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Alla Camera la conferenza stampa di lancio del volume di Giorgio Malfatti di Monte Tretto, con Mollicone, Tremonti, Carpini, Scotti
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Alla Camera dei Deputati si è tenuta la conferenza stampa di lancio dell’ultimo libro di Giorgio Malfatti di Monte Tretto, già ambasciatore e oggi docente dell’Università Link Campus: “America Latina: democrazia, populismo e criminalità” (Eurilink University Press), un manuale per orientarsi nel complesso mondo che va dal Messico a Capo Horn. Sono intervenuti, insieme all’autore, due deputati: Federico Mollicone, presidente della Commissione VII Cultura, Scienza e Istruzione, e Giulio Tremonti, presidente Commissione III Affari esteri e comunitari; Laura Carpini, ministro plenipotenziario, vicedirettrice generale e direttrice per i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi DGMO; Vincenzo Scotti, già ministro e fondatore dell’Università Link. L’incontro è stato moderato da Giorgio Rutelli, vicedirettore dell’Adnkronos.
Mollicone ha introdotto il libro, una miniera di dati e informazioni fondamentali per capire il mondo latinoamericano, che riceve ogni anno circa 30 miliardi di investimenti italiani, mentre l’interscambio tra il nostro Paese e la regione vale 33 miliardi. Grande rilievo è dato all’altra area di specializzazione dell’ambasciatore Malfatti, ovvero il mondo del narcotraffico e della criminalità organizzata, che in alcuni Stati ha conquistato un potere in grado di condizionare la politica e l’economia.
Per Tremonti, l’opera ricorda Alexis de Toqueville e il suo “La democrazia in America”. Diviso in due parti, una tematica, che abbraccia tutto il continente, l’altra dedicata ai singoli paesi, spiega con chiarezza la tripartizione dei poteri dominanti: le classi affluenti, la Chiesa e i militari. Da esperto di consessi internazionali, l’ex ministro dell’Economia si è soffermato sulla collocazione geopolitica del blocco latinoamericano, che “è nell’Occidente e spero ci rimanga” nonostante i tentativi di Brics e di alcuni membri del G20 di costruire un assetto alternativo. Il suo intervento si chiude con una “difesa” del populismo alla sudamericana, termine usato in modo dispregiativo, ma che in realtà raggruppa “le ragioni dei popoli contro la stupidità delle politiche occidentali degli ultimi anni”.
Nel suo intervento, Laura Carpini ha messo l’accento sulla necessità di prestare più attenzione all’America Latina, e alla sua realtà caleidoscopica che il libro di Malfatti riesce a catturare. È un’area che ha tanti punti in comune con l’Europa, non solo storici e legati al colonialismo, oltre ovviamente alla grande comunità italiana che vi abita. Tra gli elementi positivi si segnala l’affermazione ormai definitiva dei sistemi democratici, con l’eccezione di Cuba (che è eccezione in tutto) e la situazione complicata del Venezuela. C’è una forte cooperazione in campo giudiziario, e l’expertise italiana in questo campo è molto apprezzata in tutto il continente.
Secondo Scotti, l’Italia deve definire in modo più rigoroso il suo posizionamento internazionale, ed è nostro interesse e nostra responsabilità aumentare l’apertura verso la regione latinoamericana, in particolare ora che gli Stati Uniti hanno allentato la loro influenza. E bisogna continuare a seguire la lezione di Giovanni Falcone, che oltre 30 anni fa aveva capito che la criminalità organizzata avrebbe cambiato profondamente pezzi della società e dell’economia della regione, importando tecniche e reti dall’Italia.
Malfatti ha concluso parlando di alcuni elementi peculiari dell’America Latina, come la ricchezza di materie prime: si pensa che sia l’Africa il fulcro della ricerca, degli investimenti e dell’estrazione di terre rare, minerali e idrocarburi, in realtà è oltreoceano che si concentra ancora oggi gran parte di questo settore. La Guyana ex britannica, da essere uno dei Paesi più poveri della regione, quest’anno dovrebbe crescere del 25,4% grazie agli immensi giacimenti di petrolio offshore scoperti negli ultimi anni. Mentre la Guyana Francese, pur essendo territorio dell’Unione Europea in quanto territorio d’oltremare, è “un Paese così difficile da essere considerato non affidabile neanche dai narcos”.
C’è poi la competizione globale per l’influenza nella regione: mentre l’Europa blocca i negoziati per l’accordo con il Mercosur (su ordine della Francia, i cui agricoltori e allevatori temono la concorrenza sudamericana), Russia e Cina provano a conquistare peso politico e alleanze, con alterne fortune. Dal dibattito, che in autunno sarà arricchito da una presentazione, emerge il disegno di un’area che sconta ancora la fase coloniale e in particolare una divisione geografica slegata da criteri storici ed etnico-culturali, che resta divisa al suo interno (il sogno bolivariano unitario è naufragato) e in cui l’Italia può giocare una partita da protagonista su molti fronti. Prima però bisogna conoscerla, e il libro di Malfatti è un ottimo punto di partenza.
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Esteri
Usa-Russia, vertice su Ucraina e business: il ruolo chiave...
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A Riad anche il numero uno del Fondo russo per gli investimenti diretti
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Il numero uno del Fondo russo per gli investimenti diretti Kirill Dmitriev è stato a Riad, ma alle otto di questa mattina non si è seduto al tavolo dei negoziati fra le delegazioni di Stati Uniti e Russia allestito al Diriyah Palace per avviare il dialogo sulla guerra in Ucraina. Come immortalato dalle foto ufficiali, di fronte ai tre americani, Marco Rubio, Mike Waltz e Steve Weitkoff, c'erano solo Sergei Lavrov e Yusi Ushakov.
A capotavola, e solo per l'inizio dell'incontro, il ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan Al Saud, e il consigliere per la Sicurezza nazionale della monarchia del Golfo, Musaed bin Mohammad Al-Aiban, con alle spalle le bandiere di Stati Uniti, Arabia Saudita e Russia. Che fosse in altre sale del palazzo in "colloqui separati", a rilasciare interviste all'ingresso, o ricomparso in sala defilato, alle spalle di Ushakov e Lavrov, i russi hanno insistito in tutti i modi nel voler segnalare la presenza nella delegazione.
Perché il suo nome è associato alla discussione della parte economica della trattativa, vale a dire delle sanzioni e del loro allentamento. Che non è stato affrontato nelle quattro ore e mezzo di colloqui di questa mattina, come ha ammesso in una delle diverse interviste che ha concesso in queste ore lo stesso Dmitriev, che sembra aver stabilito con Steve Witkoff un buon rapporto in occasione del loro incontro martedì scorso a Mosca che ha portato allo scambio di detenuti fra i due Paesi e alla telefonata fra Donald Trump e Vladimir Putin il giorno dopo.
Ma la Russia, ha spiegato, ha presentato agli Stati Uniti proposte per nuovi accordi di cooperazione negli affari e dell'energia, "anche con progetti congiunti, incluso per esempio nella regione dell'Artico", e auspica che possano essere stretti nel giro di mesi.
"Il mondo intero segue il possibile miglioramento delle relazioni. Contribuirà ad attuare numerosi obiettivi e problemi che il mondo si trova di fronte oggi. Anche la cooperazione economica è importante", ha incalzato.
Usa e Russia "porranno le basi per una futura cooperazione sulle questioni di interesse geopolitico e storico reciproco e alle opportunità economiche e di investimento che emergeranno da una fine positiva del conflitto in Ucraina", ha tuttavia spiegato il dipartimento di Stato Usa diffusa dopo la conclusione dei negoziati di oggi che sembra andare contro l'auspicio di Mosca per portare a casa qualche risultato prima della fine del conflitto.
Esteri
Iran, Reza Pahlavi: “Regime più debole che mai,...
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L'appello del figlio maggiore dell'ultimo Shah di Persia al Summit di Ginevra per i Diritti Umani e la Democrazia: "Vi porto un messaggio da una nazione in catene"
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Reza Pahlavi, figlio maggiore dell'ultimo Shah di Persia, ha tenuto un lungo discorso al Summit di Ginevra per i Diritti Umani e la Democrazia, in cui ha voluto portare agli "amici e instancabili sostenitori dei diritti umani", "un messaggio da una nazione in catene". "Il popolo iraniano - ha detto - ha sopportato più di quattro decenni di sofferenza, eppure il suo spirito rimane intatto. Stanno lottando non solo per loro stessi, ma per i valori di libertà, giustizia e dignità umana".
Storia, donne, arte, ambiente e libertà: sono molto i temi trattati da Pahlavi nel suo intervento, tutti molto attuali nel complesso quadro iraniano. "Sono qui in rappresentanza dei miei connazionali, che sono stati troppo a lungo messi a tacere, non solo dal regime tirannico che occupa il nostro Paese, ma anche dal pregiudizio ideologico che distorce la verità sull'Iran - ha iniziato -. La storia della Repubblica Islamica è una storia di inganno. Questo inganno, unito alla loro arroganza, ha portato i leader dell'Occidente e molti nei media a dipingere Khomeini come un 'santo'. Hanno rappresentato la rivoluzione come una lotta per la giustizia e la libertà. Ciò che ne è seguito è stato un inferno sulla Terra".
L'Iran e la 'guerra alle donne'
"Da allora, il regime ha lanciato una guerra contro le donne iraniane. La legge progressista sulla protezione della famiglia fu la prima che Khomeini revocò. La legge sull’hijab obbligatorio, imposta subito dopo la rivoluzione, divenne uno strumento di sottomissione, simbolo dell’ossessione della Repubblica Islamica nel controllo dei corpi e delle vite delle donne - ha proseguito - Tuttavia, sin dai primi giorni fino ad oggi, le donne iraniane hanno resistito. Ma lasciatemi essere chiaro: le donne iraniane non stanno solo lottando contro l'hijab obbligatorio. La loro lotta non riguarda un pezzo di stoffa: riguarda la riconquista della loro uguaglianza e del loro paese".
Pahlavi ha condannato una repressione che "ha colpito tutti i gruppi ideologici e tutte le fedi". "I Bahá'í sono stati perseguitati sistematicamente, i loro leader incarcerati, i loro cimiteri profanati, e ai loro giovani è stato negato l'accesso all'istruzione. I cristiani, in particolare i convertiti dall'Islam, vivono in costante paura. Come i loro compatrioti cristiani, anche i musulmani sunniti, gli ebrei, i sufi e i zoroastriani affrontano restrizioni e discriminazioni. L'antagonismo istituzionalizzato del regime verso qualsiasi tipo di diversità, compresa la diversità religiosa, ha minacciato secoli di convivenza e unità in Iran", ha spiegato. "Anche le anime creative dell'Iran non sono al sicuro - la denuncia di Pahlavi - Musicisti, artisti, poeti, che sono il cuore della cultura iraniana, rischiano la pena di morte per aver osato esprimersi".
Con l'insurrezione 'Donna, Vita, Libertà' nel 2022, scatenata dall'omicidio di Mahsa Amini, "il regime e i suoi apologeti hanno cercato di inquadrare il movimento lungo linee etniche, ma la madre di Mahsa l'ha definita "la figlia dell'Iran". I manifestanti hanno risposto con lo slogan: "Da Zahedan a Kordestan, do la mia vita per l'Iran". Questa è la voce di una nazione unita".
"Ma i crimini della Repubblica Islamica non si fermano ai confini dell'Iran - ha detto - Il regime usa le sue ambasciate e i cosiddetti "centri culturali" come basi per spionaggio e terrorismo in Europa. Questi sono i crimini di cui il mondo è a conoscenza. Ma ce ne sono molti altri, spesso trascurati, come la distruzione dell'ambiente dell'Iran da parte del regime. Considero la giustizia ambientale uno dei diritti umani dei miei connazionali".
L'inquinamento a Teheran
Anche l'ambiente è un tasto dolente per Teheran. "Decenni di corruzione e cattiva gestione hanno creato disastri ecologici che minacciano milioni di persone", ha affermato Pahlavi. "L'inquinamento atmosferico a Teheran e Ahvaz è tra i peggiori del mondo, spesso raggiungendo livelli tossici, costringendo la chiusura di scuole e attività commerciali. E coloro che osano parlare vengono incarcerati o uccisi - ha continuato - Nel frattempo, un Paese che siede sulle seconde maggiori riserve di gas del mondo vive disagi elettrici a livello nazionale. I pazienti muoiono negli ospedali, le aziende collassano e le famiglie sono lasciate nel buio. Anche le necessità più basilari, come cibo e acqua, sono diventate lussi disponibili solo per i pochi privilegiati".
L'appello di Pahlavi
Pahlavi ha lanciato un appello per ribaltare le sorti. "Oggi ci viene presentata un'opportunità storica. Il regime è più debole che mai. Il suo asse di resistenza è stato smantellato e la sua legittimità interna è evaporata. Ora è il momento di agire. Su invito dei miei connazionali, mi faccio avanti per guidare questo movimento e questa transizione. Non per me stesso, né per il potere, ma per fare il mio dovere come patriota. La mia strategia per smantellare questo regime e ricostruire l'Iran è chiara: mobilitare le reti di base all'interno dell'Iran, unire la diaspora, fare pressione sui governi del G20 per imporre il massimo della pressione sul regime, mentre si offre il massimo supporto al popolo, separare il regime e incoraggiare le defezioni e prepararsi alla stabilizzazione politica, alle elezioni democratiche e allo sviluppo e ricostruzione economica dell'Iran".
"Non si tratta solo della sopravvivenza della mia nazione, ma anche della stabilità internazionale e della pace globale. Come abbiamo visto solo nell'ultima settimana, dagli attacchi terroristici alla presa di ostaggi, la Repubblica Islamica, nonostante la sua retorica a Davos e le chiamate per un nuovo accordo, è ancora in guerra con il mondo libero. Finché non sarà abbattuto, non si fermerà - ha detto, prima di concludere - Il popolo iraniano non chiede la vostra pietà. Chiede la vostra partnership. La nostra domanda è: sarete con noi?".
Esteri
Una testa di coccodrillo, coltelli e afrodisiaci in...
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Nel bagaglio del cittadino svizzero di ritorno dalla Thailandia anche orologi di lusso falsi
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Una testa di coccodrillo, una grande quantità di "stimolanti per l'erezione", orologi di lusso falsi e cinque coltelli. Questo l'incredibile 'bottino' trovato all'interno del bagaglio di un uomo svizzero, fermato lo scorso 14 dicembre all'aeroporto di Zurigo di ritorno dalla Thailandia.
Per motivi investigativi, l'Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (Udsc) ha atteso qualche giorno prima di rendere noti i dettagli dei beni sequestrati. La testa di coccodrillo, che appartiene a una specie protetta (“crocodylus siamensis”) che non può essere commercializzata, è stata sequestrata insieme agli afrodisiaci (legali, ma non nella quantità posseduta dall'uomo).
I due orologi di lusso contraffatti sono stati distrutti su richiesta del proprietario del marchio. Il viaggiatore e i suoi coltelli sono stati presi in consegna dalla polizia cantonale zurighese.