di 50 anni. Lo studio ha risposto che "applicare i dati moderni al periodo rinascimentale non è del tutto accurato".
Questa scoperta contraddice l'interpretazione tradizionale del seno come simbolo femminile di nutrimento e dimostra che, come la maggior parte dei suoi colleghi, Michelangelo era in realtà consapevole del cancro. In confronto, l'équipe di Nerlich ritiene che Michelangelo volesse ritrarre la donna de "Il diluvo" come se stesse subendo una punizione. In base ad alcune delle altre figure archetipiche presenti nelle vicinanze, la donna potrebbe addirittura incarnare il peccato mortale della lussuria. Ora che i risultati sono stati pubblicati, il team continuerà a scandagliare la storia dell'arte in cerca di altre occasioni per praticare l'iconodiagnosi.