La società bianconera caccia l'allenatore che ha vinto 5 scudetti tra il 2014 e il 2019
Massimiliano Allegri e la Juventus, è addio dopo 3 anni con l'esonero annunciato oggi dalla società bianconera. L'allenatore di Livorno chiude la sua seconda avventura con la Vecchia Signora, iniziata nel 2021.
Dopo la vittoria nella finale di Coppa Italia e le scintille nel post-partita, arriva l'annuncio: Allegri lascia Torino, con un anno di anticipo rispetto alla scadenza del ricchissimo contratto quadriennale da 7 milioni a stagione. La società, dopo 24 ore di riflessione, fa calare il sipario e annuncia l'esonero per "taluni comportamenti tenuti durante e dopo la finale di Coppa Italia che la società ha ritenuto non compatibili con i valori della Juventus e con il comportamento che deve tenere chi la rappresenta". Il riferimento è all'atteggiamento tenuto nei confronti della dirigenza, 'invitata' a non partecipare ai festeggiamenti, ai momenti di tensione con Guido Vaciago, direttore di Tuttosport.
Il flop dell'Allegri bis
L'Allegri Bis va in archivio con un trofeo che rende meno amaro un triennio complicato per la Vecchia Signora che ripartirà, con ogni probabilità, da Thiago Motta. Allegri, vincitore di 5 scudetti nella sua prima esperienza torinese tra il 2014 e il 2019, è tornato a Torino 3 anni fa per un vecchio-nuovo progetto voluto da Andrea Agnelli. Il ritorno al passato, al calcio del cortomuso, dopo i tentativi affidati a Maurizio Sarri e Andrea Pirlo: due tecnici bocciati dopo una sola stagione ma capaci di conquistare rispettivamente lo scudetto e l'accoppiata Coppa Italia-Supercoppa.
Allegri è tornato a Torino pensando di riprendere il discorso interrotto nel 2021. Lui è rimasto il profeta del calcio basato sulla fase difensiva e affidato al talento offensivo per arrivare al successo. Attorno al 'Mago Max', però, è cambiato tutto. A cominciare dalla Juve, che si è impoverita tecnicamente - e non solo - fino a diventare una squadra normale, se non mediocre. Via Cristiano Ronaldo, fine (più o meno) delle spese folli. La qualificazione alla Champions League e alla finale di Coppa Italia nel 2021-2022 avrebbero dovuto rappresentare il punto di partenza del nuovo ciclo. Invece sono state una tappa di un triennio con pochi sorrisi prima dell'acuto finale.
Il 2022-2023 è stato un annus horribilis in campo e soprattutto fuori. Le inchieste sul bilancio del club, la decapitazione dei vertici con l'addio di Andrea Agnelli, la penalizzazione e la conseguente esclusione dalle Coppe europee, con la cancellazione della Champions League conquistata sul campo. Allegri si è distinto nel ruolo di gestore-tuttofare: ha avuto il merito di tenere unito un ambiente in tilt e di reggere il timone di una barca alla deriva. Si è guadagnato la terza chance, per il 2023-2024. Niente impegni infrasettimanali, una Juve da plasmare per provare a competere in campionato.
Missione fallita, dopo un'iniziale illusione. Il girone d'andata da 46 punti ha fatto pensare che la squadra potesse essere competitiva al pari dell'Inter. Il girone di ritorno è stato un calvario: 2 vittorie nelle ultime 15 giornate, un ruolino da retrocessione, prestazioni tra l'inguardabile e l'osceno, una rosa depressa e giocatori involuti.
La Coppa Italia, vinta con merito, non ha sanato una frattura che dopo la partita è apparsa plateale: sì ai festeggiamenti con i giocatori, no all'esultanza con i dirigenti, a cui Allegri - secondo l'analisi della 'moviola' nel post-partita - ha rivolto anche un gesto eloquente. Divorzio inevitabile, in una quadro caratterizzato da una mancanza di sintonia con la nuova direzione tecnica. A dettare legge è Cristiano Giuntoli, deus ex machina dell'area sportiva: sarà lui a decidere come sarà la Juve che verrà affidata a Motta.
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Monza-Bologna 1-2: Castro decide la sfida
Il Bologna sale così a 6 punti, mentre i lombardi restano fermi a 3
Vittoria esterna importante per il Bologna di Vincenzo Italiano che si impone 2-1 a Monza contro la squadra di Nesta grazie ai gol di Urbanski e Castro dopo il momentaneo pareggio di Djuric. Il Bologna sale così a 6 punti mentre i lombardi restano fermi a 3. Nesta per la sfida con il Bologna conferma nove undicesimi della sfida contro l’Inter, inserendo solamente Bianco e Dany Mota al posto di Bondo e Caprari. In avanti quindi Maldini con Dany Mota giostreranno alle spalle di Djuric. Italiano, invece, stravolge i rossoblu. Tra i pali spazio a Ravaglia, con De Silvestri, Lucumi, Casale e Lykogiannis a formate il quartetto arretrato. A centrocampo Freuler con Aebischer e Urbanski. Il tridente è invece composto da Odgaard, Castro e Ndoye.
Primo tempo divertente con entrambe le squadre che hanno mantenuto i ritmi alti fin dall'inizio e creato diverse occasioni. La gara si sblocca al 24' con i felsinei che arrivano al cross con Lykogiannis per l'inserimento di Urbanski che colpisce di testa verso il palo di sinistra trovando il vantaggio per 1-0 e il suo primo gol in Serie A. Lo stesso Urbanski ci riprova poco dopo e al 31' manda fuori di poco una conclusione con il mancino al volo. Al 40' ci prova Ndoye con il destro a giro, mettendo la palla fuori di poco. Al 43' arriva il pari del Monza, con Ravaglia che respinge corto su una conclusione di Maldini da fuori area, non potendo nulla poi sul tap-in di Djuric per l'1-1.
Ad inizio ripresa, al 49' Castro va vicino al raddoppio ma Turati intuisce la conclusione e respinge in calcio d'angolo. Risposta immediata al 51' del Monza con Bianco che sfiora il palo. Poi tante sostituzioni e ritmi che però si abbassano, ma il Bologna trova l'affondo all'80': Freuler conduce una ripartenza centralmente e serve Castro che dal limite dell'area calcia di potenza di mezzo esterno e trova la rete dell'1-2. La squadra di Nesta prova il tutto per tutto per cercare di raggiungere il pari ma si infrange contro la difesa rossoblù.
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As Roma, Souloukou paga la rottura con la città: Friedkin...
Disimpegno e cessione o rilancio con una figura di peso, possibili contrasti tra Dan e Ryan
La Ceo della Roma Lina Souloukou si è dimessa anche per i suoi errori. Il più evidente, raccontano all’Adnkronos fonti vicine agli affari della famiglia Friedkin, la sottovalutazione delle conseguenze e delle modalità della rottura con Daniele De Rossi, che è la rottura con un’intera tifoseria e con un’intera città, che le ultime ore hanno dimostrato essere “un patrimonio disperso”. Dan e Ryan Friedkin hanno accettato le dimissioni non solo per assecondare la volontà della manager greca di sottrarsi alle pressioni, arrivate alle minacce, che hanno richiesto la protezione e l’assegnazione della scorta. I proprietari americani della Roma hanno capito che è stato fatto un passo falso anche da un punto di vista manageriale.
Ora i Friedkin sono di fronte a un bivio. Le stesse fonti parlano di “possibili contrasti emersi tra padre e figlio che partono da diverse valutazioni nelle ultime settimane e arrivano a una diversa visione strategica sulle prossime mosse”. In estrema sintesi, lasciare o rilanciare.
Il disimpegno porta a una cessione della società da gestire nei tempi più rapidi possibili ma massimizzando il ritorno economico per compensare gli investimenti fatti. Su questo piano, ci sono da considerare le residue possibilità di acquisire l'Everton e le trattative che sono ancora in piedi con i potenziali investitori arabi.
Il rilancio, invece, richiede un’operazione più complessa, che parte dalla scelta di una guida societaria che possa ricostruire su tutti i piani, partendo da quello ambientale. L'ipotesi sul tavolo è di optare per una figura che abbia una grande esperienza calcistica ma anche una conoscenza profonda della realtà romana.
I Friedkin devono tornare a percorrere una direzione che abbia un obiettivo chiaro. Da una parte o dall'altra, senza ulteriori passi falsi. Per come è costruita la struttura del gruppo Friedkin, e per cultura familiare, è sempre Dan a prendere le decisioni finali. Ma i rapporti e la sensibilità di Ryan, che ha passato molto più tempo a Roma, potrebbero avere in questa fase più peso rispetto a quello che hanno avuto questa estate. (Di Fabio Insenga)
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Gp Singapore, vince Norris con McLaren e Ferrari lontana
Il pilota britannico si aggiudica il terzo successo stagionale
Lando Norris domina il Gp di Singapore e si aggiudica con la McLaren il suo terzo successo stagionale. Il pilota britannico ci è imposto davanti alla Red Bull di un redivivo Max Verstappen, che però non trova la vittoria per l'ottava gara consecutiva. Terzo posto per l'altra McLaren di Oscar Piastri che precede la Mercedes di George Russell che ha mantenuto la quarta posizione dagli attacchi della Ferrari di Charles Leclerc che chiude quinto con rammarico, partendo dalla nona posizione in griglia.
Sul tracciato cittadino di Marina Bay, Daniel Ricciardo, probabilmente alla sua ultima gara, fa il giro veloce con la famiglia Red Bull che prova in tutti i modi ad ostacolare la McLaren di Norris togliendogli il punto addizionale. Poi in sesta posizione si piazza la Mercedes di Lewis Hamilton, seguito dalla rossa di Carlos Sainz, poi Alonso, Hulkenberg e Perez a chiudere la top ten. Ritirati Albon e Magnussen. Il Mondiale torna il 20 ottobre negli Usa.