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Fiere, la prima italiana b2b del verde si terrà a Dubai dal 15 al 17 novembre 2025

Presentata ufficialmente Myplant & Garden Middle East

Fiere, la prima italiana b2b del verde si terrà a Dubai dal 15 al 17 novembre 2025

La nuova fiera è resa possibile grazie alla stretta collaborazione con gli uffici IEG Middle East, presenza solida e consolidata nel panorama fieristico di Dubai. Obiettivo degli organizzatori è intercettare nuovi canali commerciali e inserirsi in un mercato dalle potenzialità crescenti favorito da una committenza particolarmente attenta allo sviluppo sostenibile e alla valorizzazione della biodiversità a livello locale e, a scala più ampia, dall’essere il principale hub logistico della regione e uno dei più importanti del mondo. “La scelta di IEG di guardare con sempre maggiore attenzione ai mercati internazionali – spiega l’Ad Corrado Peraboni - trova un’ulteriore conferma con questa prima edizione di Myplant & Garden Middle Est, la prima fiera italiana B2B del verde che si terrà a Dubai, un mercato ricco di potenzialità per questo settore. Una possibile opportunità internazionale era inoltre parte di quanto promesso agli operatori di questo settore al momento dell’acquisizione. La scelta di Dubai, inoltre, si inserisce nella linea già tracciata con JGT Dubai (Jewellery, Gem & Techonology) e Dubai Muscle Show, Dubai Active e Dubai Active Industry. La strategia del gruppo, che punta a posizionarsi sempre più come player globale è quella di creare spin off dei suoi eventi più rilevanti nelle aree maggiormente interessanti per i diversi prodotti. I nostri impegni all’estero crescono guardando ai mercati extra-europei con maggiore potenziale e Myplant & Garden Middle Est è parte di questo piano strategico di sviluppo”.

In vista della decima edizione di Myplant, affermano gli organizzatori, abbiamo deciso di andare fisicamente a Dubai per mostrare la qualità di un’offerta fieristica di alto livello. I Paesi del Gulf Cooperation Council - Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman, Qatar – nel 2023 hanno importato circa 390 milioni di dollari di materiale vegetale. Emirati, con 145 milioni, e Arabia, con 130 milioni, guidano la classifica, e il sentiment è positivo per i prossimi anni”. Myplant & Garden Middle East, prima fiera italiana b2b del verde a Dubai, sarà anche l’unica manifestazione dedicata alle filiere del verde ornamentale, dalla produzione alla progettazione, in Medioriente.

L’attenzione al verde di Dubai è parte di una visione di sviluppo strategico emiratino, che si è tradotta nella valorizzazione e preservazione delle risorse naturali – le otto aree protette coprono il 31% del territorio – con l’obiettivo di proteggere, ripristinare e promuovere gli ecosistemi naturali attraverso iniziative di ricerca scientifica, monitoraggio e tutela del paesaggio. Inoltre, lo sviluppo delle attività commerciali e residenziali verso le aree desertiche e la concentrazione del turismo soprattutto in ambito costiero (Dubai è una delle mete più visitate al mondo) offrono ampie possibilità all’ingresso di produzioni florovivaistiche: sia come materiale di progetto per lo sviluppo urbanistico, edilizio e infrastrutturale, sia come elemento distintivo nell’organizzazione degli spazi dell’accoglienza, sia come strumento per la creazione di un habitat resiliente al climate change, sia come materia di R&D per l’agricoltura di precisione e le coltivazioni sostenibili all’interno di un quadro di investimenti pubblici in segmenti ad alta intensità di innovazione.

L’import florovivaistico degli EAU nel 2023 si è assestato a 145 milioni di dollari, in costante aumento rispetto ai 79 del 2020 e ai 116 del 2022. I Paesi Bassi sono il primo partner commerciale (>28% dell’import), seguiti dal Kenya (>22%). Ecuador (>8%) e Cina (7%) si contendono il terzo gradino del podio, a grande distanza dai primi due Paesi. Colombia, Thailandia, Spagna, India, Francia e Stati Uniti chiudono la top ten. In questo quadro, il prodotto ‘Made in Italy’ – pur essendo l’Italia il terzo esportatore a livello mondiale, con oltre il 5% delle quote - si ritaglia un ruolo ancora marginale, con un export verso gli Emirati stimato poco sopra al milione di dollari (pari allo 0.8% dell’import florovivaistico emiratino). Il prodotto italiano ha grandi potenzialità di penetrazione nei mercati emiratini, in linea con le esigenze dettate dalle strategie di sviluppo in atto in quei territori. Grazie anche al partenariato strategico siglato tra Italia ed Emirati nel 2023, che apre a nuove collaborazioni nell’economia circolare e sviluppo sostenibile, innovazione e tecnologie 4.0, agritech e greentech. energie rinnovabili e tecnologie pulite, sicurezza alimentare, industria e tecnologie avanzate.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Economia

Codice strada, Alcolock a bordo: cos’è e come...

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Il dispositivo dovrà essere installato a spese del trasgressore. Perché la norma diventi operativa, però, manca ancora il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti

Controlli della polizia sugli automobilisti

Con il nuovo codice della strada, debutta l'Alcolock. Quando entra in scena il dispositivo? Come funziona? Lo dice all'Adnkronos/Labitalia Massimiliano Dona, presidente dell'Unione nazionale consumatori.

"L'Alcolock è una delle misure previste dalla Legge 25 novembre 2024, numero 177 che ha modificato alcune norme del Codice della Strada e che mira a contrastare la guida sotto effetto dell'alcol", afferma. "Non cambiano i limiti dei tassi alcolemici (quindi resta valido che non è possibile guidare se la quantità di alcol nel sangue supera gli 0,5 grammi per litro) ma per chi è trovato positivo all’alcol (con un tasso superiore a 0,8 grammi) scatta l’obbligo di installare in auto il dispositivo Alcolock, che impedisce l’accensione del motore se viene rilevato un tasso alcolemico sopra lo zero, oltre alla revoca della patente e al divieto assoluto di assumere bevande alcoliche prima della guida per un periodo variabile a seconda della gravità dell’infrazione", aggiunge.

"Il dispositivo - spiega ancora - dovrà essere installato a spese del trasgressore. Perché la norma diventi operativa, però, manca, ancora il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (che va adottato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, ossia a partire dal 14 dicembre 2024) che dovrà determinare le caratteristiche del dispositivo di blocco, le modalità di installazione e le officine autorizzate al montaggio".

"Si tratta - ricorda - di una realtà già consolidata in diversi Paesi, soprattutto in Europa e Nord America, dove viene utilizzato come strumento di prevenzione per contrastare la guida in stato di ebbrezza. Tra gli Stati europei che hanno adottato questa tecnologia spiccano Svezia, Finlandia e Francia, che prevedono l’obbligo dell’alcolock per i recidivi e, in alcuni casi, anche per i conducenti professionali. In Germania e Belgio il dispositivo è parte di programmi riabilitativi per chi ha violato le normative sull’alcol alla guida. Negli Stati Uniti e in Canada, invece, è ampiamente utilizzato nei casi di reati legati all’alcol, con programmi specifici gestiti a livello statale o provinciale".

Ma come si installa e quanto costa? "L'installazione dell’alcolock - spiega - è prevista presso officine autorizzate, con costi a carico del conducente obbligato. Il prezzo può variare, ma si stima che l’acquisto e l'installazione possano aggirarsi tra i 500 e i 1.000 euro, a cui si aggiungono i costi di manutenzione periodica. Tuttavia non mancano le polemiche. Alcuni ritengono che l'alcolock rappresenti un costo eccessivo per i cittadini, mentre altri temono che l'obbligo possa essere difficile da applicare in modo capillare. Però gli esperti sottolineano che i benefici in termini di vite salvate superano di gran lunga i costi economici".

Come funziona

Alcolock V3 è l’ultima versione degli alcolock destinati alle flotte dei veicoli commerciali. Progettato per funzionare con un basso consumo energetico e per resistere a vibrazioni, sporco, polvere, umidità e temperature esterne. Alcolock V3 può essere installato su qualsiasi mezzo motorizzato, come camion, autobus, inclusi tram, automobili e macchinari pesanti.

Alcolock V3 è un etilometro elettrochimico che impedisce l’avviamento del veicolo, se si supera la soglia di livello dell’alcol. Prima di avviare il veicolo, il conducente deve soffiare nel dispositivo e in pochi secondi AlcolockTM V3, analizza il campione di respiro e calcola il livello di alcol nell’aria espirata. Se la concentrazione di alcol è superiore al limite preimpostato, il veicolo non parte.

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Economia

Panetta: “Senza pace non prospera economia, guerra...

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Il governatore della Banca d'Italia: "La crescita economica, la prosperità e la pace sono strettamente connesse"

Fabio Panetta (Fotogramma)

"Senza pace, l’umanità non può prosperare; né può farlo l’economia. Nei paesi coinvolti in un conflitto, la guerra danneggia gravemente i fattori essenziali per la crescita". E' quanto ha detto il governatore della Banca d'Italia, Fabio Panetta, in occasione del suo intervento all'incontro 'Economia e pace: un’alleanza possibile', promosso dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice a Bologna. "Le ostilità distruggono il capitale produttivo" fatto di "infrastrutture, macchinari e materie prime. Causano vittime soprattutto tra le nuove generazioni e piegano alle esigenze belliche le opportunità di apprendimento e la formazione di una forza lavoro qualificata. Ciò riduce la disponibilità e la qualità del 'capitale umano'", ha spiegato il governatore, aggiungendo come, inoltre, "le guerre spesso erodano il capitale civico, indebolendo la coesione sociale e la fiducia nelle istituzioni".

"Crescita economica e pace strettamente connesse"

"La crescita economica, la prosperità e la pace sono strettamente connesse" e "per comprendere questo legame, occorre ricordare che nelle economie moderne lo sviluppo si fonda sull’integrazione e sul commercio internazionale. La libera circolazione di merci, capitali, persone e idee facilita il trasferimento di conoscenze e tecnologie, contribuendo a unire i popoli", ha sottolineato Panetta.

Un sistema di scambi "aperto e multilaterale - ha indicato - ha favorito lo sviluppo. La libertà di scambiare beni e servizi, investire oltre confine e condividere idee e conoscenze ha contribuito al benessere di gran parte della popolazione mondiale, aumentando le opportunità di lavoro, soprattutto per le donne, e riducendo le disuguaglianze tra paesi ricchi e paesi in via di sviluppo. Grazie all’accesso ai mercati internazionali, molte economie emergenti sono riuscite a crescere. Centinaia di milioni di persone sono uscite dalla povertà estrema: si stima che senza i progressi degli ultimi trentacinque anni, oggi vi sarebbero 2,4 miliardi di persone in più in condizioni di indigenza", ha detto Panetta.

Priorità, obiettivi e interventi

"La priorità - ha scandito - deve essere preservare un’economia mondiale aperta agli scambi internazionali. Recidere i legami economici e commerciali comporterebbe una significativa perdita di benessere per la popolazione mondiale, indebolendo ulteriormente l’assetto multilaterale che ha sorretto lo sviluppo globale dal secondo dopoguerra, con effetti che finirebbero per travalicare i confini dell’economia e della finanza".

Quindi, ha proseguito, "è necessario correggere gli squilibri emersi nel tempo, al fine di evitare che le privazioni e le frustrazioni alimentino tensioni e conflitti. Per raggiungere questi obiettivi, occorre agire su più fronti, a livello sia nazionale sia internazionale". Secondo Panetta, un primo intervento dovrebbe riguardare "il contrasto alle disuguaglianze, sia nei paesi poveri sia in quelli avanzati": ridurre i divari di reddito e di opportunità "è fondamentale non solo per costruire una società più giusta ed equa, ma anche per garantire stabilità sociale. Inoltre, è un prerequisito per lo sviluppo: se una parte significativa della popolazione è esclusa dalle opportunità economiche, l’intera economia ne risente".

"Un ulteriore ambito di intervento è il rafforzamento dei sistemi di istruzione e formazione. Un accesso equo a questi servizi - ha quindi evidenziato il governatore della Banca d'Italia - è necessario per interrompere il ciclo della povertà e creare una forza lavoro qualificata e produttiva, capace di adattarsi ai cambiamenti del mercato e di avviare attività economiche. Investire nell’istruzione dei giovani, indipendentemente dalle loro condizioni iniziali, significa non lasciare indietro nessuno e valorizzare appieno il potenziale umano disponibile".

"Va poi rafforzata la protezione sociale e garantito l’accesso a servizi sanitari efficienti. Questi strumenti - ha indicato Panetta - consentono alle persone di affrontare periodi difficili senza ricadere nella povertà, facilitando la loro partecipazione attiva al mercato del lavoro e contribuendo ad aumentare la coesione sociale e la stabilità economica. A livello internazionale, una priorità è la gestione del debito estero dei paesi più poveri, che ha raggiunto i 1.100 miliardi di dollari. Oggi, come quarant’anni fa, è urgente riflettere sui meccanismi per alleviare l’onere di tale debito, che in molti paesi ostacola gli investimenti produttivi e frena lo sviluppo. Tuttavia, a differenza di allora, le iniziative in corso sono rese più complicate dalla presenza di nuovi creditori rilevanti, come la Cina, e dalle attuali tensioni geopolitiche. Accelerarle sarebbe un passo concreto verso soluzioni in grado di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni interessate", ha detto ancora il governatore.

"Ma gli interventi necessari non si fermano qui. È fondamentale adottare politiche di sostegno allo sviluppo, anche per contrastare la spinta che le condizioni di povertà estrema esercitano sui flussi migratori, rendendoli difficilmente controllabili; investire nella gestione di questi flussi, al fine di sostenere le economie dei paesi di origine dei migranti e di rispondere alle conseguenze del grave declino demografico nei paesi di destinazione; perseguire modelli di sviluppo sostenibili, che riducano le tensioni derivanti dall’accesso a risorse scarse, come acqua ed energia, spesso all’origine di conflitti", ha spiegato ancora Panetta.

"Da guerra benefici transitori, sviluppo deriva da investimenti produttivi"

"Lo sforzo bellico sostiene la domanda aggregata e può stimolare l’innovazione, ma distorcendone gravemente le finalità. I benefici economici sono però transitori e non eliminano la necessità di riconvertire l’economia una volta concluso il conflitto, anche nei paesi coinvolti che non abbiano subito danni diretti sul proprio territorio", ha evidenziato.

"L’alta inflazione e il crollo del Pil che spesso caratterizzano le fasi belliche - ha infatti indicato - sono i segni dei danni che i conflitti provocano al tessuto economico. La produzione di equipaggiamenti bellici non contribuisce ad aumentare il potenziale di crescita di un paese. Lo sviluppo deriva dagli investimenti produttivi, non dalle armi".

"E' sbagliato - ha affermato ancora - attribuire alla spesa militare il merito del progresso tecnologico. E' la ricerca scientifica a stimolare l’innovazione. L’investimento militare può generare innovazione se impiegato nella ricerca. Ma non è necessario ricorrere alla guerra per questo scopo: le tecnologie sviluppate per scopi militari diventano progresso solo quando trovano poi impieghi civili. La guerra rappresenta dunque una forma di 'sviluppo al contrario' e non può generare prosperità", ha detto il governatore.

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Economia

Unicredit, Orcel: “Dna simile a Ferrari, vogliamo...

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'2025? Molte attese e difficoltà, le supereremo, noi ottimisti'

Unicredit, Orcel:

"Abbiamo trovato in Ferrari non solo un grande partner italiano ma anche un Dna non dissimile. Entrambe le aziende, e soprattutto le persone tanto di Unicredit quanto di Ferrari, non accettano gli ostacoli e vogliono superarli". Così Andrea Orcel, amministratore delegato di Unicredit, durante la conferenza stampa della partnership con Ferrari. "La dimensione economica della partnership è secondaria, voglio sottolineare l'importanza di due aziende che guardano all'heritage e all'innovazione", aggiunge.

Come si apre il 2025 per Unicredit? "Come sempre molte attese e molte difficoltà ma le supereremo: siamo molto ottimisti" precisa, aggiungendo: "Siamo una banca italiana, abbiamo radici italiane. Crediamo nell'Italia ma anche nell'Europa e vogliamo portare il meglio che l'Italia ha all'estero. Se questo vuol dire non essere italiani mi dispiace molto, perché la nostra industria crede molto in questo". E sull'Ue: "L'Europa in generale passa troppo tempo a esasperare le diversità e troppo poco tempo a unirsi per creare un blocco economico che crei opportunità per tutti".

La fiducia? "È stato il valore maggiore che ci ha catapultato in avanti e sarà il valore maggiore che ci consentirà nei prossimi 3-4 anni, perché questo è il nostro orizzonte di piano, di sorprendere ancora con i nostri risultati". "Io credo che tutti vogliano vedere una contrapposizione tra Intesa Sanpaolo e Unicredit. La verità è che abbiamo modelli di business diversi. Intesa Sanpaolo è concentrata sul nostro Paese, noi abbiamo un modello più internazionale". "Noi - afferma -riteniamo che in un Paese come il nostro sia importante accompagnarle fuori dove esportano e l'accompagnamento non si fa con una filiale di rappresentanza ma con una leadership nel Paese di arrivo". Intesa Sp, sottolinea, "è davanti a noi in Italia ma vogliamo provare a sfidarla ogni giorno, anche se non abbiamo le dimensioni che hanno loro in questo Paese", conclude.

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